imo
Voce poetica che ricorre solo nella Commedia. Latinismo (da imus, caro a Virgilio e ad altri poeti latini), i. piacque a D. anche perché gli si offriva come parola da utilizzare in rime difficili. Infatti, le occorrenze sono tutte in rima, con la sola eccezione di If XVIII 16.
Come aggettivo vale " il più basso ", in Pd XXIX 34 pura potenza tenne la parte ima, la parte terrestre, sotto la luna.
Ricordiamo qui la congettura imissime, in sostituzione delle lezioni vicissime o vivissime dei codici, in Pd XXVII 100 (quindi Le parti sue imissime e eccelse) che, proposta inizialmente dal Parodi, era stata dal Vandelli accolta nel testo critico. Questa congettura fu proposta indipendentemente dallo Zingarelli (Dante 784, 785, 804) e dal Barbi (" Studi d. " XVIII [1934] 48), ed è stata accettata dal Mazzoni, che ne trova una conferma in Quaestio 68 (" Studi d. " XXXIX [1962] 67-68). Non l'accolgono, invece, né il Porena nel suo commento, né il Petrocchi (Introduzione 245 ss.). In seguito imissime ha trovato un nuovo sostenitore in S. Aglianò (" Studi d. " XLVI [1969] 73-88).
Come sostantivo (tale uso si trova già nel latino argenteo) vale " parte inferiore ", " fondo ", " valle ": If XVIII 16 da imo de la roccia scogli / movien; XXIX 39 [il] loco primo / che de lo scoglio l'altra valle mostra / ... tutto ad imo; Pd I 138, XXX 109 come clivo in acqua di suo imo / si specchia. In Pg I 100 questa isoletta intorno ad imo ad imo, / là giù colà dove la batte l'onda, porta / de' giunchi, si noti il raddoppiamento (per cui cfr. If XIV 12, Pd XXXIII 24) rafforzativo ed enfatico, reso ancora più evidente dalla precisazione del verso seguente. V. anche ADIMARE.