Impresa cinematografica
Il fenomeno cinematografico è giuridicamente rilevante da più punti di vista. Sono interessanti, innanzitutto, il profilo culturale e sociale, come forma di manifestazione del pensiero, e altresì l'aspetto propriamente industriale ed economico, nei momenti della produzione, della distribuzione e dell'esercizio (Zaccaria 1988).
La dimensione artistica del cinema è strettamente collegata al concetto di spettacolo come forma di cultura. La Costituzione italiana promuove (art. 9) lo sviluppo culturale enunciando un principio fondamentale e garantisce all'art. 21 la libertà di espressione e di divulgazione del pensiero "con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione" (Picozza, Ligios, Campesi 1997; Fragola 1970). A fronte della libertà dell'arte, però, nell'ultimo comma dell'art. 21 si trova una disposizione la quale tende a limitare che siano presentati pubblicamente spettacoli "contrari al buon costume" cinematografici, teatrali o di altro tipo aggiungendo che è il compito del legislatore stabilire provvedimenti adeguati non soltanto a 'reprimere', ma anche a 'prevenire' le eventuali violazioni.
L'opera cinematografica è, almeno in linea di principio, tra le opere dell'ingegno quella che maggiormente necessita, ai fini della creazione e dell'utilizzazione, di una organizzazione imprenditoriale, ed è altresì frutto della collaborazione di più autori accomunati da una stessa emozione. E anzi la sua proiezione verso il mondo economico induce spesso a parlare di una vera e propria industria del cinema che comprende quattro settori fondamentali (Della Fornace 1978): a) le industrie tecniche, cioè quelle che si occupano della fabbricazione dei materiali occorrenti (per es. la pellicola di celluloide), quelle che apportano i mezzi tecnici per la realizzazione dei film (macchine da ripresa, teatri di posa, laboratori per il trucco ecc.) e che mettono a disposizione gli studi di sonorizzazione, sincronizzazione e doppiaggio e gli stabilimenti di sviluppo e stampa della pellicola impressionata; b) la produzione, che si occupa della realizzazione dell'opera procurando i mezzi finanziari e coordinando l'impiego dei mezzi tecnici e dei contributi artistici; c) la distribuzione, che si occupa della collocazione nelle sale cinematografiche; d) l'esercizio (v. oltre), che chiude il ciclo produttivo cinematografico presentando l'opera al pubblico attraverso la proiezione in sala.
L'attività industriale, indispensabile ai fini della formazione dell'opera cinematografica, è caratterizzata da un processo che non è unitario né continuo, ma suddiviso in varie fasi potenzialmente autonome e distinte. Il produttore infatti deve acquistare i diritti o commissionare il soggetto, la sceneggiatura, le musiche, scegliere il regista, assumere il personale artistico e tecnico, reperire i mezzi finanziari e tecnici, programmare le riprese interne ed esterne, provvedere alle fasi successive alla realizzazione del film, per esempio il montaggio e la sincronizzazione, curare la distribuzione. Concentrandosi le situazioni giuridiche in capo al produttore (Sordelli 1960), questi dona unità di comportamento imprenditoriale a tali diversi momenti grazie all'attività di coordinamento. Ognuna delle fasi anzidette dà luogo al sorgere di complessi rapporti giuridici che vanno interpretati in funzione non dell'attività permanente dell'impresa, ma del singolo film, che rappresenta un ciclo a sé stante dell'attività d'impresa.Infatti il produttore si assicura, in via contrattuale, tutti i contributi (anche) creativi necessari stipulando contratti di produzione che, in senso lato, regolano tutti i rapporti contrattuali che intercorrono fra lui e gli autori, gli artisti esecutori, i tecnici di ogni genere ecc. (Giannini, Monaco 1958). Per quanto riguarda poi gli aspetti tecnici (si pensi a impianti, macchinari, studios e così via) l'impresa di produzione non immobilizza più i capitali ma di volta in volta si procura il fabbisogno per la produzione di una determinata opera; si rivolge quindi ad altre imprese specializzate, stipulando all'uopo contratti di durata coincidente con i tempi di realizzazione del film. Opportunamente, quindi, anche la legge sul diritto d'autore (22 aprile 1941, nr. 633) considera nella sostanza l'i. c. ricollegandola alla figura del produttore, di colui cioè che "ha organizzato la produzione dell'opera cinematografica" (art. 45 legge diritto d'autore, d'ora in poi l.d.a.). La definizione della norma in questione è, pur con terminologia diversa, specifica e indubbiamente più restrittiva rispetto a quella data dal codice civile all'art. 2082 per cui "è imprenditore chi esercita professionalmente un'attività economica organizzata al fine della produzione o dello scambio di beni o di servizi". Ma la diversità è giustificata dal fatto che nella legge sul diritto d'autore ci si riferisce alla singola opera cinematografica prodotta e ai diritti da essa scaturenti, e non al produttore inteso come colui che, attraverso la combinazione durevole dei fattori produttivi, realizza l'organismo base della produzione. Ciò che manca al produttore, nella definizione della legge speciale, è l'estensione a tempo indeterminato del rapporto di coesione tra capitale e lavoro, in quanto la dimensione temporale dell'i. c. è limitata alla realizzazione del film (Montanari, Ricciotti 1953). Un primo aspetto importante riguarda appunto l'organizzazione (v. oltre), posto che il produttore fornisca gli apporti tecnici e finanziari necessari per la realizzazione del film; una peculiarità è data dalla circostanza che se ne debba occupare precedentemente alla creazione dell'opera e a prescindere da ciò che alla creazione necessariamente segua. Anzi, sovente l'investimento ha luogo prima ancora che gli autori la concepiscano, sicché la responsabilità economica dell'operazione ricade interamente su costui (Menozzi 2000; Ferrara Santamaria 1958). Tuttavia, definire il produttore come responsabile legale della produzione e titolare dell'esercizio di alcuni diritti patrimoniali sull'opera realizzata non è sufficiente per delineare la sua posizione, considerando le numerose funzioni che egli svolge. Il produttore è una figura creata dalla prassi, che si pone accanto agli autori, svolgendo le proprie funzioni imprenditoriali e nel contempo creative: la creatività è confortata dall'art. 47 l.d.a., che gli attribuisce la facoltà di modificare l'operato degli autori quando sia necessario ai fini dell'adattamento cinematografico. Da una parte allora la legge ha negato al produttore la qualifica di autore, in quanto l'art. 44 l.d.a. considera coautori l'autore del soggetto, l'autore della sceneggiatura, l'autore della musica e il direttore artistico, dall'altra si è arresa alle necessità della produzione, attribuendogli un potere decisivo nella produzione meramente artistica dell'opera. Di qui la natura di soggetto 'centrale', così come lo definisce Sordelli. È chiaro comunque che con l'espressione organizzatore della produzione (art. 45 l.d.a.) o con il termine produttore (art. 46 l.d.a.) il legislatore non vuole riferirsi al mero finanziatore, oppure a chi si è limitato a svolgere soltanto attività preparatorie e preliminari per creare le condizioni ritenute più adatte alla realizzazione del film o ancora, a chi è promotore di un progetto cinematografico.Sinora si è parlato della produzione di film da parte di una singola impresa; non si può ignorare peraltro la frequenza di rapporti di coproduzione e il ricorso a schemi giuridici di collaborazione e associativi, spesso transnazionali.
La realtà economica della distribuzione cinematografica ‒ tradizionale e propedeutica rispetto alla distribuzione televisiva e a quella del mercato home video ‒ considera l'opera come un normale bene di consumo: come per questi ultimi esiste una più o meno ampia catena distributiva, così avviene anche per i film.
L'impresa di produzione, che ne finanzia la realizzazione e cui spettano i diritti di sfruttamento (artt. 45 e 46 l.d.a.), potrebbe teoricamente essere distributrice di sé stessa, stipulando contratti direttamente con le sale di proiezione dislocate sul territorio nazionale. Per lo più, invece, si rivolge a imprese di distribuzione a dimensione nazionale, le quali, a loro volta, si avvalgono di distributori indipendenti a dimensione locale. Sono questi ultimi a mettersi in contatto con i singoli esercenti dei cinema e a stipulare con essi il contratto di proiezione cinematografica (Albertini 1999). L'attività del distributore poi non si limita a quanto accennato, ma comprende diverse altre attività connesse alla circolazione e al successo del film stesso. Si tratta della stampa delle copie positive (il contratto di distribuzione difatti prevede che il produttore consegni al distributore il film in negativo originale o, più frequentemente, che lo fornisca di una 'lettera di accesso' al materiale negativo del film, in deposito a nome del produttore presso un laboratorio di sviluppo e stampa), di provvedere ai manifesti e al corredo pubblicitario, per i film stranieri di curare la traduzione e altro (Menozzi 1995).
Alla base dei rapporti fra impresa di produzione e impresa di distribuzione c'è quindi un contratto di distribuzione che, pur non essendo oggetto di un'espressa disciplina normativa, costituisce un modello ricorrente nella pratica degli affari (Cozzi 1983; Miccichè 1993; Albertini 1999; Rampone 1998). Con questo contratto il produttore conferisce al distributore l'incarico della commercializzazione dell'opera e quest'ultimo si assume dietro compenso l'obbligo di provvedere alla circolazione del film mediante la sua rete di distribuzione senza alterare l'opera cinematografica con tagli o modificazioni. Il problema della qualificazione giuridica del contratto è particolarmente interessante soprattutto sotto il profilo della clausola di minimo garantito. Tale clausola è espressiva di una prassi molto diffusa che vede il distributore finanziare la produzione mediante anticipazione di denaro, spesso già prima dell'inizio della lavorazione, con l'accordo che la somma verrà restituita a una determinata scadenza o, più frequentemente, attraverso la cessione di crediti futuri relativi alla distribuzione (Fragola 1970; Miccichè 1993; Albertini 1999). Il minimo garantito può essere quindi concesso a titolo di mutuo, assicurato dai proventi della distribuzione che il produttore si impegna a rimborsare entro una determinata data, anche a fronte di una eventuale insufficienza dei proventi del film a coprire il debito.
Più spesso il minimo garantito viene versato a fondo perduto, cioè privo di controgaranzia del produttore. In questo caso si avrà un'inversione del rischio economico che graverà sul distributore, ovviamente per quella parte di investimento produttivo coperta dall'importo versato da quest'ultimo. Il distributore assumerà due rischi di impresa: quello tipico della sua attività di distribuzione e, parzialmente, quello della produzione, rispetto alla quale non eserciterà altro controllo che quello delle condizioni di contratto legate alla consegna del film e alla sua realizzazione entro una certa data (De Sanctis, Fabiani 2000).
Tradizionalmente lo sfruttamento di un film si traduce nella proiezione dello stesso nelle sale cinematografiche, con i titolari delle quali il distributore stipula dei contratti e ai quali consegna le copie positive dei film; gli esercenti in questo modo hanno la facoltà, limitata nel tempo, di proiettarle nelle sale (Fabiani 2001).
Le condizioni di prezzo per il noleggio delle pellicole da parte dei distributori agli esercenti formano oggetto di previsione di un accordo-quadro stipulato nel 1993 fra le organizzazioni di categoria interessate. È interessante, per i profili del diritto della concorrenza, accennare appena all'assistenza di una pratica generalizzata denominata block booking, con la quale il noleggio di uno o più film di successo viene subordinato al noleggio di uno o più film minori: in sostanza l'esercente acquista dal distributore un complesso di pellicole attraverso cui programma l'intera stagione cinematografica (Afferni 1995). Venendo alle principali obbligazioni del distributore e dell'esercente stabilite nel contratto, si può osservare che il primo deve consegnare al secondo la copia del film in ottimo stato (nel caso di prime visioni assolute) o comunque nel normale stato di conservazione; inoltre il distributore ha anche un obbligo di garanzia che si sostanzia nella difesa dell'esercente contro le turbative e gli impedimenti di terzi al suo diritto di pacifico uso della pellicola. D'altra parte l'esercente è innanzitutto obbligato a programmare i film per il minimo dei giorni stabilito contrattualmente, proiettandolo esclusivamente nel locale previsto, essendo vietata qualsiasi altra utilizzazione e/o proiezione in altri luoghi (anche a titolo gratuito) e dovendo essere utilizzati degli apparecchi di proiezione in buono stato di funzionamento, perché soltanto in questo caso sarà possibile riprodurre con fedeltà la parte visiva, i suoni e gli effetti del film. Infine, egli dovrà versare i canoni di noleggio (a prezzo fisso oppure a percentuale sugli incassi) ed è tenuto a riconsegnare la pellicola (e l'eventuale corredo pubblicitario) la mattina successiva all'ultima giornata di programmazione.
Quando le imprese di produzione intendono collaborare alla realizzazione di uno o più film mantenendo la propria identità e autonomia, possono stringere degli accordi di coproduzione cinematografica. Tali accordi prevedono una cooperazione limitata e temporanea, nell'ambito della quale due o più produttori si impegnano a eseguire ognuno una parte delle operazioni necessarie per la realizzazione di un determinato film, restando indipendenti l'uno dall'altro nello svolgimento di tali attività. La coproduzione assume spesso dimensione transnazionale comprendendo i casi di accordo tra produttori di Paesi diversi, per realizzare congiuntamente un film contribuendo, sulla base di una specifica proporzionalità, al suo costo di produzione (Pedde 1994; Menzinger 1958; Rotondi, Corapi 1958). Il contratto testimonia un temporaneo rapporto di cooperazione per la realizzazione di uno specifico progetto produttivo con simmetria reciproca di apporti artistici. Elemento quest'ultimo sostanziato nell'inserimento nel cast di componenti che rispecchiano l'identità culturale ed espressiva di ciascuno dei partecipanti. La coproduzione internazionale viene disciplinata dai numerosi accordi internazionali di reciprocità, sulla scorta dei quali si realizzano concretamente le opere cinematografiche e si provvede alla loro distribuzione sui mercati internazionali. È importante sottolineare che non si è dinanzi a un fenomeno nuovo: risalgono, infatti, al 1949 gli accordi con la Francia (Giannini 1958; Corsi 1996). Nuovo è l'interesse degli operatori del settore, perché la disponibilità ridotta di risorse finanziarie sul mercato interno ha portato, nel corso degli anni recenti, a un progressivo incremento del fenomeno. Le imprese di produzione europee si sono rivolte a un mercato audiovisivo internazionale più ampio e in grado di offrire i mezzi necessari per il finanziamento dei loro film. Alla base della tendenza a svincolare dal solo mercato nazionale la ricerca dei capitali vi è la necessità di adottare delle strategie di finanziamento diverse da quelle relativamente invariabili e omogenee 'classiche': il credito agevolato, le sovvenzioni previste dalla l. 4 novembre 1965, nr. 1213, nota come Legge cinema (v. legislazione), i 'minimi garantiti' dalla cessione dei diritti di distribuzione cinematografica e il meccanismo delle prevendite dei diritti di trasmissione. Sono due quindi i processi che hanno indotto le imprese nazionali a spostare l'attenzione su progetti di livello europeo: il lento ma progressivo declino del mercato interno e il contestuale potenziamento delle risorse comunitarie. A quest'ultimo riguardo, in particolare, una svolta sembra rinvenibile nel 1990, quando il Consiglio delle Comunità Europee ha inaugurato, con la decisione 90/685, un ambizioso 'Piano Media', un articolato sistema di iniziative volte a stimolare lo sviluppo del mercato audiovisivo europeo finanziando a diversi livelli la produzione e la distribuzione indipendenti. Parallelamente all'attivazione del Piano Media, il Consiglio d'Europa ha reso operativo uno specifico programma di finanziamento, Eurimages (v. Unione Europea), destinato a contribuire a progetti realizzati in regime di coproduzione tra almeno tre imprese di produzione residenti in altrettanti Paesi membri del Consiglio d'Europa. Questo Fondo è divenuto rapidamente un punto di riferimento essenziale perché in grado di supplire alle lacune createsi nel mercato audiovisivo europeo.
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Atti del 1° convegno di studi sui problemi giuridici della cinematografia. Roma, 10, 11 e 12 marzo 1958, Roma 1958 (in partic. A. Giannini, E. Monaco, L'impresa di produzione cinematografica. Aspetti e rapporti giuridici; M. Ferrara Santamaria, Il contratto di coproduzione cinematografica; C. Menzinger, Natura giuridica del contratto di coproduzione cinematografica internazionale; M. Rotondi, S. Corapi, Il contratto di coproduzione nel campo nazionale e internazionale; A. Giannini, Il contratto di coproduzione cinematografica).
G. Crisci, Cinematografia (dir. pubbl.), in Enciclopedia del diritto, 6° vol., Milano 1960, pp. 1021-1041.
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