immunoterapia
Uso terapeutico di metodiche in grado di agire sul sistema immunitario per modularne le funzioni (potenziandole o sopprimendole a seconda dei casi), agendo sui meccanismi cellulari e umorali che regolano la risposta fisiologica all’antigene. L’i. è oramai utilizzata per il trattamento di molteplici patologie. Attualmente si preferisce inserire tale approccio all’interno di un argomento più ampio, vale a dire la terapia biologica (➔), mentre viene specificatamente utilizzato per indicare la i. desensibilizzante specifica (ITS), in allergologia, e la i. dei tumori.
L’i. riguarda la somministrazione per uso terapeutico di: sostanze prodotte in vivo dal sistema immunitario e purificate a partire dal sangue (ad es., immunoglobuline, inibitore del C1, ecc.); sostanze prodotte in vitro con metodiche di DNA ricombinante (per es., IFN, IL2, recettore solubile del TNF-alfa); anticorpi da animali immunizzati (per es., siero antilinfocitario, anticorpi anti farmaci o veleni); anticorpi prodotti in vitro opportunamente ibridati con tecniche di ingegneria genetica (per es., anti-CD20, anti-TNF-alfa); sostanze immunostimolanti (per es., levamisolo, BCG). Inoltre l’i. comprende anche le metodiche di immunizzazione (vaccinazioni) a uso terapeutico (per es., vaccinazione antierpetica, ITS), e la produzione in vitro di cellule condizionate in maniera specifica e non (per es., reinoculazione di LAK o di linfociti immunizzati in vitro).
La ITS è la metodica di somministrazione a dosi crescenti (per via sottocutanea, sublinguale o inalatoria) di singoli allergeni (o di miscele) purificati a soggetti allergici. È utile soprattutto quando le metodiche di allontanamento dell’allergene non siano possibili o quando la malattia allergica sia di difficile controllo o vi sia rischio di shock anafilattico. Il trattamento, dopo uno o due anni di induzione, deve proseguire per consolidare il risultato che si ottiene, in una elevata percentuale di casi, con la persistente desensibilizzazione e scomparsa o quasi della sintomatologia allergica.
Partendo dal concetto, suffragato da osservazioni sperimentali, che un tessuto tumorale è come un tessuto estraneo per l’organismo in cui si sviluppa, si è pensato che opportune manipolazioni del sistema immunitario del soggetto malato potessero consentire la cura dei tumori. Successi sono stati ottenuti nel campo di alcune neoplasie ematologiche (per es., il linfoma non-Hodgkin, la leucemia linfatica cronica, la leucemia acuta mieloide); in queste, infatti, l’identificazione di alcuni antigeni specifici, presenti sulla superficie delle cellule malate, ha condotto allo sviluppo di anticorpi monoclonali che attualmente (2009) sono entrati a far parte del trattamento di queste patologie in associazione o no al trattamento chemioterapico (immuno-chemioterapia). Per es. l’immuno-chemioterapia con Rituximab è oggi il trattamento standard per la cura dei linfomi no-Hodgkin a cellule B. Anche per alcune neoplasie solide, come il carcinoma della mammella, l’utilizzo di una immunoterapia con anticorpi monoclonali è nella pratica clinica. Lo sviluppo invece di un vaccino antitumorale ha ancora un carattere prevalentemente sperimentale, ma con risultati molto incoraggianti, soprattutto in alcuni casi di melanoma, nel tumore della prostata e nel carcinoma del colon.