inconscio
Il concetto di inconscio fa la sua prima esplicita apparizione nella storia della filosofia in Leibniz, che in polemica con Locke – per il quale non esiste nulla di cui non abbiamo sempre attualmente coscienza – ipotizzò la presenza di «piccole percezioni» che vengono assimilate senza averne coscienza. Nella prefazione ai Nuovi saggi sull’intelletto umano (1705) Leibniz scrive che mille indizi provano che ci sono in noi ogni momento innumerevoli percezioni senza appercezione (➔), più efficaci di quanto sembra. Infatti anche le percezioni avvertibili derivano per gradi da quelle così piccole che non si possono avvertire. Leibniz fa l’esempio del rumore del mare, che è il risultato della somma di piccole onde che, essendo piccole percezioni, noi assimiliamo inconsciamente. In Leibniz la teoria delle piccole percezioni è parte della dottrina monadologica, secondo la quale ogni monade è un centro permanente di attività, all’interno del quale non esistono momenti di quiete. Dopo Leibniz il tema dell’i. assume un grande rilievo in Schelling e nella filosofia romantica della natura. Sia Schelling che Hegel definivano lo spirito operante nella natura uno «spirito i.» o uno «spirito nascosto», uno spirito cioè della cui presenza le scienze naturali, governate dall’intelletto, non hanno consapevolezza. Ma è soprattutto dopo Schopenhauer e Nietzsche che l’i. diventa una importante chiave interpretativa della cultura e della stessa esistenza umana. La scoperta del ‘dionisiaco’ e quindi del fondo oscuro e irrazionale della cultura classica, operata da Nietzsche nella Nascita della tragedia (➔) (1872), sommandosi alle teorie di Schopenhauer, che identifica l’i. con la volontà cieca e irrazionale che opera nell’uomo attraverso l’istinto sessuale, troveranno uno sviluppo e una giustificazione teorica nel concetto di Es o i. di Freud. L’Es o Id è la voce della natura nell’animo umano, perché contiene tutte le spinte pulsionali di carattere erotico, aggressivo e autodistruttivo insieme (Eros e Thanatos possono essere considerati alla stregua di opposti correlativi), che sono il modo specificamente umano in cui gli istinti si sono evoluti.