INDONESIA
. Si intende con questo nome lo stato unitario (propr. Repubblica di Indonesia) che comprende oggi, a seguito di complesse vicende (v. oltre), le ex Indie Orientali Olandesi, ad eccezione della parte occidentale della Nuova Guinea Olandese. Più che la voce indonesia (in XIX, p. 138), che trattava tutto il complesso insulare (anche detto Insulindia) a SE del continente asiatico, dal golfo del Bengala al mar di Arafura (comprese quindi le ex Indie Orientali Olandesi ma esclusa la Nuova Guinea), si aggiornano qui di seguito le voci indie olandesi (XIX, p. 97; App. II, 11, p. 23); indonesia, Stati uniti di (App. II, 11, p. 27); indonesia orientale (App. II, 11, p. 27); indonesiana, repubblica (App. II, 11, p. 27). La divisione e la popolazione della repubblica risulta dalla tabella alla pag. seguente.
L'aumento medio della popolazione fra il 1950 e il 1956 è stato dell'11%; il massimo aumento si è avuto in alcune grandi città: Djakarta, la capitale, il cui aumento è stato, fra il 1930 e il 1956, del 262% e Bandung che nello stesso periodo ha avuto un aumento di popolazione del 422%.
La natalità è elevata, ma non si conoscono dati esatti all'infuori di alcune province di Giava, dove varia tra 42,9 per mille (Kendal) e 40,6 per mille (Pekalongan) per le province più feconde, 25,7 (Blitar) e 18,5 (Bogor, nota come Buitenzorg nel periodo coloniale) per le province meno feconde. La mortalità varia meno, tra 23,3 per mille a Pekalongan e 19,5 per mille a Bogor. Il tasso di aumento naturale netto era di 23,6 per mille a Kendal e 9,0 per mille a Bogor.
Anteguerra il movimento viaggiatori era abbastanza attivo: nel 1937 gli arrivi furono 168.143 e le partenze 124.460. Nel dopoguerra tuttavia tali cifre si ridussero a meno della metà, e nel 1956 gli arrivi furono di 77.206 e le partenze di 71.804. In tale anno ben 20.784 Olandesi partirono contro soli 9431 che arrivarono. La tendenza opposta si nota tra i Britannici e gli Americani: contro 8596 Britannici che arrivarono, solo 3530 partirono, e contro 5549 Americani che arrivarono, solo 2229 partirono. I Cinesi formano il gruppo più numeroso, con 11.099 arrivi e 13.348 partenze nel 1956 (62.866 arrivi e 57.887 partenze nel 1936).
Le migrazioni interne sono interessanti: dal 1950 al 1956 ben 29.293 famiglie comprendenti 115.934 persone, quasi tutte provenienti da Giava, furono aiutate a stabilirsi nella Sumatra meridionale, salvo poche eccezioni che scelsero la Sumatra centrale o il Borneo orientale. A queste devono aggiungersi 5087 famiglie (19.869 persone) che si trasferirono per conto proprio.
Nel 1956 si contavano 58.075 moschee, 4518 chiese protestanti e 937 chiese cattoliche.
Le statistiche della pubblica istruzione sono ancora incomplete, e si riferiscono all'89% delle 31.502 scuole elementari, al 56% delle 3505 scuole secondarie, ed al 69% delle 55 facoltà, ma si nota un aumento notevole nel numero degli istituti, ed un aumento straordinario nelle frequenze, che sono più che triplicate nell'ultimo ventennio. In genere, Giava ha in proporzione meno allievi nelle scuole medie che non abbiano le altre isole, soprattutto Sulawesi (Celebes) e la parte settentrionale di Sumatra. vi sono oltre 10.000 biblioteche con oltre 2.500.000 volumi; si pubblicano 80 quotidiani in malese, giavanese e sundanese, 17 in cinese, 7 in olandese, 2 in inglese, oltre a 410 periodici quasi tutti in malese.
I servizî sanitarî sono ancora insufficienti: nel 1957 vi era in media solo un medico per ogni ospedale. Si sono fatti progressi immensi nella lotta contro il vaiolo, la peste e la dissenteria, mentre il tifo, il paratifo e la difterite non accennano a diminuire.
Il rapido aumento della popolazione ha reso necessario il quasi continuo incremento della produzione agricola: dal 1950 al 1956 la produzione di riso è passata da 115 a 146 milioni di quintali, quella di granoturco da 15,7 a 19, quella di cassava da 58 a 92, quella di patate dolci da 14 a 25, quella di arachidi da 1,5 a 2,1, quella di soia da 2 a 3,4. La predominanza di Giava è assoluta, fuorché nel caso del riso, di cui Sumatra produce il 18% contro il 63% di Giava. Si noti tuttavia che la produzione giavanese di granoturco, cassava ed arachidi è diminuita rispetto all'anteguerra, e quella di patate dolci e di soia è aumentata di pochissimo; si notano sintomi di ripresa, e dal 1950 in poi l'aumento è stato lieve ma continuo, per quanto la superficie coltivata non sia cambiata di molto.
Nel 1955 i coltivatori indigeni avevano prodotto anche un milione di tonnellate di noce di cocco disseccata, 47.000 t di caffè (quasi tutto in Sumatra), 22.000 t di tè (in Giava), 15.000 t di kapok (anche in Giava), z2.000 t di noci di areca (in Sumatra), 18.000 t di pepe (in Sumatra), 2500 t di chiodi di garofano (in Sumatra), 2800 t di noci moscate (quasi tutte in Sulawesi), 413.700 t di zucchero (in Giava), 43.000 t di tabacco (in Giava).
Su 8.283.000 ha di colture indigene, i prodotti "commerciali" del paragrafo precedente avevano occupato nel 1955 poco più di 2.000.000 di ha; le piantagioni vere e proprie invece occupavano 1.831.623 ha, contro ben 2.495.758 ha occupati nel 1939. Data la scarsità di terre agricole, si comprende bene come il governo intenda far diminuire la superficie delle piantagioni il più rapidamente possibile, soprattutto in Giava, dove le piantagioni private sono diminuite di quattro quinti. Le piantagioni di tè, caffè, zucchero, cinchona e tabacco sono diminuite di molto, mentre quelle di hevea e di palma da olio sono diminuite di poco; si elencano 18 prodotti diversi ottenuti dalle piantagioni, ma alcuni sono coltivati su aree ristrettissime, come ad es. la guttaperca e gli olî essenziali. Nel 1956 la produzione di zucchero dalle piantagioni fu di 605.500 t, quella di gomma 265.000 t, quella di olio di palma 165.000 t, quella di tè 40.000 t, quella di fibre da cordame 35.000 t; si debbono aggiungere anche 41.000 t di noccioli di palma da olio. Si tenga conto del fatto che le piantagioni danno lavoro a 404.000 persone, oltre a 125.000 avventizî, impiegati soprattutto per il taglio della canna da zucchero.
L'allevamento si basa sui bovini (5.059.346 nel 1955) e sui bufali (2.888.211), mentre i cavalli erano solo 584.294. Purtroppo le capre sono in rapido aumento; se ne contavano 7.173.910 nel 1955, quasi il doppio del numero di anteguerra. Le pecore erano 2.781.563, ed i maiali 1.469.224. Bovini, capre e pecore sono allevati soprattutto in Giava, mentre i maiali si allevano solamente nelle isole dove la popolazione non è di religione musulmana.
La pesca marittima nel 1956 produsse 419.976 t di pesce, mentre la pesca nelle acque interne (pesca di stagno e fluviale) produsse 296.027 t; la prima predomina in Sumatra ed in Giava, mentre Kalimantan (Borneo) produce quasi la metà del pesce di acqua dolce. L'importazione di pesce si aggira sulle 35.000 t, metà del totale di anteguerra. La pesca impiega 464.500 uomini con 129.250 barche a vela e 760 a motore.
La produzione mineraria nel 1956 comprendeva 12.750.000 t di petrolio e 2.650.000 t di gas naturale, 830.000 t di carbone, 303.500 t di bauxite, 82.000 t di minerale manganifero, e 30.500 t di minerale stannifero. Si sono prodotti inoltre 3000 kg di iodio. La produzione industriale proveniva da oltre 10.000 fabbriche con quasi 500.000 addetti, di cui quasi l'80% in Giava; le industrie tessili e dell'abbigliamento e quelle alimentari erano di gran lunga le più numerose, ma le prime e quelle di tabacco avevano il maggior numero di addetti. Le 64 officine tessili maggiori consumarono oltre 10.000 t di filo nel 1956: e le 28 maglierie ne consumarono oltre 2000 t. La produzione di energia raggiunse 863.433.000 kWh nel 1955, contro 380.500 kWh nel 1940; quasi l'80% della produzione ha luogo in Giava, ed è per due terzi idroelettrica.
Sotto l'aspetto degli scambî commerciali, i paesi che più esportano in I. sono gli Stati Uniti d'America, il Giappone, l'Olanda, la Repubblica Federale Tedesca, il Regno Unito; i maggiori importatori dall'I. sono Singapore, l'Olanda, gli Stati Uniti, il Regno Unito, il Giappone.
Nel 1957 vi erano 175.427 autoveicoli su circa 75.000 km di strade. Le linee aeree trasportarono 16.815 passeggeri e percorsero 13.715.000 km.
Finanze. - Le finanze indonesiane sono state caratterizzate da una grave instabilità in questo dopoguerra. Tale instabilità è stata determinata da un fattore esterno: fluttuazioni violente dei prezzi di alcune materie prime esportate (gomma, stagno, copra, ecc.); e da un fattore interno: l'andamento delle finanze statali. Queste ultime hanno registrato una serie di disavanzi, dovuti all'espansione della spesa pubblica e, in particolare, delle spese per la sicurezza interna ed esterna, nonché di quelle per lo sviluppo economico del paese. Poiché i disavanzi sono stati finanziati soprattutto mediante il ricorso al credito della banca centrale si è verificata una continua espansione della domanda globale, tradottasi in forti aumenti dei prezzi e in frequenti crisi della bilancia dei pagamenti. Conseguentemente, le riserve di oro e di valute estere si sono progressivamente assottigliate. Nel 1956 è stato adottato il primo piano quinquennale di sviluppo. Esso comporta una spesa globale di 30 miliardi di rupie, di cui 12,5 miliardi da parte del settore pubblico. Un aumento annuale di circa il 3% del reddito nazionale è previsto per il quinquennio cui il piano si riferisce.
Nel luglio 1953, la Banca di Giava, che nel 1951 era stata nazionalizzata, ha assunto la nuova denominazione di Banca di Indonesia. Nella stessa occasione le sono state esplicitamente attribuite le funzioni tipiche di una banca centrale: privilegio esclusivo di emissione, vigilanza sul sistema creditizio, servizio di tesoreria per il governo, gestione delle riserve valutarie. Essa esercita anche le funzioni di banca commerciale. Allo scopo di potenziare l'organizzazione finanziaria del paese, il governo indonesiano ha fondato e finanziato varî istituti di credito, tra cui la Banca di Stato di Indonesia, la Banca di Stato per l'Industria e la Banca Popolare Indonesiana. L'unità monetaria è la rupia indonesiana che si suddivide in 100 sen. L'Indonesia, dal 1954 membro del Fondo monetario internazionale, non ha ancora dichiarato la parità monetaria. Il tasso di cambio della rupia è stato svalutato in parecchie riprese. Nel 1959, il tasso ufficiale è stato fissato in 45 rupie per 1 dollaro U. S. A.; ma, essendo applicati cambî multipli per le importazioni (tale sistema è in vigore dal 1947 ed è stato più volte rimaneggiato), per alcune categorie di merci il tasso si eleva a 135 rupie per dollaro.
Storia. - L'Unione olando-indonesiana, su cui il governo dell'Aia aveva fondato tante speranze, si dimostrò ben presto un organismo privo di vitalità e si dissolse entro cinque anni dalla sua formazione, mentre le relazioni tra i due paesi andarono progressivamente peggiorando. Motivi principali di tensione tra Djakarta e l'Aia erano due: da un lato la questione della Nuova Guinea occidentale (Irian) e dall'altro i privilegi economici che l'Olanda intendeva conservare in Indonesia.
La questione dell'Irian occidentale sorse subito dopo la conferenza della Tavola rotonda dell'Aia (agosto-novembre 1949) che aveva riconosciuta l'indipendenza dell'I., non essendo stato possibile raggiungere un accordo sul problema se l'Irian amministrato dall'Olanda dovesse o meno essere trasferito sotto la sovranità indonesiana. Il governo di Djakarta lo rivendicava, trattandosi di territorio che aveva fatto parte sino allora delle Indie orientali olandesi, mentre il governo dell'Aia sosteneva che tale territorio non aveva alcun legame etnico-storico con l'I. e che inoltre gli Indonesiani non avrebbero avuto la capacità di valorizzarla economicamente. Le trattative ripresero nel 1950, protraendosi inutilmente per due anni, fino a che l'Olanda rifiutò di continuarle e respinse nettamente una proposta indonesiana di costituire, in attesa di una definitiva soluzione, un'amministrazione mista provvisoria. Nel 1954 la questione fu portata davanti alle N.U. e continuò ad esserlo in ognuno degli anni successivi, ma il problema non trovò alcuna via di uscita. Contraria al trasferimento dell'Irian occidentale all'Indonesia era anche l'Australia, che amministrava l'altra metà dell'isola.
Non minori difficoltà presentò il problema economico, poiché l'acceso sentimento nazionalistico della popolazione indonesiana considerava come un prolungamento del colonialismo olandese sul paese il regime di privilegio concesso dagli accordi del 1949 ai beni e agli investimenti olandesi in Indonesia. Il rifiuto dell'Olanda ai tentativi del governo di Djakarta di negoziare un nuovo accordo, spinse questi nel 1956 a dichiarare decaduto il trattato del 1949 a rinunziare formalmente all'Unione olando-indonesiana e ad iniziare una politica di successive nazionalizzazioni delle proprietà olandesi in Indonesia.
Ancora più breve vita ebbe la complicata struttura federale creata per l'I. alla conferenza della Tavola rotonda del 1949: dopo 9 mesi, nell'agosto 1950, gli Stati Uniti d'Indonesia furono sostituiti dalla unitaria Repubblica d'I., decentrata amministrativamente in province (v. sopra): Soekarno e Hatta, che avevano diretto la lotta contro la dominazione coloniale olandese, ne furono rispettivamente presidente e vice-presidente. Venne promulgata una costituzione provvisoria che prevedeva un regime parlamentare: la Camera dei deputati fu formata da 231 membri nominati dal presidente su proposte dei più importanti gruppi politici.
Il nuovo stato ebbe subito vita agitata. L'estremo spezzettamento dell'arcipelago, con isole tanto ampie da creare in ciascuna il senso di una propria individualità statale, non agevolava gli obiettivi unitarî del gruppo nazionalista di Giava. Mancavano inoltre adeguati quadri amministrativi. La diffidenza, in alcune isole, verso un "imperialismo giavanese" fu alla base di varie ribellioni, nel 1950-51 e nel 1954-55, nelle cosiddette "isole esterne": le Molucche, Celebes e Amboine. Un altro focolaio di ribellione locale sorse nel 1954 nell'Achin, l'estrema regione nordoccidentale di Sumatra. Più grave fu la guerriglia promossa in varie zone dell'arcipelago dal Darul Islam, un movimento musulmano di estrema destra che mirava alla formazione di uno stato teocratico. Gravissimi erano anche i problemi economici, che la rivoluzione del 1945 non aveva affrontato; soprattutto rimaneva insoluto il problema dell'organizzazione, spesso ancora feudale, della proprietà terriera.
Nella prima Camera dei deputati nessun partito aveva la maggioranza assoluta e fu giocoforza ricorrere a gabinetti di coalizione tra i due principali partiti, il Nazionalista di tendenze laiche e radicali e il Masjumi musulmano. I loro opposti programmi, anche in politica estera - neutralistico il primo, filoccidentale il secondo - rese ben presto impossibile la collaborazione, e i governi si succedettero frequenti con la direzione ora dell'uno ora dell'altro partito impedendo lo svolgimento d'una politica coerente e a lunghe prospettive e tenendo il paese sotto la permanente minaccia di gesti di forza.
Per uscire dalla situazione di cronica crisi, nel 1957 il presidente Soekarno propose il ricorso alla "democrazia guidata" e la creazione di un Consiglio consultivo, sotto la sua direzione, cui dovevano partecipare gruppi militari e religiosi aventi il potere di controllare l'operato del parlamento. L'esperimento di Soekarno venne fermamente osteggiato dal Masjumi e dai gruppi più conservatori del paese: nel 1958 tale ostilità si tradusse in una ribellione secessionistica sulla costa occidentale di Sumatra, dove una giunta di "giovani colonnelli" ostile a Soekarno formò un vero e proprio governo contrapposto a Djakarta. Tra i punti programmatici di esso vi erano il rispetto delle proprietà straniere - in aperta polemica con le misure antiolandesi di Soekarno - un massiccio programma di investimenti a Sumatra e una moderata riaffermazione del neutralismo diplomatico. Nonostante il palese appoggio di alcune potenze occidentali, tra cui gli S. U. A., i ribelli furono però abbastanza rapidamente sconfitti dalle forze governative. Un passo avanti, nell'accentramento dell'intera autorità statale su di sé, fu compiuto da Soekarno nel luglio 1959, assumendo i pieni poteri, sciogliendo l'Assemblea costituente e ripristinando la costituzione del 1945 che attribuiva al capo dello stato tutto il potere esecutivo e parte del potere legislativo. Proseguendo in tale processo, un suo decreto del 12 gennaio 1960 attribuì al presidente il controllo sui partiti, consentendogli sia di sciogliere quei movimenti che non fossero presenti in almeno un quarto delle province e dei distretti, che avessero principî in contrasto con le direttive dello stato e che fossero stati implicati nella ribellione del 1958, sia di controllare i finanziamenti dei partiti nel bloccare gli aiuti che venissero ad essi dall'estero. Contemporaneamente egli annunziò la formazione di un "Fronte nazionale" al quale erano chiamati a partecipare tutti gli indonesiani che condividevano le sue direttive politiche. Il 5 marzo 1960, poi, Soekarno sospese il parlamento eletto alla fine del 1955, dichiarando che questo organo "minava l'unità e la sicurezza dello stato ed impediva la normale evoluzione verso il raggiungimento di una società giusta e prospera", e annunziò l'imminente formazione d'un "Consiglio nazionale del popolo" comprendente, accanto ai membri del disciolto parlamento, altri 294 rappresentanti dei gruppi professionali e regionali.
Bibl.: C. A. O. Nieuwenhuyze, Aspects of Islam in post colonial Indonesia, L'Aia 1958; W. F. Wertheim, Indonesian society in transition, L'Aia 1956; Y. M. Van der Kroef, Indonesia in the modern world, Bandung-New York 1956; G. Y. Pauker, The role of political organizations in Indonesia, in Far Eastern Survey, 1958, n. 9.