IMPULSO (fr. impulsion; sp. impulso; ted. Trieb, Impuls; ingl. impulse)
La psicopatologia, piuttosto che di un'impulsività intesa come una manifestazione della vita psichica per cause patologiche o per condizioni momentanee abnormi, parla più volentieri d'impulsioni, di atti impulsivi, e ciò perché non si può risolvere la questione della natura di queste manifestazioni senza rifarsi alla natura delle attività volontarie.
Le impulsioni o atti impulsivi sono stati sintomatici di numerose forme mentali patologiche. Esse trovano anzitutto la loro causale in una maggiore vivacità dei sentimenti che entrano a dare tonalità alle motivazioni degli atti volontarî; fra tali sentimenti hanno speciale efficacia quelli inferiori o sensoriali, quali il dolore, la fame, la sete, gli eccitamenti sessuali, ecc. Un secondo fattore è dato dai disturbi del meccanismo delle volizioni, o, meglio forse, dell'insufficienza del gioco dell'inibizione. Le azioni impulsive si hanno soprattutto negli stati di eccitamento nei quali alla poca chiarezza delle rappresentazioni si unisce la grande intensità degli stimoli. Qualche autore, a questo proposito, parla di un "sentimento d'impulsività", come caratteristica manifestazione di tale stato, ma non pare a tutti che un simile modo di vedere possa essere accettato. Secondo E. Kraepelin anche la spinta ad agire dei maniaci è da far rientrare in quest'ordine di fenomeni e avrebbe un meccanismo consimile. Fra le impulsività si debbono, senza dubbio, mettere alcune azioni degli epilettici, che rivelano il loro carattere morboso anche nel modo di realizzarsi, come l'impulso a fuggire, ovvero quelle dei delitti sessuali. È dubbio, secondo alcuni autori, se si debbono qui far rientrare anche alcune azioni degl'isterici, le loro autolesioni, i loro furti e inganni; ed è dubbio perché diversa è l'interpretazione che di queste manifestazioni si può dare.
P. Janet fa rientrare fra questi atti impulsivi molte delle manifestazioni della psicastenia. È noto che questo autore interpreta questa malattia come perdita della funzione del reale e diminuzione della tensione psichica. Egli ammette che, mentre nel normale la funzione del reale si esercita in noi per l'intermediario delle rappresentazioni collettive e perché la tensione psichica è capace di adattarsi ai bisogni della conoscenza e dell'azione, invece in questi malati non vi è capacità di distribuire e di subordinare i loro stati psicologici secondo i giudizî formati dalla rappresentazione collettiva, né di piegare le loro attività mentali e motrici secondo l'ordine della ragione; da qui segue un'anarchia della loro attività, l'incapacità di fissare la loro volontà e di conseguenza la confusione d'impulsività alternate con abulie.
Secondo E. Kraepelin sono da includersi nelle azioni impulsive gli "stati volitivi" dei catatonici benché non siano basati sopra un determinato sentimento piacevole o spiacevole, ma sopra un potente stimolo motorio. L'infermo è in tali casi dominato dalla coscienza di dover fare questo o quello, e ciò senza una chiara giustificazione, senza riflessione, sebbene anche a volte con la distinta percezione dell'insensatezza del proprio agire. In qualche caso insorge forse anche la rappresentazione che le membra vengano messe in moto da un'invisibile potenza, da Dio, dal diavolo, da influenze elettriche. Non si parla però di una resistenza all'impulso, di una lotta; invece l'infermo esegue ciecamente le sue idee. In tal modo si hanno numerose, sbagliate, strane e spesso anche pericolose azioni, che, malgrado la loro grande diversità, offrono certi tratti comuni. Caratteristica di queste azioni impulsive è, oltre alla mancanza di ogni motivazione ragionevole, l'estrema rapidità di violenza della esecuzione, che senza alcun riguardo vince ogni ostacolo, mentre, al contrario, nelle azioni coatte basta già un piccolo sostegno della normale forza di resistenza che si esplichi per determinare la vittoria di questa.
Il meccanismo degl'impulsi è estremamente diverso nelle diverse malattie mentali. Per sovreccitazione psicomotoria, nella mania e negli stati affini, s'ha la tendenza a ogni sorta d'improntitudini. Gli atti violenti dei criminali dipendono da esuberanza di tendenze istintive o da difetto costituzionale d'inibizione o dall'uno e dall'altro fattore assieme. I capricci delle isteriche saltano fuori sotto l'aculeo d'un desiderio improvviso e sopravvalutato. Eccezionalmente, sotto l'impero di violente emozioni, anche i normali possono subire lo scatenarsi di tendenze istintive, brutali. Nei melancolici si possono avere impulsi al suicidio, all'automutilazione, all'omicidio come scarica motoria improvvisa dopo l'accumularsi d'una tensione angosciosa (raptus melancholicus) nell'indecisione e nell'immobilità. Scatti violenti e imprevedibili s'hanno anche negli ammalati in preda a confusione mentale con agitazione, allucinati, ansiosi, deliranti. Negli epilettici, gl'impulsi hanno il valore d'una crisi, appartengono alla serie degli "equivalenti". Possono essere provocati da un'emozione, o prodursi in stato d'ubbriachezza, o senz'alcuna causa d'ordine psichico; consistono in atti violenti in apparenza intenzionali, in fughe improvvise, accessi d'automatismo ambulatorio, che non lasciano traccia nella memoria. Nelle psicosi dissociative (demenza precoce, schizofrenia) gl'impulsi sorgono, pur essendo gli ammalati presenti a sé stessi e memori di ciò che sentono e fanno, senza battaglie interne, senza premesse psichiche di sorta, o sotto l'impero di un'allucinazione o di una pseudo-allucinazione imperativa; alle volte si tratta di atti frivoli, riso senza ilarità, grida improvvise, smorfie, scappellotti; altre volte di fughe, di violenze gravi e non premeditate: omicidî e ferimenti senza ragione, automutilazioni, suicidî. Certi atti impulsivi di poca entità si ripetono con insistenza, fino a costituire delle vere stereotipie: gesti, movimenti sistematizzati, stropicciamenti, strappamento di peli, ripetizione di frasi. Oppure gl'impulsi sorgono da emozioni immotivate, che si determinano verosimilmente per stimoli interni: s'ha allora un'agitazione insensata; i malati vociferano, si stracciano i vestiti, distruggono tutto ciò che hanno a portata di mano, s'imbrattano copiosamente coi proprî escrementi. Ben diversi sono gl'impulsi ossessivi, che scaturiscono dall'azione assillante di un'idea incoercibile, da rappresentazioni di atti ora ridicoli, ora indecenti, di rado delittuosi, a cui il malato teme di doversi abbandonare, non riuscendo a padroneggiarsi. Ben di rado le rappresentazioni di atti gravi riescono a vincere e a tradursi in veri atti impulsivi; è ben più facile che gli ammalati cedano all'ossessione di atti futili, che compiono di nascosto, di riti bizzarri, resistendo ai quali si sentirebbero a disagio: camminano sul lastricato senza toccare col piede le commissure, non oltrepassano una soglia che col piede sinistro o col destro, mormorano parole e frasi di scongiuro, contano gli oggetti che hanno dinnanzi. Strettamente affini agl'impulsi ossessivi sono certi ticchi: movimenti e gesti che all'inizio hanno un fine utilitario e per lo meno espressivo, e che poi si ripetono per un'abitudine morbosa infrenabile, fuori di proposito, come un bisogno futile, ma ossessivo, che bisogna assolutamente appagare per non dover provare un disagio che altrimenti potrebbe crescere fino allo spasimo.
Bibl.: P. Janet, L'automatisme psychologique, 1912; id., Les obsessions de la psychasténie, Parigi 1908; E. Kraepelin, Psychiatrie, I, 8ª ed., Lipsia 1915; K. Schneider, Die psychopatische Persönlichkeiten, in G. Aschaffenburg, Handbuch d. Psychiat., VII, i, Vienna 1923.