INDICIZZAZIONE
(App. IV, II, p. 170)
Le modalità ottimali dell'i. (finanziaria) sono state esaminate da J.C. Cox, J.E. Ingersoll e S.A. Ross (1980), con riferimento all'emissione di prestiti obbligazionari a tasso variabile (floaters). Teoricamente, si ha perfetta immunizzazione qualora gli interessi vengano pagati in via continuativa e siano costantemente aggiustati al livello corrente del tasso d'interesse valido per investimenti di durata istantanea: il prezzo del titolo rimarrebbe costantemente uguale al suo valore nominale. Nel caso in cui gli interessi vengano pagati a intervalli di tempo prefissati, affinché l'immunizzazione sia perfetta occorre che il pagamento sia uguale a quello che si sarebbe ottenuto effettuando investimenti di durata istantanea e capitalizzando continuamente gli interessi.
Entrambe le fattispecie sono impraticabili sia per la presenza di costi di transazione, sia perché l'incertezza sull'entità del pagamento, fino al giorno in cui è dovuto, è di ostacolo alla pianificazione dei flussi finanziari. Pertanto, nella pratica, i pagamenti a titolo d'interesse vengono determinati anticipatamente rispetto alla data di pagamento, mediando tra i due casi estremi d'immunizzazione perfetta e d'immunizzazione nulla, ossia tra i casi in cui la determinazione degli interessi avviene, rispettivamente, alla data del pagamento o alla data di origine del prestito. In quest'ultimo caso si configura la fattispecie degli ordinari titoli a tasso fisso, che si possono considerare come una forma estrema dei titoli indicizzati, per un grado nullo d'immunizzazione.
Una possibile forma d'i., che è prossima all'uso comune, consiste nel determinare gli interessi alla data in cui è stato effettuato il precedente pagamento (il primo pagamento viene fissato all'origine). Se il parametro di riferimento utilizzato per l'i. è costituito dal tasso d'interesse corrente per una durata (τ) uguale all'intervallo di tempo previsto tra i successivi pagamenti (di norma semestrale o annuale), il valore teorico del titolo coincide, alle date di pagamento, con il suo valore nominale. L'immunizzazione è parziale: trascorso un certo intervallo di tempo (t) dalla determinazione degli interessi, il rischio base del titolo indicizzato, ossia l'elasticità del prezzo rispetto al tasso istantaneo, è pari a quello di un titolo privo di cedole con durata pari al tempo mancante al pagamento (τ−t).
Riguardo al grado d'immunizzazione del titolo indicizzato, è teoricamente indifferente che il regolamento di emissione preveda il pagamento periodico degli interessi, con stacco di cedole, o la loro capitalizzazione, purché quest'ultima avvenga ai tassi di mercato.
K. Ramaswamy e S.M. Sundaresan (1986) hanno valutato gli effetti causati dalla presenza di imperfezioni nei meccanismi d'i., adottando un modello probabilistico per descrivere l'evoluzione dei tassi d'interesse (v. interesse, in questa Appendice). Sundaresan (1991), trattando degli accordi che prevedono lo scambio di pagamenti a tasso fisso con pagamenti a tasso variabile (interest rate swaps), ha fornito formule analitiche di valutazione dei floaters.
Nella pratica, le caratteristiche dei titoli indicizzati differiscono dalle prescrizioni teoriche. La più importante differenza consiste nell'utilizzo di tassi d'interesse a medio-lungo termine come parametri di riferimento. Ciò contrasta con l'obiettivo d'immunizzazione nella misura in cui il tasso considerato non risulti perfettamente correlato con l'appropriato tasso a breve. Altre volte, si considera l'appropriato tasso a breve, ma il parametro di riferimento è posto uguale a una media dei valori osservati in un intervallo di tempo prefissato. Infine, il grado d'immunizzazione viene spesso ridotto anticipando la determinazione degli interessi rispetto alla data del precedente pagamento. A fronte di queste imperfezioni, il parametro di riferimento viene in genere integrato da una maggiorazione prefissata (spread), il cui livello è direttamente proporzionale al rischio-emittente e alla durata del contratto. Lo spread serve anche a compensare il portatore del titolo dal rischio che il parametro di riferimento possa perdere significatività nel corso del tempo, divenga cioè meno correlato con il parametro ottimale d'indicizzazione. Lo spread è in genere costante per tutta la durata del prestito. Si tratta cioè di una percentuale prefissata che viene sommata al tasso di riferimento e non muta al variare di quest'ultimo. Poiché lo spread non si riduce con l'approssimarsi della scadenza del titolo, anche se verosimilmente si riducono i rischi che ne giustificano l'esistenza, le quotazioni tendono normalmente a essere superiori al valore nominale in prossimità della scadenza.
I primi titoli indicizzati finanziariamente sono stati emessi in Italia dall'ENEL, nel 1974. Il Tesoro italiano ha fatto ricorso, seppure con diversi gradi d'intensità, a titoli con le tre forme d'i.: Certificati di Credito del Tesoro a tasso variabile (CCT), dal 1977 (i. finanziaria); Certificati del Tesoro in Euroscudi (CTE), dal 1982 (i. valutaria); Certificati del Tesoro Reali (CTR), nel 1983 (i. reale).
Bibl.: J.C. Cox, J.E. Ingersoll, S.A. Ross, An analysis of variable rate loan contracts, in Journal of Finance, 35, 2 (maggio 1980), pp. 389-403; K. Ramaswamy, S. M. Sundaresan, The valuation of floating rate instruments: Theory and evidence, in Journal of Financial Economics, 17 (1986), pp. 251-73; S. M. Sundaresan, Valuation of swaps, in Recent developments in international banking and finance, a cura di S. J. Khoury, North Holland 1991, pp. 407-40.
Statistica. - I principi generali che definiscono l'i. e la dottrina che ne è alla base trovano realizzazione concreta mediante procedimenti statistici che variano a seconda delle modalità dell'i. stessa e, soprattutto, della natura dell'aggregato di valore considerato. Non sempre, in effetti, si è interessati all'i. di titoli, poiché uguale se non maggiore importanza riveste quella relativa ad aggregati economici più o meno compositi. In quest'ultimo caso si cerca spesso di risolvere il problema inverso, quello della deflazione; la soluzione degli aspetti complessi che essa comporta rende possibile confrontare, in modo approssimativamente omogeneo, nel tempo (o anche nello spazio), aggregati espressi in moneta corrente o in monete di paesi differenti (ma in uno stesso punto del tempo); v. deflazione, in questa Appendice.
Per quanto riguarda il problema diretto, non vi sono particolari problemi analitici (a parte quelli, sostanziali, d'individuare un indice effettivamente rappresentativo della variazione del valore nominale di un titolo o di un bene o servizio), poiché, indicando con Vt il valore al tempo t dell'aggregato considerato e con τIt l'indice di variazione del prezzo da t a t+τ, si perviene alla relazione Vt+τ=Vt.τIt.
Il problema inverso, cioè quello delle comparazioni omogenee, presenta invece caratteri di maggiore complessità, non tanto quando si fa riferimento al valore di un singolo bene (o servizio) che si vuole confrontare nel tempo (o nello spazio), quanto allorché si deve trattare con la deflazione del valore degli aggregati economici, che esprimono cioè somme di prezzi per quantità dei singoli beni o servizi che li costituiscono. Va precisato, al riguardo, che i procedimenti impiegati hanno per lo più carattere empirico e possono dare luogo a molteplici soluzioni. Ancor più intricata è la problematica connessa con la deflazione di aggregati riflettenti altre operazioni (in particolare quelle finanziarie): l'esame di quest'ultimo aspetto si ometterà poiché, da un lato, la trasformazione in termini reali può effettuarsi soltanto introducendo opportune ipotesi e, dall'altro, queste rivestono quasi sempre un carattere specifico tanto da renderne ardua una trattazione generale.
Confronti temporali. − Il problema della deflazione degli aggregati economici, cioè della trasformazione dei valori correnti in valori virtuali a prezzi costanti, suscettibili di esprimere la misura del volume fisico dei flussi, cioè della quantità delle grandezze aggregate oggetto di studio, riguarda in particolar modo le voci che figurano nelle sezioni di entrata e uscita dei conti economici nazionali. In linea di principio la misura del volume di un aggregato si può compiere seguendo tre impostazioni.
Se si suppone che l'aggregato sia costituito da n beni o servizi e di essi si conoscono sia i prezzi e le quantità al tempo base (pi0,qi0; i=1, ..., n) rispetto al quale si vuole effettuare la comparazione, sia quelli all'epoca corrente t (pit,qit; i=1, ..., n), il volume dell'aggregato può ottenersi moltiplicando le quantità correnti qit per i prezzi dell'epoca di riferimento pi0, ottenendo un aggregato virtuale Σpi0qit; la deflazione si concretizza allora in base alla trasformazione indicata dall'aggregato virtuale di valore calcolato nell'ipotesi d'invarianza dei prezzi. Tuttavia, di norma, non si possiedono tutti i dati necessari per giungere alla soluzione dianzi prospettata.
Un secondo modo di procedere richiede le disponibilità del valore dell'aggregato all'epoca di riferimento e di un indice di quantità Iq. In tal caso, il volume dell'aggregato al tempo t può ottenersi moltiplicando (Σpi0qi0)Iq. In particolare, se Iq=Σpi0qit/Σpi0qi0 (cioè è un indice di Laspeyres), si ottiene formalmente l'identica soluzione del caso precedente.
Infine, se si dispone di un indice dei prezzi Ip dei beni e servizi costituenti l'aggregato, una stima del volume di quest'ultimo all'epoca corrente si ottiene dividendo il suo valore corrente per l'indice Ip. In particolare, se Ip=Σpitqit/Σpi0qit (cioè è un indice di Paasche), si ottiene formalmente, ancora una volta, la stessa soluzione predisposta per il primo caso.
Si è sottolineato che nei tre casi si arriva a soluzioni ''formalmente'' uguali poiché, da un lato, non è detto che i numeri indici di quantità o di prezzo di cui si dispone siano rispettivamente di tipo Laspeyres e Paasche e, dall'altro, perché non è detto (v. anche numeri indici, in questa Appendice) che nella costruzione dei numeri indici sintetici si considerino tutti i beni e servizi che concorrono a formare l'aggregato da deflazionare; inoltre, l'utilizzazione dei numeri indici fa sorgere un insieme di altri problemi quali l'influenza delle variazioni di qualità dei beni e dei servizi, il ricambio dei prodotti, e via dicendo, che, com'è noto, non sono risolubili in modo univoco. Per tutti questi motivi, nei casi pratici − e quando è possibile in base alla disponibilità della documentazione statistica − ove non si possa procedere nel primo modo, si tende a utilizzare congiuntamente, anche a fini di verifica, i due restanti procedimenti, salvo privilegiare quello che, di volta in volta, risulti migliore in relazione alla natura dell'aggregato.
La questione dei confronti temporali aumenta di complessità allorché ci si propone di deflazionare saldi contabili, quali il valore aggiunto, il risparmio, ecc., che cioè sono ottenuti come differenze di due aggregati di valore. Premesso che, normalmente, è importante che ciascun aggregato abbia il suo deflatore onde evitare d'introdurre nei dati deformazioni e distorsioni, nel caso dei saldi contabili si ricorre al procedimento della doppia deflazione, consistente nell'esprimere in termini reali ciascuno dei due aggregati (minuendo e sottraendo) costituenti il saldo, e nell'effettuare poi la differenza dei risultati così ottenuti. Il procedimento si articola in funzione del tipo di saldo contabile esaminato (v. anche deflazione, in questa Appendice). Per la sua importanza, notevoli sforzi sono stati compiuti nel caso della deflazione del valore aggiunto e, al riguardo, sono stati proposti da Geary indici della variazione del volume di tale aggregato.
Indicando con pi0, qi0, pit, qit (i=1, ..., n) rispettivamente i prezzi e le quantità, all'epoca base e corrente, dei beni e servizi prodotti (cioè la produzione vendibile) e con bi0, fi0, bit, fit, i prezzi e le quantità, all'epoca base e corrente, dei prodotti e servizi intermedi (inputs), si perviene alla determinazione dei seguenti aggregati: v0=Σpi0qi0 (produzione); w0=Σbi0fi0 (consumi intermedi). Essi, quando vengono tra loro sottratti, forniscono il valore aggiunto al tempo base Y0=v0−w0. Analoghe espressioni possono determinarsi per l'epoca corrente t. In questo caso è vt=Σpitqit e wt=Σbitfit, mentre il valore aggiunto, al tempo t, è fornito dalla relazione Yt=vt−wt. Di conseguenza, volendo valutare i volumi degli aggregati di produzione e servizi intermedi al tempo corrente (ai prezzi del tempo base), si ottengono le relazioni v't=Σpi0qit e w't=Σbi0fit, mentre il valore aggiunto (espresso ai prezzi del tempo base) è dato da Y't=v't−w't. Pertanto l'indice di Geary della variazione del volume del valore aggiunto è fornito dalla Iy(L)=Y't/Y0, che è di tipo Laspeyres. In maniera analoga può ricavarsi l'indice di volume di tipo Paasche. Esso è pari a Iy(P)=Yt/Y'0=(vt−wt)/(v'0−w'0), avendo indicato con v'0 e w'0 le espressioni: v'0=Σpitqi0; w'0=Σbitfi0. Ove si computi la media geometrica dei due indici di tipo Laspeyres e Paasche precedentemente esposti, si determina l'indice della variazione del volume di Fisher del valore aggiunto.
Va precisato che non sempre i saldi a prezzi costanti, ottenuti utilizzando il procedimento della doppia deflazione, del tipo Y't e Y'0, presentano lo stesso segno dei corrispondenti saldi a prezzi correnti. Inoltre, molto spesso, i confronti temporali vengono effettuati ricorrendo al metodo della deflazione semplice utilizzando un solo indice dei prezzi (quello della produzione o dei consumi intermedi). Esso però conduce a risultati soddisfacenti soltanto se il rapporto tecnologico input/produzione si mantiene costante nel tempo.
Confronti nello spazio. − Mentre appare del tutto evidente l'importanza che riveste il confronto di aggregati economici a livello internazionale, va detto che il problema può risolversi solamente sulla base dell'adozione di molte concezioni semplificatrici, le quali, in numero e in sostanza, sono meno realistiche delle corrispondenti ipotesi assunte nel caso di confronti temporali (all'interno di uno stesso paese).
Nel caso di confronti bilaterali (ma anche multilaterali) il metodo dell'utilizzazione del tasso di cambio per riportare a un'unica unità monetaria aggregati economici valutati nelle diverse monete dei rispettivi paesi si rivela largamente insoddisfacente; esso infatti non esprime il rapporto dei livelli dei prezzi interni dei paesi posti a confronto (ove si verificasse tale auspicabile evenienza potrebbe allora parlarsi di ''cambio economico'' e la preclusione dianzi posta cadrebbe), ma viene riferito ai soli beni e servizi che entrano a far parte del commercio internazionale. Senza contare che il tasso di cambio non sconta l'effetto dei dazi doganali, dei costi dei trasporti e delle variazioni subite, all'interno, dai prezzi a seguito delle trasformazioni cui i prodotti sono sottoposti (costi di distribuzione, imposte indirette, ecc.). Da ultimo, non può trascurarsi che i cambi ufficiali vengono determinati dai governi tenendo conto di una molteplicità di condizioni e di fatti, fra cui i movimenti di capitale, oltre che di istanze politiche.
Si utilizzano allora procedimenti di confronto che fanno di solito riferimento al prodotto interno lordo (PIL). Tale scelta evita sia di valutare un aggregato complesso com'è quello degli ammortamenti (valutazione che comporta difficoltà concettuali e pratiche), sia di trasformare in termini reali gli aggregati finanziari (operazione di cui si è segnalata la difficoltà) costituiti dai redditi da e per l'estero. Premesso che il PIL può interpretarsi come flusso di beni e servizi prodotti nell'unità di tempo (e quindi esprimersi in termine di aggregazione di moltiplicazioni di quantità e prezzo di essi), si può pervenire a una sua valutazione sommando i valori aggiunti delle singole imprese operanti nel paese (metodo della produzione), ovvero, sommando gli impieghi finali e cioè consumi, investimenti ed esportazioni nette (metodo della spesa). Di solito, si preferisce la seconda impostazione alla prima, poiché consente di confrontare anche gli aggregati economici componenti.
Il procedimento che si segue impiegando il metodo della produzione è del tutto analogo a quello esposto in precedenza, allorché si sono illustrati gli indici di Geary che consentivano di confrontare la variazione del volume del valore aggiunto nel tempo (si sostituiscono al tempo base e a quello corrente i paesi α e β oggetto di esame). Omettiamo quindi una sua descrizione. L'illustrazione del metodo della spesa richiede invece l'introduzione di ''parità economica elementare'' o ''tasso di equivalenza delle monete'' e ad esso si farà ora riferimento, limitandoci poi a trattare solamente il caso dei consumi.
Se piα e piβ sono i prezzi dello i-mo generico bene o servizio consumato rispettivamente in Lα ed Lβ, si definisce ''parità economica elementare'' il rapporto piα/piβ; esso esprime il numero di unità monetarie del paese Lα ''equivalenti'' a un'unità monetaria di Lb, con riferimento al bene o servizio i-mo considerato.
Limitando ora il confronto a due soli paesi, si usa la tecnica dei numeri indici, assumendo come sistema di ponderazione la struttura dei consumi di Lβ o quella di Lα. Nel primo caso si ha, utilizzando indici di tipo Laspeyres:
avendo indicato con qiβ la quantità consumata dello i-mo bene o servizio in Lβ; mentre nel secondo si ha:
Ad analoghe formule si perviene utilizzando indici di tipo Paasche. Come sempre, per superare il dualismo di parità economiche che l'utilizzazione dei due tipi di indici comporta, ci si serve della formula ideale di Fisher. Si ottengono così in modo univoco i tassi di equivalenza dei due paesi considerati che, utilizzati come deflatori, consentono la comparazione dell'aggregato dei consumi in termini reali. Al di là del formalismo appena descritto, si pongono però vari problemi per giungere a confronti realmente significativi. Anzitutto occorre considerare prezzi dei beni e servizi identici nei due paesi, cosa non sempre interamente possibile, il che aumenta il grado d'incertezza sulla bontà dei risultati. Va poi specificato che la rappresentatività dei beni considerati costituisce un problema delicato nel caso di confronti spaziali poiché, al contrario di quanto accade per i confronti temporali in uno stesso paese, beni importanti per il paese Lα possono non esserlo per Lβ e viceversa. Infine occorre risolvere il problema dei prodotti presenti in uno solo dei due paesi. In tali casi si usano artifici vari che consentono ugualmente di effettuare confronti, aumentandone però il grado di relativa disomogeneità.
Ove si vogliano compiere confronti multilaterali fra n paesi (n>2), i problemi concettuali e di calcolo aumentano in maniera tanto sensibile da limitarne un'illustrazione dettagliata. Comunque sono stati approntati alcuni metodi che, tutti, partono dalla determinazione di un sistema di indici binari di tipo Laspeyres e Paasche, analoghi a quelli precedentemente illustrati. Ma quando si perviene a sintetizzarli mediante indici di tipo Fisher, ci si rende conto che essi non godono della proprietà della transitività (cioè Fij≠Fit·Ftj, con i≠j≠t), fondamentale nel problema in esame, poiché ciò impedisce di stabilire un sistema unico di conversione delle monete, mentre i risultati dipendono dal paese che si sceglie come base. Si cerca allora di ottenere che la transitività delle basi (o, come anche si dice, la circolarità) sia assicurata assumendo ipotesi particolari che, tuttavia, limitano l'efficacia del confronto. Più specificamente, s'impone innanzitutto una lista unica di prodotti e un uguale sistema di ponderazione per tutti i paesi, corrispondente a una struttura media o convenzionale. In secondo luogo s'introducono particolari condizioni agli indici binari. Eltetö, Köves e Szule hanno proposto una prima soluzione, mentre van Ijzeren ha adottato un metodo che conduce a tre diversi indici circolari (del ''gruppo omogeneo'' e del ''metodo bilanciato'', per i quali si rimanda ai lavori citati in bibliografia). Altre impostazioni sono quelle di Geary-Khamis, che determina i tassi di equivalenza sulla base di un procedimento simultaneo, e quella di Gerardi, adottata dalla Comunità europea, che verifica, oltre alle proprietà di reversibilità delle basi e di circolarità, anche quella dell'additività: quest'ultima riveste un'importanza considerevole allorché, per più paesi, si confrontano aggregati contabili ottenuti come somma di sub-aggregati costituenti anch'essi oggetto di comparazione. L'indice G che si ottiene presenta pertanto proprietà formali notevoli anche se il suo significato economico appare meno immediato.
Bibl.: J. van Ijzeren, Three methods of comparing the purchasing power of currencies, in Statistical Studies, 7, L'Aia 1956; R.C. Geary, A note on the comparison of exchange rate and purchasing power between countries, in Journal of the Royal Statistical Society, 1958; O. Eltetö, T. Köves, One index computation problem of international comparison (in ungherese), in Statisztikai Szemle, 1964; I.B. Kravis, Z. Kennessey, A. Heston, R. Summers, A system of international comparison of gross product and purchasing power, Baltimora e Londra 1975; D. Gerardi, Alcuni aspetti metodologici riguardanti il calcolo della parità dei poteri di acquisto fra i paesi della Comunità Europea, Atti del Convegno della Società italiana di statistica, 1978; F. Giusti, O. Vitali, Statistica economica, Bari 1990.