INCHIOSTRO (dal gr. ἔγκαυστον, lat. encaustum; fr. encre; sp. tinta; ted. Tinte; ingl. ink)
S'indicano col nome d'inchiostri i preparati che servono per scrivere o per stampare.
Inchiostri, naturalmente a scopi di scrittura, furono preparati fin dalla più remota antichità. A T‛ien Chŭ, che visse sotto l'impero di Huang Ti (terzo millennio a. C.), si attribuisce l'invenzione del cosiddetto inchiostro di China. Plinio riferisce nella sua Naturalis Historia che i Romani usavano un liquido per scrivere. Filone di Bisanzio, nel suo trattato Veteres Mathematici, del sec. III a. C., descrive un inchiostro simpatico, che si può considerare precursore dell'inchiostro ferro-gallico oggi in uso: si trattava di un estratto di noci di galla, incoloro; lo scritto veniva immerso in una soluzione di sale di ferro e diveniva quasi nero. Si preparavano anche inchiostri colorati, con coloranti inorganici (cinabro, minio), o organici (estratti vegetali o animali).
Nel Medioevo furono i monaci a interessarsi della fabbricazione degl'inchiostri da scrivere. Dal numeroso Ricettario del sec. XV può dedursi che l'inchiostro ferro-gallico era, allora, quasi universalmente conosciuto. Nel sec. XVI notizie sugl'inchiostri e sulle loro proprietà ci dànno Gerolamo Cardano (1535), Alessio Piemontese (1557), Giovan Battista della Porta (1567); nel sec. XVII il medico Pietro Maria Canepario (1619), Robert Boyle (1663), Otto Tachenius (1666) e i chimici francesi Nicolas e Louis Lémery; fra il sec. XVII e il XVIII, il chimico e medico inglese William Lewis, che dimostrò soprattutto come la colorazione degl'inchiostri ferro-gallici non dipendesse soltanto dal ferro metallico, ma da una reazione di questo con l'estratto vegetale (noce di galla), affemiazione poi confermata da J. Ribacourt.
A partire dal sec. XVIII le ricerche si svolgono su basi prettamente scientifiche. Esse riguardarono anzitutto l'inchiostro ferro-gallico e si avvantaggiarono della scoperta dall'acido gallico nella noce di galla (R. W. Scheele, 1786), della dimostrazione dell'esistenza del tannino accanto all'acido gallico (N. Deyeux, 1793; A. Séguin, 1795), dell'osservazione che l'acido gallico formatosi con la muffa dell'acido tannico produce con il solfato di ferro il più bel colore nero (Reids, 1820). Ma ebbero anche per oggetto lo studio di nuovi preparati: così J. J. Berzelius nel 1832 presentava un composto di vanadato ammonico ed estratto di noce di galla, che però sbiadiva subito alla luce; più fortunato fu F. J. Runge che nel 1847, facendo agire cromato di potassio su estratto di legno di campeggio, ottenne un inchiostro nero neutro, oggi in grande uso; finalmente nel 1856 A. Leonhardi brevettava il suo inchiostro alizarina, che a differenza dei precedenti, rappresentanti vere e proprie sospensioni dei coloranti ferro-gallici e ferro-tannici in soluzioni di gomma arabica, era un liquido limpido che si poteva filtrare e nel quale erano contenuti contemporaneamente, ma non combinati, gli acidi tannico e gallico, il sale di ferro, un acido (cloridrico, ecc.) che doveva impedire appunto la combinazione e il colorante alizarina: la combinazione fra solfato di ferro e acido gallico, con formazione del composto ferro-gallico che rendeva lo scritto nero, avveniva poi sulla carta, in presenza dei reagenti contenuti nell'aria (ammoniaca).
Con il sorgere e lo svilupparsi dell'arte della stampa, agli studî e scoperte sugl'inchiostri da scrivere si andarono accompagnando studî e scoperte sugl'inchiostri da stampa. La tecnologia di questi si deve però considerare ben diversa, per i fini cui devono soddisfare, da quella degl'inchiostri da scrivere, e fondata più su miscugli che su reazioni chimiche. I primi preparati per stampa si ottennero mescolando olio e nerofumo in una ciotola e raffinando il tutto con un pestello. La pasta veniva poi stesa su una lastra di marmo e si procedeva all'inchiostratura mediante un tampone di cuoio, sfregato prima sul marmo e poi sulla forma da stampare. Questo preparato primitivo, con lo svilupparsi dei procedimenti d'impressione grafica (v. grafiche, arti) fu però a poco a poco sostituito da miscugli più complessi e più razionalmente dosati.
Inchiostri da scrivere. - Gl'inchiostri da scrivere, a seconda della loro composizione e del loro uso, si possono classificare in: inchiostri a base ferro-gallica: fissi e copiativi; inchiostri a base di campeggio: fissi e copiativi; inchiostri colorati: fissi e copiativi; inchiostri indelebili; inchiostri da disegno; inchiostri simpatici.
Gl'inchiostri fissi e i copiativi vengono fabbricati con le stesse materie prime: soltanto che i secondi sono più concentrati e addizionati di glicerina, zucchero, ecc., per aumentarne la forza copiativa.
Inchiostri a base ferro-gallica (antracene, alizarina). - Si chiamano così perché fabbricati con acido tannico, acido gallico e solfato di ferro (oppure cloruro di ferro, percloruro di ferro solfatato). Ottimo tannino fornisce la noce di galla, escrescenza su foglie di quercia o di sommacco (galle cinesi). Le migliori noci di galla sono quelle di Aleppo, che rendono il 58% di tannino, e le cinesi che rendono il 77%. Con il tannino e l'acido gallico delle noci di galla si ottiene un inchiostro sempre eguale e omogeneo, non ottenibile con il tannino sintetico. Le composizioni di questo inchiostro variano per ogni fabbrica e rappresentano segreti di lavorazione. Generalmente si estraggono con l'acqua, dalle noci di galla, le sostanze tanniche e si mescolano con il solfato ferroso. Si ottiene così il liquido base, al quale si aggiunge un acido (o cloridrico, o solforico, o ossalico) per impedire la formazione del composto ferro-gallico. Il liquido è quasi incoloro: viene reso utilizzabile mediante un colorante d'anilina (blu, verde, rosso, ecc.). Avvenuta la reazione sulla carta, per neutralizzazione dell'acido libero, fra la sostanza tannica e il sale di ferro, lo scritto si trasforma lentamente nel colore nero, per effetto del sale ferro-gallico. Per conservare bene l'inchiostro si aggiunge anche un antisettico, quale l'acido fenico, o l'acido salicilico, o il Solbrol, il Preventol, o il Raschit.
O. Schluttig e G. S. Neumann, in base ai loro esperimenti sull'inchiostro ferro-gallico, consigliarono, per scrivere documenti, la seguente formula, alla quale va natuialmente aggiunta la parte colorante: 2,4 g. di tannino; 7,7 g. d'acido gallico cist.; 2,5 g. d'acido cloridrico; 30 g. di solfato ferroso crist.; 10 g. di gomma arabica; 1 g. d'acido fenico; 1000 g. d'acqua. Le esperienze però dimostrano che le proporzioni del ferro e del tannino possono variare, entro certi limiti. Si è constatato che sostituendo una parte del tannino con il rispettivo quantitativo d'acido gallico, si può ottenere un nero più intenso; così pure aumentando il solfato ferroso. Comunque, un ottimo inchiostro deve almeno contenere 27 g. d'acido tannico e gallico anidro, e non meno di 4 né più di 6 g. di ferro, in un litro d'acqua.
L'inchiostro copiativo, come si è detto, è più concentrato e contiene circa il 3% di glicerina o di zucchero. Una buona formula è la seguente: 40 g. di tannino; 10 g. d'acido gallico; 35 g. di solfato ferroso; 3.3 g. d'acido solforico conc.; 30 g. di zucchero; 1 g. d'acido fenico; 1000 g. d'acqua; 0,4-0,7 g. di colore d'anilina.
Le proporzioni dell'acido libero, nell'inchiostro ferro-gallico, devono essere attentamente studiate: un eccesso d'acido intaccherebbe troppo le penne d'acciaio, senza alcun vantaggio; la mancanza di acido provocherebbe dei precipitati per formazione del composto ferro-gallico insolubile. È consigliabile, allorché si è finito di scrivere, di pulire sempre la penna per evitare che il sale ferro-gallico e le sostanze coloranti vi si depositino, per evaporazione dell'acqua, e formino così un sottile strato che si stacca immergendo e agitando un po' la penna nello stesso inchiostro. Anche la cosiddetta stagionatura ha fondamentale importanza per la preparazione d'un buon inchiostro: prima di aggiungere al liquido base il colorante, è necessario lasciarlo fermo per alcuni mesi, decantandolo, per separarlo dal deposito formatosi in seguito al distacco delle impurezze contenute nelle materie prime.
Un ottimo inchiostro ferro-gallico deve scorrere bene dalla penna e non essere attaccaticcio; versato e lasciato 15 giorni in un recipiente di vetro, coperto, non deve mai produrre scaglie, né far deposito sulle pareti o sul fondo. Lo scritto deve annerire, al più tardi, entro 8 giorni: dopo questo breve periodo l'inchiostro sarà inalterabile ad ogni lavaggio con una miscela di alcool e acqua.
Nella categoria degl'inchiostri ferro-gallici si possono annoverare pure gl'inchiostri stilografici blu-nero e verde-nero. Questi inchiostri, anche se rimangono lungamente nel serbatoio delle penne, non fanno deposito, non si seccano sul pennino e sono sempre scorrevolissimi. Gl'inchiostri stilografici sono fabbricati con le stesse materie prime dei ferro-gallici, aggiungendo soltanto circa l'1% di glicerina per aumentarne la fluidità e sottoponendoli a lunga stagionatura e a ripetute, diligentissime filtrature, prima d'imbottigliarli, affinché il fragile funzionamento della penna stilografica non abbia a deteriorarsi.
Inchiostri a base di campeggio. - Vengono fabbricati con emateina, sostanza colorante che si estrae dal campeggio, e un sale di cromo. Secondo E. Dietrich, per ottenere un buon inchiostro di questo tipo, occorre riscaldare 200 g. d'estratto di campeggio (emateina) con 500 g. d'acqua a 90°. Si aggiunge poi lentamente una soluzione di 2 g. di cromato di potassio, 50 g. di allume di cromo, 10 g. d'acido ossalico, 150 g. d'acqua. Si riscalda ancora il tutto per mezz'ora a 90°, aggiungendo infine 1000 g. d'acqua. Il cromato di potassio può essere sostituito da bicromato di potassio o da allume di cromo. Gl'inchiostri a base di campeggio scrivono subito nero (e spesso, perciò, per intensificare questo effetto si suole aggiungere allume di ferro o solfato d'alluminio) e hanno forti proprietà copiative. Però, più facilmente dei ferro-gallici, essi si fanno cancellare e lasciano deposito. Non sono molto costosi e hanno quindi larga diffusione.
Inchiostri colorati. - Si preparano sciogliendo il colorante d'anilina (violetto di metile, fucsina, eosina, ecc.) in acqua, preferibilmente distillata, e oggiungendo per la conservazione un antisettico, come nei ferrogallici; talvolta anche l'1% di destrina, di glucosio o gomma arabica per dar loro più corpo. Essendo la maggior parte dei coloranti d'anilina molto solubili, si possono fare delle soluzioni molto concentrate e ottenere così ottimi inchiostri copiativi; inoltre con adeguate miscele, badando soltanto a non unire insieme coloranti acidi con coloranti basici, che formerebbero dei precipitati, si possono ottenere tutte le gradazioni di colore possibili.
Gl'inchiostri di anilina sono brillanti di colore, neutri, scorrevolissimi. Tuttavia essi non hanno mai potuto sostituire gl'inchiostri ferro-gallici, perché non resistono all'acqua e alla luce, e talvolta, esposti al sole, in brevissimo tempo sbiadiscono. Essi, inoltre, spandono sulla carta e dànno una scrittura poco nitida, anche se sottile. Non sono perciò adatti per documenti e per scritti da conservare.
Nella categoria degl'inchiostri colorati, vanno anche compresi i cosiddetti inchiostri poligrafici. Sono inchiostri che permettono di riprodurre uno scritto, riportato su pasta speciale di glicerina e gelatina, in 150-200 copie. Si fabbricano con coloranti molto solubili e quindi altamente concentrabili. Alle soluzioni del colore si aggiungono alcool denaturato, acetina, acido cloridrico, ecc., così da aumentare la solubilità del colorante, e ottenere una maggiore concentrazione e quindi un grande rendimento di copie. La formula per il viola, che è il maggiormente in uso, è la seguente: 75 g. di violetto di metile; 60 g. d'acido acetico 20%; 620 g. d'acqua.
L'inchiostro igroscopico è un inchiostro a base di glicerina e colore d'anilina, utilizzato negli osservatorî meteorologici per gli apparecchi scientifici ad alta sensibilità. È di lavorazione difficile e delicata. Deve essere fluidissimo e asciugare rapidamente sui diagrammi.
Inchiostri indelebili. - Gl'inchiostri ferro-gallici, di campeggio, d'anilina, sono cancellabili con le comuni scolorine. In molti casi, tuttavia, per assegni, chèques, e importanti documenti del genere si ha bisogno di un inchiostro assolutamente indelebile. Tale inchiostro si può ottenere impiegando un prodotto preparato nel 1703 da D. Diesbach, a Berlino: il cosiddetto blu di Berlino, o blu parigino, o blu di Prussia: composto insolubile in acqua, ma solubile, con bella colorazione azzurra, in acido ossalico (si conosce anche un blu di Berlino solubile, ma è meno adoperato). Secondo O. Philips, che del resto espone una formula già nota fin dal 1864, per preparare tale inchiostro si lasciano a riposo, a temperatura ambiente per 24 ore, 15 parti di blu di Berlino, insolubile, coperte con circa il medesimo quantitativo d'acido solforico o muriatico. Si diluisce e si lava per decantazione, fino a completa estrazione dell'acido. Si aggiungono quindi 2 parti d'acido ossalico cristallino e 800 parti d'acqua distillata. Se il sale è stato bene lavato dall'acido e dalle impurità, passa adesso in soluzione, dando un inchiostro blu profondo, che resiste molto bene alle comuni scolorine e agli acidi; esso viene invece scolorato dagli alcali: ad es., con una soluzione d'idrato di sodio si può completamente decolorarlo, ma contemporaneamente viene intaccata anche la carta in modo che la cancellatura è facilmente rilevabile.
Oltre che con il blu di Prussia, inchiostri indelebili si possono preparare con il nerofumo, che non è attaccabile da alcun reagente chimico.
Inchiostri da disegno. - Sono soluzioni di gomma lacca con colori d'anilina: asciugati sulla carta, resistono a ogni lavaggio con acqua. Si preparano sciogliendo 200 g. di gomma lacca bianca e 50 g. di borace, in un litro d'acqua distillata, facendo bollire tutto per un'ora, poi lasciando raffreddare e depositare. In un altro litro d'acqua si sciolgono da 4 fino a 7 g. di colore d'anilina. Decantata la soluzione di gomma lacca, si mescolano insieme, a caldo, le due soluzioni, aggiungendovi, come antisettico, acido fenico, oppure Solbrol 1 per mille. Invece del borace si possono adoperare, per sciogliere la gomma lacca, 25 g. di lieviio ABC in 800 g. d'acqua distillata, aggiungendo poi, gradatamente, 200 g. di gomma lacca bianca, polverizzata: si lascia per un'ora a bagnomaria bollente, dopo di che si raffredda e si porta a volume di un litro: e si prosegue come per il borace.
Adoperando colorante adatto e una gomma lacca finissima, si ottiene una soluzione limpida e un inchiostro di China che presenta grande resistenza all'acqua ed è scorrevolissimo.
L'inchiostro di China nero viene pure fabbricato a base di una soluzione di gomma lacca, adoperando per colorante il nerofumo. Essendo questo insolubile, lo si tiene in sospensione allo stato colloidale. Il nerofumo viene sottoposto a un trattamento speciale di lavaggio per estrarne tutte le impurità, poi mescolato, a seconda dell'intensità del colore che si richiede, con una soluzione acquosa di gomma lacca e borace, descritta prima, e di una soluzione all'8% di gelatina oro.
L'inchiostro che serve per scrivere sulla biancheria e che deve avere come proprietà fondamentale di resistere a ogni lavatura, si prepara sciogliendo 400 g. dì cloridrato d'anilina in un litro d'acqua, e aggiungendo a caldo 80 g. di cloruro di rame, 90 g. d'acido muriatico, 150 g. d'acqua distillata. Per agevolare la formazione del nero d'anilina e per neutralizzare l'acido, che con il tempo rovinerebbe il tessuto, lo scritto con tale liquido, il quale da principio apparisce verde, deve essere lavato a distanza di 24 ore o meglio immerso in una soluzione di soda: dopo di che diviene nero.
Inchiostri simpatici. - Sono quelli che consentono la lettura dello scritto, dopo che il foglio sia stato riscaldato o esposto a un reagente chimico. Nel secolo scorso venivano usati come inchiostri simpatici il latte e il succo di limone: perché la scrittura comparisse, il foglio doveva essere riscaldato. Un inchiostro simpatico molto conosciuto è quello preparato con una soluzione di 5 a 7% di cloruro di cobalto (CoCl%.6 H 20). Riscaldando lo scritto, il cloruro di cobalto perde l'acqua di cristallizzazione e diventa azzurro; raffreddandosi riprende l'acqua e lo scritto scompare nuovamente. Lo scritto con acetato di piombo è completamente invisibile: per leggere bisogna bagnarlo con solfuro d'ammonio. Scrivendo invece con cloruro ferrico, per leggere, si deve usare ferrocianuro potassico. Durante la guerra venne molto adoperato, fra prigionieri e per spionaggio, la saliva o una soluzione diluita di orina. Questi scritti venivano poi bagnati con nitrato d'argento ed esposti alla luce: si formava così il cloruro d'argento nero e gli scritti si rendevano leggibili.
Analisi degl'inchiostri da scrivere. - Per l'analisi della fluidità, annerimento, resistenza, O. Schluttig e G. S. Neumann propongono di fare scorrere 1 cc. d'inchiostro a concentrazione normale, e uno diluito con tre parti d'acqua distillata, su un foglio di carta bene disteso e inclinato a 45° (telaio speciale di Schluttig e Neumann). Si confronta la larghezza delle strisce e la velocità di annerimento con un inchiostro tipo. Dopo 8 giorni si può provare la sua resistenza immergendone una parte in una miscela d'acqua e alcool, una seconda esponendola al sole e una terza lasciandola inalterata, per il confronto.
Per l'analisi qualitativa dell'inchiostro ferro-gallico, W. Leonhardi ha proposto una formula basata sulle differenti proprietà di allargamento che hanno i diversi componenti dell'inchiostro su speciale carta da filtro: misurando il diametro dei cerchi concentrici formatisi sulla carta, si possono calcolare le proporzioni dei componenti. Il centro è composto da un nucleo acido e dalla maggior parte del colorante d'anilina; vengono poi una prima zona nera del composto ferro-gallico; una seconda del colorante; una terza bruna del ferro, la quale certe volte è ricoperta dalla seconda (v. tavola), poi una quarta zona dell'acqua; infine una quinta zona, esterna, caratteristica per la sostanza tannica.
Per riconoscere se un inchiostro è a base di campeggio, basta toccarne una macchia fatta su carta da filtro con una goccia d'acido solforico. Se dopo due ore, circa, comparirà una caratteristica macchia rossa si avrà la prova della presenza del campeggio.
Si può anche identificare un inchiostro misurandone il grado di acidità, con il colorimetro a foglie di Wulff.
V. tav. a colori.
Inchiostri da stampa. - Questi inchiostri, in confronto di quelli da scrivere, devono avere un forte potere adesivo, non spargersi nel foglio, essiccare prontamente e dare un bel colore lucente. Si classificano, a seconda del procedimento grafico d'impressione per il quale sono utilizzati, in inchiostri per tipografia, inchiostri per litografia, inchiostri per rotocalcografia.
Inchiostri per tipografia. - Gl'inchiostri per la stampa tipografica (v. tipografia) devono stendersi come un velo sui caratteri in rilievo. Si distinguono secondo che siano destinati alla stampa di giornali, di vignette o di opere in genere.
Gl'inchiostri per giornale, che devono essere di basso costo, si preparano generalmente con nerofumo comune, olî minerali (gli olî di resina non sono quasi più in uso) e asfalto o resine. Gli olî minerali devono essen esenti da impurità e vanno classificati specialmente in base al loro colore e alla viscosità. Si sciolgono in essi le resine o gli asfalti, in modo da ottenere una vernice di viscosità, che abbia potere penetrante e dia una pellicola sufficiente a essiccazione avvenuta. Quindi si mescola la vernice con il nerofumo con un mescolatore a pale (fig. 2), e il tutto viene raffinato in apposita macchina (fig. 3). L'essiccazione di questi inchiostri avviene per penetrazione: l'olio minerale penetra nella carta, che perciò deve essere poco collata, e vi deposita l'asfalto o resina, sotto forma di pellicola che trattiene il nerofumo.
Gl'inchiostri per vignette, per la delicatezza della trama delle fotoincisioni e per le qualità di carta (patinate o satinate) usate per questi lavori, devono essere invece finissimi ed essiccare senza penetrazione. Si preparano perciò con nerofumo, o altra materia colorata (generalmente colori minerali o sali metallici), olio di lino e vernici, seccativi, opportunamente dosati secondo il tipo d'impressione che si vuole ottenere. L'essiccazione conveniente per questo tipo d'inchiostri è assicurata dall'olio di lino, che ha la proprietà d'ispessire se esposto all'aria. Spesso anzi, per accelerare l'essiccazione, si usa previamente ispessire l'olio mediante cotture, così da ridurlo a vernice, oppure favorire la sua ossidazione all'aria mediante catalizzatori (seccativi), composti da sali di alcuni metalli (magnesio, piombo, ecc.). L'olio di lino deve essere limpido e avere un mdice di viscosità non superiore a 5; se lo si vuole ridurre a vernice, deve essere cotto a 270-280°. Le mescolanze procedono all'incirca come per gl'inchiostri da stampa dei giornali.
Gl'inchiostii per stampa di opere in genere hanno i caratteri dell'uno o dell'altro di quelli descritti, secondo il tipo di stampa da fornire.
Inchiostri per litografia. - Vanno deposti sulla pietra (v. litografia), e per estensione sullo zinco o sulla gomma, ecc., in uno strato di estrema sottigliezza. Debbono perciò essere finissimi, intensi, e assolutamente insensibili all'azione dell'acqua. Si preparano con nerofumo o altra materia colorata insolubile all'acqua, olio di lino e vernici, seccativo, ed eventualmente grassi atti a rendere la repulsione fra inchiostri e acqua più pronunciata.
Affini per proprietà fagl'inchiostri per litografia si possono considerare quelli per stampa su metallo, su cuoio, su vetro, ecc.
Inchiostri per rotocalcografia. - Gl'inchiostri adatti per questo procedimento d'impressione (v. grafiche, arti) devono essere fluidissimi. Si preparano, quindi, con le solite materie: nerofumo o altro colorante, gomma, asfalto, ecc., ma all'olio e alle vernici, di lento assorbimento da parte della carta, si sostituiscono eccipienti volatili (xilolo, toluolo, benzolo, ecc.). Questi eccipienti, evaporando rapidamente, lasciano una leggiera crosta d'asfalto o di gomma, che trattiene la materia colorata.
Affini agl'inchiostri per rotocalcografia sono gl'inchiostri all'alcool che servono per stampare con rulli di gomma le carte da involgere. Si preparano con alcool e acetone e materie colorate solubili in quelli.
Bibl.: O. Schluttig e G. S. Neumann, Die Eisengallustinten, Dresda 1890; W. Leonhardi, Tinte, Kolloidchemische Technologie, 1913-1915; F. Margival, Encres usuelles, Encres spéciales, voll. 2, Parigi 1929; H. von Haasy, in Encyklopädie d. technischen Chemie, Berlino-Vienna 1932, s. v. Tinte.