ADELAIDE, imperatrice
Nacque presumibilmente nel 931, da Rodolfo II della casa sveva dei Guelfi, re della Borgogna transgiurana (o Alta Borgogna), e da Berta di Svevia, figlia del duca Burcardo. Sebbene nel 933 Rodolfo II avesse ottenuto da Ugo di Provenza, re d'Italia, la cessione dei suoi diritti sul regno della Borgogna cisgiurana (Bassa Borgogna o Provenza), vacante dal 928, pochi mesi dopo la sua morte, nell'autunno del 937, Ugo venne in Borgogna, convinto che i suoi vecchi legami con la parte meridionale del regno gli permettessero di stabilirvi la propria influenza, ora che la minore età del candidato alla successione facilitava le intromissioni esterne. Il matrimonio che egli subito concluse con la vedova di Rodolfo ed il fidanzamento di suo figlio Lotario, che aveva dieci o dodici anni, con la piccola Adelaide, sembrò dovessero aprirgli la via del successo.
In un diploma di Ugo e di Lotario (cfr. I diplomi di Ugo e di Lotario,a cura di L. Schiaparelli, in Fonti per la Storia d'Italia,XXXVIII, n. 47, pp. 141-144), dato a Colombier (Morges) il 12 dic. 937, venivano assegnate in dote alla promessa sposa di Lotario le corti regie di Marengo, Corano ed Olona, le tre abbazie toscane di S. Sisto (Lucca), S. Antonio (Siena), S. Salvatore (Monte Amiata) e due corti minori presso Volterra, per un totale di 4580mansi.
Ma con un colpo di mano Ottone I si assicurò la tutela del piccolo Corrado, figlio di Rodolfo, sventando i piani di Ugo, che si vide costretto a far ritorno in Italia con la moglie Berta (che vi resterà per poco) e con la promessa sposa del figlio.
La tarda notizia del Chronicon Novaliciense (V, c. 3, a cura di C. Cipolla, in Fonti per la Storia d'Italia,XXXII, p. 246) secondo cui Ugo avrebbe sedotto la nuora giovinetta, è probabilmente una leggenda ispirata all'atmosfera che regnava nella corte pavese ai tempi del re provenzale. Certo è che, stabilizzatasi la situazione in Borgogna, le progettate nozze di suo figlio con A. persero ogni interesse agli occhi di Ugo. Ma, alla vigilia del suo definitivo ritorno in patria, mentre Berengario d'Ivrea esercitava una pesante tutela su Lotario, ridotto ad essere re solo di nome, quel matrimonio poté sembrare ad Ugo un espediente adatto a garantire a suo figlio l'appoggio di tutte le frazioni del partito borgognone in Italia (si ricordi che anche Rodolfo II aveva avuto per qualche tempo la corona del Regnum Italicum).Le nozze furono dunque celebrate molto probabilmente prima della partenza di Ugo (aprile 947) e, in ogni modo, non dopo il 27 giugno. Verso il 949, A. ebbe una figlia, Emma, che nel 966andrà sposa a Lotario re di Francia.
L'improvvisa morte del re (950) ridusse A. nelle mani di Berengario d'Ivrea.
Le testimonianze relative ai tentativi di costui, che avrebbe cercato di indurla a sposare o lui stesso, secondo quanto riferisce esplicitamente la Vita Mathildis reginae (c. 15, in Monumenta Germ. Hist., Scriptores,IV, p. 293), o suo figlio Adalberto, se a ciò vogliono alludere alcuni versi, canzonatori nei confronti di questo, compresi nella Historia Mediolanensis di Landolfo (II, c. 16, a cura di A. Cutolo, in Rer. Italic. Script.,IV, 2, 2 ediz., p. 49), sono isolate e malcerte. Resta il fatto che, alla morte di Lotario, nella sua qualità di "consors regni",in nome di un diritto originario, consuetudinariamente riconosciuto in Italia alla regina, A. si trovava ad essere titolare di diritti sovrani. Veri o presunti che fossero i suoi progetti matrimoniali, a un dato momento, Berengario usò la maniera forte.
Il 20 apr. 951 la regina vedova fu catturata a Como (ai confini col ducato di Svevia, retto allora da Liudolfo, figlio di Ottone, e marito di Ida, sorellastra della madre di A.), seviziata e poi rinchiusa - secondo una tradizione piuttosto tardiva - nella rocca di Garda, insieme con un'ancella.
Nonostante la strettissima sorveglianza, A. sarebbe però riuscita a fuggire.
Tale evento era destinato di per sé ad impressionare i contemporanei; ma c'era anche chi aveva tutto l'interesse a creare intorno ad A. l'aureola della protezione divina e a rendere popolare la sua figura, dato che l'età e la bellezza della regina, oltre che le sofferenze patite, avrebbero potuto fare di lei "il fondamento della sollevazione contro Berengario":è quindi probabile che molti degli elementi romanzeschi raccolti dalle cronache di età posteriore siano stati messi in circolazione subito dopo i fatti (C.G. Mor, L'età feudale,I, Milano 1952, p. 171). Organizzatore della fuga sembra essere stato il vescovo di Reggio, Adelardo; l'allusione, che ritorna qua e là nelle fonti, a zone paludose che A. avrebbe incontrato sul suo cammino, conferma la tradizione relativa alla prigionia nella rocca di Garda: fra Garda e Reggio si incontrano infatti i laghi di Mantova; più incetto resta invece il luogo dove avrebbe trovato rifugio, dato che le intenzioni encomiastiche di Donizone - che lo pone in Canossa, presso Azzo - sono fin troppo evidenti (Donizone, Vita Mathildis,a cura di L. Simeoni, in Rer. Italic. Script.,2 ediz., V, 2, p. 14).
Anche se non è da escludersi che A. e i suoi parenti o sostenitori abbiano sollecitato l'intervento di Ottone, nessuna prova può esserne addotta. Comunque, subito dopo essere giunto in Italia ed avere ottenuta la corona del Regnum,il re sassone invitò A. a recarsi a Pavia, disponendo che Enrico di Baviera le andasse incontro al di là del Po, per scortarla fino alla sua ex capitale. "Quae merito regi statim placuit satis ipsi, Eligiturque sui consors dignissima regni" (Gesta Ottonis,vv. 664-665): il matrimonio fu celebrato nell'ottobre o nel novembre del 951. Nell'estate dell'anno seguente, ad Augusta, Berengario fece pubblica ammenda per la violenza usata contro Adelaide.
Secondo il Leo (Geschichte von Italien,I, Hamburg 1829, pp. 318 ss.), la nuova regina, formatasi alla "scuola delle donne italiane" del tempo, avrebbe portato la discordia nella famiglia reale tedesca: amica ed alleata di Enrico, duca di Baviera, fratello del re, A. facilitò ed aggravò la rottura di Ottone con suo figlio Liudolfo (natogli dalla prima moglie, l'anglosassone Editta), per aprire la strada ai figli che Ottone avrebbe avuti da lei. In effetti, se si considera la sua vita a partire da quando andò sposa ad Ottone, è necessario ammettere che, mentre fino a quel momento ella non era stata che l'oggetto di piani matrimoniali altrui, in quanto depositaria di diritti sovrani, da allora in poi, per un complesso di circostanze (restata vedova, gli premorirono il figlio e la nuora), attraverso alti e bassi, ma ininterrottamente fino alla sua morte, A. esercitò una diretta azione politica: in questo senso si può legittimamente accostarla alle grandi italiane sue contemporanee, che ebbero appunto in comune con lei la sorte di prendere viva parte alle vicende del secolo.
I primi due figli di A. ed Ottone, Enrico e Bruno, morirono di pochi anni; Ottone, il terzogenito, destinato a succedere al padre, nacque nel 954;una figlia, Matilde, eletta ad undici anni badessa del monastero di S. Servazio a Quedlinburg, morirà pochi mesi prima di A. (febbraio 999).
A., madre del successore al trono (Liudolfo morì nel 957;il 21 maggio 961 Ottone II fu eletto re di Germania), sorella di Corrado, re di Borgogna, suocera, dopo il 966, del re di Francia; legata per tanti versi all'Italia, di cui essa era stata regina, merita pienamente l'appellativo di "mater regnorum",che le sarà attribuito in due lettere di Gerberto di Aurillac (Lettres de Gerbert,983-997,a cura di J. Hoevet, in Collection de textes pour servir àl'étude et à l'enseignement de l'histoire,Paris 1889, nn. 74e 128, pp. 70 e 116). Incoronata imperatrice insieme al marito (2 febbr. 962), ella gli fu accanto anche nella terza spedizione italiana (966), durante la quale Ottone II ricevette, a sua volta, la corona imperiale (Natale del 967). È di questo periodo la fondazione del monastero del S. Salvatore in Pavia, che A. affidò a Maiolo di Cluny.
Venuto a morte Ottone I (7 marzo 973), A. fece dapprima valere la sua influenza sul figlio, ma venne poi in urto con lui, fino al punto di essere indotta ad abbandonare la corte tedesca, per rifugiarsi in Borgogna. All'origine del contrasto è forse da vedersi la particolare protezione prestata da A. ad Enrico II di Baviera, avversato invece da Ottone. A quest'ultimo veniva così a mancare un pilastro insostituibile della sua politica italiana (tra l'altro, A. aveva legami di parentela con un'illustre famiglia veneziana), mentre la rottura con la madre aveva conseguenze negative anche sui suoi rapporti con la Francia. Solo all'inizio della sua disastrosa spedizione italiana, Ottone incontrò la madre e giunse a rappacificarsi con lei.
Al momento della morte di Ottone III (7 dic. 983), A., che beneficiava di pubbliche entrate nell'Esarcato (a tale proposito il Mor ha parlato di una lista civile della regina) ed esercitava una specie di reggenza nell'Italia settentrionale, si trovava in Pavia. Teofano la raggiunse immediatamente: "ad Ethelheidam imperatricem Papiam civitatem veniens magno suscipitur luctu caritativoque lenitur solatio" (Thietmari Chronicon,IV 1, a cura di F. Kurze, in Monumenta Gerrn. Hist., Scriptores rer. Germanicarum,Hannoverae 1889, p. 64). Le due donne proseguirono insieme per la Germania, riuscendo a strappare ad Enrico II di Baviera la tutela del piccolo Ottone. Ma il buon accordo fra suocera e nuora durò solo il tempo necessario per ristabilire la situazione, piuttosto compromessa, in Germania: A. che, rinunciando alla tradizionale amicizia per i duchi di Baviera, aveva lottato per garantire a Teofano la tutela del figlio, adottò invece un atteggiamento nettamente diverso dal suo nelle questioni dinastiche che agitavano la Francia, e nelle quali era implicata la regina Emma.
Ma, ancora una volta, alla morte di Teofano (991), A. fu portata dalle circostanze ad assumere un ruolo di primo piano. Assistita dalla figlia Matilde e dall'arcivescovo di Magonza, la vecchia imperatrice assunse infatti la reggenza dell'impero, in nome del nipote minorenne. Solo la maggiore età di Ottone III (995) e gli screzi con questo, cresciuto in gran parte nell'orbita materna, parvero segnare il definitivo allontanamento di A. dalla politica: fu allora che ella si trasferì nel monastero di Selz, da lei riccamente dotato, per finirvi i suoi giorni. Ma nel 999, l'anno della sua morte, A. prese di nuovo la via della Borgogna, non solo per visitare i santuari più famosi della sua terra natia (in particolare quello di Payerne o Peterlingen), ma anche per dare una mano al nipote Rodolfo III, che incontrava gravi difficoltà da parte dei feudatari laici del regno.
A., che nella sua vita si era distinta per la sua generosità nei riguardi di chiese e conventi (la corona che adorna il reliquario di Hildesheim sembra esserle appartenuta), morì nella notte tra il 16 e il 17 dic. del 999 nel monastero di Selz, in Alsazia. Fu subito venerata come santa, e regolarmente canonizzata verso la fine del sec. XI.
Fonti e Bibl.: Odilone, Epitaphium Adalheidae imperatricis,in Monumenta Germ. Hist., Scriptores,IV, Hannoverae 1841, pp. 637-645;Rosvita, Gesta Ottonis,a cura di P. de Winterfeld. ibid., Scriptores rer. Germanicarum,Berolini 1902, pp. 201-228. J. Bentziger, Das Leben der Kaiserin Adelheid, Gemahlin Ottos I. während der Regieruna Ottos III.,Breslau 1883; F.P. Wimmer, Kaiserin Adelheid, Gemahlin Ottos I. des Grossen,Regensburg 1889; R. Poupardin, Le Royaume de Bourgogne (888-1038),Paris 1907, pp. 65 ss., 117-119 e passim;L. Schiaparelli, I diplomi dei re d'Italia,in Bullett. d. Ist. stor. ital. per il M.E.,XXXIV (1914), pp. 7-255;C.G. Mor, La Regina nel diritto pubblico italiano dei secc. IX-X,in Arch. giuridico F. Serafini,CXXXV (1948), pp. 7-32; G. Fasoli, I re d'Italia (888-962),Firenze 1949, passim;H. Paulhart, Zur Heiligsprechung der Kaiserin Adelheid, in Mitteilungen des Instituts für österreichische Geschichtsforschung, LXIV (1956), pp. 65-67.