inchiostri e vernici
Liquidi per dare colore al mondo
Gli inchiostri e le vernici sono i liquidi che da sempre l'uomo ha utilizzato per comunicare le sue emozioni e le sue idee su pareti, papiri, pelli di animali e fogli di carta, nonché per colorare gli oggetti. Molte di queste sostanze si trovano anche in natura e, con procedimenti semplici, possono acquistare la consistenza e le caratteristiche chimiche desiderate. Le vernici possono essere di qualunque colore visibile dai nostri occhi, ma non esiste alcuna tintura capace di rendere invisibile un oggetto
Gli inchiostri e le vernici sono sostanze liquide che, applicate su un oggetto o aggiunte ai suoi componenti di base durante la lavorazione, ne determinano o modificano il colore. Gli inchiostri sono utilizzati generalmente per scrivere e disegnare su fogli di carta o altre superfici, mentre le vernici sono usate per stendere una patina superficiale in modo da ricoprire e colorare interamente un oggetto. Tale distinzione, comunque, non è rigida. Per esempio si chiamano vernici anche quelle contenute nei tubetti utilizzati dai pittori per dipingere i loro quadri.
Una distinzione più importante è quella tra pigmenti e coloranti da una parte, e vernici e inchiostri dall'altra. I pigmenti e i coloranti sono mescolati all'oggetto da tingere, non aggiunti in seguito. In altre parole, mentre con pigmenti o coloranti è possibile ottenere per esempio plastica interamente rossa, con la vernice si realizza un trattamento esclusivamente superficiale.
Pigmenti e coloranti costituiscono comunque la base per ottenere la miscela della vernice. Ogni vernice, infatti, è composta da una sostanza, generalmente un solvente, al quale si mescolano pigmenti che ne determinano il colore. Tra le caratteristiche chimiche delle vernici ha molta importanza il tempo di essiccazione, ossia il tempo impiegato perché queste si asciughino. Tale parametro è importante anche per gli inchiostri che, se usati per scrivere, devono asciugarsi in poco tempo per evitare sbavature quando si passa inavvertitamente con le mani sulla scrittura. Un tempo, quando nelle scuole si usava la penna con il pennino e il calamaio, la sbavatura degli inchiostri rappresentava un vero e proprio incubo per gli scolari: si combatteva con le carte assorbenti, un oggetto oggi quasi scomparso dalle cartolerie. Grave era soprattutto il problema per i mancini che, scrivendo con la sinistra, passavano la mano sull'inchiostro fresco!
Da quando l'uomo ha imparato a raffigurare i concetti con simboli, ha sentito il bisogno di fissare le proprie idee su supporti, tanto sulle pareti di una caverna quanto su superfici come quelle dei papiri o delle pelli di animali.
Già nella civiltà egizia e in quella cinese si utilizzavano gli inchiostri, 2.500 anni prima di Cristo. Spesso questi inchiostri erano ottenuti mescolando semplicemente il nerofumo (polvere finissima di carbonio) a colla vegetale e gomma. Così facendo si producevano cilindretti che venivano essiccati e poi bagnati prima dell'uso.
Le sostanze vegetali e animali fornivano una grande quantità di materiale da utilizzare come inchiostri o come vernici: così era per l'indaco, ricavato dalla macerazione di alcune foglie, o per il nero di seppia. Un'altra sostanza utilizzata era il tannino (contenuto in moltissime piante) che, in presenza di sali, acquistava una colorazione blu.
In effetti è possibile realizzare un inchiostro con molte sostanze, a patto di conciliare fluidità e tempi di essiccazione. Infatti, un inchiostro a contatto con l'aria si deve sì essiccare in un tempo abbastanza rapido, ma contemporaneamente deve essere abbastanza fluido da scorrere all'interno del canale di una penna a sfera anche dopo molto tempo.
Le caratteristiche chimiche degli inchiostri mutano a seconda delle esigenze. Esistono così inchiostri indelebili, che non possono essere lavati, e altri invece che si sciolgono nell'acqua. Vi sono inchiostri fluorescenti, che acquistano una tonalità particolare alla luce e che sono, per esempio, utilizzati nei pennarelli evidenziatori. Altri inchiostri sono invece usati per scrivere su superfici lucide, come lavagne di plastica o vetro.
Le vernici non hanno solo la funzione di abbellire un oggetto e di realizzare quadri e ritratti, ma sono utilizzate anche per proteggere le superfici. In quest'ultimo caso le vernici possono essere anche non colorate ma trasparenti.
Vi sono così vernici impermeabilizzanti che impediscono la corrosione dovuta all'umidità e che sono utilizzate, per esempio, per pitturare gli infissi esterni delle abitazioni o il legno delle imbarcazioni. Spesso sul legno si passa una vernice impregnante, che ha la funzione di preparare questo materiale per successive verniciature, o semplicemente di combattere l'usura del tempo prodotta dal sole e dall'acqua. In altri casi si applicano vernici ignifughe per rallentare l'azione del fuoco, o vernici antitarlo per proteggere da tali insetti il legno.
Esistono diverse tecniche di applicazione delle vernici. Queste possono essere stese attraverso un pennello o un rullo, ma anche applicate tramite spruzzatori sotto forma di sospensione gassosa, normalmente aria compressa. In altri casi si utilizza la verniciatura a immersione o quella a caldo, nella quale la vernice esce dal suo applicatore a una temperatura maggiore rispetto a quella ambiente per poter essere stesa più facilmente.
Uno dei problemi maggiori della verniciatura industriale è sempre stato costituito dalla tossicità dei composti impiegati, soprattutto dei solventi. I lavoratori del settore erano costretti a utilizzare mascherine per evitare di inalare composti tossici. Questi rischi sono oggi ridotti, soprattutto nell'industria automobilistica, grazie alla presenza dei robot che dipingono le diverse parti delle vetture, riducendo quindi l'intervento dell'uomo.
Non esiste una vernice capace di rendere invisibile un oggetto. È impossibile progettare una tintura in grado di rendere trasparente il corpo sul quale è applicata. Quando si vernicia un oggetto, infatti, si stende un rivestimento sul corpo, ed è questo nuovo strato che fornisce le proprietà cromatiche. La luce che lo colpisce viene in parte assorbita e in parte riflessa, ed è la parte riflessa che attribuisce il colore al corpo. Per rendere trasparente un oggetto, invece, se ne dovrebbero modificare le proprietà chimiche e fisiche, annullando qualunque interazione tra luce e corpo, cosicché la radiazione luminosa lo attraverserebbe senza essere né riflessa né assorbita. La conclusione è che una vernice capace di rendere trasparente un oggetto non sarebbe una tintura, ma piuttosto uno strumento capace di modificare le proprietà fisiche del corpo stesso. Né tanto meno è realizzabile la famosa arcivernice che, inventata dal geniale Pier Cloruro de' Lambicchi, personaggio del Corriere dei piccoli degli anni Trenta, faceva diventare vivi i personaggi disegnati sui quali veniva passata!
Chi dipinge un quadro ha la possibilità di scegliere tra un buon numero di vernici differenti che spesso realizza da sé.
Nella pittura a tempera, per esempio, si utilizza una mistura di pigmenti in polvere, tuorli d'uovo e acqua distillata. Nella preparazione si può aggiungere, per evitare la decomposizione dell'uovo, un conservante come l'alcol. In quella a olio, invece, i pigmenti sono mescolati con oli vegetali, come per esempio quello di lino (una volta si utilizzava anche l'olio di oliva). Per diluire il colore si usano solventi sintetici, come l'acqua ragia ricavata dal petrolio; un tempo invece si usava quella vegetale, detta anche essenza di trementina, ottenuta dalla resina di alcuni alberi. Nell'acquerello, infine, i pigmenti sono tritati fino a raggiungere dimensioni minute e sono diluiti con l'acqua.