Imprinting animale
Il fenomeno definito imprinting animale si riferisce a quelle forme di apprendimento che avvengono durante gli ultimi stadi della vita prenatale e/o le prime fasi della vita postnatale e che nell'immediato determinano i comportamenti di attaccamento (legame genitore-prole) e a lungo termine modulano le preferenze sessuali, alimentari o per un determinato tipo di habitat. Dal momento che l'imprinting avviene precocemente, durante periodi critici o sensibili dello sviluppo, esso viene anche definito apprendimento precoce in fase sensibile.
La scoperta dell'imprinting
Fu in particolare K. Lorenz, durante gli anni Trenta del 20° sec., a studiare questo comportamento e a riconoscerne l'importanza scientifica, ed è per questo motivo che gli viene riconosciuto il merito della scoperta. Egli divise in due gruppi una covata di uova deposte da un'oca selvatica (Anser anser), ne lasciò uno alla madre, facendo mettere l'altro in incubatrice. Al momento della schiusa le ochette del primo gruppo seguirono la madre appena questa si mosse dal nido; quelle del secondo gruppo, invece, incontrarono Lorenz come primo essere animato e lo seguirono immediatamente come se fosse stato la loro madre. Questa decisa preferenza a seguire il primo oggetto con cui erano venute in contatto dopo la schiusa si verificò anche quando Lorenz diede la possibilità alle ochette nate in sua presenza di scegliere tra lui e la vera madre. Questa preferenza si esprimeva attraverso la tipica reazione del seguire con cui le piccole oche manifestavano il loro attaccamento di natura filiale. Tale attaccamento risultava stabile e irreversibile, tanto che esse continuarono a preferire la compagnia di Lorenz e di altri esseri umani a quella delle altre oche anche da adulte e in certi casi arrivarono persino ad adottare comportamenti di corteggiamento nei confronti degli umani. Sembrava quindi che le esperienze acquisite precocemente rimanessero impresse nella 'mente' dell'animale. Per definire questo fenomeno Lorenz utilizzò il termine tedesco Pragung, che venne successivamente tradotto in lingua inglese con imprinting. Così come per le altre specie di uccelli nidifugi a prole atta, in cui cioé i piccoli abbandonano il nido poco dopo la schiusa, le oche non possiedono un riconoscimento innato dell'immagine materna: più precisamente, la tendenza a rispondere è innata in quanto la reazione del seguire è un modulo fisso d'azione, mentre l'oggetto verso il quale viene espressa tale reazione è appreso attraverso l'imprinting.
Tra istinto e apprendimento: l'imprinting e la controversia tra eredità genetica ed esperienza nel determinare il comportamento
Negli anni in cui si scoprì l'imprinting si era acceso un vivace dibattito sulle cause del comportamento animale. Da un lato vi era chi considerava il comportamento come determinato da fattori genetici e dall'altro chi lo considerava derivante dall'interazione dell'animale con gli stimoli ambientali, e quindi appreso. Gli etologi (biologi che studiano il comportamento con un approccio evoluzionistico), tra i quali lo stesso Lorenz, avevano focalizzato l'attenzione sulle attività di corteggiamento oppure aggressive, che spesso presentano moduli di comportamento specie-specifici stereotipati (definiti moduli fissi d'azione) in risposta a determinati stimoli emessi dai conspecifici e la cui coordinazione è ereditaria. Negli stessi anni gli psicologi sperimentali misero in evidenza le grandi capacità di apprendimento e la plasticità del comportamento animale. Per gli psicologi l'animale era privo, alla nascita, di qualsiasi informazione riguardo al comportamento da esplicare che si sarebbe 'formato' attraverso l'esperienza condizionata dall'ambiente. Questi due diversi tipi di approccio furono la causa della netta dicotomia tra il comportamento innato (determinato geneticamente) e appreso (determinato dall'ambiente), nota anche come controversia natura-ambiente, istinto-apprendimento o natura-cultura. La controversia assunse posizioni così estreme che gli 'innatisti' pensavano che i fattori genetici fossero i più importanti nel plasmare il comportamento, mentre i fautori dell'esperienza o 'ambientalisti' pensavano che i geni avessero scarsa importanza e che il comportamento fosse in gran parte il frutto dell'esperienza. La scoperta dell'imprinting è stata fondamentale per risolvere e chiarire il dibattito. Infatti la reazione di inseguimento delle oche è sempre la stessa indipendentemente dal fatto che l'oggetto sia una scatola in movimento, lo sperimentatore oppure la vera madre. Ciò depone a favore di una coordinazione ereditaria o modulo fisso di attività non influenzata dall'esperienza con un particolare tipo di stimolo. Tuttavia l'animale non conosce per via genetica o innata lo stimolo che evoca la reazione di inseguimento che deve invece essere appreso. Inoltre, contrariamente a quanto avviene per i riflessi con-dizionati, la reazione di inseguimento non richiede nessun rinforzo positivo (premio), ma avviene in quanto esiste una programmazione innata a seguire e 'fissare nella memoria' il primo oggetto in movimento osservato nel periodo sensibile all'imprinting. Le due modalità di sviluppo del comportamento non sono quindi antitetiche e/o separabili in quanto esiste un continuum tra comportamenti istintivi e appresi. Quindi una sequenza comportamentale, come del resto qualsiasi fenotipo, è il risultato dell'interazione tra fattori genetici e ambientali.
L'imprinting filiale, la predisposizione innata ad apprendere e il concetto di periodo sensibile o critico
L'imprinting è caratterizzato, come effetto immediato, dalla reazione di attaccamento all'oggetto che lo evoca e che in natura è ovviamente rappresentato dalla madre o da entrambi i genitori, e per questo motivo è stato definito imprinting filiale. Lorenz ne individuò una serie di caratteristiche distintive: avviene soltanto in un periodo di tempo limitato, detto periodo sensibile o critico; avviene senza alcuna ricompensa manifesta (non si tratta quindi, come già detto, di un riflesso condizionato); è irreversibile: ciò che viene appreso lo è per tutta la vita. Per poter evocare l'imprinting filiale, allo scopo di studiarlo sperimentalmente, gli animali vengono isolati sin dalla nascita dai genitori e/o dai conspecifici. La privazione degli stimoli naturali viene poi sostituita con stimoli che possono essere altre specie oppure oggetti lontanissimi da quelli naturali come, per es., scatole o cilindri colorati in movimento.
Ciò dimostra chiaramente come vi sia una predisposizione genetica, ossia innata, all'apprendimento, ma che l'oggetto sul quale avviene l'imprinting non sembra essere influenzato da componenti genetiche, e interamente frutto dell'esperienza. Tuttavia, esperimenti condotti su pulcini di pollo domestico (Gallus gallus) dimostrano che esiste una predisposizione innata all'attaccamento nei confronti della madre della propria specie. Infatti, quando i pulcini vengono esposti, subito dopo la nascita, a una scatola rossa, un oggetto luminoso oppure a una chioccia impagliata in movimento, essi si 'imprintano' più facilmente sulla chioccia. La preferenza per la propria specie si manifesta anche quando i pulcini vengono messi nella condizione di scegliere tra un'altra specie di uccello (per es., un'anatra) e una gallina entrambe impagliate. Queste ricerche hanno fatto riconsiderare il concetto di irreversibilità dell'imprinting. Infatti, l'effetto a lungo termine dell'imprinting era quello di modulare le future preferenze sessuali delle oche che sembravano attratte in modo irreversibile dall'oggetto su cui era avvenuto l'imprinting filiale. Gli esperimenti descritti sopra dimostrano come il tipo di stimoli usati per evocare l'attaccamento primario (cioè quello derivante dall'esperienza precoce) influenzano l'irreversibilità dell'imprinting che è marcata solo nel caso in cui l'imprinting sia avvenuto sull'oggetto naturale (la madre) oppure su una madre adottiva di una specie molto simile; in caso contrario l'imprinting può essere anche reversibile. Ciò dimostra come la predisposizione innata ad apprendere rappresenti una componente importante anche nel modulare la risposta di attaccamento all'oggetto dell'apprendimento o, in altre parole, anche l'oggetto dell'imprinting non è totalmente frutto dell'esperienza precoce ma esiste una componente genetica che vincola l'animale a ciò che può essere appreso durante il periodo critico. Numerosi esperimenti hanno mostrato che una delle proprietà dell'imprinting è quella di avvenire in un ben preciso periodo critico o sensibile in cui l'animale è più suscettibile all'imprinting; terminato questo periodo, l'apprendimento dell'oggetto dell'imprinting non sarà più possibile. Non necessariamente l'imprinting avviene in fase di sviluppo postnatale ma esso può anche avvenire in fase di sviluppo prenatale come nel caso dell'imprinting uditivo dei piccoli di germano reale (Anas platyrhrynchos) e di anatra sposa (Aix sponsa). Infatti, la spiccata preferenza per i rispettivi richiami della loro specie (emessi dalla madre) non è innata ma dipende dall'esperienza che essi hanno fatto ascoltando il richiamo materno o il proprio pigolio quando si trovavano ancora nell'uovo durante le fasi finali dello sviluppo prenatale. Per essere mantenuta, questa preferenza deve essere rinforzata dall'esperienza con il richiamo materno subito dopo la nascita. Risultati analoghi si sono ottenuti con i pulcini di pollo e, nell'insieme, questi dati mettono in evidenza che in queste specie esistono sia un periodo sensibile prenatale per quanto concerne l'imprinting uditivo sia un periodo sensibile postnatale per quanto concerne l'imprinting visivo e il consolidamento dell'imprinting uditivo. Il periodo sensibile sembra essere in relazione con l'instaurarsi di una conoscenza e familiarità con gli stimoli ambientali e con l'insorgenza della paura. Infatti una volta terminato il periodo sensibile o è avvenuto l'imprinting, l'animale mostra reazioni di paura e fuga, invece che di inseguimento, verso ogni oggetto o animale che gli si presenti, e il fenomeno dell'imprinting non è più possibile.
Importanza dei processi di sviluppo e maturazione nel determinare i periodi critici o sensibili di imprinting
Un animale può essere più o meno reattivo a determinati stimoli ambientali in diversi momenti del suo ciclo vitale e questo perché al fine di esprimere un determinato comportamento, esso deve essere fisiologicamente e psicologicamente maturo. Lo studio dello sviluppo del canto nel maschio del passero dalla corona bianca (Zonotrichia leucophrys) aiuta a comprendere quanto siano complesse le interazioni tra componenti genetiche, fattori ambientali, maturazione e periodi critici caratteristici dell'imprinting nel determinare il comportamento. Questi uccelli presentano 'dialetti', ossia variazioni regionali del canto che si inseriscono su uno schema canoro costante e specie-specifico. Le variazioni dialettali vengono apprese dai giovani passeri ascoltando i canti del padre e dei maschi vicini, durante i primi due mesi di vita. In seguito l'uccello si esercita producendo un sottocanto incompleto, finché, giunto alla piena maturità sessuale, esso è in grado di produrre un canto completo tipico della sua regione. Se dei giovani maschi vengono allevati in isolamento sviluppano un canto che è una versione simile ma molto semplificata del canto normale. Tuttavia se ai maschi isolati viene data la possibilità di ascoltare registrazioni di canti di maschi della propria specie, durante il periodo che va dai 10 ai 50 giorni di età (prima che essi inizino a cantare), sviluppano il canto tipico della specie. Se invece durante questo periodo sensibile vengono esposti a registrazioni canore di altre specie, il loro canto sarà simile a quello dei maschi cresciuti in totale isolamento acustico. Questo accade anche se i piccoli vengono esposti al canto registrato di specie filogeneticamente imparentate. Ciò significa che per apprendere correttamente il proprio canto i maschi devono essere esposti, in un periodo critico del loro sviluppo, al canto di maschi adulti conspecifici. Il passero dalla corona bianca ha quindi ereditato un modello, uno 'stampo neuronale' del canto della sua specie, che gli permette di riconoscere qual è il canto 'giusto' da imparare. Però i giovani uccelli devono anche poter udire sé stessi per essere in grado di esprimere un canto normale e ciò dimostra l'importanza critica di una retroazione uditiva nello sviluppo del canto. Uccelli resi sordi appena dopo la schiusa o esposti al canto di maschi adulti durante il periodo sensibile e in seguito resi sordi, sviluppavano un canto anormale e disorganizzato. Se resi sordi più tardi, quando già avevano cominciato a produrre canti completi, essi continuavano a produrre un canto normale. L'acquisizione delle capacità canore in questi uccelli sembra quindi avvenire secondo tre modalità interagenti: una genetica (l'esistenza di uno schema canoro ereditario), una appresa tramite imprinting e una di affinamento, in cui il giovane perfeziona il proprio canto ascoltandosi. È da notare che quando i giovani uccelli vengono esposti, non a una registrazione, ma a un uccello di un'altra specie durante il periodo critico per l'imprinting, essi apprendono il canto di questo modello. L'interazione sociale rappresenta quindi uno stimolo più forte di un canto registrato e può contrastare la tendenza innata ad apprendere il canto della propria specie. Istinto e apprendimento non sono separabili in quanto una tendenza innata può essere modificata dall'esperienza, così come l'apprendimento può essere canalizzato e limitato dalla costituzione genetica di un organismo.
La neurobiologia dell'imprinting e il controllo neurale dei periodi critici o sensibili
L'ipotesi della predisposizione innata ha due implicazioni: la prima è che vi siano aree cerebrali e specifici neuroni che subiscano l'imprinting e cioè che memorizzino, durante il periodo critico, l'esperienza che l'individuo fa con l'oggetto dell'imprinting; la seconda è che questo 'stampo neuronale' avvenga tramite l'attivazione di geni specifici che in risposta all'esperienza dell'individuo porteranno a cambiamenti biochimici nei neuroni. Già verso la fine degli anni Sessanta del 20° sec. P.P.G. Bateson e i suoi collaboratori misero in evidenza, attraverso l'uso di una lisina radioattiva, che i neuroni dell'emisfero cerebrale sinistro dei pulcini che avevano subito l'imprinting mostravano sia una incorporazione dell'aminoacido nel tRNA (l'RNA transfert è l'acido nucleico coinvolto nel trasporto degli aminoacidi durante il processo di sintesi delle proteine) sia una spiccata sintesi proteica. Questi dati dimostravano, anche se indirettamente, che determinati geni erano attivati nel processo di imprinting e venivano trascritti e tradotti in proteine specifiche. Ricerche successive (Horn 1990) identificarono nel cervello del pulcino la zona definita intermediate part of the medial hyperstriatum ventrale o IMHV (iperstriato ventrale mediale e intermedio) e in particolare la parte sinistra dell'IMHV come l'area cerebrale coinvolta nell'imprinting. Infatti i pulcini che subivano il processo di imprinting mostravano cambiamenti biochimici in questa parte del cervello, così come lesioni dell'IMHV rendevano i pulcini insensibili all'imprinting.
A livello molecolare le modificazioni biochimiche più salienti riguardavano l'aumento della densità tanto dei recettori quanto dei neurotrasmettitori glutammato e N-metil-D-aspartatato (NMDA), che sono quindi implicati nell'apprendimento per imprinting. Durante il processo di imprinting i neuroni dell'IMHV liberano il neurotrasmettitore GABA (acido gamma-aminobutirrico) che legandosi ai recettori specifici rende possibile l'imprinting. La fine del periodo critico e l'impossibilità di subire l'imprinting è caratterizzata dalla disattivazione di uno specifico gene che codifica per il recettore del GABA. Il GABA sembra quindi responsabile del controllo neurale del periodo sensibile. È chiaro a questo punto come geni e ambiente interagiscano in quanto la presenza o l'assenza di certi stimoli ambientali in alcuni momenti critici durante l'ontogenesi (cioè lo sviluppo) può modificare l'espressione dei geni attivandone oppure inibendone la trascrizione.
Effetti a lungo termine dell'imprinting: l'imprinting sessuale
L'esperienza precoce ha anche conseguenze a lungo termine per lo sviluppo delle preferenze sessuali nella vita adulta. In molte specie le esperienze precoci vissute con i genitori e/o con fratelli e sorelle influenzano le preferenze sociali e sessuali da adulti. In questo caso si parla di imprinting sessuale che porta al riconoscimento dei caratteri generali della propria specie. Una dimostrazione dell'importanza dell'imprinting nelle preferenze sessuali è data dagli esperimenti di adozione incrociata. Per es., uova di diamante mandarino (Taeniopygia guttata) furono poste in covate di bengalino (Amandava amandava) e viceversa. I genitori adottivi allevarono le covate fino all'involo degli uccelli. I maschi di entrambe queste specie in una situazione di libera scelta tra femmine conspecifiche e femmine della specie che li aveva allevati corteggiarono queste ultime. Tutto ciò accadde nonostante i diamanti mandarini e i bengalini fossero stati, dopo lo svezzamento, per mesi solo con i conspecifici della propria specie. Alcuni di questi maschi furono poi forzati ad accoppiarsi con femmine della propria specie mediante deprivazione sessuale, e senza possibilità di scegliere alternativamente, e si riprodussero. Dopo sette anni di vita riproduttiva normale (cioè solo con femmine conspecifiche), i maschi furono di nuovo posti in una situazione di scelta binaria tra femmine della propria specie e femmine della specie adottiva: essi mostrarono di nuovo una forte preferenza per le femmine della specie adottiva. Simili esperimenti di adozione sono stati condotti con molte specie diverse di uccelli: piccioni, anatre e oche, galline, passeri, e tutti hanno di-mostrato un forte e duraturo attaccamento sessuale verso individui della specie adottiva, anche se in genere riescono poi a riprodursi normalmente. L'imprinting sessuale può giocare un ruolo importante nel riconoscimento dei consanguinei come avviene,per fare un esempio, nel caso dei cigni minori (Cignus bewicki). Questi cigni hanno una maschera facciale distintiva e i membri della stessa famiglia tendono ad avere maschere simili. Quando si accoppiano scelgono però individui con una maschera facciale che è diversa dalla propria, evitando quindi di accoppiarsi con individui imparentati. Tutto ciò evita l'inincrocio (accoppiamento tra parenti) che porterebbe alla consanguineità e a una drastica riduzione della variabilità genetica nella progenie con una riduzione della fitness riproduttiva.
Altri tipi di imprinting
L'imprinting filiale è il più studiato e quello che ha portato i maggiori contributi scientifici nell'ambito di discipline biomediche quali la psicobiologia, la psicologia e la psichiatria (vedi oltre). Tuttavia molte ricerche hanno messo in evidenza che l'imprinting non riguarda soltanto il riconoscimento individuale della madre o della specie. Esistono casi di imprinting per la scelta del cibo, dell'ospite, come nel caso del cuculo europeo (Cuculus canorus), i cui piccoli si imprintano sulla madre adottiva e in tal modo apprendono le caratteristiche della specie ospite su cui attuare il parassitismo della cova), o dell'habitat in cui vivere e/o riprodursi. I salmoni, per es., tornano per la riproduzione dall'oceano al fiume in cui sono nati, percorrendo distanze enormi: essi subiscono un imprinting alla nascita sulle caratteristiche olfattive dell'habitat. Nei greggi di pecore e capre le femmine non allattano mai un piccolo non proprio; la madre subito dopo aver partorito familiarizza, infatti, con l'odore distintivo del suo piccolo leccandolo e in seguito lo riconosce tra tutti gli altri. Essa è sensibile all'odore soltanto per un'ora circa dopo il parto e durante questo periodo è sufficiente un contatto di cinque minuti per stabilire un riconoscimento duraturo della sua prole. Se però il contatto non avviene durante questo periodo critico, la femmina rifiuterà il proprio piccolo e non lo allatterà. L'imprinting ha giocato un ruolo fondamentale nei processi di domesticazione; è ben noto, per es., che se i cuccioli di cane o di gatto non hanno contatti con gli esseri umani nei primi mesi di vita, difficilmente instaurano un rapporto 'affettivo' con l'uomo: essi devono essere 'imprintati' sull'uomo per poter sviluppare un legame sociale con esso.
L'imprinting nei primati e nella specie umana
Negli anni Sessanta del Novecento lo psicologo americano H. Harlow, utilizzando il macaco (Macacus rhesus) quale specie modello, dimostrò gli effetti a lungo termine della deprivazione affettiva nei primati. Le scimmie che vengono separate dalla madre dopo la nascita presentavano profonde alterazioni comportamentali, come stereotipie, stati ansioso-depressivi e qualche volta autismo. Da adulte queste scimmie mostravano rapporti sessuali e cure parentali anormali, queste ultime caratterizzate anche da maltrattamenti sui figli. Queste manifestazioni patologiche erano attenuate se, alla giovane scimmia tenuta in isolamento, veniva offerto un simulacro di madre come, per es., un manichino di legno rivestito di stoffa che simulava la pelliccia della madre. Un manichino di rete metallica o di legno che forniva solamente il latte non attenuava la cosiddetta sindrome da isolamento. Se i manichini erano entrambi presenti nell'ambiente della piccola scimmia essa passava gran parte del suo tempo attaccata alla madre fornita di pelliccia (confortevole e rassicurante al contatto) e utilizzava l'altra madre con il biberon di latte solo per alimentarsi. Il piccolo macaco formava un attaccamento non con chi provvedeva a nutrirlo ma con chi gli forniva calore e sicurezza. Sulla base delle ricerche sull'imprinting e sui risultati ottenuti sui macachi lo psicanalista inglese J. Bowlby (1969) formulò la teoria etologica dell'attaccamento per spiegare lo sviluppo dei legami affettivi e di un normale comportamento socio-sessuale nell'uomo. Sotto questo profilo la teoria dell'attaccamento risulta quindi dalla combinazione delle teorie freudiane (importanza dei rapporti madre-figlio per lo sviluppo della sessualità) ed etologiche (imprinting filiale e sessuale) in una prospettiva evoluzionistica. Alla pari degli altri primati, anche nella specie umana esiste un periodo critico (che va dai primi mesi sino alla seconda metà del primo anno di vita) in cui madre e neonato si scambiano segnali che conducono allo sviluppo dell'attaccamento emozionale alla figura materna da parte del bambino. Inteso come 'meccanismo primario di sopravvivenza' (protezione dai pericoli presenti nell'ambiente di adattamento evolutivo della specie umana), l'at-taccamento alla madre è quindi il risultato di una predisposizione innata ad apprendere, caratteristica dei fenomeni di imprinting. La mancanza del processo di attaccamento (assenza di legame sociale) nelle prime fasi di vita sarebbe alla base di un anormale comportamento sociale da adulti, specialmente per quanto concerne i rapporti interpersonali e sessuali.
bibliografia
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