INABILITAZIONE
È un istituto di assistenza per il maggiorenne infermo di mente il cui stato non sia così grave da far luogo all'interdizione, per il prodigo (art. 339 cod. civ.), per il sordomuto e il cieco dalla nascita, salvo che il tribunale abbia ritenuto questi ultimi abili a provvedere alle cose proprie (art. 340). Come l'interdizione, può essere giudiziale o legale a seconda che è pronunciata dal tribunale (per l'infermo di mente e per il prodigo) o avviene ope legis (per il sordomuto e il cieco dalla nascita). L'inabilitazione giudiziale può essere promossa dalle stesse persone che hanno diritto di promuovere l'interdizione (v.), e può essere, come questa, revocata quando venga a cessare la causa (articoli 339-342).
Le norme circa il consiglio di famiglia o di tutela e il loro funzionamento, che valgono per l'interdizione, sono in generale applicabili per l'inabilitazione: però il curatore dell'inabilitato è soltanto dativo e cioè nominato dal consiglio di famiglia o di tutela: fu bene osservato che questa diversa norma non è giustificabile, ma così dispone la legge (art. 339). A differenza dell'interdetto giudiziale, l'inabilitato può contrarre matrimonio (a contr. art. 61), può far testamento (a contr. art. 763, n. 2), può riconoscere un figlio naturale. L'inabilitato si trova in una posizione giuridica analoga a quella del minore emancipato: come questo, egli è incapace di fare atti di donazione, eccettuate, nelle loro forme speciali, le donazioni nuziali (articoli 1052,1387). Senza l'assistenza del curatore non può stare in giudizio, prendere a prestito, ricevere capitali, rilasciare liberazioni, alienare o ipotecare i suoi beni, né fare altro atto eccedente la semplice amministrazione (art. 339). L'assistenza del curatore è sufficiente; non occorre né l'autorizzazione del consiglio di famiglia o di tutela, né l'omologazione del tribunale (a contr. art. 319). Gli atti compiuti dopo la sentenza d'inabilitazione o dopo la nomina del curatore provvisorio senza l'assistenza del curatore, quando questa è richiesta, sono nulli di diritto come quelli dell'interdetto: non è quindi possibile provare che nel momento in cui l'atto fu compiuto la causa dell'inabilitazione mancava. Si tratta di nullità relativa; proponibile, cioè, dall'inabilitato, dai suoi eredi o aventi causa: è controverso se possa essere opposta dal curatore, e si propende per la negativa. Gli articoli 336 e 337, dettati per l'interdizione, si ritengono inapplicabili all'inabilitazione: ciò per l'ovvio motivo che la causa dell'interdizione è solitamente manifesta e facilmente rilevabile dai terzi; non così quella dell'inabilitazione, per modo che verrebbe meno ogni sicurezza per questi, se la sentenza d' inabilitazione potesse avere effetto retroattivo.
Sul terreno della politica legislativa vivaci discussioni ha sollevato l'inabilitazione del prodigo. I tentativi per romperla con la tradizione romana non sono mancati; in Austria la dichiarazione di prodigalità fu abolita con decreto aulico del 22 febbraio 1788, ma fu ripristinata soli tre anni dopo: in Francia il progetto di codice civile dell'anno VIII non ne faceva parola, evidentemente per le nuove tendenze liberali che si facevano sentire in reazione allo spirito dell'ancien régime. La battaglia fra i sostenitori delle nuove tendenze e quelli della tradizione si combatté nuovamente durante i lavori preparatorî del Codice Napoleone. La tradizione, combattuta particolarmente dal Tronchet, fu validamente difesa dal Portalis; però all'interdizione fu sostituita, come misura meno grave, la sottoposizione a un conseil judiciaire. Un'eco delle stesse lotte non mancò nei lavori preparatorî del codice civile italiano, e il prodigo fu colpito con la semplice inabilitazione. Soltanto i più recenti codici germanico e svizzero ritornarono alla tradizione romana.
Bibl.: G. Venzi, Diritto civile italiano, Torino 1928, p. 644 segg.; B. Dusi, Istituzioni di diritto civile, 2ª ed., Torino 1929, I, p. 270; G. Rotondi, Note sull'istituto della inabilitazione del prodigo, in Scritti giuridici, III, p. 307 segg. Sull'inabilitazione legale del sordomuto cfr. da ultimo A. Ascoli, in Rivista di diritto civile, XXIV (1932), pp. 520-523.