In exitu Isräel de Aegypto
. Incipit del salmo 113, che anticamente si cantava nel trasportare il corpo di un defunto nel luogo sacro, quasi a indicare, allegoricamente, il mistico viaggio del cristiano, prefigurato dagli Ebrei, verso la Gerusalemme celeste. D. lo fa cantare coralmente dalle anime che approdano alle spiagge del Purgatorio, in Pg II 46-48 ‛ In exitu Isräel de Aegypto ' / cantavan tutti insieme ad una voce / con quanto di quel salmo è poscia scripto, e proprio in quello stesso canto nel quale, a creare una contrapposizione che sa di emblematica rinuncia, Casella è chiamato, da solo, a intonare, per ‛ consolare ' il poeta affaticato per il lungo viaggio, Amor che ne la mente mi ragiona (v.).
D. inoltre impiega il salmo 113, di cui conosce la tradizione esegetica che lo vuole " signum victoriae " secondo la definizione di Ugo di Santo Caro (Adnotationes super universam Bibliam, Lovanio 1627), solo quale exemplum di ‛ anagogia ', prima in Cv II I 6 (Lo quarto senso si chiama anagogico, cioè sovrasenso; e questo è quando spiritualmente si spone una scrittura, la quale ancora [sia vera] eziandio nel senso litterale, per le cose significate significa de le superne cose de l'etternal gloria: sì come vedere si può in quello canto del Profeta che dice che, ne l'uscita del popolo d'Israel d'Egitto, Giudea è fatta santa e libera), poi, con valore emblematico per tutto il ‛ modus tractandi ' della Commedia, in Ep XIII 21 (Qui modus tractandi, ut melius pateat, potest considerari in hiis versibus: ‛ In exitu Israel de Aegypto, domus Iacob de populo barbaro, facta est Iudaea sanctificatio eius ').
Accettato come dato inoppugnabile il sicuro dominio da parte di D. dell'epistemologia dei ‛ sensi ', - dimostrata dall'impiego vario degli exempla in tutta la discussione nel passo citato del Convivio e dalla scelta dell'ordine degli stessi ‛ sensi ' secondo la tradizione domenicana sia nel Convivio che nell'epistola XIII - la scelta del salmo 113 da parte del poeta, scelta causale e quindi teleologica, diventa per noi fondamentale clavis lecturae perché impone per diretta analogia l'interdipendenza dell'exitus, letterale e allegorico, così degli Ebrei come del poeta-personaggio.