imposte
I contributi obbligatori che formano le entrate dello Stato
Come in una famiglia il denaro guadagnato dai genitori serve a pagare le varie spese (cibo, scuola, viaggi, mutuo per la casa e altro), così le imposte che versiamo sono usate dallo Stato per fornirci i servizi pubblici. In pratica tutti i contribuenti si comportano come i genitori di una famiglia allargata e provvedono alle necessità comuni. Le imposte sono, appunto, 'imposte': versiamo i nostri tributi per usarli per il bene comune, ma, al di là della nostra buona volontà, la legge ci 'impone' di farlo
Strettamente parlando, tasse e imposte non sono la stessa cosa. Quali le differenze?
Le imposte sono tributi che siamo chiamati a versare quando guadagniamo, compriamo o vendiamo. Vanno nel 'calderone' delle entrate e servono per pagare i servizi pubblici in generale. Essi si basano sul principio sancito dalla Costituzione: ognuno deve contribuire alle spese dello Stato in proporzione ai propri mezzi.
Le tasse sono tributi che il singolo è tenuto a versare quando beneficia a uso personale del servizio pubblico. Tipici esempi sono le tasse per la raccolta dei rifiuti, quelle per la mensa scolastica, le tasse sull'occupazione di spazi pubblici o sulle concessioni governative. Non corrispondono al costo effettivo del servizio richiesto, ma contribuiscono a diminuire la spesa a carico della collettività. Non sono perciò da confondere con le tariffe (quanto paghiamo per i biglietti ferroviari, per la luce elettrica, per il telefono) per le quali all'utente viene richiesto il costo effettivo del servizio.
Come tanti rivoli, i soldi raccolti attraverso le imposte vanno a formare le entrate dello Stato o delle Regioni o dei Comuni e si trasformano in uscite al momento di essere spesi. Devono servire da una parte a fornire servizi pubblici ‒ l'istruzione, l'assistenza sanitaria, l'esercito, gli aeroporti, le strade, l'illuminazione delle città, i vigili urbani e così via ‒, dall'altra a ridistribuire il reddito dai più ricchi ai più poveri, per esempio attraverso il pagamento di pensioni e sussidi o attraverso l'applicazione della progressività, vale a dire facendo pagare a chi ha qualche reddito una imposta in una percentuale che cresce con l'aumentare del reddito stesso.
Tanto entra, dunque, e tanto esce? Non sempre. Spesso le spese sono superiori alle entrate e per far fronte all'insufficienza delle entrate lo Stato si indebita chiedendo prestiti ai cittadini attraverso l'emissione dei titoli di Stato.
Chi paga le imposte è chiamato contribuente: per diventarlo occorre avere la residenza in Italia, esercitare un'attività o possedere un bene che siano fonte di guadagno o semplicemente comperare un bene soggetto a imposta. Il guadagno corrisponde al reddito delle persone o delle imprese. Il modo più semplice per classificare le imposte è quello di suddividerle in dirette e indirette. Le prime si applicano al reddito, le seconde a quanto si acquista con il reddito (per esempio, un'automobile). La più celebre della prima categoria è l'IRE (Imposta sul reddito personale) già nota come IRPEF. Si paga allo Stato, per il quale costituisce la più importante fonte di entrate, riguarda il reddito di singoli cittadini ‒ stipendi, pensioni, redditi dei lavoratori autonomi, redditi immobiliari, quelli sui guadagni di Borsa ‒ e viene pagata in maniera personale: in una stessa famiglia i vari membri che percepiscono redditi fanno dichiarazioni separate.
L'imposta pagata dalle imprese è l'IRES (Imposta sul reddito delle società): riguarda le società di capitale, è anch'essa proporzionale al reddito e per importanza di gettito è al secondo posto fra le imposte dirette. Fra le indirette la più nota è l'IVA (Imposta sul valore aggiunto), la seconda fonte di entrata dopo l'IRE. Seguono, per entità, l'imposta sui carburanti e quella sui tabacchi.
Chi ha il potere di farci pagare le tasse? È lo Stato, in quanto titolare di sovranità, e per lui il Ministero dell'Economia e delle Finanze, da cui dipende un ente denominato Agenzia delle entrate. Da diversi anni però lo Stato sta attuando una riforma federale che delega una parte di sovranità agli enti locali (Regioni e Comuni); tra i nuovi compiti a essi assegnati ‒ nel campo della sanità, dei lavori pubblici, della scuola ‒ vi è anche il potere di imporre i tributi con i quali fare fronte agli impegni.
Per tutti i lavoratori dipendenti le imposte sul reddito vengono prelevate alla fonte (cioè sullo stipendio) dal datore di lavoro che le versa direttamente allo Stato, mentre i lavoratori autonomi e le imprese devono versarle in proprio. Per le altre imposte, la modalità varia: per esempio, l'IVA si paga quando si compra (fa parte del prezzo e ci pensa il venditore a versarla allo Stato), l'imposta di registro sull'acquisto di una casa si versa al momento della stipula del contratto, e così via.
Le risorse che entrano nelle casse dello Stato vanno spese tenendo presenti anche esigenze di giustizia sociale. Questo significa che fra i compiti dello Stato vi è quello di ridistribuire i soldi che incassa. Il metodo è più semplice di quel che si possa pensare: con una mano, come abbiamo già visto lo Stato chiede tributi in proporzione crescente all'aumento del reddito, e con l'altra li distribuisce in proporzione alla povertà del cittadino. Un metodo alla Robin Hood, potremmo dire, che si attua anche mediante la gratuità dei più importanti servizi pubblici (difesa, ordine pubblico, giustizia, scuola, sanità, viabilità) e attraverso contributi monetari diretti a favore di categorie in difficoltà ‒ come pensioni sociali, assegni familiari, cassa integrazione, assegno di disoccupazione ‒ o tramite l'esenzione di alcune tasse a favore dei meno abbienti, come quelle delle mense scolastiche.
Il generoso Robin Hood è vissuto probabilmente nel 12° secolo sotto il regno di Riccardo Cuor di Leone. A cavallo fra realtà e leggenda, il suo personaggio di uomo libero e audace in lotta contro la legge ha incarnato le aspirazioni di libertà e giustizia del popolo inglese. Insieme alla sua banda faceva il bracconiere nella foresta di Sherwood e fermava i ricchi che vi transitavano per depredarne gli averi che poi distribuiva ai poveri. Per questo la gente lo amava al punto di farne l'eroe di molte ballate. La letteratura medievale lo ricorda fin dal poema Piers Plowman del 1377, ma è soprattutto il poeta inglese Geoffrey Chaucer a narrarne la storia in uno dei suoi celebri Racconti di Canterbury del 1386-87. Nel 19° secolo lo scrittore scozzese Walter Scott ne rinverdisce la fama facendone uno dei personaggi del suo fortunato romanzo storico Ivanhoe. Molti sono i film dedicati a Robin Hood.
Evadiamo quando non paghiamo le imposte, favoriamo l'evasione quando per pagare di meno una prestazione non chiediamo la fattura. Le imprese evadono quando fanno 'lavoro in nero'. Questi comportamenti ci sottraggono all'obbligo di solidarietà, di mantenere insieme la casa comune. Si calcola che in Italia circa il 30% delle imposte vengano evase. Se la lotta all'evasione fiscale fosse condotta con più vigore, l'indebitamento dello Stato sarebbe minore, e chi paga onestamente potrebbe pagare di meno.