individualismo
Viene definita individualistica qualunque posizione che conferisca all’individuo un valore preminente rispetto alla comunità di cui egli è membro. È individualistica la concezione giusnaturalistico-liberale (che ha i suoi massimi esponenti in Locke e in Kant), per la quale il singolo, in quanto persona, ha un valore assoluto, prima e indipendentemente dai rapporti di interazione con i suoi simili (➔ giusnaturalismo). In tale prospettiva il singolo individuo è superiore alla società di cui entra a far parte, e lo Stato è solo il risultato di un accordo o contratto stipulato fra i singoli individui (➔ contrattualismo). Lo Stato, quindi, non è una persona reale, ma solo una somma di individui, ciascuno dei quali deve avere una propria sfera di libertà. Questa concezione è stata espressamente teorizzata da Constant nel suo celebre discorso del 1819 su La libertà degli antichi paragonata a quella dei moderni. Qui egli ha affermato che la libertà degli antichi era caratterizzata in senso collettivo, era una libertà vigilata dalla comunità: nel senso che essa consisteva nell’esercitare collettivamente e direttamente molte funzioni della sovranità (si deliberava nella pubblica piazza sulla guerra e sulla pace, sulle leggi, sull’operato dei cittadini, ecc.); ma questa libertà collettiva era compatibile con l’asservimento completo dell’individuo all’autorità pubblica («Tutte le azioni private sono sottoposte a una sorveglianza severa. Niente è concesso all’indipendenza individuale, né per quanto riguarda le opinioni personali, né in materia di attività economica, né, soprattutto, in materia di religione»). La libertà dei moderni, invece, è la libertà dell’individuo, al quale deve essere riconosciuto il diritto di non essere sottoposto che alle leggi, di esprimere la propria opinione, di scegliere il proprio lavoro e di esercitarlo, di disporre della proprietà, di andare e venire senza chiedere permessi, di esercitare il culto che egli preferisce, ecc. La preoccupazione per la sorte dell’individuo nella società democratica di massa è al centro del pensiero di Tocqueville e di J.S. Mill. In tale società Tocqueville vede il pericolo del sorgere di un nuovo Stato paternalistico, in cui il sovrano si ritiene responsabile delle azioni e del destino di ciascuno dei suoi sudditi, e opera al fine di guidarli e di illuminarli nei diversi atti della loro vita e, se occorre, di farli felici loro malgrado. Mill condivide la preoccupazione di Tocqueville, e contro i pericoli della società democratica di massa difende appassionatamente i diritti dell’individuo e il valore della sua autonomia. «La natura umana – egli dice – non è una macchina da costruire secondo un modello e da regolare perché compia esattamente il lavoro assegnatole, ma un albero, che ha bisogno di nascere e svilupparsi in ogni direzione, secondo le tendenze delle forze interiori che lo rendono una creatura vivente». Ma perché la natura di ciascuno abbia la possibilità di esplicarsi, è essenziale che sia consentito a persone diverse di condurre vite diverse, secondo la loro vocazione, i loro talenti, le loro aspirazioni e il loro carattere.