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INABILITAZIONE e INTERDIZIONE

di Domenico PASTINA - Enciclopedia Italiana - II Appendice (1949)
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INABILITAZIONE e INTERDIZIONE (XVIII, p. 951; XIX, p. 376)

Domenico PASTINA

INTERDIZIONE Il codice civile del 1942 ha introdotto negli istituti notevoli modificazioni. Innanzi tutto, conservando il raggruppamento degli istituti medesimi sotto un unico titolo, ne ha però fuse organicamente le norme, sia pure mantenendo sempre distinte le disposizioni particolari ad ognuno di essi. Inoltre esso ha considerato sotto un unico complesso di norme tutti gli stadî di infermità mentale in genere, particolarmente preoccupandosi, a differenza di quanto non facesse il codice civile italiano del 1865, di disciplinare il caso di infermità di mente che non è accompagnata da un vero e proprio stato di interdizione o di inabilitazione.

Così gli atti compiuti da persona che, sebbene non interdetta, si provi essere stata non sana di mente per qualsiasi causa, anche transitoria, al momento in cui gli atti sono stati compiuti, possono essere annullati su istanza della persona medesima o dei suoi eredi o aventi causa, se risulti che dal compimento di tali atti derivi un grave pregiudizio all'autore di essi. La severità della norma è mitigata nei confronti dei negozî bilaterali compiuti dalla persona non sana di mente: mentre, infatti, per l'annullamento degli atti unilaterali è sufficiente provare il grave pregiudizio in danno dell'autore, l'annullamento dei contratti non può essere pronunziato se non quando, per il pregiudizio che sia derivato o possa derivare alla persona non sana di mente o per la qualità del contratto o altrimenti, risulta la malafede dell'altro contraente. L'azione di annullamento, comunque, si prescrive nel termine di cinque anni dal giorno in cui l'atto o il contratto è stato compiuto.

Accogliendo poi un voto della dottrina, specie più recente, il nuovo codice oltre gli infermi di mente, il cui stato non sia talmente grave da far luogo all'interdizione, e i prodighi, gli uni e gli altri già previsti dal codice del 1865, anche coloro che, per abuso abituale di bevande alcooliche o di stupefacenti, espongono sé stessi o la loro famiglia a gravi pregiudizî economici. Nei riguardi dei sordomuti e dei ciechi dalla nascita, che dal codice del 1865 - non appena essi fossero divenuti maggiorenni e salvo che il tribunale non li avesse riconosciuti abili a provvedere alle cose proprie - erano considerati inabilitati di diritto, il nuovo codice ha operato un'inversione di criterio: i sordomuti e i ciechi dalla nascita, nonché, aggiunge il nuovo codice, i ciechi dalla prima infanzia, possono essere inabilitati se non hanno ricevuto un'educazione sufficiente e quando risulta che essi sono del tutto incapaci di provvedere ai proprî interessi, salva, s'intende, l'applicazione nei loro confronti delle norme concernenti l'interdizione, nel caso in cui essi si trovino in condizioni di abituale infermità di mente.

Il minore non emancipato può essere inabilitato nell'ultimo anno della sua minore età. L'inabilitazione avrà effetto dal giorno in cui il minore avrà raggiunto l'età maggiore.

Il nuovo codice, inoltre, ha voluto precisare e delimitare le categorie di persone legittimate a promuovere il provvedimento di interdizione o di inabilitazione e a chiederne la eventuale revoca. Queste non sono più, infatti, come per il codice del 1865, tutti i congiunti, il coniuge e il pubblico ministero, ma solo il coniuge, i parenti entro il quarto grado, gli affini entro il secondo grado, il tutore, il curatore ovvero il pubblico ministero. Se, però, l'interdicendo o l'inabilitando si trova sotto la patria potestà o ha per curatore uno dei genitori, l'interdizione o l'inabilitazione non può essere promossa che su istanza del genitore medesimo o del pubblico ministero. Nel nuovo codice, poi, i poteri dell'autorità giudiziaria e le garanzie procedurali previste in favore degli interdicendi e degli inabilitandi risultano notevolmente ampliate.

Una volta promosso, infatti, il giudizio di interdizione, la inabilitazione può essere anche dichiarata dal giudice di ufficio. Correlativamente, se nel corso del giudizio di inabilitazione si rivela l'esistenza delle condizioni richieste per l'interdizione, spetta al pubblico ministero chiedere al tribunale di pronunziare l'interdizione. L'inabilitazione e l'interdizione non possono essere pronunziate senza che si sia proceduto all'esame dell'interdicendo e dell'inabilitando. Il magistrato può, in questo esame, farsi assistere da un consulente tecnico e può di ufficio disporre i mezzi istruttorî utili ai fini del giudizio. Dopo l'esame il tribunale, se lo crede opportuno, può nominare un tutore provvisorio all'interdicendo o un curatore provvisorio all'inabilitando.

Il nuovo codice ha precisato infine che l'interdizione e la inabilitazione producono i loro effetti dal giorno della pubblicazione della sentenza. La sentenza che revoca l'interdizione e l'inabilitazione produce i suoi effetti, invece, appena passata in cosa giudicata.

Dispone infine il nuovo codice che le disposizioni sulla tutela dei minori e quelle sulla curatela dei minori emancipati si applicano rispettivamente alla tutela degli interdetti e alla curatela degli inabilitati, nonché ai casi di nomina del tutore provvisorio dell'interdicendo o del curatore provvisorio dell'inabilitando (v. tutela, in questa App.). La scelta del tutore e del curatore è affidata al nuovo organo creato dal codice 1942: il giudice tutelare. Questi, in tale scelta, deve preferire il coniuge maggiore di età che non sia legalmente separato, il padre, la madre, un figlio maggiore di età o anche la persona che sia stata eventualmente designata dal genitore superstite con testamento, atto pubblico o scrittura privata autenticata.

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