IMPIEGO (XVIII, p. 921; App. I, p. 722)
Impiego pubblico (XVIII, p. 921). - I testi fondamentali vigenti per gli impiegati dello Stato sono oggi: d. presid. 10 gennaio 1957, n. 3, contenente il t. u. delle disposizioni concernenti lo statuto degli impiegati civili; d. presid. 3 maggio 1957, n. 686, con le norme di esecuzione del precedente decreto; d. presid. 11 gennaio 1956, n. 19, sul conglobamento totale del trattamento economico del personale statale; r. d. 21 febbraio 1895, n. 70, col t. u. sulle pensioni civili e militari; r. d. 5 ottobre 1895, n. 603, col regolamento di esecuzione. (Questi testi sulle pensioni sono stati più volte modificati da successivi provvedimenti legislativi dei quali vanno ricordati in particolare il r. d. 27 giugno 1933, n. 703, sulla liquidazione delle pensioni, nonché il r. d. 28 giugno 1933, n. 704, sulla procedura da seguirsi in tale liquidazione, la l. 11 aprile 1938, n. 420, sul cumulo degli stipendî e delle pensioni; la l. 22 giugno 1954, n. 523, sul concorso delle pensioni dovute dallo Stato con quelle dovute dagli enti locali; il d. presid. 11 gennaio 1956, n. 20; la l. 15 febbraio 1958, n. 46, recante nuove norme sulle pensioni ordinarie a carico dello stato). Per lo specifico argomento del trattamento di quiescenza degli impiegati, v. anche pensione, in questa Appendice.
Per gli impiegati comunali e provinciali e dei consorzi delle province e dei comuni, provvede la legge com. e prov. 3 marzo 1934, n. 383. Disposizioni speciali vigono per i segretarî comunali e per gli impiegati sanitarî.
Nomina. - L'atto di nomina presuppone la sussistenza nell'aspirante al pubblico i. di requisiti generali, comuni cioè a tutti gli impiegati; e di requisiti speciali, richiesti cioè da speciali ordinamenti delle singole amministrazioni. Fra i requisiti di carattere generale vanno annoverati: a) la cittadinanza italiana (salvo disposizioni in contrario dei singoli ordinamenti, ai cittadini sono equiparati gli Italiani "non appartenenti alla Repubblica" (già "non regnicoli"); b) un limite di età che è compreso fra i 18 e i 32 anni. Gli ordinamenti delle singole amministrazioni possono, tuttavia, ridurre il limite superiore. Per le categorie di candidati a cui favore leggi speciali prevedono deroghe, il limite massimo non può superare, anche in caso di cumulo di benefici, i quaranta anni di età o i quarantacinque per i mutilati e gli invalidi di guerra e per coloro ai quali è esteso lo stesso beneficio. Per gli impiegati dei comuni e delle province l'art. 7 della legge com. e prov. 3 marzo 1934, n. 383, richiede sempre la maggiore età; c) buona condotta; d) idoneità fisica all'impiego. L'art. 2 t. u., approvato con d. presid. 10 gennaio 1957, n. 3, stabilisce pure che non possono accedere agli impieghi statali coloro che siano esclusi dall'elettorato attivo politico e coloro che siano stati destituiti o dispensati dall'impiego presso una pubblica amministrazione.
È da ricordare che l'art. 97 cost. dispone che agli i. nelle pubbliche amministrazioni si accede mediante concorso, salvo i casi stabiliti dalla legge. E l'art. 3 del t. u. 10 gennaio 1957 dà attuazione alla norma costituzionale, dettando precise disposizioni al riguardo.
Le eccezioni cui si riferisce l'art. 97 cost. sono attuate dalla legge per i posti più elevati della carriera, per i quali l'amministrazione può anche procedere a nomina per scelta.
Per accedere ai pubblici concorsi sono richiesti titoli di studio che variano a seconda dei singoli ordinamenti e della natura della carriera.
Per gli ecclesiastici dispone l'art. 5 del Concordato fra la Santa Sede e l'Italia (11 febbraio 1929): "Nessun ecclesiastico può essere assunto o rimanere in un impiego od ufficio dello Stato italiano o di enti pubblici dipendenti dal medesimo senza il nulla osta dell'Ordinario diocesano. La revoca del nulla osta priva l'ecclesiastico della capacità di continuare ad esercitare l'impiego o l'ufficio assunto. In ogni caso i sacerdoti apostati o irretiti da censura non potranno essere assunti né conservati in un insegnamento, in un ufficio od un impiego, nei quali siano a contatto immediato col pubblico".
Sulla capacità della donna, v. donna, in questa App. L'art. 51, comma primo, della costituzione dispone che tutti i cittadini dell'uno o dell'altro sesso possono accedere agli uffici pubblici e alle cariche elettive in condizioni di eguaglianza, secondo i requisiti stabiliti dalla legge. Ma si ritiene che tale precetto non sia ostativo a che la pubblica Amministrazione possa tuttora esercitare la facoltà, prevista dal d. l. 28 novembre 1933, n. 1554 di scegliere volta per volta gli impiegati che essa ritenga più idonei ai varî servizî. Secondo la giurisprudenza si tratta di norma semplicemente programmatica e direttiva della futura legislazione e, quindi, non dispositiva. Essa, del resto, non afferma un principio affatto nuovo, perché subordina l'ammissione ai detti uffici al possesso dei requisiti stabiliti dalla legge.
E la Corte costituzionale ha precisato che le leggi ordinarie che regolano l'accesso dei cittadini ai pubblici uffici, possono tener conto, nell'interesse dei pubblici servizî, delle differenti attitudini proprie degli appartenenti a ciascun sesso, purché non resti infranto il canone fondamentale della eguaglianza giuridica, nel senso che questo deve costituire la regola.
Sempre in relazione ai concorsi concernenti impieghi statali è da ricordare che l'art. 4 d. presid. n. 3 del 1957, dispone che l'esclusione dal concorso può essere disposta soltanto per difetto dei requisiti prescritti e con decreto motivato del ministro. Si tratta di un'innovazione notevole rispetto alla disposizione dell'art. 1, ult. comma, r. d. 30 dicembre 1923, n. 2960, per la quale il ministro, con decreto motivato ed insindacabile, poteva negare l'ammissione al concorso. Inoltre, non è ripetuto il disposto della precedente legge per il quale coloro, che per due volte non avevano conseguito l'idoneità, non erano ammessi a ulteriori concorsi per il medesimo impiego.
Doveri. - La bilateralità del rapporto d'i. pubblico comporta una serie di doveri e di diritti dell'impiegato nei confronti della pubblica Amministrazione, e viceversa. Tra i doveri vanno classificati la promessa solenne che l'impiegato presta all'atto dell'assunzione in prova, e il giuramento che egli presta prima di assumere servizio di ruolo. Secondo quanto stabilisce l'ultimo comma dell'art. 11 t. u. del 1957 il rifiuto di prestare la promessa o il giuramento da parte dell'impiegato statale importa la decadenza dall'impiego. Si deve notare che per il 2° comma dell'art. 54 cost. "I cittadini cui sono affidate funzioni pubbliche hanno il dovere di adempierle con disciplina ed onore, prestando giuramento nei casi stabiliti dalla legge". La formula del giuramento varia a seconda che si tratti di impiegati civili dello Stato o di impiegati militari. Per i magistrati è prevista una formula di giuramento diversa da quella prevista per gli altri impiegati dello Stato. Dall'obbligo del giuramento sono dispensati i titolari di cattedre universitarie (art. 5, comma 1°; legge 18 marzo 1958, n. 311).
Gli impiegati che hanno in consegna materiali o denaro devono prestare una cauzione.
Altro dovere fondamentale dell'impiegato è quello di dedicare all'ufficio la propria attività, materiale e intellettuale, astenendosi da attività che con l'ufficio ricoperto siano incompatibili. A questo dovere sono connessi il divieto di cumulo di più i. con enti pubblici, salve le eccezioni previste dalle leggi; nonché la incompatibilità per l'impiegato di esercitare il commercio, l'industria o professione e di assumere impieghi alle dipendenze di privati o di accettare cariche in società costituite a fine di lucro, salvo anche qui le eccezioni previste dalla legge.
L'impiegato deve poi rispettare l'obbligo della residenza, a meno che abbia ottenuta l'autorizzazione a risiedere altrove; deve osservare l'orario di ufficio; deve obbedire ai superiori gerarchici per quanto attiene al servizio; deve osservare l'obbligo della fedeltà che si concreta, precipuamente, nell'obbligo di mantenere il segreto di ufficio, di esercitare la pubblica funzione o il pubblico servizio nell'intere, se esclusivo della pubblica Amministrazione, di trattare con regolarità le pratiche di ufficio, di adottare nei confronti dei superiori e dei colleghi una condotta di assidua ed efficiente collaborazione per il perseguimento del pubblico interesse e di mantenere buona condotta, civile e morale, anche per quanto concerne la sua attività non attinente all'ufficio.
È da notare che la pubblica Amministrazione attraverso le note di qualifica (sostituite ora, per gli impiegati statali, dal rapporto informativo di cui è parola nell'art. 42 del citato t. u. n. 3 del 1957) mette in risalto periodicamente la capacità, le attitudini e l'operato del dipendente. Le note di qualifica si concludono con la qualifica, che nel nuovo statuto degli impiegati statali è denominato dalla citata norma "giudizio complessivo", di "ottimo", "distinto", "buono", "mediocre", "insufficiente". L'art. 54 dello stesso t. u. prevede ricorso gerarchico avverso il giudizio complessivo.
La inosservanza degli accennati doveri implica responsabilità disciplinare sanzionata con varie pene le quali sono graduate a seconda della gravità della mancanza. Per gli impiegati statali esse sono: 1) la censura (dichiarazione di biasimo scritta e motivata che è inflitta per lievi trasgressioni); 2) la riduzione dello stipendio; 3) la sospensione dalla qualifica; 4) la destituzione. I fatti per i quali le sanzioni più gravi possono essere irrogate, la competenza e il procedimento per la irrogazione, sono specificati dagli artt. 78-90;100-122 t. u. Per gli impiegati con qualifica non inferiore a direttore generale, l'art. 123 parla di esonero dal servizio, in luogo della destituzione prevista per gli altri impiegati.
Sono specificate anche le condizioni per ottenere la riabilitazione, nonché è prevista la reintegrazione dell'impiegato assolto in sede di giudizio penale di revisione. È inoltre minutamente disciplinata la materia relativa alla sospensione cautelare, obbligatoria o facoltativa, dell'impiegato sottoposto a procedimento penale, nonché quella facoltativa in occasione del procedimento disciplinare. È prevista la revoca della sospensione cautelare.
È da segnalare in argomento l'art. 98 per il quale l'impiegato condannato a pena detentiva con sentenza passata in giudicato, qualora non venga destituito, è sospeso dalla qualifica fino a che non abbia scontato la pena. Per alcune condanne penali la destituzione dell'impiegato si verifica di diritto, dopo il passaggio in giudicato della sentenza penale, prescindendosi, quindi, dal procedimento disciplinare. È ammesso anche il condono delle pene disciplinari. Speciali norme vigono in materia disciplinare per i magistrati e per gli ufficiali.
Oltre la responsabilità disciplinare può esservi anche quella penale, che comporta la sospensione cautelare, obbligatoria o facoltativa.
Per quanto concerne la responsabilità civile, occorre distinguere la responsabilità del funzionario o dipendente verso l'ente pubblico, da quella verso terzi. Quanto alla prima, essa poggia sullo speciale vincolo che lega il funzionario o gli altri dipendenti all'ente. La giurisdizione in materia è della Corte dei conti. È prevista poi una specifica responsabilità degli agenti contabili, cioè di coloro che maneggiano materiali o denaro di spettanza dell'ente.
Quanto alla responsabilità verso terzi, è da ricordare l'art. 28 cost. il quale stabilisce che i funzionarî e i dipendenti dello Stato e degli enti pubblici sono direttamente responsabili, secondo le leggi penali, civili e amministrative, degli atti compiuti in violazione dei diritti. In tali casi la responsabilità civile si estende allo Stato e agli enti pubblici. Si discute se questa norma abbia o meno modificato i principî della responsabilità diretta della pubblica Amministrazione per danni subiti da terzi per atti illegittimi e fatti illeciti posti in essere dai suoi funzionarî e dipendenti. Ma la opinione dominante della dottrina e la prevalente giurisprudenza sono nel senso che tali principî non sono stati modificati dal precetto costituzionale. Per gli impiegati statali sono state dettate nel nuovo statuto minute norme al riguardo, come pure per la responsabilità amministrativa dell'impiegato verso l'Amministrazione, compresa quella contabile. Per quanto concerne la responsabilità verso i terzi è da segnalare che per gli impiegati statali, ai fini della loro responsabilità personale, l'art. 23 del t. u. qualifica danno ingiusto quello derivante da ogni violazione dei diritti dei terzi che l'impiegato abbia commesso per dolo o per colpa grave. Si è esclusa, quindi, sempre ai fini della responsabilità personale dell'impiegato, la ipotesi della colpa lieve o lievissima.
Precisa ancora l'art. 23 che la responsabilità personale dell'impiegato sussiste tanto se la violazione del diritto del terzo sia cagionata dal compimento di atti od operazioni, quanto se la detta violazione consista nella omissione o nel ritardo ingiustificato di atti od operazioni, cui l'impiegato sia tenuto per legge o per regolamento. L'omissione, come stabilisce l'art. 25, deve essere fatta constatare da chi vi ha interesse mediante diffida notificata all'impiegato e all'Amministrazione a mezzo di ufficiale giudiziario.
Come per la responsabilità verso l'Amministrazione, così per quella personale verso i terzi, se l'impiegato ha agito per un ordine che era obbligato ad eseguire va esente da responsabilità, salva la responsabilità del superiore che ha impartito l'ordine (art. 28). Inoltre, precisa l'art. 29 che la responsabilità personale verso i terzi è esclusa, oltre che negli altri casi previsti dalla legge, quando l'impiegato ha agito per legittima difesa di sé o di altri o quando sia stato costretto all'azione od omissione dannosa da violenza fisica esercitata sulla persona. Quando ha agito perché costrettovi dalla necessità di salvare sé o altri dal pericolo attuale di un danno grave alla persona e il pericolo non è stato da lui volontariamente causato né era altrimenti evitabile, al danneggiato è dovuto dall'Amministrazione cui l'impiegato appartiene un indennizzo.
Inoltre, sempre nella ipotesi di responsabilità personale dell'impiegato, l'Amministrazione, che abbia risarcito il terzo del danno cagionato dal dipendente, si rivale agendo contro quest'ultimo. Anche nella soggetta materia la giurisdizione è della Corte dei Conti. E precisato che pur contro l'impiegato addetto alla conduzione di autoveicoli o di altri mezzi meccanici l'azione dell'Amministrazione è ammessa solo nel caso di danni arrecati per dolo o per colpa grave (art. 22).
Va notato, a questo punto, che, a prescindere dalla responsabilità personale dei funzionarî e dei dipendenti dello Stato e degli enti pubblici, la pubblica Amministrazione risponde verso i terzi, sulla base del rapporto organico, non solo quando dall'esercizio delle attribuzioni pubbliche derivi la lesione di diritti soggettivi dei terzi, ma anche quando ne derivi la lesione di interessi legittimi.
Sempre in relazione agli impiegati statali, è da segnalare ancora che l'art. 24 del t. u. ha precisato che quando la violazione del diritto sia derivata da atti od operazioni di collegi amministrativi deliberanti, sono responsabili, in solido, il presidente ed i membri del collegio che hanno partecipato all'atto od all'operazione. La responsabilità è esclusa per coloro che abbiano fatto constatare nel verbale il proprio dissenso.
Diritti. - Uno dei fondamentali diritti dell'impiegato pubblico è il diritto all'ufficio. Si discute se l'impiegato abbia un diritto soggettivo perfetto all'ufficio. Sembra esatta l'opinione che di diritto soggettivo perfetto può parlarsi soltanto quando l'allontanamento dall'ufficio avvenga per circostanze determinate dalla legge senza alcun margine di apprezzamento dei fatti, ovvero quando si tratti di valutazione di circostanze rimessa a organi indipendenti dalla pubblica Amministrazione; mentre il contrario deve dirsi allorché l'allontanamento sia conseguenza di un apprezzamento discrezionale fatto dalla pubblica Amministrazione in relazione a esigenze di pubblico interesse. Vi sono però categorie di impiegati ai quali è invece riconosciuto un diritto perfetto all'ufficio; e tali sono gli impiegati inamovibili, che non possono essere sospesi o rimossi dall'ufficio, né destinati a sedi o funzioni se non col loro consenso o per i motivi e con le garanzie stabilite dalla legge.
Connesso con il diritto all'ufficio è il diritto all'esercizio delle funzioni dal quale discende che l'impiegato può essere destinato ad altre funzioni in via normale con la qualifica che riveste e soltanto in casi eccezionali con altra qualifica della stessa carriera. Altri diritti connessi all'ufficio sono quelli inerenti al titolo, al rango e agli onori che l'ufficio stesso comporti. È da avvertire che per gli impiegati degli enti pubblici assunti a contratto, e per i quali sia applicabile la disciplina sull'impiego privato, è sempre ammissibile il licenziamento ad nutum per motivi di pubblico interesse.
Altri diritti di peculiare importanza sono il diritto allo stipendio, alle forme di assistenza e di previdenza per situazioni all'uopo previste dalla legge e il diritto alla carriera. Dalle promozioni si deve distinguere la progressione economica nello stesso grado o nella stessa qualifica e che presuppone la permanenza dell'impiegato nel grado o nella qualifica per un certo numero di anni. Salvo il caso delle promozioni per semplice anzianità (alle quali l'impiegato ha diritto condizionato soltanto all'accertamento della sua normale capacità e alla mancanza di demerito) negli altri casi l'impiegato ha soltanto diritto che nel conferimento delle promozioni si osservino le norme concernenti il relativo procedimento e salva sempre la possibilità di far valere in sede competente i vizî di eccesso di potere amministrativo di cui l'apprezzamento della pubblica Amministrazione sia eventualmente inficiato.
Per quanto riguarda, in particolare, gli impiegati statali, è da precisare che il sistema anteriore si fondava sulla distribuzione degli impiegati in 13 gradi. L'attuale statuto degli impiegati dello Stato ha abolito detto sistema distinguendo: a) carriere direttive; o) carriere di concetto; c) carriere esecutive; d) carriere del personale ausiliario (v. oltre).
Particolari norme vigono per i magistrati, gli insegnanti, di ogni ordine e grado, il personale dipendente dalle aziende autonome delle ferrovie dello Stato, delle poste e telecomunicazioni e per i servizi telefonici nonchè per gli ufficiali delle Forze armate.
Per l'art. 33 dello statuto (commi 5° e 6°) ai più meritevoli fra gli impiegati statali che hanno riportato giudizio complessivo di ottimo nell'ultimo anno può essere concesso, su proposta motivata del Consiglio di amministrazione, l'aumento periodico di stipendio con anticipazione di un anno del periodo prescritto per conseguirlo. L'impiegato può fruire una sola volta nella qualifica rivestita del beneficio predetto e il numero degli impiegati ai quali può essere attribuito il beneficio medesimo non può superare, per ciascuna qualifica, il venti per cento dei relativi posti di organico.
Ai sensi dell'art. 1 d. presid. 11 gennaio 1956, n. 19, comma 3°, 4°, gli stipendî, paghe e retribuzioni, di cui usufruiscono i dipendenti statali, sono suscettibili di aumenti periodici costanti, in numero illimitato, in ragione del 2,50% della misura iniziale per ogni biennio di permanenza, senza demerito, del personale interessato, nella stessa funzione, categoria, grado o qualifica. In caso di promozione, al personale provvisto di stipendio, paga o retribuzione, superiore a quello previsto inizialmente nella nuova funzione, categoria, grado o qualifica, sono attribuiti, nella nuova posizione, gli aumenti periodici necessarî per assicurare uno stipendio, paga o retribuzione, d'importo immediatamente superiore a quello spettante al momento dell'avanzamento.
Non sussiste un diritto alla promozione, essendo lasciata all'Amministrazione competente la facoltà di valutare discrezionalmente l'opportunità o meno di conferire i posti disponibili. A diversa conclusione si deve, peraltro, giungere ove l'Amministrazione sia obbligata a conferire i posti disponibili entro un periodo di tempo determinato. Ove tale apprezzamento discrezionale sia riconosciuto alla pubblica Amministrazione, le norme regolatrici delle promozioni sono quelle in vigore al momento in cui le promozioni stesse vengano effettuate. Per quanto concerne la possibilità di rinunciare alle promozioni, si ritiene che essa non sussista e in tal senso disponeva espressamente l'art. 120 del r. d. 30 dicembre 1923, n. 3084 per gli impiegati dello Stato.
Modificazioni del rapporto. - Le promozioni modificano il rapporto di impiego nel senso che se avvengono nella stessa classe, cioè permanendo lo stesso ufficio, comportano soltanto un miglioramento economico; se avvengono con mutamento di grado o di qualifica comportano il passaggio, di regola, ad altro ufficio superiore.
Mutamenti del rapporto di impiego sono poi dati dai seguenti istituti:
a) Comando, che consiste nell'utilizzare l'impiegato in un ufficio diverso da quello suo proprio, mantenendo quest'ultimo. Per quanto concerne gli impiegati statali, il nuovo statuto ha disciplinato l'istituto del comando che nel passato ordinamento era menzionato soltanto per circoscriverlo ad alcuni casi eccezionali. Ora gli articoli 56 e 57 t. u. dispongono che l'impiegato statale può essere comandato, per tempo determinato e in via eccezionale, a prestare servizio presso altra Amministrazione statale o presso enti pubblici, esclusi quelli sottoposti alla vigilanza dell'Amministrazione a cui l'impiegato stesso appartiene. Il comando è disposto, per tempo determinato e in via eccezionale, per riconosciute esigenze di servizio o quando sia richiesta una speciale competenza. È vietata l'assegnazione anche temporanea di impiegati a uffici diversi da quelli per i quali sono istituiti i ruoli cui appartengono. L'impiegato nella posizione di comando è ammesso agli scrutinî e agli esami per la promozione alla qualifica superiore in base alle normali disposizioni sull'avanzamento in carriera. Alla spesa per il personale comandato provvede direttamente e a proprio carico l'Amministrazione o l'ente pubblico presso cui il personale va a prestare servizio.
b) Collocamento fuori ruolo, che è preordinato alla utilizzazione dell'impiegato per incarichi speciali sia nell'ambito della Amministrazione di appartenenza, sia presso Amministrazioni diverse da quelle di appartenenza. In questo secondo caso si ha una attenuazione del rapporto d'impiego e la conseguente sospensione delle reciproche prestazioni nell'Amministrazione di appartenenza; nel primo caso il collocamento fuori ruolo non esclude che l'impiegato possa essere adibito anche alle normali funzioni, qualora la sua attività non sia interamente assorbita dall'incarico speciale. L'art. 58 t. u. dispone che il collocamento fuori ruolo può essere disposto per il disimpegno di funzioni dello Stato o di altri enti pubblici attinenti agli interessi dell'Amministrazione che lo dispone e che non rientrino nei compiti istituzionali dell'Amministrazione stessa. L'impiegato collocato fuori ruolo non occupa posto nella qualifica del ruolo organico cui appartiene; nella qualifica iniziale del ruolo stesso è lasciato scoperto un posto per ogni impiegato collocato fuori ruolo.
c) Aspettativa, che ha luogo per infermità; per motivi di famiglia, per servizio militare e per mandato politico, comporta l'esenzione dell'impiegato dall'obbligo di residenza e da quello di prestare il servizio, mentre permangono gli altri obblighi.
d) Collocamento in disponibilità, che ha luogo quando vi sia soppressione di ufficio e riduzione di ruoli.
e) Collocamento a disposizione, che si applica agli ambasciatori, agli inviati straordinarî e ministri plenipotenziarî di prima classe, agli inviati straordinarî e ministri plenipotenziarî di seconda classe ed ai consiglieri di ambasciata, nonché ai prefetti. Presupposto del collocamento a disposizione è l'interesse del servizio.
Distinzione delle carriere. - Come sopra si è visto la vigente legislazione per gli impiegati dello Stato distingue le carriere direttive da quelle di concetto e queste ultime dalle carriere esecutive. Vi è poi la carriera del personale ausiliario.
Il personale delle carriere direttive, con qualifica non inferiore a direttore di sezione, svolge attività normativa in applicazione di leggi e regolamenti, di coordinamento, di propulsione e di controllo; cura l'organizzazione tecnico scientifica del lavoro degli uffici e dei servizî anche per adeguarne l'efficienza alle esigenze sociali ed economiche; attende a compiti di studio e ricerche; partecipa a organi collegiali, commissioni o comitati operanti in seno all'Amministrazione; nei casi stabiliti dalla legge rappresenta l'Amministrazione e ne cura gli interessi presso gli enti e le società sottoposti alla vigilanza dello Stato; è preposto alla direzione dei varî rami dell'amministrazione centrale e degli organi periferici provinciali o di circoscrizione più estesa, da essa dipendenti. Il personale delle carriere direttive, con qualifica inferiore a direttore di sezione, collabora all'attività dei dirigenti predetti, nell'ambito dei servizî ai quali è addetto (art. 154 t. u.).
Il personale delle carriere di concetto, addetto agli uffici dell'amministrazione centrale e periferica, svolge i compiti di carattere amministrativo, contabile e tecnico previsti dai singoli ordinamenti e provvede agli adempimenti che ad esso vengono affidati. Nell'espletamento dei proprî compiti ha responsabilità della corretta applicazione delle leggi e dei regolamenti (art. 172 t. u.).
Il personale delle carriere esecutive, addetto agli uffici dell'amministrazione centrale e periferica, disimpegna mansioni di archivio, di protocollo, di registrazione e di copia, nonché quelle di collaborazione contabile, tecnica e amministrativa previste nei regolamenti delle singole amministrazioni (art. 181 t. u.).
Il personale ausiliario provvede a mantenere l'ordine e la pulizia degli uffici cui è addetto, disimpegna il servizio di anticamera, vigila l'accesso del pubblico agli uffici, esegue il trasporto dei fascicoli e di altri oggetti dell'ufficio e adempie agli incarichi di carattere materiale inerenti al servizio. Il personale ausiliario tecnico esplica le mansioni previste dai singoli ordinamenti (art. 189 t.u.). A parte va considerata la categoria dei salariati, i quali prestano a favore degli enti pubblici mansioni di mano d'opera.
Cessazione. - Il rapporto d'impiego si estingue, innanzi tutto, per il venir meno della persona giuridica pubblica con la quale è sorto il rapporto, nel caso in cui il servizio già proprio dell'ente pubblico venga trasferito a un soggetto privato; in tal caso, infatti, anche se il personale dell'ente passa alle dipendenze del privato sorge un nuovo rapporto regolato dalla legge sull'impiego privato. Il rapporto d'impiego si estingue inoltre per le seguenti altre cause: a) morte dell'impiegato; b) compimento del limite di età; c) condanna penale che comporti la destituzione di diritto dell'impiegato; d) destituzione dell'impiegato a seguito di provvedimento disciplinare; e) dispensa dal servizio per motivi di salute, per provata incapacità o per persistente insufficiente rendimento; f) dimissioni d'ufficio (per gli impiegati statali il nuovo ordinamento parla per tale ipotesi di decadenza: art. 127 t. u.); g) dimissioni volontarie, che non hanno, peraltro, effetto se non sono accettate dall'Amministrazione. Ciò non significa che ordinariamente la pubblica Amministrazione possa rifiutarsi di dar corso alla domanda di dimissioni, ma può solo prorogarne di qualche tempo l'accettazione per assicurare la regolarità del servizio.
Ma, per gli impiegati statali, l'art. 46 del r. d. 30 dicembre 1923, n. 2960, dava la facoltà all'Amministrazione di opporre un assoluto rifiuto delle dimissioni per gravi motivi di servizio. Nel nuovo statuto questa facoltà è accentuata, in quanto per il 4° comma dell'art. 124 t. u. non si richiede più, a tal fine, la gravità dei motivi, essendo sufficiente la ricorrenza di "motivi di servizio". Tale facoltà sussiste pure, in base ai principî generali e comunque per espressa previsione del citato art. 124, per la ipotesi in cui sia in corso procedimento disciplinare a carico dell'impiegato.
È da segnalare, sempre per gli impiegati statali, l'art. 125 per il quale l'impiegato dimissionario consegue il diritto alla pensione qualora abbia raggiunto un'età non inferiore a quella prevista per il collocamento a riposo ridotta di cinque anni e conti almeno venti anni di servizio effettivo oppure a qualunque età qualora abbia prestato almeno venticinque anni di servizio effettivo. Negli altri casi l'impiegato dimissionario ha diritto all'indennità per una sola volta in luogo di pensione nella misura prevista dalle vigenti disposizioni, purché abbia prestato almeno un anno intero di servizio effettivo. È da ricordare inoltre l'art. 126 per il quale l'impiegata che abbia contratto matrimonio, anche se sia rimasta successivamente vedova con prole a carico, può presentare le dimissioni con il diritto al trattamento di quiescenza spettante alla data di risoluzione del rapporto d'impiego, secondo le disposizioni di cui al t. u. 21 febbraio 1895, n. 70, e successive modificazioni. Ai fini del compimento dell'anzianità minima richiesta per la maturazione del diritto a pensione, è concesso all'impiegata predetta un aumento del servizio utile fino al massimo di cinque anni.
Domanda di collocamento a riposo. - Giova in proposito precisare che ove il limite di età per il collocamento dell'impiegato a riposo non sia prescritto inderogabilmente e non sia raggiunto il limite minimo di servizio, l'impiegato non può essere collocato a riposo d'ufficio, se prima non sia raggiunto anche tale limite minimo. Pur nella sussistenza di queste condizioni, l'Amministrazione può discrezionalmente trattenere in servizio l'impiegato il quale, però, può fare esplicita domanda di collocamento a riposo.
Per la determinazione del periodo di servizio non va calcolato il servizio militare, come pure non vanno calcolati i benefici militari (ad es. campagne di guerra) di cui l'impiegato si sia avvalso ai fini della pensione. Cessato il rapporto di impiego, l'ex impiegato, nella ricorrenza di determinate condizioni, può essere riassunto in servizio. Con la cessazione del rapporto si estinguono, di regola, tutti i doveri e tutti i diritti che da esso derivano, salvo il trattamento di quiescenza ed il diritto dell'ex impiegato di usare del titolo ufficiale che aveva alla cessazione del rapporto o del titolo onorifico immediatamente superiore che gli sia stato eventualmente riconosciuto.
Bibl.: U. Baldi Papini, Il rapporto d'impiego pubblico, Padova 1942; A. De Valles, Questioni in tema di note di qualifica e di qualifiche, in Rivista del pubblico impiego, I (1943), p. 100; A. Di Lorenzo, Disciplina del rapporto di pubblico impiego, Brescia 1947; Roehrssen, Trattamento giuridico ed economico del personale non di ruolo, in Nuova rassegna, 1948; P. Gasparri, Collocamento a riposo e dispensa nell'interesse del servizio, in Foro amministrativo, I (1950), p. 129; C. Vitta, Diritto amministrativo, II, Torino 1950, p. 192 ss.; G. De Gennaro, Lo stato giuridico ed economico del personale non di ruolo degli enti locali, Empoli 1951; G. Miele, L'esclusione dai pubblici concorsi e l'articolo 51 della costituzione, in Rivista trimestrale di diritto pubblico, 1952, p. 821; C. Motzo, Ammissioni in condizioni di eguaglianza dei cittadini di sesso femminile agli uffici pubblici, in Rassegna di diritto pubblico, I (1952), p. 325; S. Lessona, Il valore delle note di qualifica in una recente decisione del Consiglio di Stato, in Rivista amministrativa, 1955, p. 542; A. Bennati e E. Di Giambattista, Il nuovo statuto e la carriera degli impiegati civili dello stato, Napoli 1956; P. Virga, Il pubblico impiego, Palermo 1957; G. Zanobini, Corso di diritto amministrativo, III, Milano 1958.