genere, incertezze nell’uso del [prontuario]
La regola generale secondo la quale in italiano sono femminili i nomi terminanti in -a e maschili quelli in -o (➔ genere) è ricca di eccezioni (sono, ad es., femminili mano, virago, radio e maschili cobra, papa, tema e molte voci in -ma di origine greca o modellate sul greco, come clima, genoma, pachiderma), anche se il sistema tende a regolarizzare (il maschile asma viene molto spesso usato al femminile e il femminile eco talvolta al maschile).
I dubbi più frequenti sul genere riguardano soprattutto i ➔ forestierismi. Di norma l’italiano conserva il genere originario della parola (per il tedesco si vedano, ad es., la Ostpolitik e il Kinderheim, per il francese la moquette e il cabaret). Ma ci sono anche altri casi.
Se la lingua d’origine non ha distinzioni di genere codificate, come nel caso dell’inglese, l’italiano assegna di norma alla voce ricevuta il maschile (➔ adattamento), a meno che non possegga già un termine che ne sia la virtuale traduzione: sono dunque femminili authority, card, love-story, band per influsso di autorità, carta, storia (d’amore), banda. Altrettanto si dica per e-mail e mail, attratto tanto verso il genere femminile per influsso di lettera (tendenza oggi prevalente), quanto verso il maschile per via della tendenza a ricevere questo genere da parte delle voci terminanti in consonante (il rock, il jazz, lo sport, il tram), oltre che per la pressione del sottostante messaggio.
Anche parole italiane comportano confusioni dello stesso genere. Fine settimana, per es., usato al maschile invariabile, dovrebbe essere femminile; del pari, il recente fine vita si presenta al maschile, anche se dovrebbe essere femminile. Non corretto, benché frequente, è il plurale fila (da filo maschile) usato non col valore di «intreccio» (le fila di una congiura, di un complotto, ecc., come nell’articolo “Letta in campo per tessere le fila di una cordata”, «Il Messaggero» 22 marzo 2008), ma in espressioni come serrare / tirare le fila e simili («Un vertice di maggioranza, l’ennesimo, per cercare di rinsaldare le fila», «Corriere della Sera» 1 febbraio 2010). Esso va distinto da i fili (plurale regolare di filo) e da le file (plurale regolare di fila nel senso di «coda e sim.»). Nondimeno, talvolta questa forma erronea è presente anche in contesti istituzionali («Nel 2008 è rieletto deputato al parlamento nazionale nelle fila del Popolo della libertà», dalla Biografia fornita dallo staff del ministro [A. Alfano, 2011] pubblicata sul sito web del governo).
Due voci, oggi di solito maschili ma attestate anche al femminile, sono fitness e showroom: «in un’elegante show room completa di fondale in raso rosso» («La Repubblica» 24 marzo 1987), «la fissazione americana per la fitness e l’eterna giovinezza» («la Repubblica» 28 marzo 1992).
Cambi di genere caratterizzano i nomi di tipi di automobili e talvolta delle case produttrici, che sono invece di solito al femminile («ha sollevato il Toyota accartocciato», «la Repubblica» 18 ottobre 1992): coupé, solitamente femminile, è anche maschile («soprattutto dal successo della Jetta e del coupé CC», «la Repubblica» 5 dicembre 2009; «sul mercato britannico ci sono coupé italiani», «la Repubblica» 8 agosto 2009), sono viceversa di solito maschili crossover (ma è femminile in: «una gamma di cui fanno parte una crossover», «la Repubblica» 11 gennaio 2010) e suv (ma è femminile in: «la nuova generazione della Tucson, la Suv compatta di quella Hyundai che […]», «la Repubblica» 18 gennaio 2010; su questo fenomeno cfr. Thornton 2003). La stessa oscillazione manifestano parole come staff e gag, anche se l’uso più frequente è maschile per il primo e femminile per il secondo.