immortalizzazione
s. f. Il rendere immortale, non deperibile.
• Il «sepolcro» è il genere più difficile, l’omaggio e il tributo praticato nella ristretta cerchia dei sommi musicisti del XIX secolo: esercizio d’immaterialità e immortalizzazione dell’umano che solo la più eterea delle arti, la musica, può permettersi. (Ivo Bonaccorsi, Manifesto, 27 marzo 2008, p. 17, Visioni) • «Un tempo l’unica eutanasia possibile era il suicidio, che implica la lucidità del soggetto; mentre il malato di Alzheimer, che ha perso la propria identità nella malattia, non può compiere quell’atto così drammatico e per certi versi sublime. Il dibattito si sposta allora sulla qualità della vecchiaia, sul grado della sua prolungabilità. Esiste una soglia oltre la quale la vita non è continuabile? In cui si viene espropriati da sé? Ha senso proseguire in un processo di “immortalizzazione”, oppure è meglio trovare le forme più giuste di accompagnamento alla morte, nel caso sospendendo anche gli accudimenti? Io penso che la vita vada sostenuta fino a quando ha risorse per riprodursi» (Salvatore Natoli intervistato da Franco Marcoaldi, Repubblica, 17 febbraio 2014, p. 41, R2 Cultura) • Questo il pensiero di Rita Levi Montalcini che, a distanza di quasi 70 anni e alla luce delle più recenti scoperte, è di un’attualità sconcertante; alcuni virus, batteri e parassiti infatti giocano un ruolo importante, diretto o indiretto, nel determinismo dei differenti tipi di tumore nell’uomo, determinando nelle cellule una proliferazione continua, una sorta di «immortalizzazione», primo passo verso la conversione maligna del tessuto colpito. (Luisa Monini, Corriere della sera, 24 luglio 2014, Cronaca di Brescia, p. 9).
- Derivato dall’agg. immortale con l’aggiunta del suffisso -izzazione.
- Già attestato nella Stampa del 16 aprile 1986, Tuttoscienze, p. 4 (Enrico Belli).