imposta ottimale, teoria dell'
imposta ottimale, teoria dell’ Teoria che prende in esame i criteri ottimali di imposizione (➔ imposta p).
A. Smith enunciava il criterio secondo cui i sudditi devono pagare le i. in proporzione alle capacità, ossia in proporzione al reddito di cui rispettivamente godono sotto la protezione dello Stato, aggiungendo che l’i. deve essere certa, agevole nei versamenti, non onerosa e tale da non ostacolare l’attività produttiva. J.S. Mill, che aderiva all’utilitarismo di J. Bentham, aggiunse che le i. dovevano essere stabilite secondo il criterio dell’uguaglianza del sacrificio (➔), cioè dell’uguaglianza della perdita di utilità.
Con lo sviluppo della nuova economia del benessere, la scelta dei criteri impositivi si si è andata concentrando su come coniugare simultaneamente un problema di efficienza e uno di equità. Se infatti è praticamente impossibile stabilire i. lump sum (➔ lump sum tax) ‒ cioè non distorsive delle scelte del lavoratore, del consumatore e del risparmiatore ‒ personalizzate, occorre studiare come applicare i. dirette o indirette che rendano minime le perdite di benessere dovute agli effetti distorsivi, a livello dell’intera collettività. ● Per quanto riguarda l’imposizione diretta, F.Y. Edgeworth e A.C. Pigou avevano sostenuto, applicando una funzione del benessere utilitarista classica, un’i. progressiva, con aliquote (➔ aliquota) marginali crescenti, ma comunque inferiori all’unità, per attenuare gli effetti di disincentivo al lavoro e alla produzione. In questa impostazione il profilo delle aliquote ai diversi livelli di reddito rimaneva indeterminato. J.A. Mirrlees, riprendendo un lavoro di W.S. Vickrey, considera una collettività dove vi è solo reddito da lavoro; i lavoratori hanno tutti la stessa funzione di utilità (➔ utilità, funzione di p) che dipende dal consumo e dal tempo libero, ma diversa abilità e quindi diverso salario unitario. La funzione di benessere sociale (➔ benessere sociale, funzione del) ha caratteristiche tipiche dell’utilitarismo (➔), ma tiene conto dell’influenza della funzione Bergson-Samuelson (➔ Bergson, Abram; Samuelson, Paul Anthony), permettendo l’introduzione di un grado di avversione al rischio (➔ rischio p). Gli specifici risultati sul profilo delle aliquote dipendono dalla presenza di effetti di reddito e di sostituzione, dalla caratteristica della distribuzione delle abilità, dal grado di avversione alla diseguaglianza. Studi successivi hanno rilevato che alcuni risultati di Mirrlees, come la struttura quasi piatta delle aliquote, possono modificarsi radicalmente formulando altre ipotesi sulla funzione di utilità o di distribuzione.
Per quanto riguarda le i. indirette sui beni, le analisi di Marshall e Pigou avevano stabilito che, in seguito a un’i. su un bene, si verifica una perdita secca, cioè la riduzione della rendita dei consumatori è maggiore del gettito dell’i., fenomeno noto come triangolo di Harberger (➔ Harberger, triangolo di). La perdita secca è tanto maggiore quanto più elevata è l’elasticità (➔) della domanda; d’altra parte, un aumento dell’i. fa crescere più che proporzionalmente la perdita secca. Il problema era come minimizzare la somma delle perdite secche in un sistema di tassazione (➔) su più beni, questione che fu risolta da F.P. Ramsey, il quale dimostrò che la relazione tra le aliquote è inversamente proporzionale a quella tra le elasticità delle domande. Implicitamente, Ramsey utilizzava una funzione utilitarista classica.
Sulle orme del pioneristico lavoro di Ramsey, e di quello successivo di Mirrlees, si è sviluppata una imponente letteratura, che esamina una vasta gamma di problemi impositivi: tassazione del singolo o della famiglia (➔ famiglia, tassazione della), tassazione di favore dei giovani e delle donne, discriminazione nelle aliquote dell’imposizione indiretta. Tra le funzioni di benessere sociale utilizzate, oltre alla benthamiana (➔ Bentham, Jeremy) e alla Bergson-Samuelson, vi sono anche la funzione rawlsiana (➔ Rawls, John). Vengono introdotte complicazioni derivanti dalla presenza di rischio e asimmetrie informative (➔ asimmetria informativa), differenziazioni tra le funzioni di utilità tra individui. Spesso i modelli sono di tale complessità, che si fa ricorso a simulazioni numeriche per poter cogliere le conclusioni di policy cui le analisi pervengono.