IMMORTALI
Termine con il quale nella Cina antica è nota una categoria di esseri mitologici raffigurati nell'arte del periodo Han (206 a.C.-220 d.C.), momento in cui conobbero una particolare fortuna in seguito all'influenza delle dottrine taoiste incentrate sul conseguimento dell'immortalità. Dal punto di vista iconografico, gli i. sono principalmente caratterizzati dall'avere il corpo coperto di piume, quando non provvisti di ali vere e proprie, da cui il nome con cui sono conosciuti nella letteratura moderna, yuren, ovvero «esseri piumati». Nella lingua cinese classica, essi sono invece noti con il nome di xian, tradotto generalmente come «i., esseri trascendenti», carattere composto dagli elementi uomo e montagna, che allude a una delle principali caratteristiche di questi mitici esseri.
Si riteneva infatti che gli i. frequentassero le alte vette delle montagne sacre della Cina e dimorassero nelle mitiche «isole dei Beati», site nel Mar Cinese orientale e concepite come uno dei «paradisi» dove l'anima poteva soggiornare dopo la morte: non a caso, le immagini di i. costituiscono uno dei temi più frequenti dell'arte funeraria Han, ove essi figurano accanto agli altri xiongrui, o «segni di buon auspicio» nelle tombe del periodo. La credenza relativa all'esistenza delle isole dei Beati - la più nota delle quali era quella di Penglai, termine addirittura divenuto sinonimo di Paradiso - era diffusa in Cina già a partire dal IV-III sec. a.C., periodo al quale risalgono testi come il Lie zi, ove sono riportate le immaginarie descrizioni di questi fantastici luoghi. Secondo la tradizione, le isole - abitate dagli i. e da animali mitologici - erano provviste di delizie di ogni genere: vi crescevano alberi carichi di perle e pietre preziose, mentre i frutti e le sorgenti avevano il potere di conferire l'immortalità. La leggenda voleva inoltre che le isole si allontanassero ogni qualvolta una imbarcazione si avvicinava loro, sì che non potessero essere raggiunte dai comuni mortali.
Per attirare a sé gli i., l'imperatore Wudi della dinastia Han fece costruire, nel 104 a.C., all'interno del grande parco imperiale che sorgeva presso la capitale di allora, Chang'an (l'odierna Xi'an), una sorta di replica delle isole dei beati, collocate al centro di una grande piscina. Le isole e tutto il complesso architettonico dintorno vennero provviste delle amenità che si riteneva esistessero nei luoghi originali: alberi esotici, animali rari, oro, giada, piante di ogni genere e pietre preziose furono impiegate con profusione per abbellire questi Campi Elisi cinesi.
Se di questi grandi complessi oggi non rimangono che le descrizioni contenute nei testi coevi, la popolarità che il tema delle isole degli i. aveva all'epoca Han ci è tuttavia testimoniata da numerosi incensieri in ceramica invetriata o in bronzo, quale quello rinvenuto nella tomba del principe Liu Sheng, a Mancheng. Modellati nella forma delle mitiche isole, gli incensieri hanno la parte superiore - il braciere - nella forma stilizzata di una montagna, popolata da animali ed esseri mitologici. Il braciere era inoltre provvisto di aperture dalle quali si sprigionavano i fumi dell'incenso che contribuivano a creare un alone di mistero intorno a questi delicati e finissimi «modellini»: l'idea è ben resa in un frammento di seta rinvenuto a Noin-Ula, in Mongolia, dove tra i varî motivi decorativi, c'è anche quello di un i. a cavallo che regge nelle mani un incensiere dal quale emanano vapori.
Nei modelli in bronzo, il braciere poggia talvolta su uno stelo che termina al centro di una base rotonda dall'orlo espanso, destinata a contenere acqua profumata. In alcuni esemplari, il braciere è invece sostenuto da una piccola scultura in bronzo nella forma di una cariatide umana o di un vero e proprio i., riconoscibile per le piccole ali in rilievo che gli spuntano dietro le spalle. Un incensiere di questo tipo è conservato al Museo del Louvre a Parigi: esso poggia sulla testa di un i., raffigurato a cavallo di un animale fantastico.
Quest'ultima e altre convenzioni iconografiche utilizzate per rappresentare gli i., trovano riscontro nelle descrizioni di questi esseri e delle loro ultraterrene attività, contenute in iscrizioni presenti su specchi in bronzo. In esse si legge che gli i. frequentano le vette delle montagne sacre della Cina, quali il Taishan o lo Huaishan, dove si nutrono dell'essenza della giada o dell'oro, si abbeverano a fonti purissime e usano draghi o altri animali mitologici come cavalcature per volare nel cielo. Anche se non mancano immagini di i. raffigurati isolatamente in volo tra le nuvole - come su un recipiente ligneo laccato proveniente da una tomba Han presso Yangzhou, nel Jiangsu - molta popolarità godette tuttavia il tema degli animali fantastici utilizzati come destrieri. A fianco dell'esemplare del Louvre già citato, si possono ricordare una statuetta in giada della Arthur M. Sackler Gallery di Washington, dove l'i. è raffigurato a cavallo di un bixie, una sorta di chimera, che egli afferra per la folta criniera, analogamente a quanto accade in un oggetto simile rinvenuto nei pressi di Luoyang. Un gruppo di quattro i. a cavallo di animali favolosi figurano inoltre in un diadema aureo rinvenuto nella valle di Kargali (nei pressi di Alma-Ata) e datato al II-I sec. a.C. Lo stretto rapporto degli i. con questi animali mitologici è poi testimoniato da un'altra variante iconografica che ricorre nella decorazione degli specchi in bronzo o nei rilievi delle lastre tombali, dove gli i. sono raffigurati nell'atto di porgere una pianta - probabilmente proprio quella dell'immortalità - ai draghi o altri esseri mitologici che gli stanno vicino.
Uno dei modi più straordinari di raffigurare gli i. nell'arte, è rappresentato da alcune figurine in bronzo, veri e propri «ritratti» tridimensionali. Due di esse sono state rinvenute nei dintorni delle capitali Han, Chang'an e Luoyang. Gli i., riconoscibili dal corpo coperto di piume e due ali nettamente in evidenza, hanno i tratti somatici molto simili, con naso, labbra e mento appuntiti, lunga capigliatura che ricade sul collo e grandi orecchie. Un terzo esemplare, parte di una collezione privata, ê ancora più spettacolare: l'i., inginocchiato come negli altri due esempi, è provvisto di un paio di lunghe ali che gli ricadono lungo le spalle; fisionomicamente, pur presentando le lunghe orecchie che si ritrovano anche nelle altre due statue, egli è questa volta dotato di un paio di folti baffi. Tra le mani reca una coppa dall'orlo lobato, dalla quale si diramano tre lunghi bracci, terminanti in teste di drago che sorreggono, con le bocche volte verso l'alto, un bacino ognuna.
Lo Sturtman, nella ricostruzione che offre del parco imperiale di Wudi, accenna - sulla base probabilmente di dati testuali - al fatto che sulla «Terrazza degli Spiriti» eretta nel parco, era stata posta una statua in bronzo di un i. con una coppa tra le mani: questa serviva a raccogliere la rugiada che gli i. sarebbero dovuti venire a bere, attratti dalle meraviglie del parco. Anche se può essere controverso stabilire una diretta relazione tra queste effigi in bronzo degli i. e i parchi fatti costruire da Wudi, è interessante rilevare che sulla scia di questa tradizione e molti secoli più tardi, l'imperatore Qianlong della dinastia Qing (1644-1912) fece erigere nel parco di Bei Hai una colonna sormontata da una statua in marmo di un i., a ricordo dei meravigliosi parchi voluti da Wudi.
All'estremo cronologico, opposto rispetto a questo tardo esempio di i. dell'epoca Qing, si situa un recente ritrovamento che indicherebbe una data assai anteriore alla dinastia Han per la comparsa del tipo iconografico dell'immortale. Nel sito di Dayangzhou (Xingan, provincia del Jiangxi), dove è venuta alla luce una tomba del tardo periodo Shang (XIII-XI sec. a.C.), è stato rinvenuto un pendente di giada lavorato nella forma di una creatura antropomorfa chiaramente provvista di un paio di ali. Si tratta al momento di un reperto unico nel suo genere che tuttavia, insieme ad altri riscontri, sembrerebbe indicare nella Cina meridionale la «patria di origine» degli immortali.
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