Individuo
Il termine individuo (dal latino individuus, "indiviso, indivisibile", composto di in- e dividuus, "diviso", che corrisponde etimologicamente al greco ἄτομος, composto di ἀ- privativo e tema di τέμνω, "tagliare") indica ogni singolo ente in quanto distinto da altri della stessa specie. In biologia per individuo si intende ogni organismo animale o vegetale, uni- o pluricellulare, che non può essere suddiviso senza perdere le caratteristiche strutturali e funzionali che gli sono proprie: in particolare è la biologia evoluzionista a insistere sul carattere individuale di ogni soggetto vivente come fonte della variabilità su cui si basa il meccanismo della selezione naturale.
□ Bibliografia
Il pensiero biologico e medico sembra storicamente oscillare tra i due poli di una dicotomia fondamentale. La grande diversità delle specie, delle manifestazioni fisiologiche e patologiche della vita sottende infatti somiglianze notevoli fra tutti gli esseri viventi: le diverse forme di vita condividono gli stessi meccanismi chimici fondamentali, sono costituite essenzialmente dalle stesse molecole chimiche (proteine, acidi nucleici, zuccheri, grassi), il programma genetico che ne dirige la formazione e ne controlla il funzionamento è basato su un solo codice e sugli stessi meccanismi di trascrizione e di traduzione. Ciò ha dato origine al contrasto, apparentemente paradossale, fra la sostanziale unità chimica degli organismi: dai batteri alle piante, agli animali, e la straordinaria diversità della vita sulla Terra. Diverse discipline o diversi periodi storici privilegiano l'uno o l'altro terreno di ricerca: studiare gli invarianti, la base comune della vita, oppure l'individualità, la diversità biologica. Entrambi questi indirizzi hanno prodotto importanti sviluppi conoscitivi e la biologia contemporanea trova nell'interazione fra identità e variabilità, fra invarianti e specificità, uno dei principi teorici fondamentali.
Negli anni Trenta del 20° secolo i progressi della biochimica comparata mostrarono che organismi di aspetto morfologico estremamente differente hanno spesso dei rapporti costanti per una data sostanza chimica. I biochimici della generazione successiva rilevarono la sostanziale omogeneità chimica dei componenti cellulari in tutta la biosfera. Solo alcuni elementi, situati nei primi periodi della tabella di Mendeleev, si trovano negli organismi . Su un totale di 92 elementi naturali, infatti, solo 24 sono gli elementi essenziali presenti negli organismi viventi superiori e pochi altri si trovano in tracce in alcune specie. Questa scelta, molto ristretta, non è affatto casuale e non risponde alla frequenza relativa degli elementi chimici nell'ambiente in cui gli organismi vivono. Essa risulta da una selezione già a livello chimico e comune a tutte le forme di vita. Al gradino superiore di organizzazione, l'analisi biochimica delle molecole di interesse biologico ha portato a risultati simili. Di fronte alla straordinaria diversità delle specie biologiche, il numero dei composti biochimici presenti è limitato e diffuso uniformemente. Si può trattare, anche in questo caso, di una 'decisione' presa nei primi passi dell'evoluzione prebiotica, incorporata nel meccanismo di memoria dell'organismo e così perpetuata in maniera selettiva. Per es., della grande varietà possibile di aminoacidi, nelle proteine se ne trovano solo 20, ed essi, salvo piccole isolate modificazioni, sono gli stessi in tutti gli organismi conosciuti. A risultati analoghi si giunge negli studi biochimici sul metabolismo. Tutti i processi chimici si sono rivelati standardizzati e diffusi omogeneamente nella biosfera. Per es., le principali classi di alimenti sono catabolizzate formando i radicali acetilici dell'acetilcoenzima A, la cui completa ossidazione, mediante il ciclo del citrato (ciclo di Krebs) produce anidride carbonica (convergenza metabolica). L'uniformità della biosfera si manifesta quindi sia per quanto concerne la composizione sia la cinetica chimica. D'altro canto, l'unità a livello biochimico costituisce l'espressione dell'unità al tempo stesso morfologica e fisiologica, che è affermata dalla teoria cellulare. La cellula è l'unità di base della vita ed è la stessa in tutta la biosfera. Non esistono forme di vita se non basate sulla cellula (anche i virus hanno bisogno della cellula per replicarsi). Essa assicura inoltre l'unità dell'evoluzione, della storia naturale. L'universalità della biochimica e della struttura cellulare solleva un problema fondamentale per la biologia: stabilire l'origine della prodigiosa diversità morfologica e fisiologica degli esseri viventi, nonostante che i costituenti, dal punto di vista chimico e fisiologico, siano gli stessi e vengano sintetizzati attraverso le medesime vie. A tale quesito se ne associa un altro, altrettanto fondamentale: conoscere in che modo questa diversità, questa variabilità che rende specifica ogni singola forma vivente può essere conservata sempre strutturalmente identica a sé stessa attraverso le generazioni, se i materiali sono gli stessi e le trasformazioni chimiche sono utilizzate egualmente da tutte le altre specie. La soluzione di questi problemi è venuta dalla biologia molecolare, in particolare dall'introduzione del concetto di codice genetico. I costituenti universali, che sono da un lato i nucleotidi (unità elementari degli acidi nucleici), dall'altro gli aminoacidi (i 'mattoni' delle catene proteiche), rappresentano l'equivalente di un alfabeto con cui sono descritte ed espresse la struttura e quindi le funzioni specifiche delle proteine. L'alfabeto è ovunque lo stesso, ma con esso è possibile scrivere tutta la diversità delle strutture e delle funzioni della biosfera. Come scrive F. Jacob (1981), le due proprietà, in apparenza opposte, degli esseri viventi, la stabilità e la variabilità, si basano sulla natura stessa del codice genetico.
Come si è detto, gli oggetti biologici sono quindi caratterizzati dalla compresenza di dati comuni, che permettono di porsi la domanda generale "Che cos'è la vita?", e dalla molteplicità delle concrete realizzazioni di questi dati. L'unità del piano biochimico è in realtà solo un'astrazione, quasi un epifenomeno, in quanto ogni singolo individuo di ogni singola specie ne è una diversa e irripetibile realizzazione. Vi è una dialettica fra uniformità chimica e individualità biochimica. Già all'inizio del 20° secolo, A. Garrod aveva ipotizzato la possibilità che vi fossero delle variazioni individuali del metabolismo, collegandola al concetto di errori congeniti del metabolismo stesso. Garrod fu anche il primo a parlare di una base chimica dell'individualità biologica, successivamente messa in evidenza dagli sviluppi della genetica biochimica e della biologia molecolare. Data la complessità delle macromolecole di interesse biologico, piccole variazioni, come la sostituzione di un aminoacido con un altro in una lunga catena proteica, possono avere scarso significato sulla funzione di queste proteine ed essere quindi conservate nell'organismo e trasmesse ereditariamente. Il numero di possibili variazioni nella composizione chimica è così grande che è impossibile, anche a livello biochimico, trovare due individui che abbiano esattamente gli stessi componenti. In questo modo l'analisi delle differenze biochimiche può permettere di scoprire delle relazioni filogenetiche fra i diversi gruppi di organismi. Il numero di aminoacidi differenti presenti in due molecole omologhe in specie diverse ci dà, approssimativamente, il numero di mutazioni intervenute nelle rispettive linee evolutive, permettendoci, quindi, di valutare qualitativamente i rapporti evoluzionistici fra le due specie. I meccanismi della ricombinazione mendeliana e della riproduzione sessuata assicurano la possibilità di produrre una quantità elevatissima di patrimoni genetici diversi. È quindi del tutto improbabile che due persone qualsiasi, tranne il caso dei gemelli identici, abbiano mai avuto o possano mai avere la stessa costellazione di geni. Alla variabilità genotipica si somma poi la variabilità fenotipica, ancora maggiore, perché ogni genotipo, sviluppandosi epigeneticamente, incontra un ambiente diverso da quello di tutti gli altri. Lo stesso individuo cambia continuamente durante la sua vita e quando è posto in differenti condizioni ambientali. In ogni specie che si riproduce sessualmente non ci sono due individui identici, non solo perché essi sono geneticamente differenti, ma anche perché differiscono per età, sesso e per aver accumulato diversi tipi di informazione nei loro programmi a memoria aperta. Quando si passa dal livello dei singoli organismi a quelli gerarchici superiori, come le popolazioni o le specie, l'importanza dell'individualità aumenta ancora, dato che la vita e la sopravvivenza della specie dipendono dalla diversità degli individui, che sono l'unità autentica dell'evoluzione biologica. È la variabilità individuale che nutre l'evoluzione: l'unicità delle popolazioni e delle associazioni biologiche dipende in ultima istanza dall'unicità degli individui. Si può affermare che l'individualità è la base dell'evoluzione biologica in quanto è su di essa, sulla diversità degli individui, che si fonda l'azione della selezione naturale. L'unicità degli individui, essendo il prerequisito dell'evoluzione per selezione naturale, è la più importante caratteristica della vita, quella che più decisamente differenzia gli oggetti viventi da quelli non viventi. L'insistenza della biologia evoluzionistica sul valore della diversità, dell'individualità è stata spesso fraintesa o ignorata quando la si è applicata alla specie umana. La diversità degli individui nelle popolazioni umane raramente è presa in considerazione come uno dei principali motori dell'evoluzione che ha prodotto la specie umana qual è oggi. Per un singolare equivoco, si confondono due nozioni che appartengono a due ambiti concettuali ben distinti: quella di identità/diversità e quella di eguaglianza/diseguaglianza. La prima si riferisce alle qualità fisiche o mentali degli individui e riguarda la biologia, l'altra si riferisce ai loro diritti sociali e giuridici e concerne sia la morale sia la politica. La diversità è una delle grandi regole del gioco biologico e negli esseri umani la diversità naturale è ancora rafforzata dalla diversità culturale. L'eguaglianza, invece, è un concetto sociale e politico, che è stato introdotto appunto perché gli esseri umani sono biologicamente e culturalmente diversi.
In biologia la spiegazione scientifica oscilla, come si è notato, fra due poli: alcune discipline si concentrano nella ricerca degli invarianti, altre sottolineano la variabilità. Se è vero che il metodo fondamentale della scienza mira alla definizione e alla scoperta di invarianti, la biologia sottolinea l'importanza degli oggetti unici, dei processi variabili. Contrariamente agli oggetti della fisica e della chimica, nei quali l'individualità non esiste o viene considerata secondaria, gli oggetti biologici, essendo il risultato della storia evolutiva, sono intrinsecamente unici, individuali. In biologia non vi sono fenomeni assoluti, dato che ogni oggetto, ogni processo è limitato nel tempo e nello spazio. Un animale, una pianta oppure un microrganismo, dal punto di vista evoluzionistico, sono solamente un anello di una catena evolutiva di forme che mutano, nessuna delle quali ha validità permanente. Per la fisica o la chimica la variabilità di un fenomeno è un aspetto da eliminare, o attraverso la riduzione degli errori di osservazione e di misura, oppure mediante l'utilizzazione di un appropriato metodo statistico per ottenere il valore medio, il valore tipico. In effetti, i fenomeni naturali non biologici sono l'espressione statistica del comportamento di un gran numero di unità. Di contro, sull'osservazione del carattere unico di tutti gli esseri del mondo organico, si fonda il pensiero 'popolazionistico', sviluppatosi a partire dagli anni Trenta del 20° secolo in opposizione al pensiero 'tipologico', secondo il quale esistono dei tipi delle diverse specie biologiche. Il pensiero popolazionistico rifiuta l'esistenza di individui tipici di una specie e insiste sul dato di fondo che ogni individuo di una specie a riproduzione sessuata è unico e differente da tutti gli altri. In questa prospettiva, la variabilità intrinseca a una data popolazione è il motore principale dell'evoluzione biologica per selezione naturale. Lo studio dei caratteri di una popolazione, per es. la frequenza dei geni, è il mezzo per poter studiare l'evoluzione biologica. È al livello del complesso della popolazione e non dei singoli individui che si realizza il processo di adattamento. Nel pensiero biologico popolazionistico non esiste un individuo tipico e i valori medi calcolati per mezzo dei campioni sono solamente mere astrazioni. Tali valori medi, se hanno un'utilità in biochimica, nelle analisi cliniche o in fisiologia, non ne hanno alcuna nella biologia evoluzionistica, in cui ciò che costituisce l'aspetto significativo è la variazione in quanto tale. Per la fisica e la chimica un neutrone o un atomo di calcio sono identici a qualsiasi altro neutrone o atomo di calcio e questa assoluta identità contrasta con l'illimitata diversità degli organismi individuali e costituisce una delle grandi differenze tra gli oggetti naturali biologici e quelli non biologici. In biologia, come in medicina, si assiste dunque alla continua ricerca di una sintesi fra invarianza e variabilità e l'ideale scientifico della biologia contemporanea si definisce come la spiegazione della variabilità attraverso gli invarianti fondamentali, in particolare il DNA, il codice genetico, la selezione naturale. Questa dicotomia fra invarianti e variabilità costituisce la peculiarità degli oggetti biologici e pone notevoli difficoltà epistemologiche, specie quando si vogliono applicare alla biologia e alla medicina, senza ulteriori specificazioni, i metodi e i principi esplicativi della fisica.
L'insistenza dei biologi sull'individualità, sul carattere unico di ogni fenomeno vitale, ha portato spesso ad affermare che la biologia evoluzionistica, a differenza di quella funzionale, legata allo studio delle funzioni chimiche e fisiche, non avrebbe uno status di scienza, in quanto incapace di generalizzazioni e predizioni, di avanzare teorie di validità universale. Le teorie biologiche sarebbero solo delle descrizioni, dei cataloghi di dati osservazionali. Questo atteggiamento, tuttavia, deriva da un'estensione ingiustificata del metodo tipico della fisica classica. Affermare l'unicità dei fenomeni biologici, l'individualità di ogni oggetto vivente, non significa ammettere che in biologia le generalizzazioni siano impossibili; significa piuttosto che tali generalizzazioni e predizioni sono ottenute con metodi e principi teorici differenti da quelli della fisica. La previsione scientifica dipende dal ricorrere o dal ripetersi degli eventi. Dato che la natura degli oggetti biologici è storica e gli eventi storici sono in una certa misura sempre unici, la previsione esatta di eventi biologici risulta impossibile, sia in pratica sia in teoria. Tuttavia, gli eventi storici possono essere studiati sulla base di alcuni principi generali, in primo luogo la selezione naturale, il meccanismo fondamentale dell'evoluzione. Data la struttura genetica di una popolazione e una situazione ecologica particolare, in considerazione dei meccanismi della variazione genetica nelle successive generazioni, che è possibile descrivere con precisione, l'azione della selezione naturale sarà in larga parte deterministica. Il carattere individuale di ogni oggetto biologico impedisce di predire il corso futuro dell'evoluzione, ma questa sarà in ogni caso il risultato di fenomeni naturali che la biologia comprende, spiega e può in parte tenere sotto controllo. Anziché essere limitativa, l'insistenza sull'individualità, che è tipica del pensiero popolazionistico o evoluzionistico, svolge un ruolo rilevante nella scienza e nel dibattito epistemologico. La sua importanza consiste nel fatto di proporre un modo specifico e originale di guardare agli oggetti naturali. La biologia, in quanto studio della diversità, ha minato l'essenzialismo e, sottolineando che ogni individuo è differente da ogni altro, ha focalizzato l'attenzione sull'importanza dell'individuo e della variazione nella comprensione degli oggetti biologici nello spazio e nel tempo.
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