indebolimento
Il termine indebolimento indica una serie di fenomeni fonetici e fonologici che hanno come effetto la riduzione del grado di forza articolatoria di un suono (➔ fonetica articolatoria). Da un punto di vista tipologico, i processi di indebolimento sono mutamenti naturali, essendo ben attestati nelle lingue del mondo, tanto in diacronia quanto in sincronia.
I fenomeni di indebolimento coinvolgono sia le ➔ vocali che le ➔ consonanti. L’indebolimento può incidere ad es. sulla configurazione della glottide dando luogo a processi di sonorizzazione o, all’inverso, di assordimento; agisce sul modo di articolazione di un suono: ne sono esempi i fenomeni di ➔ spirantizzazione o di approssimantizzazione (ossia di conversione in approssimante; ➔ semivocali); può modificare la durata di un segmento, determinando una sua riduzione quantitativa (per es., una degeminazione) o, nel suo grado estremo, la sua cancellazione.
Diversi processi di indebolimento possono essere interpretati alla luce di un principio di semplicità e di economia. Siccome è più economico pronunciare sequenze con il maggior numero di tratti comuni, l’indebolimento di un suono è spesso interpretabile come un’➔assimilazione parziale. Non è casuale inoltre che la riduzione di molte strutture foniche costituisca una peculiarità del parlato poco sorvegliato ad alto ritmo di elocuzione, diretta conseguenza delle dinamiche di coarticolazione e della sovrapposizione o incompletezza dei gesti articolatori.
I processi di indebolimento contrastano con quelli di rafforzamento, che invece aumentano la forza articolatoria. Tipici esempi di rafforzamento sono processi come dittongazione (➔ dittongo), inserzione, assordimento, geminazione, affricazione (➔ aspirazione). Relativamente all’italiano, è opportuno menzionare almeno la geminazione spontanea di /b/ e /d/ attiva nell’➔Italia mediana ([ˈabːito] abito) e l’affricazione di /s/ postconsonantica ([penˈʦaːre] pensare).
Molti fenomeni di indebolimento consonantico rientrano nel novero dei processi di lenizione. Questa (dal latino lēnem «lieve, leggero») opera in due direzioni: da un lato origina suoni più aperti e rilassati, dall’altro genera strutture variamente sonorizzate. In entrambi i casi l’esito è un segmento debole o, più propriamente, lene (cfr. Lass 1984).
L’opposizione tra suoni forti e leni fu sancita da Jakobson, Fant & Halle (1952) i quali, nell’ambito della loro teoria dei tratti distintivi, introdussero il tratto teso / rilassato (ingl. tense / lax) per descrivere la distinzione tra suoni di diversa forza articolatoria (cfr. Jakobson & Halle 1964). In alcune lingue si oppongono vocali tese e rilassate, in altre (come lo svizzero tedesco) il tratto di tensione è direttamente coinvolto nell’opposizione distintiva tra la serie delle ostruenti sorde e quella delle sonore (cfr. Kohler 1984). Il discrimen tra questi segmenti risiede nella forza piuttosto che nel tratto di sonorità, al contrario di quanto avviene in italiano, in cui il tratto di tensione è ridondante rispetto a quello di sonorità, essendo le consonanti sorde sempre tese, le sonore sempre rilassate. Nella trascrizione IPA (➔ alfabeto fonetico), in assenza di un simbolo specifico, i segmenti leni sono segnalati aggiungendo al simbolo sonoro il diacritico [□̻] o, in alternativa, integrando il simbolo sordo con il diacritico [ ̬].
La fenomenologia dei processi di indebolimento è ben rappresentata, in diacronia come pure in sincronia, non solo in italiano, ma nell’intero dominio romanzo. Emblematico è l’esito delle occlusive sorde latine [p t k] in posizione intervocalica nella Romània occidentale e, con riguardo all’italiano, nei dialetti settentrionali fino all’isoglossa La Spezia-Rimini: amicūm > spagn. amigo, fr. ami, ma it. amico. Concomitante alla sonorizzazione italo-romanza è la degeminazione delle consonanti lunghe latine: căballum > fr. cheval, lomb. caval, ven. cavalo, ma it. cavallo.
I dialetti italiani offrono un copioso inventario di processi di indebolimento consonantico, alcuni dei quali costituiscono tratti geolinguistici primari. Nell’Italia mediana, le occlusive sorde intervocaliche sono oggetto di un diffuso processo di indebolimento (noto come lenizione meridionale) che determina la sonorizzazione parziale del suono: per es., la catena [lak̬aˈt̬eːna]. Tale fenomeno è in realtà più esteso di quanto documentato nella manualistica, come provano recenti ricerche di fonologia sperimentale svolte in più varietà di italiano meridionale; la lenizione, ad es., sembrerebbe non risparmiare neppure le fricative o le affricate sorde.
In una vasta area del Centro-sud, escluse alcune aree ristrette, la sonorizzazione totale o parziale coinvolge anche le ostruenti sorde postnasali: per es., campana [kamˈpaːna]; in questo contesto il tratto di sonorità è spesso completamente neutralizzato.
La variante lenita ha una struttura acustica intermedia tra sorda e sonora: l’allofono lene, realizzato con minore energia e con un certo rilassamento articolatorio, presenta allo spettrogramma una debole barra vocale e un valore temporale mediano tra le due controparti. La sonorizzazione è quindi solo parziale. L’opposizione di sonorità non comporta necessariamente opposizione di tensione consonantica: è plausibile ritenere che anche in queste varietà il tratto decisivo sia quello di tensione, mentre la sonorità assume un ruolo concomitante, ma secondario (cfr. Albano Leoni & Maturi 1991; Marotta & Sorianello 1992; Marotta 2005; Nocchi & Schmid 2008).
Un altro fenomeno di indebolimento, tratto di pronuncia peculiare del territorio toscano, è la realizzazione spirantizzata delle occlusive intervocaliche sorde e sonore (➔ gorgia toscana; ➔ toscani, dialetti), per cui abete è [aˈβeθe].
In generale, sul versante articolatorio, i processi di indebolimento producono segmenti con una bassa resistenza al passaggio dell’aria, quindi realizzati con debole tensione muscolare e maggiore ampiezza della cavità orale. Si pensi ad es. alla resa fricativa di un’occlusiva, un processo di spirantizzazione in cui gli organi articolatori, pur avvicinandosi, non creano un contatto, consentendo quindi al flusso d’aria di fuoriuscire senza occlusione. Una dinamica simile, benché più complessa, si ravvisa nel processo di deaffricazione.
L’indebolimento di un segmento è globale e la riduzione è apprezzabile non solo sul piano temporale (i suoni rilassati e/o sonori sono di norma più brevi di quelli forti e/o sordi e hanno ridotta espansione spettrografica), ma anche sul versante percettivo, dato che nel complesso sono meno salienti. Poiché la lenizione comporta un incremento della sonorità, le varianti deboli risultano più vicine alle realizzazioni vocaliche, e per questo sono più intense.
La deriva dei processi di indebolimento e, in modo speculare, quella dei processi di rafforzamento è ben rappresentata nelle gerarchie di forza consonantica o, con valori opposti, di sonorità, elaborate in ambito fonetico e fonologico (cfr. Vennemann 1988; Nespor 1993; ➔ fonologia). I suoni articolati mediante un rilevante restringimento del canale orale, quindi più chiusi, come le occlusive o le fricative, possiedono maggiore forza e viceversa scarsa sonorità, dato che sono elevati l’energia e lo sforzo muscolare richiesti durante la loro produzione; all’interno di ogni classe, i segmenti sordi sono inoltre più forti delle loro controparti sonore.
Diametralmente opposta è la collocazione dei segmenti aperti e rilassati, come ad es. le sonoranti o ancora più le approssimanti e le vocali: suoni sonori per definizione, in essi la pressione intraorale e la deformazione del canale fonatorio sono minime (si veda la fig. 1). Tali scale di forza hanno molteplici implicazioni fonologiche. Ad es., nella sillaba è pacifico che l’indebolimento di un suono avvenga più spesso in posizione intervocalica (il contesto debole per eccellenza) o in fine di parola o di sillaba; e, quanto all’accento lessicale, in sillaba atona. All’inverso, i processi di rafforzamento si realizzano più comunemente a inizio di parola o di altro costituente prosodico, coinvolgendo in primis i suoni posti in attacco di sillaba tonica (➔ parola italiana, struttura della).
Albano Leoni, Federico & Maturi, Pietro (1991), Le occlusive sorde nell’italiano di Nusco, in Atti del I convegno della Società Internazionale di Linguistica e Filologia Italiana (Siena, 28-31 marzo 1989), Torino, Rosenberg & Sellier, 2 voll., vol. 1º (Tra Rinascimento e strutture attuali. Saggi di linguistica italiana), pp. 253-258.
Jakobson, Roman, Fant, Gunnar & Halle, Morris (1952), Preliminaries to speech analysis. The distinctive features and their correlates, Cambridge (Mass.), The MIT Press.
Jakobson, Roman & Halle, Morris (1964), Tenseness and laxness, in In honour of Daniel Jones. Papers contributed on the occasion of the eightieth birthday, September 12th, 1961, edited by D. Abercrombie et al., London, Longmans, pp. 96-101 (trad. it. Tensione e lassità, in Iid., Saggi di linguistica generale, Milano, Feltrinelli, 1966, pp. 125-131).
Kohler, Klaus J. (1984), Phonetic explanation in phonology. The feature Fortis/Lenis, «Phonetica» 41, pp. 150-174.
Lass, Roger (1984), Phonology. An introduction to basic concepts, Cambridge, Cambridge University Press.
Lavoie, Lisa M. (2001), Consonant strength. Phonological patterns and phonetic manifestations, New York, Garland.
Marotta, Giovanna (2005), Il consonantismo romano. Processi fonologici e aspetti acustici, in Italiano parlato. Analisi di un dialogo, a cura di F. Albano Leoni & R. Giordano, Napoli, Liguori, pp. 1-24.
Marotta, Giovanna & Sorianello, Patrizia (1992), Lenizione e sonorizzazione nell’italiano cosentino: un’analisi sperimentale, «L’Italia dialettale» 55, pp. 65-122.
Nespor, Marina (1993), Fonologia, Bologna, il Mulino.
Nocchi, Nadia & Schmid, Stefan (2008), Aspetti della lenizione in alcune varietà dell’italiano meridionale, in La comunicazione parlata. Atti del Congresso internazionale (Napoli, 23-25 febbraio 2006), a cura di M. Pettorino et al., Napoli, Liguori, 3 voll., vol. 1º, pp. 109-136.
Vennemann, Theo (1988), Preference laws for syllable structure and the explanation of sound change, with special reference to German, Germanic, Italian, and Latin, Berlin - New York - Amsterdam, Mouton de Gruyter.