INDICATORI ECONOMICI
Nel campo della documentazione statistica, una posizione di rilievo assumono gli i.e., solitamente rappresentati da rapporti tra grandezze riferite a tempi, luoghi o situazioni differenti. Al termine ''indicatore'', spesso usato come sinonimo di ''indice'', la terminologia statistica più recente attribuisce un significato assai generale, ma prevalentemente inteso a esprimere certe misure indirette di fenomeni economici, a volte non direttamente quantificabili. L'i.e. esprime, quindi, non soltanto una semplice relazione, ma anche il risultato di analisi e di elaborazioni statistiche ottenuto alla luce di particolari teorie economiche.
Tentativi di costruzione di indici sintetici atti a misurare le variazioni nel tempo e nello spazio delle condizioni economiche generali, intese nel senso più ampio di prosperità economica, si trovano già nel primo stadio degli studi semiologici, fondati sull'analisi di fenomeni (sintomi) ai quali venivano attribuite caratteristiche di rappresentatività nei riguardi del movimento economico generale. Assieme ai cosiddetti indici di stato che, con riferimento a una determinata epoca, miravano a esprimere le differenze esistenti tra le varie zone di un paese o fra paesi diversi, venivano costruiti indici di progresso, il cui obiettivo era quello di misurare le variazioni nel tempo delle condizioni economiche generali. L'idea era che tali variazioni potessero essere seguite misurando l'andamento di un solo fenomeno tipico − criterio dell'indice unico − che per la sua importanza intrinseca e per la numerosità delle relazioni da esso influenzate, potesse essere considerato fondamentale per l'economia nel suo complesso. Dopo avere scelto alcuni fenomeni ritenuti rappresentativi delle condizioni economiche generali della realtà oggetto d'indagine, le serie statistiche esprimenti il loro andamento venivano trasformate in numeri indici semplici aventi come base un termine comune. Una conveniente sintesi (media) di tali indici parziali conduceva a un indice composto, le cui variazioni venivano assunte quali misure delle variazioni delle condizioni economiche generali. A loro volta, i valori assoluti degli indicatori così ottenuti, se confrontati con gli analoghi valori di indicatori riferiti a situazioni (epoche, regioni, paesi, ecc.) ritenute tipiche o ideali, offrivano gli elementi, puramente quantitativi, per valutare gli scostamenti dalle predette situazioni ideali.
Prima della seconda guerra mondiale, la documentazione statistica relativa ai fenomeni economici conteneva dati, rilevati con periodicità anche inferiore all'anno, sulle fondamentali manifestazioni di singole attività economiche (produzioni, prezzi, ecc.) poste in essere dalle famiglie e dalle imprese. In assenza di qualsiasi tentativo di omogeneizzazione, tale documentazione, raccolta alla luce delle concezioni microeconomiche allora prevalenti, mirava a quantificare comportamenti individuali. A seguito dell'ampliamento dei rapporti e delle interrelazioni economiche, dell'accentuazione della velocità di circolazione della moneta, dell'espansione del volume generale degli scambi, fenomeni caratteristici dell'evoluzione dell'organizzazione economica moderna, la presunta importanza di ogni singolo fenomeno è gradualmente diminuita, inducendo gli studiosi a considerare l'opportunità di riferirsi, per la misura delle variazioni economiche generali, a più sintomi e di compendiarne l'andamento attraverso indici sintetici, detti indici plurimi o totalizzatori degli indici.
Un tipico esempio è offerto dal prodotto interno lordo (PIL) per abitante, solitamente assunto quale indicatore delle condizioni economiche generali di una collettività. Le variazioni nel tempo e nello spazio di tale indicatore, se non accompagnate almeno da convenienti misure delle modalità con le quali lo stesso PIL si distribuisce tra i componenti della medesima collettività, sono ben lungi dal poter esprimere in maniera adeguata l'andamento delle reali condizioni economiche generali della popolazione. Da qui la necessità di considerare indicatori desunti da fenomeni diversi cui attribuire il ruolo di sintomi dei differenti aspetti delle condizioni economiche generali.
La costruzione di indicatori sintetici non presenta, in generale, eccessive difficoltà; l'interpretazione e la giustificazione delle misure che si ottengono risultano, viceversa, condizionate dalle soluzioni accolte per i problemi relativi, per es., al peso attribuito ai diversi sintomi, al tipo di media adottato, al periodo da assumere come base e, soprattutto, ai criteri di scelta dei fenomeni cui attribuire caratteristiche di rappresentatività, nei riguardi del movimento economico generale. Accade sovente che gli indicatori elementari, aventi un elevato valore informativo, appaiano fortemente correlati, per cui l'eliminazione di alcuni di essi non appare pregiudizievole per il contenuto informativo globale degli indicatori già considerati. Un numero relativamente piccolo di indicatori, razionalmente scelti, può contenere un'informazione globale maggiore di quelle di un numero più elevato di indicatori non appropriatamente scelti. Quindi, per diverso tempo, sono stati forniti i.e. estremamente aggregati desunti dagli schemi di contabilità nazionale, dato che la teoria economica prevalente si basava sui flussi di reddito.
Tuttavia, gli elenchi di i.e. prodotti e utilizzati dai diversi istituti di ricerca privati e pubblici, nazionali e internazionali, non sono sempre gli stessi, e alcuni indicatori elementari, la cui utilità e importanza non sempre è da tutti condivisa, sono divenuti ormai classici. Oltre al già ricordato prodotto interno lordo per abitante, al numero degli occupati nei diversi settori di attività economica, all'ammontare dei consumi, al valore degli investimenti nei diversi settori produttivi, ecc., la documentazione statistico-economica si arricchisce continuamente di nuovi o più affinati indicatori appositamente costruiti per supportare i nuovi orientamenti della teoria economica. Ammesso, infatti, lo stretto legame tra quest'ultima e i metodi statistici necessari per la sua verifica empirica, è evidente che quando nuove teorie sopravvengono per spiegare certe modifiche che si manifestano nel sistema economico, diventa inevitabile l'approntamento di nuove rilevazioni statistiche e di nuovi procedimenti di analisi quantitativa.
L'avvento dell'impostazione keynesiana, spostando l'interesse dai fenomeni singoli agli aggregati, ha comportato la predisposizione di indagini statistiche in cui − ferme restando nelle famiglie, nelle imprese, nell'amministrazione pubblica, ecc., le unità di rilevazione − si valuta l'evoluzione complessiva della produzione, dei consumi, degli investimenti, del risparmio, della spesa pubblica, dell'occupazione, ecc.
In Italia, l'Istituto Centrale di Statistica (ISTAT) pubblica, con diversa periodicità, i.e. il cui numero è via via cresciuto nel tempo; a livello internazionale organismi come la CEE, l'OCSE, l'ONU provvedono a diffondere i.e. di differente tipo. Si tratta sempre di indicatori di natura quantitativa riguardanti fenomeni solitamente assunti per operare confronti internazionali e, spesso, di significato discutibile, specialmente se considerati singolarmente o al di fuori della realtà cui si riferiscono.
Sin dagli inizi degli anni Cinquanta, per spiegare i comportamenti degli operatori economici è sorta l'esigenza di valutarne le aspettative attraverso nuovi indicatori qualitativi di opinione desunti da inchieste effettuate allo scopo di delineare il cosiddetto clima congiunturale, e non più vincolati ai classici aggregati della contabilità economica. Elaborati in Italia dall'Istituto per lo Studio della Congiuntura economica (ISCO), con criteri metodologici del tutto diversi da quelli impiegati nella costruzione degli i.e. di tipo quantitativo, gli indicatori di opinione si propongono d'individuare fenomeni e comportamenti nuovi, dato che mirano a conoscere gli atteggiamenti degli operatori economici nei confronti di fenomeni specifici. Nella logica di tali indicatori, interessa non tanto la misura, per es., del livello della produzione, dei prezzi, della domanda, quanto il giudizio degli operatori sull'andamento di tali fenomeni e le aspettative per il futuro.
Nuovi i.e. e tecnologici, capaci di cogliere anche aspetti strutturali che influiscono sull'andamento economico, hanno per oggetto, per es., il consumo per abitante di energia, che viene considerato come indicatore del progresso tecnologico incorporato nel sistema produttivo, mentre il consumo di energia per unit'a produttrice nelle attività industriali può essere assunto quale misura del grado d'industrializzazione del paese. Altri indicatori del progresso tecnologico prendono in considerazione fenomeni quantificabili tramite indagini ad hoc oppure informazioni desunte da fonti scientifiche o amministrative in mancanza di sufficienti dati statistici a livello macroeconomico.
L'analisi dell'evoluzione della scienza e della tecnologia accoglie, assieme a indicatori dell'input, quali misure degli elementi che intervengono nello svolgimento di attività tecnico-scientifiche, indicatori dell'output e dell'incidenza, quali espressioni dei risultati di tali attività e delle conseguenze che queste apportano all'intero sistema, mentre è relativamente recente l'impiego delle statistiche dei brevetti, in aggiunta o in alternativa alle statistiche della ricerca e dello sviluppo, come indicatore dell'attività inventiva e dell'attività d'innovazione, o, più in generale, del progresso tecnico.
Quale indicatore indiretto delle attività tecnico-scientifiche di un paese, è stato inoltre suggerito l'impiego di dati desunti dalla bilancia tecnologica dei pagamenti. A rigore, tuttavia, tali dati offrirebbero alcuni degli elementi essenziali per la costruzione di un indicatore di competitività, dato che si tratta di quelle partite invisibili della bilancia dei pagamenti che riguardano l'acquisto e la vendita di conoscenze e di informazioni di natura tecnologica attraverso l'acquisto e la cessione di brevetti, licenze, know how, diritti d'autore, ecc. Si può ragionevolmente prevedere che in futuro altri indicatori dello sviluppo tecnologico possano essere costruiti sulla base di dati attinenti ai computer e ai robot, classificati a seconda delle funzioni, dimensioni, ecc. Purtroppo, allo stato attuale delle conoscenze, i dati statistici disponibili sono ancora troppo limitati e del tutto insufficienti per consentire di costruire validi indicatori di questo tipo che potrebbero trovare utile inserimento non solo nelle consuete funzioni aggregate di produzione, ma anche in nuovi modelli di sviluppo tecnico-economico, già in fase di sperimentazione.
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