INDIE ROCK.
– Nascita del genere. L’importanza del web: da Myspace a «Pitchfork». Un fenomeno mondiale. Bibliografia
Nascita del genere. – Genere musicale nato in Gran Bretagna e negli Stati Uniti nella metà degli anni Ottanta del 20° sec., ma sviluppatosi negli anni Novanta. Indie è una contrazione di independent, e si riferisce all’adesione delle bands del periodo al mercato discografico indipendente, fuori dagli schemi e dai circuiti delle grandi multinazionali della musica (le cosiddette majors). Di fatto però il termine indie, inteso come genere, appare ufficialmente nel 1986 con C86, un demotape allegato al settimanale musicale inglese «New musical express» in collaborazione con la Rough Trade, tra le prime etichette indipendenti insieme alla statunitense Alternative Tentacles. John Peel, celebre conduttore di BBC Radio (il più autorevole operatore radiotelevisivo del Regno Unito), definì quel nastro come il punto di partenza di tutto l’indie rock. Una cassetta-compilation dove trovavano spazio, tra gli altri, i Primal scream, The Pastels, The wedding present, bands dagli approcci sonori differenti selezionate nel sottobosco underground britannico.
L’importanza del web: da Myspace a «Pitchfork». – Con la crescita esponenziale del web, l’i. r. ha trovato nuovi alleati: dalle webzines (fanzines digitali) alle prime webradio, fino ai blog dei fans, canali di promozione del tutto innovativi e imprevedibili rispetto al passato.
La vera svolta per la diffusione delle indie bands è legata, comunque, alla nascita di Myspace, una comunità virtuale fondata negli Stati Uniti nel 2003 da Tom Anderson e Chris DeWolfe. Tra il 2005 e il 2006 Myspace ha raggiunto l’apice della notorietà, fino a trasformarsi in una gigantesca vetrina per i giovani artisti di tutto il pianeta. Il grande successo della piattaforma è però durato poco: con la diffusione di massa di Facebook e Twitter, il network ha iniziato a perdere appeal, anche a causa di scelte editoriali sbagliate (navigazione difficoltosa, pagine ‘pesanti’ da caricare) e nel 2009 è stato costretto a resettare tutti i profili degli utenti.
Le indie bands di nuova generazione hanno però trovato con Myspace spazio e visibilità. Come nel caso degli Arctic monkeys, gruppo inglese di Sheffield. La formazione ha letteralmente cavalcato Myspace, tanto che il loro primo album – Whatever people say I am, that’s what I’m not – è frutto proprio del successo ottenuto in rete. Nel gennaio del 2006 il disco ha venduto solo nella prima settimana di pubblicazione 364.000 copie, un record, grazie al passaparola degli utenti. Sull’onda di tale successo si sono formati gruppi come gli Hawthorne heights, i My chemical romance e i Clap your hands say yeah. Innovativo l’approccio di questi gruppi anche dal punto di vista strettamente sonoro: rock più aggressivo rispetto al passato, contaminato dai generi, testi espliciti, costanti riferimenti alla cultura underground.
Un ruolo importante nella diffusione dell’indie sound spetta a «Pitchfork», una webzine statunitense promotrice indefessa del genere. Prova ne sia il libro The Pitchfork 500. Our guide to the greatest songs from punk to the present, pubblicato nel 2008, che dà ampio spazio al fenomeno. Dagli immancabili Arcade fire agli statunitensi Beirut e TV on the radio, gruppi considerati fondamentali per decifrare le tendenze contemporanee. Anche Lily Allen, ‘nata’ su Myspace, è stata fortemente sostenuta dai critici musicali di «Pitchfork». Da cantautrice dell’area alternative, influenzata dal reggae e dallo ska, Allen è diventata nel tempo una diva del pop. Tra il 2006 e il 2013 l’artista londinese è riuscita a scalare le classifiche inglesi e statunitensi, ad aggiudicarsi una nomination al Grammy con il suo album Alright, still (Regal Records, 2006, quasi tre milioni di copie vendute in tutto il mondo) e a condurre un talk-show televisivo per BBC3 – Lily Allen and friends – sulla sua esperienza nel mondo dei social network.
L’industria musicale si è trovata, dunque, nella necessità di fare i conti con una serie di nuove realtà, cresciute tra il web e il mercato sotterraneo. Come i Kasabian, che, nati alla fine degli anni Novanta a Leicester in Gran Bretagna, hanno cavalcato l’onda indie e raggiunto i vertici del successo mondiale in un lasso di tempo relativamente breve, fino a fare incetta di premi nel 2010, anno della consacrazione ufficiale: miglior gruppo britannico ai Brit awards, miglior album per West ryder pauper lunatic asylum ai NME awards e ai Q awards, canzone dell’anno con Fire ai Mojo awards.
Un fenomeno mondiale. – Diverse le caratteristiche della scena indie staunitense: suoni più ruvidi, cupi, con chiare citazioni garage-punk o new wave. A New York si sono formati sia gli Strokes sia gli Interpol, eterni rivali di successo e pionieri del genere, mentre a partire dal 2006 nuovi gruppi hanno iniziato a imporsi attraverso mix di stili variegati ed eterogenei: i Beirut di Zachary Condon con forti echi di folk dell’Est; The Killers, che da Las Vegas sono partiti alla conquista del mondo e con soli quattro album hanno tagliato il traguardo dei 22 milioni di copie vendute; The National guidati dal cantante Matt Berninger, una formazione di Brooklyn che ha sposato anche la causa politica e sociale suonando a sostegno di Barack Obama e per il popolo tibetano (il loro album del 2007, Boxer, è stato considerato disco del decennio da «Pitchfork») e Sufjan Stevens, cantautore dalla vena profonda e minimale. Artisti diversi per stili e attitudini. Evidentemente il fenomeno tocca qualunque latitudine. Come nel caso dei Notwist, tedeschi di Baviera, nati come band hardcore (un’estremizzazione del punk) e approdati con grande seguito di pubblico e critica all’elettronica. Anche in Italia infine esiste una scena indie di valore grazie a gruppi come i Baustelle, Le luci della centrale elettrica, i Cani, Brunori Sas, Perturbazione.
Bibliografia: L. McNeil, G. McCain, Please kill me. The uncensored oral history of punk, New York 1997 (trad. it. Please kill me. Il punk nelle parole dei protagonisti, Milano 2006); M. Azerrad, Our band could be your life, Boston 2001 (trad. it. American Indie 1981-1991. Dieci anni di rock underground, Roma 2010); N. Taylor, Document and eyewitness. An intimate history of Rough Trade, London 2010; B. Osborne, The Arctic Monkeys. Whatever people say they are... That’s what they’re not, London 2013.