immunita
immunità s. f. ‒ Il complesso di situazioni eterogenee accomunate dall’effetto della sottrazione, in deroga all’obbligatorietà della legge penale, di determinati soggetti alle conseguenze penali derivanti dalla commissione di un reato. Le immunità si differenziano in: a) assolute e relative, a seconda che ricomprendano tutti o solo alcuni reati; b) funzionali ed extrafunzionali, in relazione al tipo di connessione tra il reato e la funzione svolta ai fini dell’inapplicabilità della sanzione penale; c) sostanziali e processuali, a seconda che l’effetto sia l’esenzione da pena o solo dalla giurisdizione; d) di diritto pubblico interno e di diritto internazionale, con riferimento alla fonte normativa di provenienza. Tra le specie più significative di immunità di diritto pubblico vengono in rilievo: l’immunità del presidente della Repubblica (art. 90 Cost.); le immunità dei parlamentari, che si suddividono nella insindacabilità delle opinioni espresse e dei voti dati nell’esercizio delle loro funzioni (artt. 68, comma 1, e 122, comma 4, Cost.), e nella inviolabilità o improcedibilità, in virtù della quale, senza autorizzazione della Camera di appartenenza il parlamentare non può essere sottoposto a perquisizione, né può essere arrestato o privato della libertà personale, salvo che in esecuzione di una sentenza irrevocabile di condanna, ovvero se sia colto nell’atto di commettere un delitto per il quale è previsto l’arresto obbligatorio; le immunità, sub specie di insindacabilità delle opinioni espresse e dei voti dati nell’esercizio delle funzioni, dei giudici della Corte costituzionale e dei membri del CSM. Tra le immunità di diritto internazionale, le più significative sono quelle del sommo pontefice, degli organi di stati esteri, degli agenti diplomatici, dei giudici della Corte dell’Aja e della CEDU (Corte europea dei diritti dell'uomo). Nella storia recente del nostro ordinamento, a causa di alcune note vicende processuali che hanno riguardato il presidente del Consiglio in quel momento in carica, la tematica delle immunità si è intrecciata con quella dei cosiddetti lodi, volti a introdurre una sorta di immunità processuali temporanee in favore delle più alte cariche dello Stato e con la disciplina sul legittimo impedimento (v. ). Così, il cosiddetto lodo Schifani (l. 140/2003) vietava di sottoporre a processo penale, per qualsiasi reato anche riguardante fatti antecedenti l'assunzione della carica e fino alla cessazione della stessa, il presidente della Repubblica, i presidenti del Senato e della Camera, il presidente del Consiglio, il presidente della Consulta; disponendo inoltre che fossero sospesi, nei confronti dei predetti soggetti, i processi penali in corso. La Corte costituzionale (sentenza n. 24/2004) ha dichiarato l'illegittimità costituzionale di queste norme per contrasto con il principio di eguaglianza (art. 3 Cost.) e per il vulnus al diritto di azione e di difesa (art. 24 Cost.) derivante da una «stasi del processo per un tempo indefinito e indeterminabile». Analoga sorte ha subito il cosiddetto lodo Alfano (l. 124/2008), che prevedeva la sospensione automatica, per l’intera durata della carica, dei processi penali nei confronti del presidente della Repubblica, del Senato, della Camera e del Consiglio. Anche questo provvedimento è stato invalidato, per contrasto con gli artt. 3 e 138 Cost., dalla Consulta (sentenza n. 262/2009), la quale ha ritenuto che ogni forma di immunità costituisce eccezione al principio dell’eguale sottoposizione di tutti i cittadini alla giurisdizione penale, che non può essere derogato con legge ordinaria ma con legge costituzionale.