imperativo negativo [prontuario]
L’➔imperativo con negazione si esprime, in italiano moderno (a differenza che in altre lingue romanze; ➔ lingue romanze e italiano), con due forme diverse per persona: per la seconda persona singolare, si esprime con un ➔ infinito preceduto dalla negazione non e eventualmente seguito da una particella di intensificazione (non fare questo; non bere questo acido); per la seconda persona plurale, invece, la forma è uguale a quella dell’imperativo affermativo (non fate questo). Per entrambe le persone, il comando negativo si esprime col futuro, nel qual caso ha un particolare tono di sorpresa o di perentorietà: non vorrete partire con questa neve!, non vorrai mica picchiarmi!, non avrai altro Dio fuori che me. Nell’imperativo negativo il pronome clitico (➔ clitici) è, nella tradizione letteraria, perlopiù proclitico, sia con l’imperativo (per la seconda persona plurale: non lo fate), sia con l’infinito iussivo (che supplisce l’imperativo per la seconda persona: non lo fare). Anticamente era possibile anche l’imperativo, non temi, che ➔ Vittorio Alfieri usava ma per il quale veniva tuttavia contestato da Ranieri de’ Calzabigi: cfr. Sorella 1993: 780, e Mauroni 2006: 251).
È tuttavia frequente, specie dall’Ottocento in avanti, anche il tipo con pronome enclitico (non fatelo, non farlo), osteggiato dai puristi ottocenteschi ma presente, sia pure in misura minoritaria rispetto alla soluzione proclitica, in alcuni romanzi coevi (ad es., in quelli di Francesco Domenico Guerrazzi: Mauroni 2006: 248-252).
I due tipi sono del tutto intercambiabili nell’uso odierno.