imperfetto storico
È detto imperfetto storico (o imperfetto narrativo) l’➔imperfetto indicativo usato in un contesto che richiederebbe l’uso di un tempo perfettivo (➔ aspetto), come il ➔ passato remoto. Il brano seguente, tratto da una memoria scritta ripresa da un quotidiano, ne fornisce un esempio:
(1) Nel giugno 2009 venivo chiamato dal dottor Turatto per dirmi di lasciare i locali dove avevo l’ufficio. Precisava che non sapeva chi fossi e cosa facessi, e nello spiegargli cosa facevo o, ancor meglio, cosa avevo fatto gli consegnavo il mio curriculum. Proprio per renderlo edotto del mio modo di lavorare rientravo nel mio ufficio, prendevo la mia copia della relazione ‘Consigli per il G8/G9’ nonché la busta sigillata, e risalivo dal capodipartimento. Essendosi questi allontanato consegnavo il tutto al capo della segreteria («La Repubblica» 26 febbraio 2010)
In (1) i verbi tracciano una sequenza di eventi successivi, ciascuno dei quali è temporalmente delimitato dagli altri e in sé concluso. Un contesto di questo tipo impone di per sé un’interpretazione perfettiva dei singoli eventi espressi dai verbi: infatti gli imperfetti potrebbero essere sostituiti con altrettanti passati remoti (venni chiamato, precisò, ecc.) senza alterare sostanzialmente il significato del discorso. L’uso dell’imperfetto introduce invece in questo contesto una prospettiva tipicamente non perfettiva, che non focalizza l’istante terminale dei singoli eventi, dando così l’impressione che questi siano colti nel loro svolgersi.
Per questa ragione l’imperfetto storico è stato definito una «metafora aspettuale», che costringe il destinatario ad «assumere un punto di vista ‘pseudo-imperfettivo’, in cui la situazione viene messa a fuoco ‘come se’ davvero se ne potesse ignorare la conclusione» (Bertinetto 1997: 141). L’imperfetto storico può così funzionare come un tempo di primo piano della narrazione, differenziandosi dagli altri usi dell’imperfetto, che è un tempo verbale tipicamente di sfondo (➔ testi narrativi).
Da quanto detto consegue che, in ultima analisi, il riconoscimento di un imperfetto storico dipende solo dal contesto, ossia dalla presenza di elementi che inducono una ‘domanda di perfettività’ contrastante con l’uso dell’imperfetto.
In generale, per riconoscere che il contesto ha una sua tendenza a essere perfettivo, ci si basa su un’interpretazione complessiva del testo, incluse le conoscenze pragmatiche ed enciclopediche da esso attivate: ad es., in (1) sono i significati lessicali e le conoscenze sul mondo ad essi associate che permettono di dire che gli eventi descritti all’imperfetto sono delimitati e non sovrapposti (il che sarebbe stato compatibile con un’interpretazione normalmente imperfettiva dei verbi).
Ci sono però elementi specifici che possono funzionare da indicatori di perfettività (Bres 2005: 87-157). In particolare alcuni avverbiali di tempo (Bertinetto 2001: 86) indicano iterazione numericamente determinata (➔ iterazione, espressione della), durata delimitata o demarcazione temporale (queste ultime solo se in combinazione con un verbo non durativo), esemplificate rispettivamente di seguito:
(2) quell’anno Giorgi ripeteva il suo exploit quattro volte
(3) nell’impossibilità di fuggire, il pregiudicato teneva in scacco per due ore gli agenti minacciandoli con una pistola giocattolo
(4) la fuga si concludeva poco dopo mezzogiorno, con un’uscita di strada dovuta all’eccessiva velocità
La presenza di questi avverbiali inibisce un’interpretazione normalmente imperfettiva dei verbi:
(a) imponendo un limite alle iterazioni dell’evento espresso dal verbo, come in (2) (cfr. all’opposto il valore abituale, pienamente imperfettivo, di Giorgi ripeteva spesso il suo exploit);
(b) imponendo una visualizzazione dell’istante terminale di tale evento come in (3-4).
Essi non sono tuttavia una condizione necessaria né sufficiente per l’identificazione di un imperfetto storico. Non sono necessari, come dimostra il fatto che non intervengono in (1); ma non sono nemmeno sufficienti, dato che non bastano a escludere un’interpretazione abituale dell’imperfetto, come dimostrano le seguenti manipolazioni:
(5) quell’anno Giorgi ripeteva il suo exploit quattro volte a ogni spettacolo
(6) la dinamica si ripeteva sempre uguale: il pregiudicato teneva in scacco per due ore gli agenti minacciandoli con una pistola giocattolo, e poi fuggiva
(7) la fuga si concludeva ogni volta poco dopo mezzogiorno, con un’uscita di strada dovuta all’eccessiva velocità
Tale sostanziale dipendenza dalla semantica globale del testo fa sì che si possano dare esempi di interpretazione incerta, o meglio ambigua («imperfetto storico debole»: Bertinetto 1997), come i seguenti:
(8) lo fissò, riconobbe don Rodrigo, e fece un passo indietro; ma il frate, facendogli di nuovo sentir fortemente la mano con cui lo teneva, lo tirò appiè del covile, e, stesavi sopra l’altra mano, accennava col dito l’uomo che vi giaceva (Alessandro Manzoni, Promessi sposi XXXV)
(9) Rogas avvertì il collega della sezione politica, che subito dispose sorveglianza e controllo telefonico. Due ore dopo bussava alla villetta di periferia in cui Nocio usava ritirarsi nell’estate (Leonardo Sciascia, Il contesto. Una parodia, Torino, Einaudi, 1971, p. 54)
In entrambi i casi l’imperfetto potrebbe esser sostituito da un semplice passato remoto, il che prova la possibilità di un’interpretazione storica degli imperfetti. Ma sono possibili anche altre sostituzioni: in particolare in (8) con una perifrasi continua (andava accennando); in (9) con una perifrasi progressiva (stava bussando). Ciò prova la possibilità di una lettura autenticamente imperfettiva, con valore rispettivamente continuo e progressivo.
Nell’italiano contemporaneo l’uso dell’imperfetto storico, molto limitato, riguarda solo la ➔ lingua scritta ed è caratteristico in particolare di alcuni generi testuali come la cronaca (soprattutto sportiva), le biografie e alcune scritture burocratiche (ad es., i verbali e le iscrizioni su lapide):
(10) Della grave situazione si rendeva immediatamente conto un anziano pescatore […], il quale, vestito com’era, si lanciava in acqua, sollevava il corpo inerte del giovane e lo portava sulla banchina dove tentava disperatamente di tenerlo in vita con la respirazione bocca a bocca. Purtroppo i suoi sforzi risultavano vani («Il Mattino di Napoli» 28 novembre 1986, in Serianni 1988: 395)
(11) Al 20΄ Donovan lasciava partire un tiro in corsa che terminava a lato della porta spagnola. Sul capovolgimento di fronte Riera da posizione defilata crossava al centro ma non trovava la deviazione di Torres. Al minuto 26 gli Stati Uniti sbloccavano il punteggio: Altidore si liberava di un difensore spagnolo e calciava verso Casillas con palla che terminava la sua corsa in fondo al sacco («La Repubblica on line» 24 giugno 2009)
(12) L’11 marzo 1544 […] nasceva a Sorrento Torquato Tasso, terzogenito dopo sua sorella Cornelia, maggiore di sette o otto anni, e un fratello vissuto per pochi mesi (Claudio Gigante, Tasso, Roma, Salerno, 2007, p. 13)
Questa specializzazione, in particolare l’uso nelle cronache, risale al carattere attualizzante della metafora aspettuale imperfettiva, capace come si è detto di trasmettere l’impressione di eventi narrativamente propulsivi colti nel loro svolgersi.
Si spiegano così anche vari impieghi letterari, in cui l’imperfetto storico risponde a precise intenzioni stilistiche, come nel seguente esempio manzoniano, dove un imperfetto storico isolato sottolinea lo stato di sbigottimento espresso dal sintagma verbale:
(13) A queste parole, Gertrude rimaneva come sbalordita. […] ma la persuasione del principe pareva così intera, la sua gioia così gelosa, la benignità così condizionata, che Gertrude non osò proferire una parola che potesse turbarle menomamente (Manzoni, Promessi sposi X)
L’ampia diffusione giornalistico-burocratica che quest’uso dell’imperfetto ha a partire dall’Ottocento è andata tuttavia di pari passo con una progressiva convenzionalizzazione, accompagnata dalla sostanziale perdita dell’originario valore stilistico (Bertinetto 1997 parla di una «metafora spenta»). Anche per questo, la fortuna dell’imperfetto storico è andata calando a partire dagli anni Settanta del Novecento anche nella prosa giornalistica che ne era stata a lungo il principale ambito di diffusione (Bonomi 2002: 208), fino ad arrivare alla situazione attuale, in cui il suo uso è marginale e almeno in parte sentito come libresco e artificioso.
Quanto all’origine, si ritiene che l’imperfetto storico sia una innovazione entrata nell’italiano nel corso dell’Ottocento, dapprima nella prosa letteraria e storica, poi in quella giornalistica: è dall’Ottocento, infatti, che data la reazione puristica (Fornaciari 1904; Degregorio 1946) contro un tratto che parallelamente andava guadagnando sempre più rilievo in francese (Bres 2005: 205 segg.).
Le radici dell’imperfetto storico sono invece molto più antiche, e vanno rintracciate nella duttilità aspettuale tipica di varie lingue romanze antiche, tra cui appunto l’italiano (Bertinetto 1987; Squartini 2010), dove si trovano esempi come i seguenti:
(14) E quelli rise. E fecele mettere un bello sottano, il quale le dava a ginocchio, e fecelavi cignere su, e tutte le noci fece versare per la sala, e poi a una a una li le facea ricogliere e rimettere nel sacco. E poi la meritò grandemente (Novellino LXXXIV)
(15) Lo marito […] essendo ne l’acqua cominciò a gridare: – Accurromo! –. Li vicini, udendo il romore, scendeano le scale per sapere che fosse; e quando erano all’uscio non poteano uscire fuori per l’acqua che era per le vie e per le case. Di che anco eglino cominciarono a gridare, avisandosi fosse il diluvio (Franco Sacchetti, Il trecentonovelle CXXXII)
Si tratta di esempi simili a quelli di uso ‘debole’ registrati negli esempi (8) e (9): ma l’imperfetto è qui impiegato evidentemente per esprimere eventi di primo piano inseriti in una successione ordinata come in (1); l’alternanza con i perfetti serve a differenziare all’interno di tale sequenza gli eventi temporalmente estesi da quelli puntuali. Un simile uso dell’imperfetto è documentabile, marginalmente e soprattutto in poesia (Fornaciari 1904), lungo tutto l’arco della storia dell’italiano, prima dell’esplosione ottocentesca della sua fortuna.
Bertinetto, Pier Marco (1987), Structure and origin of the “narrative” imperfect, in Papers from the 7th international conference on historical linguistics (Pavia, September 9th-13th, 1985), edited by A. Giacalone Ramat, O. Carruba & G. Bernini, Amsterdam - Philadelphia, Benjamins, pp. 71-85.
Bertinetto, Pier Marco (1997), Metafore tempo-aspettuali, in Id., Il dominio tempo-aspettuale. Demarcazioni, intersezioni, contrasti, Torino, Rosenberg & Sellier, pp. 135-155.
Bertinetto, Pier Marco (2001), Il verbo, in Grande grammatica italiana di consultazione, nuova ed. a cura di L. Renzi, G. Salvi & A. Cardinaletti, Bologna, il Mulino, 3 voll., vol. 2º (I sintagmi verbale, aggettivale, avverbiale. La subordinazione), pp. 13-161.
Bonomi, Ilaria (2002), L’italiano giornalistico. Dall’inizio del ’900 ai quotidiani on line, Firenze, Cesati.
Bres, Jacques (2005), L’imparfait dit ‘narratif’, Paris, CNRS Éditions.
Degregorio, Ottone (1946), Abuso dell’imperfetto, «Lingua nostra» 7, pp. 70-71.
Fornaciari, Raffaello (1904), L’imperfetto storico. Questioncella di sintassi italiana, «Studj romanzi» 2, pp. 27-39.
Serianni, Luca (1988), Grammatica italiana. Italiano comune e lingua letteraria. Suoni, forme, costrutti, con la collaborazione di A. Castelvecchi, Torino, UTET.
Squartini, Mario (2010), Il verbo, in Grammatica dell’italiano antico, a cura di G. Salvi & L. Renzi, Bologna, il Mulino, 2 voll., vol. 1º, pp. 511-545.