imperadore (imperatrice; imperadrice)
In D. sempre la forma con -d-, a eccezione di imperatrice in Cv IV IV 13, che è un evidente latinismo: la forma con -d- era probabilmente quella normale in fiorentino antico. La forma aferetica non solo in verso ma anche in prosa era d'uso comune. Unito a un nome proprio i. è regolarmente posposto in funzione appositiva; sola eccezione lo 'mperador Currado (Pd XV 139). Una volta il termine è preceduto dal titolo di rispetto ‛ messere ' (Cv IV X 6).
Astraendo qui da quanto può riferirsi alla concezione dantesca dell'autorità imperiale (su cui v. IMPERO), importa ora esaminare le varie implicazioni concettuali e linguistiche connesse col termine. La parola è assai più frequente nel Convivio che nella Commedia, e non sempre designa colui che è monarca in terra e che è chiamato Imperadore, però che di tutti li comandamenti elli è comandatore (Cv IV IV 7), ma spesso, con perifrasi dichiarative più o meno ampie, indica Dio o Cristo: lo Imperadore de l'universo, che è Cristo (II V 2, XV 12); Imperadore del cielo (III XII 14); e nel poema: quello imperador che là sù regna (If I 24), lo 'mperador che sempre regna (Pd XII 40), Lo nostro [dei beati] imperadore (XXV 41), e sono tutte espressioni che presuppongono le parole del Vangelo (Matt. 28, 18 " Iesus locutus est eis dicens: Data est mihi omnis potestas in caelo et in terra "). Per analogia Lucifero è detto lo 'mperador del doloroso regno (If XXXIV 28).
Gl'i. ricordati come persone storiche tra Cesare primo prencipe sommo (Cv IV V 12) e Federigo di Soave, ultimo imperadore de li Romani (IV III 6) sono: Augusto (CV II XIII 22, IV V 10); Enrico II (III IV 8); Nerone (IV IX 16); Rodolfo d'Asburgo (Pg VII 94); Traiano (X 76); Corrado III (Pd XV 139). Cfr. anche Costanza imperadrice (Pg III 113). Una serie di occorrenze si riferisce a Federico Il (Cv IV III 5, 6 e 9, IX 1 e 15, X 1, 3 [due volte] e 6) a commento di un suo giudizio intorno alla nobiltà, di cui si parla ai vv. 21 ss. di Le dolci rime. È notevole a questo proposito che D. distingua verbalmente nella persona di Federico l'imperadore e quelli che tenne imperio, per dimostrare l'opinione erronea di Federico essere fuori d'imperiale officio (IV X 5). Questa idea va confrontata con ciò che dell'i. è detto in Mn I X 5 de cuius iudicio cuncta litigia dirimantur. Altre occorrenze (Cv IV IX 9, 10 e 14) si riferiscono all'ufficio dell'autorità imperiale. In altri passi si allude, con perifrasi, ad altri imperatori.
Per Semiramide imperadrice di molte favelle (If V 54), " regina di molti popoli di lingue diverse ", il termine ha un senso più stretto, relativo all'imperio esercitato, secondo la tradizione storica, con impeto guerriero e animo più che virile: " in Assyrio pharetrata Semiramis orbe " (Giov. II 108). Giova ricordare che D. in Mn II VIII 3 nega al regno di Semiramide la qualità del vero impero, che fu solo di Roma, perché non toccò le regioni occidentali del mondo.
In Cv III XV 18 designa la Sapienza, questa etternale imperadrice. In IV IV 13, con funzione aggettivale: due apertissime ragioni... mostrano quella civitade imperatrice [l'impero di Roma]... da Dio avere spezial nascimento.