INDIVIDUO (lat. individuus "indivisibile")
Nel linguaggio comune questo termine indica un essere indivisibile, indipendente, con una sua forma propria che lo fa riconoscere.
Biologia. - È sotto forma d'individui che noi possiamo soltanto conoscere gli esseri viventi e le loro diverse specie, da essi rappresentate. Ma, se prendiamo a considerare con attenzione un individuo, ci troveremo quasi sempre, o per lo meno spesso, nell'impossibilità d'individuarlo. E, prima di tutto, un essere vivente non è mai perfettamente identico a sé stesso in due momenti successivi della sua vita: l'individuo che abbiamo ora sotto agli occhi fra poco non sarà più proprio lo stesso; spesso i cambiamenti sono così profondi, che, se non li abbiamo seguiti continuamente, non possiamo riconoscere lo stesso individuo in due momenti della sua vita. L'uovo, il bruco che ne nasce, la crisalide in cui questo s'immobilizza, la farfalla che ne vien fuori sono altrettanti individui diversi, che pure sono lo stesso individuo. Né più agevole riesce determinare i limiti dell'individuo quando lo vediamo moltiplicarsi a un certo momento della sua vita individuale, in una catena di più o meno numerosi individui simili, come avviene in alcuni vermi (Rabdoceli, Policheti); o, tagliatolo in due o più pezzi, vediamo ciascuno di questi divenire, con processi di regolazione e di rigenerazione, un individuo completo (Anellidi, stelle di mare, planarie, idre, grossi infusorî quali gli Stentor). Anche più fugace e imprecisabile diventa la nozione d'individuo, quando un essere, dopo una breve esistenza individuale, si scinde in due, come solitamente avviene in moltissimi protozoi e, per successive divisioni, in pochi giorni diventa centinaia d'individui. E se, invece, per successivi processi di divisione o di gemmazione, da un individuo si forma un cormo o colonia animale, come nelle vorticelle, nelle volvocinee, negl'idroidi, nei coralli, nelle madrepore, ci troviamo di fronte un nuovo individuo, un'individualità di second'ordine, fatta di molte individualità di prim'ordine, i polipi, a quella ora subordinate.
Esaminando poi al microscopio un individuo pluricellulare, lo vedremo anch'esso composto di un certo numero di cellule, individui anche queste. Se vogliamo alla cellula attribuire il valore d'un individuo, il polipo diventa un'individualità di 2° ordine rispetto alle sue cellule e il cormo un'individualità di 3° ordine.
Sotto un altro aspetto ancora ci troviamo imbarazzati a definire l'individuo quando vediamo un uovo, che di solito sappiamo diventare un individuo, dividersi in due e divenirne due. Si hanno così tutti i gradi di duplicità, i cosiddetti mostri doppî (v. teratologia), fino ai fratelli siamesi e ai gemelli perfetti (v. Gemelli). E la frammentazione dell'uovo può andare oltre, come avviene nei casi di poliembrionia (v.), in cui si sviluppano da un unico uovo quattro, nove (armadilli) o centinaia d'individui (alcuni imenotteri calcididi). Ma anche più singolare è il formarsi d'una individualità nelle società animali, soprattutto in quelle così organiche degl'insetti sociali (api, formiche, termiti), dove i singoli membri sono altrettanti individui, che sembrano affatto indipendenti, eppure non possono continuare a vivere se non come parti della società; essi sembrano gli organi di quel misterioso organismo che è l'alveare, il formicaio, il termitaio.
E, finalmente, essenziale e profondo, sebbene meno manifesto all'occhio del profano, il vincolo indissolubile d'ogni individuo vegetala o animale (cellula, polipo, colonia, società) con la propria specie, di cui esso è la personificazione ed a cui è completamente subordinato. La specie, altra individualità che si continua nello spazio e nel tempo simile a sé stessa per una certa durata della sua vita, non esiste se non nei suoi individui, e ciascun individuo non esiste se non come determinazione della specie. I molti individui di una specie, pur diversi per caratteri individuali, variano entro i rigorosi limiti dei caratteri della specie cui appartengono e la loro forma, la loro struttura e tutte le loro manifestazioni vitali obbediscono a questa individualità superiore di cui sono parte: la specie.
Filosofia. - Il concetto filosofico d'individuo ha la sua origine verbale nel termine greco ἄτομος ("atomo", da ἀ privativo e τέμνω "taglio": quindi equivalente a individuus), entrato nel linguaggio speculativo antico propriamente con Democrito, che se ne valse per designare gli elementi ultimi e indivisibili del reale. Ma se ciò determinò la fortuna del termine "atomo", il significato che divenne peculiare di quello di "individuo" derivò invece dall'uso che di ἄτομος fece Platone, in rapporto con la sua teoria della divisione (v.) logica dei concetti. Nel sistema delle idee, ciascun εἷδος risultava dalla divisione (dicotomica o tricotomica) di un εἷδος superiore, e dava a sua volta, suddivisa che fosse la sua estensione, origine ad altri εἵδη in compenso più ricchi di comprensione; ma questo processo, se culminava in alto nella più estesa delle idee, terminava in basso nell'εἷδος che, coincidendo con la singola realtà, non ammetteva ulteriore divisione, era cioè ἄτομος εὗδος, "individuo". L'importanza del concetto d'individuo crebbe naturalmente con Aristotele, in dipendenza del maggiore valore metafisico attribuito da questo, a differenza di Platone, alla sostanza singola e quindi individua; e ne sorse la tradizionale concezione dell'individualità come carattere essenziale della sostanza, indipendente nella sua esistenza e non predicabile, ma soggetto di predicati. Nel Medioevo il problema dell'individualità prese la forma di quello del principium individuationis, in cui si dibatté se principio individuante fosse, nell'individuo o "sinolo" aristotelico, la materia o la forma: gli uni (per es. S. Tommaso) optando per la prima, come determinatrice singola dell'universalità formale, gli altri (per es. lo scotismo) considerando l'indeterminatezza della materia come insufficiente all'individuazione, ed escogitando perciò l'ideale principio della haecceitas. Nell'età moderna, il problema dell'individuo e dell'individuazione ha sempre più perduto importanza, e si è risolto in altri problemi (v. anche individualismo; universale).