Impulsi ottici ad attosecondi
Fin dall’invenzione, nel 19° sec., della fotografia con flash, impulsi di luce di breve durata sono stati utilizzati per congelare l’evoluzione temporale di eventi molto rapidi. Nel 1866 il fisico tedesco August Töpler (1836-1912) fu in grado di fotografare le variazioni di pressione dell’aria in onde acustiche. Töpler utilizzò un flash della durata di alcuni microsecondi (1 μs=10−6 s) per generare un’onda acustica in aria e un secondo flash, ritardato temporalmente e sincronizzato al primo, per fotografare l’onda sonora. L’evoluzione temporale dell’onda acustica poté essere ricostruita scattando una serie di fotografie dell’evento in funzione del ritardo temporale fra i due flash. Dal momento che il ciclo di oscillazione dell’onda acustica è dell’ordine del ms, un flash di luce della durata di alcuni μs è più che sufficiente per congelare l’evoluzione temporale dell’onda sonora a istanti precisi. Come regola generale possiamo affermare che per misurare un processo fisico veloce è necessario impiegare un’opportuna sorgente la cui durata temporale sia confrontabile oppure inferiore all’evento stesso. Nel periodo compreso tra l’inizio del 20° sec. e l’invenzione del laser (1960) la durata degli impulsi di luce è diminuita progressivamente fino al nanosecondo (1 ns=10−9 s).
In seguito alla comparsa del laser, la corsa verso la generazione di impulsi di luce sempre più brevi ha subito una notevole accelerazione. Impulsi di durata pari ad alcuni femtosecondi (1 fs=10−15 s; il prefisso femto deriva dal danese e dal norvegese femten «quindici») sono ormai comunemente utilizzati per lo studio di processi fisici ultraveloci e per numerose applicazioni in vari campi della ricerca e della tecnologia, come, per es., nei settori delle microlavorazioni, delle comunicazioni ottiche e della medicina. Parallelamente al rapido progresso ottenuto nel settore della generazione di impulsi ultrabrevi, si è anche assistito a un continuo aumento della loro potenza di picco. Negli ultimi dieci anni, le intensità dei fasci laser ottenibili sono aumentate di vari ordini di grandezza, fino a raggiungere valori dell’ordine di 1021 W/cm2.
Gli impulsi laser ultrabrevi hanno drasticamente esteso la nostra capacità di osservare in tempo reale la dinamica di processi naturali. Utilizzando una frazione dell’energia dello stesso impulso laser per innescare l’evento che si vuole analizzare, è possibile ottenere una sincronizzazione perfetta, completamente ottica, tra l’eccitazione del processo e la sua osservazione.
Esistono in natura eventi tanto rapidi da richiedere una così elevata risoluzione temporale? La risposta è affermativa per numerosi fenomeni a livello atomico e molecolare. Per rendersi conto di questa caratteristica basta considerare che gli atomi si muovono con velocità dell’ordine di 1 km/s e pertanto impiegano circa 100 fs per coprire la tipica distanza interatomica di 1 angström (1 Å=10−10 m=0,1 nm). Quando una corrente elettrica fluisce in un filo di rame, gli elettroni urtano contro gli atomi del reticolo mediamente ogni 10 fs. Per leggere questa pagina, i recettori della retina (molecole di rodopsina) ripetono per circa 10 miliardi di volte al secondo una fotoreazione il cui primo evento è concluso in soli 200 fs. In molte reazioni chimiche, i legami atomici si formano o si rompono su una scala temporale dell’ordine di alcune centinaia di fs (lo studio della dinamica delle reazioni chimiche tramite impulsi di luce ultrabrevi è valso nel 1999 al chimico egiziano naturalizzato statunitense Ahmed H. Zewail il premio Nobel per la chimica).
Il moto degli elettroni all’interno di atomi o molecole è ancora più rapido. L’unità atomica di tempo è data da τat=ℏ/(2Ry), dove ℏ è la costante di Planck (h=6,63×10−34 Js) divisa per 2π e Ry è la costante di Rydberg, cioè l’energia di legame dell’idrogeno (13,6 eV, 1 eV=1,6×10−19 J). L’unità atomica di tempo ha un valore di circa 24 attosecondi (1 as=10−18 s, cioè un attosecondo corrisponde a un miliardesimo di miliardesimo di secondo; il prefisso atto deriva dal danese e dal norvegese atten «diciotto»). Per cogliere intuitivamente il significato dei diciotto ordini di grandezza che separano l’attosecondo dal secondo può essere utile considerare che un attosecondo sta a un secondo come un secondo sta all’incirca all’età dell’Universo. Nell’ambito della teoria atomica di Bohr, τat corrisponde all’intervallo di tempo impiegato da un elettrone per descrivere un angolo di un radiante durante il suo moto nello stato fondamentale dell’atomo di idrogeno. Potremmo quindi affermare che la scienza degli impulsi ad attosecondi studia essenzialmente il moto degli elettroni su scala atomica. Naturalmente, considerando la visione più corretta dell’atomo offerta dalla meccanica quantistica, l’elettrone nello stato fondamentale dell’idrogeno non compie alcuna orbita intorno al protone, che costituisce il nucleo. La funzione d’onda elettronica è stazionaria, anche se l’elettrone ha una quantità di moto a causa del principio di indeterminazione. In un atomo eccitato, invece, un elettrone non si trova necessariamente in uno stato stazionario, e la corrispondente funzione d’onda mostra un’evoluzione temporale su scale che vanno dagli attosecondi ai microsecondi. Come esempio è possibile considerare l’elettrone di un atomo di idrogeno che, inizialmente nello stato fondamentale 1s, viene parzialmente proiettato sullo stato a energia superiore 2s, generando una sovrapposizione coerente di due stati quantistici con una differenza in energia ΔE=10,2 eV (il termine coerente indica che esiste una precisa relazione di fase tra i due livelli energetici popolati); in questo caso si può dimostrare che la distribuzione di probabilità dell’elettrone oscilla fra i due stati con un periodo T=2πℏ/ΔE pari a circa 400 attosecondi. Nel caso di molecole, il moto vibrazionale degli atomi nei legami chimici avviene su scale temporali che vanno dalle decine alle centinaia di femtosecondi. Esistono tuttavia delle dinamiche elettroniche all’interno delle molecole che determinano in ultima analisi l’esito di una reazione chimica, su scale temporali molto più brevi, nel regime degli attosecondi. Dinamiche ancora più veloci avvengono all’interno del nucleo, dove le differenze ΔE tra i livelli energetici sono dell’ordine di 106 eV. Per es., nel caso del nucleo di 7Li, dove la differenza in energia tra il primo stato eccitato e lo stato fondamentale è di 0,477 MeV (1 MeV=106 eV), il tempo caratteristico per il movimento dei nucleoni all’interno del nucleo risulta dell’ordine di 9 zeptosecondi (1 zeptosecondo=0,001 as=10−21 secondi; il prefisso zepto deriva dal greco heptá «sette», in quanto 1 zs=1/10007 s).
Un passo essenziale per la generazione di impulsi ad attosecondi è stato lo sviluppo di tecniche per la produzione di impulsi laser ultrabrevi e intensi. La radiazione elettromagnetica presente in un impulso è costituita da un campo elettrico e magnetico che oscillano periodicamente nel tempo. Poiché l’impulso rappresenta un’emissione di radiazione che ha una durata finita nel tempo, l’ampiezza dell’oscillazione del campo elettrico (o magnetico) viene modulata nel tempo. Nel caso in cui la durata dell’impulso diminuisca sino a diventare paragonabile al periodo di oscillazione si parla di impulsi da pochi cicli ottici. Il limite ultimo alla durata di un impulso laser è dato dal periodo del ciclo ottico del corrispondente campo elettrico: la durata minima di un impulso nella regione spettrale del visibile (cioè con lunghezza d’onda compresa fra 400 nm e 700 nm) è pertanto limitata a circa 2 fs. È quindi chiaro che per superare la barriera del femtosecondo è indispensabile generare impulsi nella regione spettrale dell’ultravioletto estremo (XUV, 10-100 nm) o dei raggi X molli (0,1-10 nm). Ciò è illustrato nella figura 1, che mostra l’andamento temporale del campo elettrico di due impulsi costituiti dallo stesso numero di cicli ottici, ma caratterizzati da due lunghezze d’onda centrali diverse. Per es., il ciclo ottico di un’onda con lunghezza d’onda di 15 nm è pari a 50 attosecondi.
La tecnica che viene comunemente utilizzata per la produzione di impulsi nella regione spettrale dell’XUV è denominata generazione di armoniche di ordine elevato e si basa su effetti nonlineari che avvengono negli atomi di un gas investito da impulsi laser brevi e intensi. Nel seguito del saggio descriveremo questa tecnica di generazione di radiazione XUV concentrandoci in modo particolare sui processi che portano alla generazione di impulsi ad attosecondi. Discuteremo poi la tecnica che consente di misurare la durata di tali impulsi. Alcune applicazioni degli impulsi ad attosecondi verranno quindi analizzate nell’ultima parte di questo saggio.
Generazione di armoniche di ordine elevato e formazione degli impulsi
Un impulso laser di energia ξ, durata τ e sezione trasversale S è caratterizzato da una potenza di picco P=ξ/τ e da un’intensità di picco I=ξ/(τS). Con i laser a femtosecondi attualmente disponibili è possibile raggiungere potenze di picco dell’ordine delle centinaia di terawatt (1 TW=1012 W) e intensità di picco dell’ordine di 1021 W/cm2. Per poter apprezzare questi valori è utile ricordare che la potenza erogata da una moderna centrale nucleare è dell’ordine di alcuni gigawatt (1 GW=109 W). L’uso di impulsi laser ultrabrevi e intensi consente quindi di analizzare il comportamento della materia in condizioni estreme e di investigare i nuovi processi che hanno luogo in tali condizioni. La possibilità di accendere campi elettrici di ampiezza confrontabile o addirittura superiore al campo coulombiano (cioè il campo elettrico in cui si trova immerso un elettrone, dovuto all’interazione con il nucleo atomico e con gli altri elettroni dell’atomo) in un intervallo di tempo di pochi cicli ottici permette di estendere enormemente i confini dell’ottica nonlineare ed è alla base del processo di generazione di armoniche di ordine elevato (Agostini, DiMauro 2004). Quando un impulso laser a femtosecondi con elevata potenza di picco viene focalizzato su un mezzo gassoso fino a raggiungere intensità dell’ordine di 1014 W/cm2, si osserva che lo spettro della radiazione trasmessa dal gas contiene componenti a frequenze multiple della frequenza fondamentale della radiazione incidente. L’ampiezza spettrale delle armoniche generate è caratterizzata da una brusca diminuzione dopo le prime armoniche seguita da una regione, denominata plateau, in cui l’ampiezza delle componenti armoniche generate rimane all’incirca costante fino a un’armonica massima in corrispondenza della quale si osserva una brusca diminuzione dell’efficienza di generazione (regione di cut-off). L’efficienza di conversione, ovvero la frazione di energia dell’impulso laser convertita in radiazione XUV, è dell’ordine di 10−4-10−6 nella regione di plateau e 10−8-10−9 nella regione di cut-off. Per ragioni di simmetria, nello spettro sono presenti solo le armoniche dispari della frequenza fondamentale. La prima osservazione sperimentale dell’esistenza di una regione di plateau nello spettro di armoniche generate in gas risale alla fine degli anni Ottanta del 20° secolo. Focalizzando in elio impulsi di durata pari a circa 10 fs, con energia di alcuni mJ, nel 2004 è stata generata radiazione coerente con lunghezza d’onda fino a circa 2 nanometri, cioè nella regione spettrale dei raggi X molli.
Modello semiclassico
Le caratteristiche essenziali del processo di generazione di armoniche in gas si possono spiegare utilizzando un modello semiclassico (Corkum, Krausz 2007), basato su tre processi di base (fig. 2). Quando l’intensità del laser supera 1014 W/cm2, la fotoionizzazione degli atomi di gas investiti dal fascio laser diventa sempre più significativa. Il campo elettrico dell’onda elettromagnetica incidente è in grado di modificare il potenziale atomico portando alla formazione di una barriera di potenziale attraverso la quale l’elettrone meno legato può passare per effetto tunnel (fig. 2A): questo processo di ionizzazione non ha alcun analogo classico. Nel caso di impulsi laser di eccitazione alla lunghezza d’onda di 800 nm (caratterizzati quindi da un periodo di oscillazione, T0, del campo elettrico pari a circa 2,7 fs), il processo di ionizzazione per effetto tunnel è più probabile in un intervallo temporale di circa 300 as nell’intorno di ciascun massimo o minimo del campo elettrico in corrispondenza del picco dell’impulso. Si vede quindi che la scala temporale degli attosecondi nasce immediatamente nella prima fase del processo di generazione di armoniche di ordine elevato. Dopo la fase di ionizzazione, il moto dell’elettrone può essere studiato in modo classico. Inizialmente l’elettrone viene accelerato e si allontana dall’atomo di partenza fin quando il campo elettrico dell’impulso laser cambia segno. A partire da questo istante l’elettrone viene dapprima decelerato, inverte il proprio moto e viene poi accelerato verso l’atomo di partenza (fig. 2B). In un intervallo di tempo di un fs dopo la ionizzazione, l’elettrone può acquisire un’energia cinetica (si ricorda che l’energia cinetica di una particella di massa m e velocità v è data da mv2/2) fino a 50-1000 eV da parte del campo elettrico dell’impulso di eccitazione. L’elettrone può ritornare all’atomo di origine (fig. 2C) solo se il campo laser è polarizzato linearmente e se la ionizzazione avviene in corrispondenza di una fase opportuna del campo oscillante. In particolare, gli elettroni che ritornano all’atomo di origine con la massima energia cinetica sono quelli generati subito dopo un picco del campo elettrico (all’incirca dopo un intervallo di tempo pari a T0/20). Tali elettroni ritornano nel punto di partenza dopo circa due terzi di ciclo ottico, con un’energia cinetica massima, Ek,m, che è determinata dall’intensità dell’impulso laser, I, e dalla sua lunghezza d’onda, λ (Ek,m∝λ2I). Si ha quindi che i fotoni di energia maggiore vengono emessi all’incirca in corrispondenza degli zeri del campo elettrico nell’intorno del picco dell’impulso.
Quando l’elettrone ritorna all’atomo di partenza, può essere catturato nuovamente e ritornare al suo stato legato iniziale, emettendo un fotone di energia pari alla somma dell’energia di ionizzazione e dell’energia cinetica acquisita nel campo laser (fig. 2C). La ricollisione dà luogo a un processo estremamente veloce di emissione di fotoni di elevata energia a cui corrisponde l’emissione di un impulso di fotoni con durate dell’ordine di alcune decine o centinaia di attosecondi. I tre processi appena descritti (ionizzazione per effetto tunnel, accelerazione dell’elettrone nel campo laser e ricombinazione con emissione di fotoni) vengono ripetuti periodicamente ogni mezzo ciclo del campo elettrico dell’impulso di eccitazione: ciò porta alla generazione di un treno di impulsi ad attosecondi equispaziati di mezzo periodo ottico (circa 1,3 fs nel caso di eccitazione alla lunghezza d’onda di 800 nm). È importante sottolineare il fatto che, dal momento che l’evoluzione del pacchetto elettronico dall’istante di ionizzazione a quello di ricollisione è governata dal campo laser coerente, anche l’emissione di fotoni XUV sarà coerente. Ciò porta alla generazione di un fascio XUV collineare con il fascio laser di eccitazione, che è contraddistinto da tutte le caratteristiche della luce laser.
Finora abbiamo considerato la risposta di un singolo atomo all’impulso di eccitazione; è evidente che si può ottenere una significativa emissione di radiazione XUV coerente solo se l’impulso laser forza un gran numero di atomi a emettere in fase. L’efficienza di generazione dipende allora in modo critico dalla lunghezza di propagazione entro cui i contributi dei vari atomi all’emissione XUV si sommano in modo costruttivo: tale distanza viene denominata lunghezza di coerenza. Per es., gli elettroni liberi presenti nel gas agiscono come un mezzo dispersivo, causando una notevole differenza fra le velocità di fase dell’impulso laser di eccitazione e dell’impulso XUV generato. Questo effetto riduce notevolmente la distanza su cui la radiazione XUV può aumentare a seguito dei contributi costruttivi dei vari atomi, limitando la lunghezza di coerenza da pochi millimetri a pochi micron per fotoni con energie comprese fra 150 eV e 1 keV.
Modello quantistico
I processi fisici che portano alla generazione di impulsi XUV ad attosecondi possono essere descritti utilizzando un approccio interamente quantistico, che è strettamente legato al modello semiclassico appena descritto. Nella visione quantistica il processo di ionizzazione per effetto tunnel divide la funzione d’onda elettronica in due parti: una porzione, ψ0, rimane nell’orbitale atomico iniziale, mentre l’altra porzione, ψc, forma un pacchetto d’onda elettronico non più legato a un atomo, che si propaga nel continuo sotto l’azione del campo laser di eccitazione (Itatani, Levesque, Zeidler et al. 2004). Si ricorda che il modulo quadro della funzione d’onda elettronica complessiva, |ψ0+ψc|2, è legato alla probabilità che l’elettrone si trovi in una determinata regione dello spazio. La funzione d’onda ψc è caratterizzata da una lunghezza d’onda di de Broglie dell’ordine di 1-2 Å (la lunghezza d’onda di de Broglie di una particella in moto con quantità di moto p è data da λB=h/p), cioè dell’ordine delle dimensioni tipiche degli orbitali elettronici negli atomi. Simulazioni numeriche e misure sperimentali indicano che il pacchetto d’onda elettronico liberato all’atto della ionizzazione per effetto tunnel si espande perpendicolarmente alla direzione di moto con una velocità dell’ordine di 5 Å/fs. Nell’istante di ricollisione il pacchetto elettronico ha quindi una larghezza di circa 5-10 Å: ciò porta a una diminuzione della probabilità di ricollisione con l’atomo di partenza. Nonostante questo processo di diffusione in direzione laterale, la densità di corrente elettronica vista dall’atomo durante il processo di ricollisione è estremamente elevata, superiore a 1010 A/cm2, ordine di grandezza più elevato della densità di corrente fornita dalle sorgenti di elettroni convenzionali. Poiché la dimensione trasversale del pacchetto elettronico descritto dalla funzione d’onda ψc all’atto della ricollisione è molto maggiore della dimensione atomica, l’onda elettronica che investe l’atomo può essere assimilata a un’onda piana.
All’atto della ricollisione, le due parti della funzione d’onda elettronica si sovrappongono spazialmente dando luogo a un processo di interferenza del tutto analogo a quanto si osserva nel caso di due onde luminose o acustiche. La somma coerente delle due porzioni della funzione d’onda elettronica porta alla generazione di un dipolo elettrico, cioè di una localizzazione asimmetrica della densità elettronica nella direzione di propagazione del pacchetto d’onda, ψc. A mano a mano che ψc si propaga, il dipolo indotto oscilla da una parte all’altra dell’atomo, nella direzione di polarizzazione del campo laser di eccitazione, con una frequenza istantanea, ν, legata all’energia cinetica, Ek, dell’elettrone. Questa rapida oscillazione continua finché dura il processo di ricollisione. Il processo è mostrato nella figura 3, in cui è rappresentata la proiezione sul piano di propagazione di ψc della distribuzione di densità elettronica |ψ0+ψc|2 in due istanti separati da un intervallo di tempo in corrispondenza del quale la fase dell’onda piana ψc cambia di 180° (fig. 3B, C); per confronto si mostra la distribuzione della densità elettronica dell’orbitale atomico imperturbato, |ψ0|2 (fig. 3A). Come è noto, un dipolo elettrico oscillante emette radiazione alla frequenza di oscillazione: questa è l’origine fisica della generazione di armoniche di ordine elevato. Durante questo processo l’energia cinetica, l’ampiezza e la fase del pacchetto d’onda elettronico che ricollide sono trasferiti all’impulso di fotoni XUV.
Generazione di impulsi isolati
Utilizzando impulsi laser a femtosecondi di elevata intensità, è possibile generare un treno di impulsi ad attosecondi separati di mezzo periodo ottico della radiazione di eccitazione. Dal punto di vista matematico, tale treno di impulsi si ottiene come trasformata di Fourier dello spettro periodico di armoniche generato dall’interazione nonlineare fra l’impulso laser di eccitazione e il mezzo gassoso. Per molte applicazioni risulta opportuno ridurre il treno di impulsi a un solo impulso ad attosecondi: nel seguito ci riferiremo a questo caso usando il termine di impulsi ad attosecondi isolati. Ciò è particolarmente importante, per es., nel caso si voglia seguire l’evoluzione temporale di un processo fisico molto veloce utilizzando la tecnica di pump-probe. In questo caso un impulso di eccitazione (pump) eccita il sistema microscopico e dà inizio al fenomeno che si vuole studiare (dinamica elettronica, reazione chimica ecc.). Un secondo impulso di sonda (probe), sincronizzato con il primo e opportunamente ritardato, rivela la successiva evoluzione del processo innescato dall’impulso di eccitazione. A ciascun ritardo tra pump e probe corrisponde un fotogramma; sovrapponendo i vari fotogrammi si ottiene una sorta di film dell’evoluzione temporale del sistema. Di seguito verranno illustrate le due tecniche sperimentali attualmente impiegate per la generazione di impulsi ad attosecondi isolati.
Generazione di armoniche con impulsida pochi cicli ottici
Il metodo più ovvio per generare impulsi ad attosecondi isolati si basa sulla generazione di radiazione XUV mediante impulsi di eccitazione costituiti da pochi cicli ottici. Il campo elettrico di un impulso di luce polarizzato linearmente può essere scritto come segue: E(t)=A(t)cos(ωt+φ), dove t è il tempo, A(t) è l’inviluppo dell’impulso e descrive l’evoluzione temporale dell’ampiezza del campo elettrico, ω è la pulsazione istantanea dell’onda portante, legata al periodo T0 del ciclo ottico dalla relazione ω=2π/T0, φ è chiamata fase assoluta dell’impulso e rappresenta la fase dell’onda portante rispetto al picco dell’inviluppo. Nel caso di impulsi costituiti da pochi cicli ottici, l’evoluzione temporale del campo elettrico dipende fortemente dalla fase assoluta, come mostrato chiaramente dalle curve blu nella figura 4A, C, che rappresentano l’andamento del campo elettrico di un impulso da pochi cicli per due valori della fase assoluta: φ=0 e φ=π/2, rispettivamente. Dal momento che il processo di generazione di armoniche di ordine elevato dipende essenzialmente dal campo elettrico dell’impulso di eccitazione, è evidente che la fase assoluta gioca un ruolo molto importante.
Nel caso limite in cui l’impulso di eccitazione sia costituito da un solo ciclo ottico, la possibilità di generare impulsi ad attosecondi isolati ha un’ovvia spiegazione: in questo caso, con un’opportuna scelta della fase assoluta, può avvenire un solo processo di ionizzazione, accelerazione e ricollisione, quindi viene generato un solo impulso ad attosecondi. Dal momento che il processo di generazione non viene ripetuto periodicamente nel tempo, il corrispondente spettro di emissione è completamente continuo, senza alcun picco in corrispondenza delle armoniche della radiazione fondamentale. Nel caso di impulsi di eccitazione costituiti da alcuni cicli ottici, la spiegazione è meno ovvia. Come abbiamo visto descrivendo i processi fisici alla base del processo di generazione di armoniche, i fotoni XUV di energia maggiore vengono emessi nell’intorno del picco dell’impulso in corrispondenza degli zeri del campo elettrico. Con impulsi di eccitazione costituiti da pochi (due o tre) cicli ottici, si ottiene la generazione di pochi impulsi XUV nell’intorno del picco dell’impulso. Nel caso in cui un massimo del campo elettrico coincida con il massimo dell’inviluppo dell’impulso, nel caso cioè in cui la fase assoluta dell’impulso sia nulla (fig. 4A), i fotoni XUV di energia più elevata sono generati solo in corrispondenza del massimo centrale del campo elettrico (indicato con 1), che è caratterizzato da un’ampiezza considerevolmente maggiore rispetto ai due minimi adiacenti (indicati con 2 e 3). Selezionando, con dei filtri opportuni, la regione spettrale a energia maggiore dello spettro di armoniche è possibile ottenere impulsi ad attosecondi isolati, come mostrato schematicamente nella figura 4B. Nel caso in cui la fase assoluta dell’impulso sia invece pari a π/2, il minimo e il massimo del campo elettrico nell’intorno del picco dell’impulso (indicati con 1 e 2 nella fig. 4C) hanno la stessa ampiezza, quindi portano alla generazione di fotoni XUV con la stessa energia (fig. 4D): in questo caso, selezionando la regione spettrale a energia maggiore dello spettro di armoniche, si producono due impulsi ad attosecondi uguali. È quindi chiaro che il requisito essenziale per la generazione di impulsi ad attosecondi isolati è l’uso di impulsi di eccitazione costituiti da meno di due cicli ottici e con fase assoluta opportuna. Nel 2008 sono stati generati impulsi da 80 as utilizzando impulsi di eccitazione da 3,3 fs con fase assoluta stabile (Goulielmakis, Schultze, Hofstetter et al. 2008).
Confinamento temporale dell’emissione di armoniche
Un approccio sperimentale diverso per la generazione di impulsi ad attosecondi isolati si basa sul confinamento temporale del processo di generazione di armoniche di ordine elevato. Con tecniche opportune si fa in modo che la generazione di radiazione XUV sia possibile solo in corrispondenza del picco dell’impulso di eccitazione, in una finestra temporale minore di mezzo periodo del ciclo ottico. In questo modo viene generato un solo impulso XUV, dal momento che il processo completo di ionizzazione, accelerazione e ricollisione avviene una sola volta. L’idea di base per la generazione di questa finestra temporale è semplice e si basa sulla forte dipendenza del processo di generazione di armoniche dallo stato di polarizzazione della radiazione incidente. Dal punto di vista semiclassico del modello di ricollisione, se il campo elettrico di eccitazione è polarizzato in modo circolare (o ellittico), cioè se la direzione lungo la quale il campo elettrico oscilla durante la propagazione dell’onda ruota con una certa frequenza angolare, l’elettrone che si muove nel continuo dopo la ionizzazione tunnel acquisisce una velocità trasversale e non può più ritornare nel punto di partenza. Di conseguenza, un impulso di luce con polarizzazione circolare focalizzato su un mezzo gassoso non genera alcuna radiazione XUV. Quindi, un metodo per confinare il processo di generazione a una ristretta finestra temporale in corrispondenza del picco dell’impulso consiste nel modulare temporalmente lo stato di polarizzazione dell’impulso di eccitazione in modo tale che la polarizzazione sia circolare in corrispondenza dei fronti di salita e di discesa e lineare solo in corrispondenza del picco dell’impulso. Varie sono le tecniche ottiche che si possono utilizzare per realizzare questo particolare stato di polarizzazione. La più semplice si basa sull’uso di due lamine birifrangenti, cioè di due lamine trasparenti che, a causa della particolare struttura cristallina, presentano indici di rifrazione differenti nelle diverse direzioni di propagazione dei raggi luminosi e della polarizzazione del campo elettrico. Questa tecnica, proposta nel 1994 e denominata polarization gating, è stata utilizzata nel 2006 per la generazione di impulsi ad attosecondi isolati con durate fino a 130 attosecondi (Sansone, Benedetti, Calegari et al. 2006).
Misura della durata degli impulsi
L’applicazione più diretta degli impulsi ad attosecondi isolati in misure di spettroscopia risolta in tempo consiste nella realizzazione di misure di pump-probe in cui entrambi gli impulsi (quello di eccitazione e quello di sonda) sono impulsi ad attosecondi. Al momento questo esperimento non è ancora tecnicamente possibile. Ciò è dovuto alla bassa energia degli impulsi ad attosecondi per ora disponibili (dell’ordine delle centinaia di pJ) e alla bassa probabilità di transizione a due fotoni nella regione spettrale dell’ultravioletto estremo e dei raggi X molli. Uno dei due impulsi ad attosecondi può però essere sostituito da un impulso laser da pochi cicli ottici, nella regione spettrale del visibile o del vicino infrarosso, e con fase assoluta stabile. Sotto opportune condizioni, la risoluzione temporale della misura può risultare inferiore al ciclo ottico dell’impulso IR o visibile. Il campo elettrico di questo impulso, che cambia la propria ampiezza da zero al valore massimo in circa 600 as nel caso di impulsi alla lunghezza d’onda di 750 nm, può essere utilizzato per sondare, con risoluzione temporale ad attosecondi, l’evoluzione di processi elettronici iniziati da un impulso ad attosecondi isolato. È importante sottolineare il fatto che il processo di generazione di armoniche porta in modo automatico alla generazione di impulsi ad attosecondi perfettamente sincronizzati con il campo elettrico IR di eccitazione. Questa importante caratteristica offre la possibilità di utilizzare gli impulsi ad attosecondi in combinazione con l’impulso di eccitazione per misurare la durata degli impulsi ad attosecondi e per osservare il moto di elettroni in atomi e molecole.
Quando un impulso XUV ad attosecondi viene inviato su atomi si produce quasi inevitabilmente la ionizzazione dell’atomo, con conseguente generazione di elettroni; ciò è dovuto all’elevata energia dei fotoni XUV, compresa fra le poche decine e le centinaia di elettronvolt. Per es., il potenziale di ionizzazione degli atomi di elio, cioè l’energia che è necessario fornire all’atomo per rimuovere l’elettrone più debolmente legato, è pari a 24,58 eV. L’evoluzione temporale dei processi di emissione è determinata da come l’atomo è stato eccitato e come rilassa nuovamente verso il suo stato fondamentale. La dinamica elettronica innescata dall’impulso ad attosecondi può essere misurata utilizzando una tecnica che ha notevoli analogie con la misura di impulsi di luce della durata di alcune centinaia di fs per mezzo di una streak camera, di cui è utile descrivere in modo schematico il principio di funzionamento. L’impulso di fotoni che si vuole misurare incide su un fotocatodo, che ha la proprietà di emettere elettroni per effetto fotoelettrico quando viene colpito da fotoni. L’impulso di fotoni viene quindi convertito in uno di elettroni, che presenta la medesima evoluzione temporale. Gli elettroni sono quindi accelerati in un tubo a raggi catodici e passano in una regione in cui è presente un campo elettrico variabile nel tempo, che produce una deflessione della traiettoria degli elettroni dipendente dall’istante di arrivo degli elettroni stessi. Gli elettroni colpiscono poi uno schermo a fosfori posto alla fine del tubo a raggi catodici. La deflessione degli elettroni produce una strisciata su tale schermo, la cui estensione spaziale dipende dalla durata degli impulsi di fotoni (oltre che dall’ampiezza del campo elettrico variabile). Misurando con un opportuno rivelatore il profilo spaziale prodotto sullo schermo a fosfori, è quindi possibile risalire alla durata degli impulsi. Il concetto di base della misura è quindi quello di convertire una distribuzione temporale in una distribuzione spaziale. La risoluzione temporale migliore che è possibile ottenere da una streak camera è dell’ordine del centinaio di femtosecondi.
La streak camera ad attosecondi
La trasposizione della tecnica appena descritta al caso di impulsi ad attosecondi è stata proposta nel 2002 (Itatani, Quéré, Yudin et al. 2002) e realizzata sperimentalmente negli anni successivi. Il principio di funzionamento è illustrato in modo schematico nella figura 5. L’impulso ad attosecondi che si vuole misurare viene focalizzato in un mezzo gassoso. Ciò determina la ionizzazione del gas con conseguente generazione di un impulso di elettroni, che costituisce una replica esatta dell’impulso di fotoni che si vuole caratterizzare. Tale fotoionizzazione avviene in presenza di una frazione del campo elettrico dell’impulso di eccitazione opportunamente ritardato rispetto all’impulso XUV, e polarizzato linearmente, che nel seguito chiameremo campo di streaking; il ritardo fra i due impulsi può essere variato con risoluzione nanometrica. Gli elettroni emessi dal gas viaggiano verso un opportuno spettrometro per elettroni (fig. 5A). Il campo elettrico dell’impulso di streaking agisce su tali elettroni, modulandone la velocità. La velocità iniziale degli elettroni emessi, e quindi la loro energia cinetica, viene aumentata o diminuita in funzione dell’istante di ionizzazione. La curva rossa della figura 5B mostra la modulazione di energia imposta ai fotoelettroni in funzione dell’istante di ionizzazione, in una finestra temporale pari a mezzo periodo del campo di streaking. In questo modo la distribuzione temporale dell’impulso di elettroni viene convertita in una distribuzione di energie dei fotoelettroni. Nell’esempio riportato, che corrisponde a un particolare ritardo fra l’impulso XUV e quello di streaking, lo spettro dei fotoelettroni generati dall’impulso ad attosecondi viene allargato spettralmente dalla modulazione di energia determinata dalla presenza dell’impulso di streaking (per confronto è mostrato anche lo spettro dei fotoelettroni emessi in assenza del campo di streaking). Si può dimostrare che, misurando l’evoluzione dello spettro dei fotoelettroni in funzione del ritardo temporale fra l’impulso XUV e quello di streaking, è possibile ricostruire in modo univoco il profilo temporale di intensità dell’impulso ad attosecondi. La prima dimostrazione sperimentale della caratterizzazione temporale completa di impulsi ad attosecondi isolati è stata ottenuta nel 2006 presso il dipartimento di Fisica del Politecnico di Milano (Sansone, Benedetti, Calegari et al. 2006); dall’evoluzione dello spettro dei fotoelettroni mostrata nella figura 6 è possibile ricostruire il profilo temporale degli impulsi XUV, caratterizzati da una durata di 130 attosecondi.
Applicazioni degli impulsi ad attosecondi
Spettroscopia
Lo stesso apparato sperimentale utilizzato per la misura degli impulsi ad attosecondi può essere utilizzato in misure di pump-probe per determinare le caratteristiche temporali della dinamica elettronica in atomi, molecole o solidi eccitati da impulsi XUV ad attosecondi. L’assorbimento di un impulso ad attosecondi da parte di un atomo può provocare l’emissione di un elettrone che, a seconda dell’energia del fotone XUV, può essere di valenza o di core. Gli elettroni di core, a differenza di quelli di valenza, non partecipano al legame chimico e sono chiamati in questo modo perché si trovano in livelli energetici più interni e possiedono una maggiore energia di legame (fig. 7A). Nel caso di emissione di un elettrone di core si genera una vacanza elettronica, che corrisponde a una configurazione instabile dell’atomo. Un elettrone appartenente a un livello energetico più esterno può andare a riempire tale vacanza; l’energia in eccesso può essere emessa sotto forma di fotoni XUV oppure può essere ceduta, mediante forze di tipo elettrostatico, a un terzo elettrone appartenente a un livello energetico esterno, che può quindi sfuggire all’attrazione dell’atomo: tale elettrone viene denominato elettrone Auger, dal nome del fisico francese Pierre Victor Auger (1899-1993) che nel 1925 descrisse il processo. La dinamica elettronica appena descritta è rappresentata in modo schematico nella figura 7B. L’interazione fra l’elettrone Auger e il campo elettrico dell’impulso a femtosecondi (impulso di streaking) porta a una modulazione dell’energia dell’elettrone: misurando lo spettro degli elettroni Auger in funzione del ritardo temporale fra l’impulso ad attosecondi e quello a femtosecondi di streaking, è possibile determinare la dinamica temporale del processo di rilassamento degli elettroni di core. Utilizzando questo schema, nel 2002 è stato misurato un tempo di vita di 7,9 fs dell’elettrone Auger generato in atomi di cripto (Drescher, Hentschel, Kienberger et al. 2002).
Esiste un’altra possibilità per sondare la dinamica elettronica con risoluzione temporale inferiore al fs, basata sulla dinamica estremamente veloce del processo di ionizzazione in atomi esposti a campi laser intensi. La ionizzazione di un atomo per mezzo di un impulso ad attosecondi o la successiva dinamica di rilassamento di tipo Auger (se viene ionizzato un livello di core) può anche essere seguita dall’eccitazione di un elettrone esterno verso uno stato a energia superiore non occupato, denominato stato di shake-up (fig. 7B). Per es., un impulso ad attosecondi centrato intorno a 90 eV può essere utilizzato per ionizzare atomi di neon. Una piccola frazione degli eventi di ionizzazione che portano alla produzione di ioni Ne+ è accompagnata dall’eccitazione (shake-up) di tali ioni verso stati eccitati. La contemporanea presenza di un impulso intenso a femtosecondi costituito da pochi cicli ottici, con fase assoluta stabile, porta a un processo di ionizzazione degli stati di shake-up, con conseguente formazione di ioni Ne2+. Misurando l’evoluzione del numero di ioni Ne2+ in funzione del ritardo temporale fra l’impulso ad attosecondi e quello a femtosecondi, è stato possibile, nel 2007, seguire la dinamica ultraveloce del processo di ionizzazione (Uiberacker, Uphues, Schultze et al. 2007). In particolare, il tasso di ionizzazione aumenta formando dei gradini molto ripidi, spaziati di mezzo ciclo ottico della radiazione visibile, chiara indicazione che l’effetto dominante è costituito dalla ionizzazione per effetto tunnel indotta dal campo elettrico elevato dell’impulso a femtosecondi. L’evoluzione ad attosecondi del processo di ionizzazione permette di utilizzare questa tecnica, per es., per ottenere informazioni sulla natura delle interazioni elettrone-elettrone responsabili del processo di shake-up. La ionizzazione tunnel può anche essere un mezzo efficace per sondare l’evoluzione temporale della popolazione di stati elettronici di valenza a vita ultrabreve in atomi eccitati e molecole, offrendo un accesso diretto a una grande varietà di dinamiche a molti elettroni.
Studio e controllo della struttura molecolare
Come abbiamo già osservato, la tecnologia ad attosecondi combina una risoluzione temporale estrema a una risoluzione spaziale su scala subatomica grazie alla breve lunghezza d’onda di de Broglie (1-2 Å) del pacchetto elettronico che, ricollidendo con l’atomo di origine, dà luogo all’emissione degli impulsi ad attosecondi. Per questa ragione la scienza ad attosecondi consente, allo stesso tempo, di controllare e misurare la struttura atomica e la sua dinamica temporale. Sono state proposte varie tecniche per ottenere immagini accurate degli orbitali elettronici in atomi e molecole, e per seguire la loro dinamica temporale, per es., durante una reazione fotochimica.
Diffrazione elettronica
Nei tipici esperimenti di diffrazione elettronica l’energia degli elettroni è dell’ordine di 50-300 keV, a cui corrisponde una lunghezza d’onda di de Broglie di 0,05-0,02 Å. Assumendo una distanza interatomica dell’ordine di 1 Å, l’interazione fra il fascio elettronico e il campione sotto esame produce vari ordini di diffrazione, rendendo più semplice e accurata la ricostruzione della disposizione spaziale degli atomi. Il limite maggiore di questa tecnica consiste nel fatto che gli impulsi di elettroni tendono ad allungarsi a causa della mutua interazione e della dispersione delle loro velocità. Per questo la risoluzione temporale di tali esperimenti di diffrazione può variare dalle centinaia di femtosecondi ai picosecondi.
Esiste tuttavia un’altra possibilità: un intenso impulso laser può generare un’immagine di diffrazione di una molecola utilizzando il pacchetto d’onda elettronico che ricollide con la molecola dalla quale è stato strappato. La risoluzione spaziale può essere dell’ordine dell’angström, oppure anche inferiore utilizzando elettroni di energia più elevata, e la risoluzione temporale può anche essere inferiore al femtosecondo. Misurando le velocità degli elettroni diffratti nelle tre dimensioni dello spazio, è possibile ricostruire le posizioni degli atomi all’interno della molecola. Durante la ricollisione la densità di corrente elettronica è superiore a 1010 A/cm2 ed è concentrata in una piccola frazione, inferiore al femtosecondo, del ciclo laser. Dal momento che le molecole possono anche essere allineate utilizzando un opportuno impulso laser sincronizzato con l’impulso di eccitazione, si ha un’intensificazione della corrispondente figura di diffrazione.
Tomografia di orbitali molecolari
Come detto in precedenza, l’emissione di armoniche di ordine elevato, e quindi la generazione di impulsi ad attosecondi, è basata sull’interferenza fra il pacchetto d’onda elettronico, ψc, che ricollide con l’atomo, e la funzione d’onda elettronica, ψo, che rimane legata all’atomo o alla molecola. In ottica, l’interferometria permette di caratterizzare in modo completo, cioè in ampiezza e fase, le onde che interferiscono: la stessa cosa deve quindi valere anche per le onde elettroniche. Dal momento che lo spettro della radiazione XUV è prodotto dal processo di interferenza citato, da tale spettro deve essere possibile risalire alle funzioni d’onda che interferiscono; in particolare, è possibile risalire alla funzione d’onda dello stato legato. Ovviamente l’interferenza cambia se la molecola viene ruotata rispetto alla direzione di polarizzazione dell’impulso laser di eccitazione, che determina la direzione di propagazione del pacchetto elettronico ψc. Misurando lo spettro della radiazione XUV prodotta in funzione dell’allineamento della molecola, si ottiene un’immagine tomografica dell’orbitale molecolare, come è stato dimostrato nel 2004 nel caso delle molecole di azoto (Itatani, Levesque, Zeidler et al. 2004).
Prospettive
Per poter sfruttare appieno le straordinarie possibilità offerte dalla scienza ad attosecondi è indispensabile non solo un ulteriore sviluppo dell’attuale tecnologia, dal punto di vista sia delle sorgenti laser di eccitazione sia delle tecniche di diagnostica e misura, ma anche l’introduzione di nuovi strumenti e nuove tecniche di misura.
Un primo importante sviluppo tecnologico è rappresentato dalla generazione di impulsi ultrabrevi e con fase assoluta stabile con energia dell’ordine delle decine o centinaia di mJ. Un altro importante passo è stato segnato dall’estensione delle tecniche di generazione di impulsi a femtosecondi con fase assoluta stabile alla regione spettrale dell’infrarosso. Infatti, come già osservato, l’energia cinetica massima degli elettroni che, ricollidendo con l’atomo da cui sono stati strappati, generano la radiazione XUV, aumenta con il quadrato della lunghezza d’onda della radiazione di eccitazione. Per es., eccitando atomi di elio con impulsi a femtosecondi alla lunghezza d’onda di 4 μm, è possibile aumentare di 25 volte l’energia massima dei fotoni emessi rispetto a impulsi con la stessa intensità alla lunghezza d’onda di 0,8 μm (caratteristica per un laser a titanio in zaffiro, tipicamente utilizzato per il processo di generazione di armoniche di ordine elevato). In questa condizione l’energia dei fotoni emessi è di ∼5 keV, che corrisponde a una lunghezza d’onda di 2,5 Å, permettendo l’estensione del processo di generazione di impulsi ad attosecondi alla regione spettrale dei raggi X duri. Oltre a offrire la possibilità di generare impulsi di durata sempre minore, l’uso di lunghezze d’onda dell’ordine dell’angström potrà consentire di studiare la dinamica temporale ultraveloce di transizioni atomiche di alta energia. Impulsi da pochi cicli ottici nel medio e vicino infrarosso, intensi e con fase assoluta stabile, possono essere generati sfruttando effetti nonlineari in opportuni amplificatori parametrici.
Armoniche di ordine elevato da solidi
Per aumentare di alcuni ordini di grandezza l’energia degli impulsi ad attosecondi è necessario sostituire il gas, usualmente utilizzato per la generazione di armoniche di ordine elevato, con un diverso mezzo non- lineare. Un metodo alternativo per la produzione di radiazione XUV consiste nella generazione di armoniche da bersagli solidi sottoposti all’azione di impulsi laser molto intensi (Tsakiris, Eidmann, Meyer-ter-Vehn, Krausz 2006). Il vantaggio principale rispetto all’uso di un mezzo gassoso è costituito dalla possibilità di utilizzare impulsi di eccitazione con intensità molto maggiori. In considerazione dei possibili sviluppi di questo settore di ricerca e delle altrettanto possibili ricadute nel campo della scienza ad attosecondi, è opportuno analizzare brevemente il processo di generazione di armoniche in solidi. A intensità dell’ordine di 1018 W/cm2 i processi di interazione radiazione-materia cominciano a essere governati dal comportamento relativistico degli elettroni: si entra così nell’ambito dell’ottica relativistica. Quando un impulso laser viene focalizzato su un mezzo solido con intensità superiori a 1018 W/cm2, il bersaglio viene rapidamente ionizzato: ciò porta alla formazione di un plasma, cioè di un gas ionizzato costituito da elettroni e ioni, molto denso. Il mezzo nonlineare che dà origine alla generazione di armoniche è costituito dall’interfaccia plasma-vuoto che si forma alla superficie del bersaglio solido. Le armoniche sono generate dal movimento degli elettroni nel campo laser in corrispondenza di tale interfaccia.
Gli aspetti fisici essenziali del processo possono essere compresi considerando l’interfaccia fra plasma e vuoto come uno specchio oscillante. Si può assumere che gli elettroni all’interfaccia plasma-vuoto eseguano delle oscillazioni forzate dalla pressione della radiazione incidente. Lo strato di ioni, che possiamo considerare immobile, esercita una forza di richiamo di tipo elettrostatico, la quale determina il moto oscillatorio della superficie del plasma. Dal momento che il plasma in corrispondenza della superficie è molto denso, la radiazione incidente viene riflessa. A causa dell’effetto Doppler relativistico, lo spettro della radiazione elettromagnetica riflessa contiene le armoniche di ordine elevato della frequenza fondamentale. Poiché le armoniche sono prodotte solo nel breve intervallo di tempo in cui gli elettroni si muovono verso l’impulso laser di eccitazione, si genera una ben precisa relazione di fase fra le armoniche emesse, che risultano quindi agganciate in fase. Il numero molto elevato di armoniche prodotte porta alla generazione di impulsi ad attosecondi. Come nel caso delle armoniche da gas, lo spettro della luce riflessa dal plasma mostra una diminuzione di intensità all’aumentare dell’ordine di armonica e una frequenza massima. La notevole e importante differenza sta nel fatto che la frequenza massima di emissione continua ad aumentare con l’intensità di eccitazione senza alcuna limitazione: non esiste cioè alcuna intensità di saturazione (definita come l’intensità per la quale tutti gli atomi neutri del mezzo gassoso vengono ionizzati prima del picco del campo elettrico laser), che nel caso di un gas è dell’ordine di ∼1015 W/cm2. Inoltre l’andamento dell’efficienza di generazione in funzione dell’ordine di armonica, n, non presenta alcun plateau, ma è caratterizzato da una dipendenza del tipo n−5/2.
Similmente alle armoniche da gas, sotto opportune condizioni è possibile confinare la generazione di armoniche a un singolo evento, in modo tale da produrre impulsi ad attosecondi isolati. L’aspetto importante è che con questa tecnica è potenzialmente possibile ottenere efficienze di conversione molto elevate. La generazione di treni di impulsi ad attosecondi da bersagli solidi è stata di recente dimostrata a livello sperimentale (Nomura, Hörlein, Tzallas et al. 2009). Simulazioni numeriche mostrano che in regime relativistico la generazione di armoniche da bersaglio solido, unita a una selezione della porzione di spettro a energie maggiori, può portare alla generazione di impulsi di durata inferiore all’attosecondo. La generazione di impulsi a zeptosecondi potrà aprire nuovi scenari nel settore della scienza dei fenomeni ultraveloci.
Studio delle correlazioni elettroniche
La disponibilità di impulsi ad attosecondi può aprire nuove prospettive nello studio delle correlazioni elettroniche in sistemi semplici, come l’atomo di elio, o in strutture più complesse come i clusters, cioè aggregati di atomi legati da forze di van der Waals. L’esempio più semplice di sistemi interagenti attraverso forze di questo tipo è rappresentato da molecole composte da due atomi di gas nobile, denominate dimeri. Lavori teorici hanno dimostrato come la correlazione tra i gradi di libertà elettronici dei due atomi componenti il dimero possa modificare radicalmente la risposta degli atomi a un’eccitazione esterna. In virtù delle correlazioni elettroniche che esistono all’interno del dimero, il sistema reagisce a una eccitazione ad attosecondi trasferendo un elettrone da un atomo all’altro su scale temporali che vanno da poche decine di attosecondi a qualche femtosecondo. Questo processo rappresenta un passaggio chiave per lo studio delle dinamiche elettroniche coinvolte in un legame di van der Waals, con importanti implicazioni in sistemi più complessi come i dimeri di benzene o le basi accoppiate del DNA (DeoxyriboNucleic Acid), anch’esse interagenti attraverso forze di questo tipo.
Verso le applicazioni alla chimica: attochimica
La generazione di impulsi ad attosecondi sufficientemente intensi e la possibilità di investigare processi elettronici sulla scala temporale degli attosecondi apre la strada a notevoli applicazioni in vari settori della ricerca di base e tecnologica. La biofisica offre esempi di carattere fondamentale dove il trasferimento di carica all’interno di una molecola o fra molecole vicine rappresenta il passaggio chiave del processo. Esempi notevoli sono forniti dal processo di fotosintesi e da varie reazioni chimiche che avvengono nelle proteine. Un altro settore di ricerca in fase di sviluppo dove il trasferimento di carica rappresenta il processo chiave è l’elettronica molecolare.
Studi teorici hanno evidenziato come un trasferimento di carica molto efficiente possa essere dovuto a effetti puramente elettronici, che precedono qualsiasi riarrangiamento della struttura molecolare e che possono evolvere su scale temporali variabili da pochi femtosecondi a poche decine di attosecondi. Il processo è iniziato dalla formazione di uno stato non stazionario a seguito della rimozione di un elettrone da una molecola neutra da parte di un impulso ad attosecondi. Ciò dà origine alla formazione di un pacchetto d’onda elettronico, che migra lungo la struttura molecolare, con una dinamica che può essere estremamente veloce anche in biomolecole molto complesse. È stato, per es., calcolato che un pacchetto d’onda elettronico generato per ionizzazione istantanea del tetrapeptide Trp-Leu-Leu-Leu (Trp e Leu sono, rispettivamente, gli amminoacidi triptofano e leucina) e localizzato inizialmente in corrispondenza del cromoforo Trp, posto a un’estremità del tetrapeptide, migra verso l’altra estremità in circa 750 as (Remacle, Levine 2006). È evidente che l’accesso diretto a questo tipo di processi, che avvengono su scale temporali inferiori al femtosecondo, è di notevole importanza per poter chiarire i processi elettronici basilari in molecole complesse.
L’applicazione degli impulsi ad attosecondi allo studio dei processi elettronici fondamentali in reazioni chimiche rappresenta un settore di ricerca totalmente nuovo, con notevoli ricadute sia sulla ricerca fondamentale sia sulle applicazioni tecnologiche. In particolare, il controllo coerente della localizzazione e della migrazione di carica in biomolecole può fornire informazioni essenziali sui meccanismi di trasmissione di un segnale biologico o sui processi che portano al danneggiamento di molecole biologiche complesse quali le proteine e il DNA.
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