indicizzazione
Meccanismo di adeguamento automatico di una grandezza economica ai cambiamenti di un’altra, presa come indice di riferimento. L’i. di un qualsiasi prezzo all’andamento del livello generale dei prezzi garantisce la variazione automatica del singolo prezzo quando cambia la media del livello generale. In questo modo i prezzi relativi rimangono (mediamente) invariati.
Nei contratti finanziari, l’i. è in genere tale da garantire che il tasso di interesse su un certo titolo sia agganciato automaticamente a un tasso di riferimento (per es. l’EURIBOR, ➔), a sua volta agganciato al tasso di inflazione (➔ inflazione p).
Nel campo della tassazione, l’i. degli scaglioni ai quali si applicano le aliquote fiscali impedisce che si realizzi il fiscal drag (➔ drenaggio fiscale), cioè l’aumento della pressione fiscale unicamente dovuto all’inflazione.
Il caso di i. più rilevante e studiato è quello dei salari monetari all’andamento del tasso di inflazione. Tale i. ha l’obiettivo di garantire automaticamente ai lavoratori di mantenere costante il potere d’acquisto dei loro salari a fronte di una lievitazione dei prezzi che lo eroderebbe. Non è perciò un caso che l’i. salariale venga concretamente adottata quando la dinamica inflazionistica è particolarmente sostenuta. Naturalmente, la costanza dei salari reali si ottiene soltanto in presenza di un’i. completa, che cioè implichi un aumento automatico dei salari nominali pari al 100% dell’aumento dei prezzi. Qualora l’i. sia inferiore al 100%, si ha, invece, una qualche perdita del potere d’acquisto. Idealmente, l’i. potrebbe essere continua, ma nella realtà intercorre sempre un intervallo temporale tra la variazione del livello generale dei prezzi e il recupero salariale.
Il sistema di i. vigente in Italia dal 1975 al 1983 (conosciuto come indennità di contingenza o scala mobile a punto unico e pesante, ➔ scala mobile) prevedeva l’automatica revisione trimestrale dei salari monetari al tasso di inflazione in misura uguale per tutti. In questo modo alcuni salari risultavano sovra-indicizzati e altri (quelli più elevati) sotto-indicizzati. Nel 1983 il grado di i. fu ridotto e nel 1986 si passò a scatti semestrali, mentre l’indennità di contingenza venne applicata sotto forma di incrementi percentuali dei salari. Con gli accordi del luglio 1992, la scala mobile fu definitivamente soppressa. All’abbandono, in parte deciso per volontà popolare espressa in un referendum, contribuì la dimostrazione che un’economia in cui l’i. salariale è istantanea e al 100% implica, ceteris paribus, un’inflazione più elevata. Perciò negli anni 1990 in Italia fu introdotto un sistema di i. salariale proporzionato all’inflazione programmata.
Tra i maggiori sostenitori della piena i. salariale vi fu M. Friedman (➔), che vide in essa un sistema per isolare il PIL reale dagli shock di domanda provocati da una politica monetaria erratica da parte della banca centrale. La piena i., infatti, mantenendo sempre costanti i salari reali, ha l’effetto di rendere verticale la curva di Phillips (➔ Phillips, curva di) e, conseguentemente, la curva di offerta aggregata (ingl. Aggregate Supply, AS, ➔ offerta aggregata). Perciò, qualsiasi shock subisca la domanda aggregata (➔), esso avrà effetti solo sul livello dei prezzi (o sul tasso d’inflazione), lasciando l’economia al livello di produzione ‘naturale’ o di lungo periodo. Ma se l’i. riesce a isolare il PIL reale dagli shock di domanda, non permette affatto di assorbire gli shock da offerta. Per cogliere questo punto, si supponga che l’economia si trovi inizialmente nell’equilibrio di lungo periodo e venga colpita da uno shock negativo di produttività. Il salario reale che le imprese saranno disposte a pagare dopo lo shock, per mantenere costante il loro mark up (➔)sarà più basso di quello di lungo periodo (➔ PRW). In assenza di i., o con i. parziale, tale riduzione del salario reale è ottenibile grazie a un aumento dei prezzi superiore all’aumento dei salari monetari. Ma se questi ultimi sono pienamente indicizzati, il salario reale rimane costante a un livello superiore a quello compatibile con il nuovo, temporaneo, equilibrio distributivo. La conseguenza è che l’inevitabile riduzione del PIL reale (a causa dello shock negativo) viene accompagnata da una maggiore spinta inflazionistica, superiore a quella che si avrebbe in assenza di i. o con i. parziale. Dunque, la piena i. non solo non è in grado di isolare l’economia reale dagli shock da offerta, ma può contribuire all’accelerazione dell’inflazione.