Imposte dirette. Riforma della tassazione delle rendite finanziarie
Il regime delle rendite finanziarie è stato profondamente modificato nell’arco di questi ultimi due anni sino a mutare radicalmente fisionomia. Da un lato è stato trascurata la distinzione tra titoli obbligazionari emessi dai cd. grandi emittenti e gli altri titoli, ai fini dell’applicazione di una imposta sostitutiva sui redditi di capitale; dall’altro, è stata abbandonata la tassazione sul risultato maturato per i fondi comuni mobiliari italiani ed esteri, mantenendola per le sole gestioni individuali “fiscali”. Come è evidente il mutamento sostanziale più rilevante è quello dell’unificazione dell’aliquota di prelievo sulle rendite finanziarie nella misura del 20%, di cui si tratterà.
Per quanto la materia non sia stata interessata da una revisione sistematica, tanto meno completa, come quella intervenuta nel 1996/1997, è corretto affermare che il regime delle rendite finanziarie è stato profondamente modificato nell’arco di questi ultimi due anni sino a mutarne radicalmente la fisionomia.
E infatti, per un verso è stata via, via marcatamente trascurata l’originaria distinzione tra titoli obbligazionari emessi dai cd. grandi emittenti (in sintesi, le banche e le società quotate, oltre alla Stato italiano) e gli altri titoli di debito, ai fini della applicazione di una imposta sostitutiva sui redditi di capitale riconosciuti nell’ambito di transazioni o trasferimenti di proprietà da parte degli intermediari finanziari che vi intervengano (in luogo della ritenuta da applicarsi da parte degli emittenti i titoli), criterio adottato con il d.lgs. 1.4.1996, n. 239. Per altro verso, con il d.l. 29.12.2010, n. 225, convertito dalla l. 26.2.2011, n. 10, (cd. decreto milleproroghe) è stata (finalmente) abbandonata, alla fine del 2010, la tassazione sul risultato maturato per i fondi comuni mobiliari italiani ed esteri (rectius, per gli organismi di investimento collettivo in valori mobiliari, Oicvm), introdotta con il d.lgs. 21.11.1997, n. 461, mantenendola per le sole gestioni individuali “fiscali” disciplinate dall’art. 7 del summenzionato decreto1. Ma, come è evidente, il mutamento sostanziale più rilevante è quello apportato dal d.l. 13.8.2011, n. 138, convertito dalla l. 14.9.2011, n. 148. Con questo provvedimento (ed i tre decreti ministeriali attuativi, tutti del 13.12.2011) è stata infatti stabilita l’unificazione dell’aliquota di prelievo sulle rendite finanziarie nella misura del 20%2. Per quanto il legislatore abbia operato principalmente attraverso la mera indicazione della modifica dell’aliquota del prelievo, non si deve essere tratti in inganno e ritenere che tale provvedimento, come meglio si vedrà in appresso, non abbia anche mutato taluni rilevanti elementi propri del sistema.
Sarebbe però riduttivo affermare che la copiosa produzione normativa di quest’ultimo periodo si sia limitata solo a questa, pur importante, innovazione. In effetti, è utile ricordare che la materia è stata anche ulteriormente disciplinata dal d.l. 13.5.2011, n. 70, convertito dalla l. 12.7.2011, n. 106, (cd. decreto sviluppo), recante, in particolare, il riassetto della disciplina fiscale dei fondi immobiliari chiusi3 e la disciplina fiscale dei Titoli di risparmio per l’economia meridionale (cd. Trem Bond), attuata con d.m. 1.12.2011 (in G.U. n. 28 del 3.2.2012), e dal d.lgs. 16.4.2012, n. 47 (di attuazione della direttiva comunitaria cd. Ucits IV e recante, tra le altre, anche disposizioni tributarie in materia) oltre che da una pletora di decreti legge di cui, per quanto qui possa interessare, parleremo più avanti (d.l. 6.7.2011, n. 98, convertito dalla l. 15.7.2011 n. 111, cd. manovra correttiva 2011, d.l. 29.12.2011, n. 216, convertito dalla l. 24.2.2012, n. 14, cd. decreto correttivo 2011, d.l. 24.1.2012, n. 1, convertito dalla l. 24.3.2012, n. 27, cd. decreto liberalizzazioni, d.l. 2.3.2012, n. 16, convertito dalla l. 26.4.2012, n. 44, cd. decreto semplificazioni, d.l. 22.6.2012, n. 83 convertito dalla l. 7.8.2012 n. 134, cd. decreto crescita).
L’art. 2, co. 6, d.l. n. 138/2011 ha uniformato al 20% il prelievo sulla generalità dei redditi finanziari (di capitale e diversi), che in precedenza trovava applicazione con le aliquote del 12,50% e del 27% secondo le diverse tipologie di strumenti finanziari cui detti redditi afferivano.
L’intervento d’unificazione non ha comportato l’eliminazione del previgente impianto normativo, ma la mera sostituzione, peraltro operata solo per rinvio, delle aliquote ivi previste con la nuova misura del 20%. Infatti, il d.l. n. 138/2011 dispone che le ritenute e le imposte sostitutive previste i) sugli interessi, premi e ogni altro provento di cui all’art. 44 del d.P.R. 22.12.1986, n. 917, t.u.i.r., e ii) sui redditi diversi di cui all’art. 67, co. 1, lett. da c-bis a c-quinquies del medesimo d.P.R., ovunque ricorrano, sono ora stabilite nella misura del 20%. Sono tuttavia previste deroghe che determinano il mantenimento di talune previgenti misure di prelievo.
2.1 Fattispecie tassate con l’aliquota del 20%
In particolare, l’unificazione dell’aliquota riguarda i seguenti redditi di capitale di cui all’art. 44 t.u.i.r., qualora ne sia prevista l’assoggettamento ad imposizione tramite ritenuta o imposta sostitutiva4:
a) interessi e altri proventi derivanti da mutui, depositi e conti correnti;
b) interessi e altri proventi delle obbligazioni e titoli similari, degli altri titoli diversi dalle azioni e titoli similari, nonché dei certificati di massa;
c) rendite perpetue e prestazioni annue perpetue di cui agli artt. 1861 e 1869 c.c.;
d) compensi per prestazioni di fideiussione o di altra garanzia;
e) utili derivanti dalla partecipazione al capitale o al patrimonio di società ed enti soggetti all’imposta sul reddito delle società, salvo il disposto della lettera d) del co. 2 dell’art. 53 t.u.i.r. (vale a dire quando possano essere qualificati in una differente categoria reddituale in ragione del rapporto che li origina);
f) utili derivanti da associazioni in partecipazione e dai contratti indicati nel co. 1 dell’art. 2554 c.c., salvo il disposto della lettera c) del co. 2 dell’art. 53 t.u.i.r. (per il qual ultimo caso vale, evidentemente, il tema del rapporto costitutivo, come per la fattispecie che precede);
g) proventi derivanti dalla gestione, nell’interesse collettivo di pluralità di soggetti, di masse patrimoniali costituite con somme di denaro e beni affidati da terzi o provenienti dai relativi investimenti (in sintesi, i cd. Oicvm); g1) proventi derivanti da riporti e pronti contro termine su titoli e valute; g2) proventi derivanti dal mutuo di titoli garantito; g3) redditi compresi nei capitali corrisposti in dipendenza di contratti di assicurazione sulla vita e di capitalizzazione; g4) redditi derivanti dai rendimenti delle prestazioni pensionistiche di cui all’art. 50, co. 1., lett. h-bis, t.u.i.r. erogate in forma periodica e delle rendite vitalizie aventi funzione previdenziale; g5) redditi imputati al beneficiario di trust ai sensi dell’art. 73, co. 2, t.u.i.r., anche se non residenti;
h) interessi e altri proventi derivanti da altri rapporti aventi per oggetto l’impiego del capitale, esclusi i rapporti attraverso cui possono essere realizzati differenziali positivi e negativi in dipendenza di un evento incerto.
L’unificazione al 20% ha eliminato la necessità di distinguere le obbligazioni e i titoli similari, italiani ed esteri, in base alla durata o al rendimento5 e la conseguente abrogazione della disposizione che prevedeva un prelievo aggiuntivo del 20% nel caso di rimborso anticipato di titoli originariamente di durata non inferiore a diciotto mesi.
Inoltre, sempre nell’alveo della unificazione dell’aliquota, l’art. 32 d.l. n. 83/2012 ha stabilito che alle cambiali finanziarie (i.e. i titoli di credito all’ordine emessi in serie ed aventi una scadenza non inferiore ad un mese e non superiore a trentasei mesi dalla data di emissione), si applichi il medesimo regime fiscale (di fatto, più favorevole) applicabile alle obbligazioni emesse dai cd. grandi emittenti (ex d.lgs. n. 239/1996), limitatamente a quelle emesse dal 26 giugno 2012, data di entrata in vigore del citato d.l. n. 83/2012.
Come è evidente l’incremento del prelievo ha riguardato anche le gestioni individuali di portafoglio di cui all’art. 7 d.lgs. n. 461/1997; per queste il d.l. n. 138/2011 è intervenuto, non solo modificando l’aliquota d’imposta, ma anche ampliando il novero di ritenute ed imposte sostitutive che non trovano applicazione con riferimento al patrimonio affidato in gestione, allineandosi, sostanzialmente, al regime degli Oicvm, eccezion fatta per prelievo sugli interessi e altri proventi dei depositi bancari italiani, che rimane autonomamente applicabile. Poiché, come detto, per le gestioni individuali rimane applicabile il regime di tassazione sul risultato maturato, l’art. 2, co. 33, d.l. n. 138/2011 ha stabilito, infine, che gli eventuali risultati negativi di gestione rilevati alla data del 31 dicembre 2011, possano essere portati in deduzione dai risultati di gestione maturati successivamente per una quota pari al 62,50% del loro ammontare nei limiti temporali dei quattro periodi d’imposta previsti dall’art. 7, co. 10, d.lgs. n. 461/1997, secondo un criterio comune a quello del riporto delle perdite ante riforma in tema di cd. capital gains. Di fatto, per entrambi i regimi (risparmio gestito e capital gains) le perdite pregresse sono ponderate, in riduzione, in ragione della previgente aliquota del 12,50%.
Per quanto riguarda i redditi diversi di natura finanziaria, la nuova aliquota interessa le seguenti fattispecie impositive previste dall’art. 67, co. 1, t.u.i.r.6: lett. c-bis: plusvalenze, diverse da quelle imponibili ai sensi della lett. c) (i.e., diverse dalla plusvalenze su cd. partecipazioni qualificate), realizzate mediante cessione a titolo oneroso di azioni e di ogni altra partecipazione al capitale o al patrimonio di società di cui all’art. 5 t.u.i.r., escluse le associazioni di cui al co. 3, lett. c), e dei soggetti di cui all’art. 73 t.u.i.r., o di diritti o titoli attraverso cui possono essere acquisite le predette partecipazioni, nonché le plusvalenze assimilate derivanti dalle cessioni di contratti di associazione in partecipazione e di cointeressenza in cui il valore dell’apporto non sia superiore al 5% o al 25% del valore del patrimonio netto contabile e di contratti della stessa natura, qualora il valore dell’apporto non sia superiore al 25% del valore riferibile all’associante; lett. c-ter: plusvalenze, diverse da quelle di cui alle lett. c e c-bis, realizzate mediante cessione a titolo oneroso ovvero rimborso di titoli non rappresentativi di merci, di certificati di massa, di valute estere, oggetto di cessione a termine o rivenienti da depositi o conti correnti, di metalli preziosi, sempreché siano allo stato grezzo o monetato, e di quote di partecipazione ad Oicvm. Come è noto, ai fini dei redditi diversi di natura finanziaria sono considerate cessioni a titolo oneroso anche i prelievi di valute estere da depositi e conti correnti; lett. c-quater: redditi, diversi da quelli precedentemente indicati, comunque realizzati mediante rapporti da cui deriva il diritto o l’obbligo di cedere o acquistare a termine strumenti finanziari, valute, metalli preziosi o merci ovvero di ricevere o di effettuare uno o più pagamenti collegati a tassi di interesse, a quotazioni o valori di strumenti finanziari, di valute estere, di metalli preziosi o di merci e ad ogni altro parametro di natura finanziaria; lett. c-quinquies: plusvalenze ed altri proventi, diversi da quelli precedentemente indicati, realizzate mediante cessione a titolo oneroso ovvero chiusura di rapporti produttivi di redditi di capitale e mediante cessione a titolo oneroso ovvero rimborso di crediti pecuniari o di strumenti finanziari, nonché quelli realizzati mediante rapporti attraverso cui possono essere conseguiti differenziali positivi e negativi in dipendenza di un evento incerto. Tra le plusvalenze e i redditi di cui alle lettere c-ter, c-quater e c-quinquies si comprendono anche quelli realizzati mediante rimborso o chiusura delle attività finanziarie o dei rapporti ivi indicati, sottoscritti all’emissione o comunque non acquistati da terzi per effetto di cessione a titolo oneroso, oltre quelli derivanti dal rimborso di quote o azioni di Oicvm realizzato mediante conversione di quote o azioni da un comparto ad altro comparto del medesimo Oicvm.
Non sono interessati dalla nuova aliquota i redditi costituiti da plusvalenze relative a partecipazioni qualificate di cui all’art. 67, lett. c), t.u.i.r., non essendo sottoposti ad imposizione sostitutiva ma a tassazione ordinaria (ancorché per il 49,72% del loro ammontare per evitare, rectius attenuare, fenomeni di doppia imposizione).
2.2 Deroghe all’unificazione dell’aliquota
Per mere ragioni di politica finanziaria il co. 7 dell’art. 2 d.l. n. 138/2011 stabilisce che la nuova aliquota unificata non trovi applicazione (e quindi rimanga applicabile quella originaria, di regola del 12,5%) sugli interessi, premi e ogni altro provento di cui all’art. 44 t.u.i.r. e sui redditi diversi di cui all’art. 67, co. 1, lett. c-ter, t.u.i.r. (cioè alle plusvalenze derivanti dalla cessione o dal rimborso di titoli non aventi natura partecipativa) qualora afferiscano a:
a) obbligazioni e altri titoli di cui all’art. 31 d.P.R. n. 29.9.1973, n. 601 ed equiparati, quali titoli emessi dallo Stato e da amministrazioni statali, ma anche da regioni, province e comuni (i.e. Bor, Bop e Boc); titoli pubblici ed equiparati emessi all’estero a decorrere dal 10 settembre 1992; titoli obbligazionari emessi dagli enti territoriali ai sensi degli artt. 35 e 37 l. n. 724/1994; buoni fruttiferi postali emessi dalla Cassa depositi e prestiti s.p.a.; titoli emessi da enti e da organismi internazionali costituiti in base ad accordi internazionali resi esecutivi in Italia (equiparati ai titoli di Stato dall’art. 12, co. 13-bis, d.l. n. 461/1997); cd. project bonds di cui all’art. 1 del d.l. n. 83/2012;
b) obbligazioni emesse dagli Stati inclusi nella lista da individuarsi con decreto ai sensi dell’art. 168 bis t.u.i.r., ovvero, in attesa dell’emanazione del suddetto decreto, dagli Stati con i quali è attuabile lo scambio di informazioni ai sensi delle convenzioni per evitare le doppie imposizioni sul reddito in vigore con l’Italia, come individuati dal decreto ministeriale 4.9.1996 e successive modifiche e integrazioni (cd. white list)7. Anche i proventi derivanti dalle sopraelencate obbligazioni restano pertanto soggetti, come i precedenti, all’aliquota del 12,5%, a prescindere dalla durata ma a condizione che si tratti di titoli che prevedono il rimborso alla scadenza di una somma almeno pari a quella mutuata;
c) Trem Bond di cui all’art. 8 d.l. n. 70/2011, vale a dire strumenti finanziari aventi scadenza non inferiore a diciotto mesi che possono essere emessi da banche italiane, comunitarie ed extracomunitarie autorizzate ad operare in Italia, al fine di favorire il riequilibrio territoriale dei flussi di credito per gli investimenti a mediolungo termine delle piccole e medie imprese del Mezzogiorno e sostenere progetti etici nel Mezzogiorno. I proventi derivanti dai sopraelencati titoli e obbligazioni restano quindi soggetti all’originaria aliquota del 5%8;
d) piani di risparmio a lungo termine appositamente istituiti.
Inoltre, in base allo stesso art. 2, co. 8, costituiscono ulteriori casi di deroga all’applicazione dell’aliquota del 20%:
a) gli interessi infragruppo corrisposti ad imprese europee consociate, che, in presenza di tutti i requisiti previsti dalla cd. direttiva interessi e royalties, con la sola eccezione della condizione di effettivo beneficiario, sono soggetti comunque ad una ritenuta ridotta del 5% (in luogo dell’integrale esenzione da prelievi alla fonte applicabile, in presenza di tutte le condizioni previste dalla citata direttiva comunitaria, agli intessi corrisposti fra società consociate di Stati UE diversi)9;
b) gli utili percepiti da società residenti in uno Stato membro UE o aderente SEE, inclusi nella citata white list, e ivi soggette ad imposta sui redditi, che restano soggetti a prelievo nella misura dell’1,375%;
c) gli utili percepiti da fondi pensione istituiti e basati in uno Stato membro UE o aderente SEE, sempre se inclusi nella citata white list, che rimangono soggetti a prelievo nella misura dell’11%;
d) il risultato della gestione delle forme di previdenza complementare, che rimane soggetto ad imposta sostitutiva con aliquota dell’11%.
2.3 Prodotti finanziari “strutturati” o “complessi”
Al fine di assicurare che la quota parte di reddito riconducibile a titoli del debito pubblico ed equiparati e alle obbligazioni emesse da Stati della cd. white list continui a essere tassata al 12,5%, in coerenza con la deroga menzionata nel paragrafo che precede sono state stabilite particolari regole per la determinazione della base imponibile nel caso di prodotti finanziari “strutturati” o “complessi”.
Per quanto riguarda i fondi d’investimento mobiliari, mentre il co. 6 dell’art. 2 d.l. n. 138/2011 ha portato al 20% la misura delle ritenute sui relativi proventi (redditi di capitale ex art. 44, co. 1, lett. g, t.u.i.r.) oltre che sugli eventuali capital gains (redditi diversi ex art. 67, co. 1, lett. c-ter, t.u.i.r.) derivanti dalla cessione delle quote del fondo, previste rispettivamente dall’art. 26 quinquies d.P.R. 29.9.1973, n. 600 e dall’art. 10 ter l. 23.3.1983, n. 77, i co. 13, lett. b), e 14, del citato art. 2 d.l. n. 138/2011, hanno modificato le due norme ora citate in modo che sia esclusa dalla ritenuta del 20% la quota dei proventi riferibile ai titoli del debito pubblico ed equiparati e alle obbligazioni emesse da Stati della cd. white list. Le modalità d’individuazione della predetta quota sono state determinate dall’art. 1 del d.m. 13.12.2011, in base al quale i proventi, i cd. capital gains e le perdite riferibili ai suddetti titoli concorrano alla formazione della base imponibile per il 62,5% del loro ammontare. Il citato decreto ha anche precisato che dette componenti di reddito si considerano riferibili ai titoli in discorso in proporzione alla percentuale media dell’attivo del fondo investito direttamente o indirettamente (cioè tramite altri fondi) nei titoli medesimi. Tali regole trovano applicazione nel caso di Oicvm italiani e cd. lussemburghesi storici (vale a dire quei fondi, già autorizzati al collocamento nel territorio dello Stato, soggetti al regime di tassazione “domestico”). Anche per gli Oicvm di diritto estero conformi alla direttiva 2009/65/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13.7.2009, situati negli Stati membri UE e negli Stati membri SEE inclusi nella cd. white list e le cui quote o azioni sono collocate nel territorio dello Stato, così come quelli non conformi alla direttiva 2009/65/CE, se situati negli Stati membri UE e negli Stati membri SEE inclusi nella cd. white list ma alla condizione, integrata dall’art. 3 d.lgs. n. 47/2012, che il gestore sia soggetto a forme di vigilanza nel Paese estero nei quali sono istituiti, come per i fondi comuni residenti in Italia, i proventi da assoggettare a ritenuta del 20% sono determinati tenendo conto dei proventi riferibili a titoli tassati al 12,5% e, in proposito, l’art. 3 d.lgs. n. 47/2012 ha precisato che il reddito è calcolato sulla base dei valori risultanti dai prospetti periodici. Il citato criterio trova applicazione anche per le quote o azioni dei suddetti Oicvm inseriti in rapporti di risparmio gestito ex art. 7 d.lgs. n. 461/1997.
Per i contratti di assicurazione di natura finanziaria il percorso normativo seguito dal legislatore è analogo a quello adottato per i fondi mobiliari. L’art. 2, co. 6, d.l. n. 138/2011 ha infatti modificato l’art. 26 ter d.P.R. n. 600/1973 innalzando al 20% la misura dell’imposta sostitutiva sui redditi di capitale (ex art. 44, co. 1, lett. g-quater, t.u.i.r.) derivanti da contratti di assicurazione sulla vita e di capitalizzazione sottoscritti con compagnie residenti e non residenti e su quelli (ex art. 44, co. 1, lett. g-quinquies, t.u.i.r.) derivanti da rendimenti di prestazioni pensionistiche; per converso, l’art. 2, co. 23, d.l. n. 138/2011 ha contemporaneamente modificato l’art. 26 ter d.P.R. n. 600/1973 in modo che sia esclusa dall’imposta sostitutiva del 20% la quota dei proventi riferibile ai titoli di cui si sta trattando. Le modalità d’individuazione delle predette quote di proventi non soggette a ritenute sono state individuate dall’art. 1 del d.m. 13.12.2011, in base al quale i redditi da assoggettare a imposizione sostitutiva sono assunti al netto del 37,5% dei proventi riferibili a titoli del debito pubblico ed equiparati e ad obbligazioni emesse da Stati della cd. white list. A tal fine il decreto precisa che tali proventi sono determinati in proporzione alla percentuale media dell’attivo investito direttamente o indirettamente (i.e. tramite fondi) nei titoli succitati a copertura della riserve matematiche. Le regole appena descritte trovano applicazione sia per i redditi dovuti dalla compagnie assicurative italiane, sia per quelli dovuti dalle imprese estere operanti in Italia in regime di libera prestazione di servizi, se percepiti da residenti e a condizione che sia determinabile la composizione degli attivi a copertura delle riserve. Va tenuto presente che per contratti sottoscritti fino al 31.12.2011, resta in ogni caso soggetta alla previgente aliquota del 12,5% la parte di reddito riferita al periodo tra la sottoscrizione e tale data. Tale parte è determinata in misura pari alla differenza tra il valore della riserva matematica al 31 dicembre 2011 e i premi versati fino alla stessa data.
Criteri analoghi sono stati introdotti anche per le gestioni individuali di portafoglio di cui all’art. 7 d.lgs. n. 461/1997, preservando la previsione agevolativa per i proventi, indirettamente conseguiti, soggetti ad imposta con aliquota del 12,50%.
Il quadro normativo in materia di redditi di capitale è stato poi completato dall’art. 95, co. 1, lett. c), del d.l. n. 1/2012 con l’estensione dell’aliquota del 12,50% anche allo scarto prezzo delle operazioni di pronti contro termine e ai proventi di quelle di prestito titoli aventi ad oggetto i succitati titoli (i cui proventi sono soggetti a prelievo più mite) esigibili dal 24 gennaio 2012.
In materia di cd. capital gains, i proventi derivanti da transazioni aventi ad oggetto titoli del debito pubblico ed equiparati ed obbligazioni emesse da Stati della cd. white list sono parimenti computati nella misura del 62,5% del relativo ammontare ai fini sia del cd. regime dichiarativo di cui all’art. 5 d.lgs. n. 461/1997, sia del cd. regime amministrato di cui all’art. 6 medesimo decreto. In tal modo, anche con riferimento ai redditi diversi di natura finanziaria è mantenuta l’efficacia della previsione agevolativa.
Ragioni di spazio impongono solo di menzionare l’esistenza di una rilevante serie di problemi di carattere procedurale che sono derivati dalle succitate novità, problemi in parte in via di risoluzione (normativa, prima che interpretativa, come testimoniato dalla pletora di provvedimenti che hanno interessato la materia), in parte forse irresolubili perché frutto di precise scelte legislative (come quella di ridurre al 62,5% l’ammontare delle perdite fiscali riportabili nel regime dei cd. capital gains, se realizzate nella vigenza della precedente aliquota).
Dal punto di vista sostanziale emerge con chiarezza l’occasione mancata dell’unificazione del regime di tassazione sulla base del criterio del “realizzato per cassa” per tutte le rendite finanziarie, sia riconducibili tra i redditi di capitale, sia riconducibili tra i redditi diversi di natura finanziaria. Unificazione, da tempo auspicata e, peraltro, prevista abbastanza di recente anche dalla legge delega 7.4.2003, n. 80 (recante i principi della cd. riforma Tremonti), che avrebbe eliminato discrasie non più giustificabili alla luce dell’attuale sistema finanziario globale.
Su di un piano più limitato ci si deve anche rammaricare della mancata integrale abrogazione del regime procedimentale dei cd. titoli atipici, di cui al d.l. 30.9.1973, n. 512, regime non solo ormai palesemente obsoleto ma anche difficilmente giustificabile alla luce dell’unificazione delle aliquote al 20%. La questione è stata infatti risolta solo con riferimento agli strumenti finanziari, diversi da azioni e titoli similari, rilevanti in materia di adeguatezza patrimoniale ai sensi della normativa comunitaria e delle discipline prudenziali nazionali (cd. ibridi), emessi da intermediari vigilati dalla Banca d’Italia o da soggetti vigilati dall’Isvap, per i quali l’art. 2, co. 22, d.l. n. 138/2011 ha superato il problema prevedendo la ricomprensione nell’ambito di applicazione del regime fiscale di cui al d.lgs. n. 239/1996. Vale infatti la pena di ricordare che, mentre la ritenuta sui titoli atipici trova applicazione nei confronti di tutti i percettori, l’imposta sostitutiva viene applicata esclusivamente nei confronti dei soggetti cosiddetti “nettisti” (persone fisiche e soggetti equiparati), restando esclusi i cosiddetti soggetti “lordisti”, quali le società, i fondi comuni di investimento mobiliare e immobiliare, i fondi pensione e i soggetti non residenti basati in Stati della cd. white list. Inoltre, come noto, il d.l. n. 512/1983 prevede, ai soli fini fiscali, anche una (ormai ingiustificata) penalizzante disciplina di rendicontazione.
Infine, una problematica, al momento non (ancora) particolarmente rilevante ma che, prima o poi, dovrà essere risolta è quella del regime dei proventi partecipativi legati direttamente agli utili d’impresa (cd. dividendi atipici), per i quali, ad oggi, non è stata ancora individuata una disciplina che preveda, simmetricamente, il regime fiscale degli utili di partecipazione sia per i percipienti, sia per gli emittenti. È certamente il caso di evidenziare che la questione potrebbe assumere in futuro una maggiore rilevanza per effetto dell’introduzione nel nostro ordinamento, da parte dell’art. 32 d.l. n. 83/2012, delle obbligazioni con clausole di partecipazione agli utili di impresa e/o di subordinazione. Con questa norma, infatti, è data la possibilità alle società non emittenti strumenti finanziari quotati in mercati regolamentati o in sistemi multilaterali di negoziazione, diverse dalle banche e dalle micro-imprese, di emettere obbligazioni con clausole di (parziale) partecipazione agli utili d’impresa e/o di subordinazione purché con scadenza iniziale uguale o superiore a 36 mesi, con ammissione al regime del d.lgs. n. 239/1996 per quelle emesse a decorrere dal 26 giugno 2012. Ed infatti, se da un lato la parte variabile del rendimento delle obbligazioni partecipative non è ordinariamente deducibile (salvo il caso della subordinazione), ex art. 109, co. 9, lett. a), t.u.i.r., in quanto strettamente proporzionata al risultato economico della società, dall’altro i relativi proventi non godono in capo al percipiente di alcuna forma di mitigazione della doppia imposizione economica propria degli utili di partecipazione (per vero, così come accade per gli utili delle partecipazioni non qualificate ma, come è evidente, questa è questione certamente non nuova).
* Dedicato alla memoria del maestro Franco Caleffi scomparso il 19.5.2009.
1 Per la prassi amministrativa in materia si rinvia alla circ. 15.7.2011, n. 33. Per le associazioni di categoria si vedano: Abi, circ. 8.6.2011, n. 7 di commento, oltre che del regime dei fondi mobiliari, anche di quello dei titoli di risparmio per l’economia meridionale; Ania, circ. 30.9.2011, n. 352; Assogestioni, circ. 8.6.2011, n. 54, circ. 27.7.2011, n. 77 e circ. 9.7.2012, n. 68.
2 Per il commento “ministeriale” della materia si rinvia alla circ. n. 11 del 28.3.2012, mentre per le associazioni di categoria si rinvia ad: Ania, circ. 1.9.2011, n. 313; Assogestioni, circ. 9.7.2012, n. 68.
3 Per un recente commento di matrice ministeriale si rinvia alle circ. 9.3.2011, n. 11 e circ. 15.2.2012, n. 2.
4 Per comodità di chi legge l’elencazione che segue riproduce, in sostanza, quella del t.u.i.r.
5 Per vero il tema del rendimento superiore ad un determinato “tasso soglia” continua ad assumere rilevanza per il solo emittente i titoli, potendo determinare effetti negativi in ragione di quanto disposto dall’art. 3, co. 115, l. 28.12.1995, n. 549, che stabilisce la parziale indeducibilità degli interessi passivi su prestiti obbligazionari emessi da società o enti, diversi dalle banche, con azioni non negoziate in mercati regolamentati UE o SEE.
6 Valga quanto detto alla nt. 4.
7 Con questa disposizione il legislatore ha, ragionevolmente, tenuto conto anche della recente sentenza della C. giust. UE, 7.4.2011, C-20/09, che aveva visto soccombente il Portogallo, il quale riservava un particolare regime di favore al solo investimento in propri titoli di Stato.
8 In proposito si veda anche la citata circ. Abi 8.6.2011, n. 7.
9 Il tema è stato affrontato dall’Amministrazione finanziaria al punto 1 della circ. 5.8.2011, n. 41.