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impari

di Lucia Onder - Enciclopedia Dantesca (1970)
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impari

Lucia Onder

Compare in Pd XIII 104 Onde, se ciò ch'io dissi e questo note, / regal prudenza è quel vedere impari / in che lo stral di mia intenzion percuote; / e se al " surse " drizzi li occhi chiari, / vedrai aver solamente respetto / ai regi, che son molti, e' buon son rari.

Molti fra i commentatori considerano i. voce verbale, ma già il lombardi propose: " è d'uopo che nelle parole del secondo verso, e quel vedere impari, soprassegnisi la ‛ è ', talché sia verbo e non copula, ed ‛ impari ' intendasi non verbo, ma aggettivo, che vaglia lo stesso che ‛ non avente pari ', o (come già il poeta del medesimo vedere ha detto) ‛ non avente secondo ' ". La maggior parte dei moderni segue quest'interpretazione, e spiega i. " senza pari ", " impareggiabile ", " sommo ": " quel vedere senza pari a cui l'intenzione delle mie parole mirava è solo prudenza, sapienza di re, non sapienza universale " (Chimenz). V. IMPARARE.

Vocabolario
ìmpari
impari ìmpari (ant. impàri) agg. [dal lat. impar -ăris, comp. di in-2 e par «pari, uguale»]. – 1. Non pari, quindi disuguale: Gierusalem sovra duo colli è posta D’i. altezza (T. Tasso); più esplicitamente, inferiore: il nostro esercito...
imparità
imparita imparità s. f. [dal lat. tardo imparĭtas -atis «l’esser dispari»], letter. – L’essere impari, disuguaglianza, inferiorità: i. di forze, i. numerica.
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