Impressionismo
Con il termine Impressionismo, utilizzato in ambito cinematografico, si designa quel gruppo di registi francesi attivi nei primi anni Venti, portatori di una rinnovata consapevolezza della nuova forma espressiva come forma di arte autonoma basata sul fondamentale concetto di fotogenia elaborato da Louis Delluc. Del gruppo, oltre allo stesso Delluc, facevano parte Abel Gance, Marcel L'Herbier, Germaine Dulac e Jean Epstein, tutti legati da rapporti di amicizia, di collaborazione, di affinità intellettuale, e identificati con quella che inizialmente venne chiamata prima avanguardia, a stabilire una distinzione rispetto alla successiva, e ben più famosa, seconda avanguardia, ossia il Surrealismo. Con tale espressione si intese inoltre sottolineare la volontà di sostanziale distacco dal conformismo imperante nel contemporaneo cinema francese, un bisogno di rinnovamento degli schemi narrativi effettuato arricchendo le vicende drammatiche di sfumature psicologiche mediante la scelta di immagini in grado di fissare una determinata atmosfera, in modo da illustrare attraverso le impressioni singole una realtà oggettiva. Il termine Impressionismo, utilizzato negli anni Quaranta da Henri Langlois e quindi da Georges Sadoul in riferimento a questi registi, ricorre spesso nei loro scritti richiamando volutamente la rivoluzione provocata dal movimento artistico che nella seconda metà del 19° sec. si era opposto in Francia alla retorica della pittura ufficiale imponendosi come stile della luce e dell'emozione sensoriale. Allo stesso modo i registi francesi della prima avanguardia (che nutrirono una profonda ammirazione per i risultati della contemporanea cinematografia svedese e per l'Espressionismo tedesco), uniti da un'identità di visione, ma legati a scelte individuali e non condizionate da programmi codificati, grazie al nuovo linguaggio mirarono a creare una forma di 'impressionismo animato' cogliendo le qualità poetiche ('fotogeniche') degli oggetti e dei personaggi. La volontà di sviluppare le possibilità artistiche offerte dal nuovo mezzo fu alla base del particolare rilievo dato dagli impressionisti alla componente espressiva insita nelle immagini, nel tentativo di coinvolgere gli spettatori 'visualizzando' le emozioni (secondo una prospettiva che ha indotto a definire visualismo questa corrente artistica). Di qui l'importanza attribuita alla necessità della scelta delle inquadrature nella costruzione filmica, scelta legata al fondamentale concetto di fotogenia. Tale consapevolezza costituì uno dei principali punti di riferimento delle elaborazioni dei formalisti russi che delle riflessioni degli impressionisti sottolinearono l'importanza e al contempo denunciarono i limiti nell'evidenziare come l'impostazione dei francesi risultasse ancora troppo legata al singolo oggetto e alla singola inquadratura, e come questo residuo di attenzione al dato materiale, questo implicito naturalismo, impedisse loro di sviluppare il discorso sul piano della costruzione filmica, ossia del montaggio. La stagione dell'I. fu breve: al suo tramonto contribuirono la prematura scomparsa di Delluc (1924), lo scarso seguito del pubblico, l'indulgere in eccessi intellettualistici e astratti. Tuttavia l'attenzione all'elemento psicologico, il rilievo dato agli oggetti come componenti fondamentali dell'azione drammatica, il prevalere della soggettività, la concretizzazione degli stati d'animo dei personaggi ottenuta ricorrendo alla deformazione delle inquadrature mediante tecniche quali la sovrapposizione, il movimento rallentato, le riprese da angolazioni particolari per caricare di senso metaforico le immagini furono le caratteristiche fondamentali di un modo di concepire il cinema non più come puro divertimento per il pubblico, ma come espressione di una precisa istanza artistica. Nel progetto di Delluc e dei suoi amici vi era l'idea di una rivoluzione estetica che coinvolgesse gli artisti a livello internazionale, pur tenendo conto delle specificità delle diverse culture e mirando comunque allo sviluppo di un cinema con caratteristiche nazionali. Tra i risultati più significativi si annoverano film di notevole suggestione quali Mater dolorosa (1917) e La roue (1923; La rosa sulle rotaie) di Gance, Fièvre (1921) di Delluc, La souriante madame Beudet (1923) della Dulac, Eldorado (1921) e Feu Mathias Pascal (1925; Il fu Mattia Pascal) di L'Herbier, Cœur fidèle (1923) di Epstein. A partire dalla seconda metà degli anni Venti le esigenze dell'industria cinematografica imposero agli impressionisti scelte necessariamente svincolate dalle ricerche di pura sperimentazione formale, anche se la profonda consapevolezza ormai raggiunta a livello teorico e pratico della ricchezza del nuovo linguaggio visivo costituì una delle fondamentali componenti delle successive rivoluzioni estetiche.
G. Sadoul, Histoire général du cinéma, 5° vol., L'art muet, Paris 1975² (trad. it. Torino 1978, pp. 43-126).
R. Abel, Il cinema francese verso un mutamento paradigmatico, 1915-29, in Storia del cinema mondiale, a cura di G.P. Brunetta, 3° vol., L'Europa. Le cinematografie nazionali, t. 1, Torino 2000, in partic. pp. 303-11.