imprenta
Sostantivo di uso raro in D. (cfr. il provenzale emprenta, " impronta ") ed esclusivo del Paradiso, sempre in riferimento a Dio. Il significato è quello di " impronta " che D. avverte nel suo valore attivo, nel duplice senso di ‛ forma o figura che si imprime ' o che ‛ rimane impressa '. L'uso del termine è in contesto dottrinale di derivazione neoplatonica e come tale indica a un tempo la ‛ forma esemplare ', il ‛ modello ' con cui Dio segna, imprimendola, la materia e l'‛ orma ' di lui che permane in essa (cfr. Pd I 106-107).
Così in Pd VII 69 non si move / la sua [della bontà divina] imprenta quand'ella sigilla, dove indica la ‛ forma ', ‛ paradigma ' o ‛ modello ' che Dio imprime, col suo ‛ sigillo ', nelle creature da lui create immediatamente (sanza mezzo, v. 67) e che pertanto non subisce alterazioni (non si move) permanendo incorruttibile; cfr. l'analoga immagine di Pg XXXIII 79-80 Si come cera da sugello, / che la figura impressa non trasmuta. Ancora in Pd XVIII 114 L'altra biatitudo [gli altri spiriti beati]... / con poco moto seguitò la 'mprenta, indica la " figura ideale ", la forma dell'aquila già prefigurata da Dio artefice che la modella (cfr. vv. 109-110 Quei che dipinge lì, non ha chi 'l guidi; / ma esso guida) e a cui gli spiriti beati ‛ tennero dietro ', conformandovisi, in quanto da Dio derivano - come in ogni processo generativo - quella virtù che li porta a realizzare la forma da lui determinata (cfr. ancora i vv. 110-111 da lui si rammenta / quella virtù ch'è forma per li nidi).
Di Pd XX 76 tal mi sembiò l'imago de la 'mprenta / de l'etterno piacere, i commentatori hanno dato interpretazioni diverse.
Molti, a cominciare dai più antichi, interpretano l'intera espressione come perifrasi per designare la figura dell'aquila (Benvenuto: " l'imago della imprenta, scilicet aquila ibi impressa et figurata "; Buti: " sì fatta mi parve... l'immagine della figurata aquila, che Iddio la figurava come... una figura d'una forma, imprimendola nella cera "; e tra i moderni Casini-Barbi: " tale mi sembrò, perché lietamente parlava e soddisfatta si tacque, l'imago de la imprenta de l'etterno piacere, cioè l'aquila, simbolo, figura della giustizia divina "). Diversamente altri (Andreoli, Albini, Torraca, Chimenz, Sapegno) sottintendono contenta, dopo l'imago, a reggere de la 'mprenta de l'etterno piacere: l'aquila (l'imago) tace contenta dell'impronta (imprenta) di Dio, eterno piacere.
In realtà le due interpretazioni si fondono alla luce del discorso dantesco, giacché l'aquila è ‛ contenta ' dell'i. divina, proprio in quanto essa è imago de la 'mprenta / de l'etterno piacere, cioè la sua ‛ forma ' o ‛ natura ' è diretta derivazione di Dio, una derivazione esemplificata nei tre gradi imago-'mprenta-etterno piacere. Dalla correlazione imago-i. risulta infatti non una reduplicazione di significato, inutile del resto, ma il valore specifico dei due termini: imago indica la forma individua dell'aquila (cfr. imagine divina del v. 139 e bella image di XIX 2) come forma exemplata (cfr. Cv III VI 6) e particolare; mentre 'mprenta - con diretto rapporto al sigillo - indica l'exemplum come forma derivata dall'idea che è nel Verbo (qui designato come etterno piacere), come forma ab exemplari sumpta (v. FORMA) e da cui derivano, per impressione, tutte le copie (cfr. Bonaventura Sent. I XXXV 2 " Et quamvis in Deo [le idee] sint distinctae, sunt tamen unum exemplar sicut plures formae particulares in sigillo faciunt unum sigillum... multa possunt assimilaci uni, sicut si a forma sigilli eadem fiat expressio figurae in cera, poterunt esse ab eadem forma una multae et variae impressiones, secundum quod sigillum magis et minus imprimitur "). Quindi imago e i. non " indicano due oggetti diversi, l'una la figura dell'aquila, l'altra l'Impero romano in essa raffigurato " (A. Accame Bobbio, in Lect. Scaligera III 650) ma due gradi di uno stesso processo.
Il nesso ‛ sigillo-i. ' è presente anche in Detto 93 I' per me non suggello / della sua [d'Amore] 'mprenta breve, dove il poeta vuol dire che " l'impronta " d'Amore avendo poca presa, troppo corta e breve è la sua gioia (vv. 94-95).