INDONESIA.
– Demografia e geografia economica. Condizioni economiche. Bibliografia. Storia. Bibliografia. Architettura. Cinema
Demografia e geografia economica di Libera D'Alessandro. – Stato insulare dell’Asia sud-orientale. Con i suoi 237.641.326 ab. al censimento del 2010, in aumento, secondo una stima UNDESA (United Nations Departmentof Economic and Social Affairs) che, per il 2014, segnala 252.812.245 ab., l’I. è uno dei Paesi più popolati al mondo, sebbene la distribuzione della popolazione continui a essere ineguale nelle varie isole che la compongono. Il tasso di variazione della popolazione, in costante diminuzione dagli anni Ottanta del secolo scorso, ha raggiunto l’1,4% annuo nel quinquennio 2005-10 e l’1,2% annuo nel quinquennio 2010-15. Anche la mortalità infantile è sensibilmente diminuita: basti pensare che, mentre nel 1991 si contavano 68 decessi di bambini su 1000 nati vivi, nel 2012 il valore è sceso a 32 e nel 2013 a 24,5. Rilevante è anche la diminuzione della percentuale dei bambini di età inferiore a cinque anni sottopeso a causa della malnutrizione (sebbene il dato resti preoccupante): si è passati dal 31% del 1989 al 17,9% del 2010. L’UNDP (United Nations Development Programme) ha rilevato che, grazie alle misure intraprese nell’ultimo trentennio, gli indonesiani vivono più a lungo, hanno un maggiore accesso alle cure mediche, possono contare su un migliore sistema educativo e su più consistenti opportunità per aumentare il proprio reddito. I dati dello Human development report 2014 enfatizzano i progressi che il Paese ha registrato nello sviluppo umano tra il 1980 e il 2013. Nonostante il considerevole aumento del relativo indice di sviluppo umano (ISU) in tale intervallo temporale (+45,3%), nel 2013 il valore si è tuttavia attestato sullo 0,684, facendo rientrare il Paese negli Stati con ISU di media categoria (al 108° posto su 187, a scala mondiale). I miglioramenti nelle componenti dell’indicatore, sempre nel periodo 1980-2013, sono comunque frutto dell’aumento della speranza di vita alla nascita (cresciuta di 12,2 anni), degli anni medi di scolarizzazione (di 4,4) e degli anni di istruzione previsti (saliti di 4). Ciò nonostante, considerando la povertà multidimensionale – misurata calcolando le privazioni nell’educazione, nella salute e negli standard di vita –, al 2012 il 5,9% della popolazione era ‘multidimensionalmente povero’ e l’8,1% si avvicinava a tale tipologia di povertà. Guardando invece al dato generale calcolato dall’UNDP sulla base della soglia nazionale di povertà, il valore risultava ancora più elevato: al 2013, l’11,37% degli indonesiani viveva al di sotto della citata soglia (un dato comunque in diminuzione, seppure lieve, rispetto all’11,66% rilevato nel 2012). In ogni caso, anche guardando alla percentuale di popolazione in condizioni di povertà, il Paese presenta notevoli disomogeneità: secondo i dati della Central statistics agency del 2013, tale valore va dal 3,55% a Giacarta al 31,1% in Papua.
Queste disparità enfatizzano non solo il persistere delle diseguaglianze, ma anche la maggiore vulnerabilità dei poveri e dei quasi poveri alle crisi economico-finanziarie e ai disastri ambientali. Rispetto a questi ultimi, dopo lo tsunami del 2004 (a causa del quale in I. hanno perso la vita più di 220.000 persone) e le altre calamità naturali, il governo indonesiano ha creato la National agency for disaster management (BNPB, Badan Nasional Penanggulangan Bencana), un’istituzione finalizzata appunto a gestire i disastri ambientali, che sta acquisendo grande expertise nella preparazione ad affrontare gli eventi estremi. Tra le questioni ambientali più rilevanti, hanno assunto grande importanza il cambiamento climatico e la deforestazione, tanto che il governo indonesiano ha compiuto passi importanti per ridurre le emissioni di gas a effetto serra e la deforestazione. Altrettanto rilevante appare l’impegno del Paese nel perseguimento dei Millennium development goals (MDG).
Condizioni economiche. – L’economia è cresciuta notevolmente dal 2010. Durante la crisi finanziaria globale, il Paese ha superato i suoi vicini regionali e, insieme a Cina e India, è stato uno dei tre membri del G20 a registrare una crescita economica nonostante la complessa congiuntura. L’I. è una potenza economica in ascesa, sia all’interno del G20 sia dell’ASEAN (Association of South-East Asian Nations), in particolare grazie al suo ruolo di intermediazione nei conflitti regionali. Il profilo internazionale del Paese è stato inoltre accresciuto dal ruolo assunto, nel 2012, nell’ambito delle politiche per l’agenda relativa agli anni successivi al 2015 e della cooperazione allo sviluppo a scala globale. In termini di stabilità macroeconomica, il governo è riuscito a soddisfare molti dei suoi obiettivi di bilancio, tra i quali un calo significativo del rapporto debito-PIL (dal 61% nel 2003 al 26% nel 2013). L’I. ha registrato un aumento del PIL di oltre il 6% in media nel periodo 2009-14 (IMF, World economic outlook, ottobre 2014). Il Paese ha inoltre formulato un piano di sviluppo a lungo termine (2005-25) che è, a sua volta, suddiviso in 5 piani a medio termine, ognuno con diverse priorità di sviluppo. Il piano che copre il periodo 2009-14 si è concentrato su tre obiettivi: la promozione della qualità delle risorse umane, lo sviluppo della scienza e della tecnologia, il rafforzamento della competitività.
Nonostante la crescita economica e i progressi sociali siano stati notevoli, l’I. deve affrontare numerose questioni irrisolte, che si traducono in altrettante criticità: la povertà e la disoccupazione, le infrastrutture inadeguate, la corruzione, un quadro normativo eccessivamente complesso e, non ultima, la diseguale distribuzione delle risorse tra le regioni. Le aree più povere, nell’I. orientale, nel primo decennio del nuovo millennio sono state in linea con la media nazionale. Le regioni che hanno mostrato le migliori performances economiche sono invece quelle più connesse all’economia globale: in tal senso la capitale Giacarta si è distinta per una crescita maggiore di quella registrata nel resto del Paese. Il governo indonesiano deve tuttavia affrontare le crescenti conflittualità con i lavoratori. Secondo dati della Banca mondiale (BM), infatti, la crescita dell’occupazione è stata più lenta di quella della popolazione e i servizi pubblici risultano ancora inadeguati. La stessa BM, nel 2014, ha segnalato che le previsioni della crescita economica sono state riviste al ribasso e i prezzi delle materie prime hanno continuato a indebolirsi, in particolare quello del petrolio greggio. L’organismo internazionale, pur riconoscendo il progressivo miglioramento nelle condizioni di sviluppo citate precedentemente, ritiene insufficienti le misure intraprese, mettendo in dubbio anche il raggiungimento dei MDG. Nel 2013 il Paese ha registrato ancora 228 decessi ogni 100.000 abitanti nati vivi (un valore molto elevato rispetto ai 105 da raggiungere entro il 2015) e un accesso a migliori strutture sanitarie riservato solo al 68% della popolazione (un valore molto lontano dall’86% previsto).
Bibliografia: H. Hill, B. Resosudarmo, Y. Vidyattama, Indonesia’s changing economic geography, «Working paper in trade and development», 2008, 2, pp. 1-48; United Nations Development Programme - Indonesia, Annual report 2012/13, 2013; United Nations Development Programme - Indonesia, Human development report 2014 Indonesia, 2014.
Storia di Paola Salvatori. – Consolidamento delle istituzioni democratiche e crescita economica caratterizzarono il decennio di presidenza di Bambang Yudhoyono, leader del Partito democratico (PD) in carica per due mandati dal 2004 al 2014. La sua azione di governo fu tesa soprattutto a disinnescare le tensioni interne, etniche e religiose, e a ristabilire un contesto di legalità così da creare un ambiente favorevole allo sviluppo. L’accordo raggiunto nel 2005 con i guerriglieri separatisti dell’Aceh, che pose fine a un conflitto trentennale, la dura lotta al terrorismo e le iniziative contro la corruzione dell’apparato statale furono gli aspetti più significativi di questa strategia. Sul piano economico il governo varò una serie di riforme finanziarie e fiscali per contenere il debito pubblico e rilanciare gli investimenti. L’accorta politica dell’esecutivo permise all’I. non solo di superare la crisi finanziaria internazionale del 2008, ma anche di avviare una sostenuta e duratura crescita economica con tassi di incremento del PIL intorno al 6% annuo. Tra le priorità dell’esecutivo vi fu anche quella di rilanciare il ruolo internazionale del Paese, sia a livello regionale sia a livello globale. Si registrò di conseguenza un estremo dinamismo in politica estera soprattutto nei consessi multilaterali come ONU, G20, APEC (Asia-Pacific Economic Cooperation) e ASEAN (Association of South-East Asian Nations); in quest’ultimo in particolare l’I. assunse un ruolo di primo piano. Partner privilegiati sul piano economico e strategico rimasero il Giappone, la Cina, l’Australia e gli Stati Uniti, ma vennero anche sviluppate partnership strategiche con numerosi altri Stati occidentali. Al fianco degli Stati Uniti nella lotta al terrorismo internazionale Yudhoyono propose l’I., Paese con la maggiore popolazione musulmana del mondo, come mediatrice tra Occidente e mondo musulmano, sostenendo in numerose occasioni pubbliche la necessità di una convivenza pacifica tra culture diverse. In realtà nonostante gli indubbi successi nella stabilizzazione del Paese e l’indiscussa popolarità del presidente (rieletto nel 2009 con oltre il 60% dei consensi), il governo di Yudhoyono presentò notevoli criticità. La politica economica di austerità e il taglio dei sussidi statali comportarono un aumento dei prezzi nei generi di prima necessità e una conseguente diminuzione del potere di acquisto dei salari già bassi. Gli investimenti nelle infrastrutture risultarono inadeguati così come gli stimoli a sostegno della crescita del settore manifatturiero. Inoltre, nonostante i ripetuti richiami alla tolleranza, durante l’amministrazione di Yudhoyono, gli episodi di violenza nei confronti delle minoranze religiose ed etniche rimasero numerosi a fronte dell’inerzia delle forze dell’ordine. Soprattutto a livello regionale, si assistette a un processo di islamizzazione attraverso l’introduzione di norme religiose musulmane nella giurisdizione locale estese a tutti gli abitanti, indipendentemente dal credo religioso. Pesava su queste concessioni ai fondamentalisti la debolezza del partito del presidente, costretto ad allearsi con formazioni minori di carattere religioso e nazionalista.
Nelle elezioni politiche del 2009 il PD, pur attestandosi come primo partito, aveva infatti conquistato solo 148 seggi su 560 contro i 108 del Golkar (Partai Golongan Karya, Partito dei gruppi funzionali, legato all’ex dittatore Suharto e alle forze armate) e i 93 del PDI-P (Partai Demokrasi Indonesia-Perjuangan, Partito democratico indonesiano-Lotta, raggruppamento di nazionalisti moderati e cristiani), mentre i restanti seggi erano stati suddivisi tra i numerosi partiti minori. Anche il rapporto con i militari rimase ambiguo e alla morte di Suharto (2008) notevoli polemiche generò tra le opposizioni la decisione del presidente di prende re parte alle celebrazioni e dichiarare il lutto nazionale. Infine rimase sostanzialmente inattuato il progetto di riforma del sistema giudiziario mentre la lotta alla corruzione segnò il passo. Allo scadere del suo mandato la popolarità di Yudhoyono era in discesa sebbene lo svolgimento regolare delle elezioni presidenziali del 2014 testimoniasse la stabilizzazione del sistema democratico che il presidente uscente era riuscito a garantire. Nuovo capo di Stato, entrato in carica nell’ottobre 2014, fu eletto Joko Widodo (detto Jokowi), candidato del PDI-P, uomo di umili origini, figlio di un carpentiere, e primo presidente a non provenire dalle file dell’esercito. Già governatore di Giacarta, Jokowi si presentò con un programma di incremento del sistema del welfare (soprattutto sanità e istruzione) e di investimentinelle infrastrutture, oltre che con un progetto di riforma della giustizia per potenziare la lotta alla corruzione e garantire una maggiore sicurezza interna. Sul la scia del suo predecessore, dichiarò inoltre di voler rilanciare il ruolo dell’I. come potenza marittima dell’area. L’azione dell’esecutivo si prospettava in realtà alquanto difficile dal momento che il presidente non aveva la maggioranza in Parlamento, appannaggio della coalizione che aveva appoggiato il suo avversario, Prabowo Subianto, formata da Golkar e PD, espressione dei conservatori e vicina agli apparati militari.
Bibliografia: P.J. Tan, Yudhoyono’s legacy. Between politics and principle, «Current history», 2013, 112, 755, pp. 230-35.
Architettura di Livio Sacchi. – Nell’ultimo decennio l’I. ha registrato impetuosi tassi di crescita: l’industria delle costruzioni, in particolare, è giunta a coprire il 10% del PIL del Paese, con indici costantemente in aumento. Il grande arcipelago di cui è composto il Paese è stato, nel suo insieme, oggetto di un piano pluriennale di sviluppo denominato MP3I (Masterplan for acceleration and expansion of Indonesian economic development), sostanzialmente basato su infrastrutture e attività produttive: porti, strade, ferrovie, centrali elettriche, reti di telecomunicazione, impianti di trasformazione industriale e agricola, reti di servizi, per oltre 500 progetti in forma di partnership fra il settore pubblico e quello privato da sviluppare nell’immediato futuro. Trainante è stata anche l’edilizia civile negli ambiti delle residenze, degli uffici e in quello alberghiero.
A Giava è concentrata la maggior parte delle attività produttive e dei servizi del Paese; l’isola però, malgrado le ambizioni del governo che vorrebbe inseguire l’esempio di Paesi vicini come la Malaysia o Singapore, mantiene fortissime disparità economiche tra le sue diverse province. Sottoposte a periodici allagamenti, le principali aree metropolitane indonesiane devono anche fare i conti con il sovradimensionamento demografico e gravi problemi di mobilità: tali criticità risultano particolarmente evidenti a Giacarta che, a fronte di una popolazione stimata in 12 milioni, vanta tuttavia un reddito medio nettamente superiore a quello del resto del Paese. È qui che si concentrano le maggiori aspettative ed è qui che il piano prevede la realizzazione di una rete ferroviaria metropolitana e suburbana, di un nuovo porto e di grandi strade a scorrimento veloce, oltre al potenziamento del sistema di approvvigionamento idrico e delle reti di depurazione e smaltimento dei rifiuti, alla sistemazione degli argini dei corsi d’acqua e alla costruzione di diversi poli logistico-industriali. La città ha peraltro continuato ad arricchirsi di edifici interessanti quali, per es., la torre per uffici Central Park Jakarta (2010) progettata da DP Architects; il Grha Adhi media complex (2012-14) di Atelier TT; la Sequis Centre tower (2014-18) dello studio KPF (Kohn Pedersen Fox associates). Agli studi statunitensi HOK (già Hellmuth, Obata + Kassabaum) e SOM, Skidmore, Owings & Merrill, si devono infine, rispettivamente, la Bakrie Tower (2009) e la Pertamina energy tower; quest’ultima, sede dell’azienda nazionale di energia e gas, a lavori ultimati nel 2019, sarà fra le prime torri del mondo completamente autosufficienti dal punto di vista energetico.
Cinema di Italo Spinelli. – Nell’industria cinematografica locale (che dà lavoro a più di mezzo milione di persone), negli anni tra il 2007 e il 2010, 15 film indonesiani hanno dominato il box office, ogni film con più di un milione di spettatori. Tra i film, l’adattamento per lo schermo dell’omonimo romanzo di Andrea Hirata, Laskar pelangi (2008, noto con il titolo The rainbow troops) del regista Riri Riza, acclamato dalla critica, il melodramma Ayat-ayat cinta (2008, noto con il titolo Verses of love) di Hanung Bramyanto, e il film Garuda di dadaku (2009, noto con il titolo Garuda at my chest) di Ifa Isfansyah, il sogno di un bambino di diventare campione della squadra nazionale di calcio.
Negli ultimi quattro anni, solo sette film hanno raggiunto il milione di spettatori. Il numero degli spettatori è sceso da 30 milioni, nel 2010, a meno di 15 milioni nel 2014. Il film campione al box office nel 2014 è stato February’scomic 8, con 1.600.000 biglietti venduti. Interpretato da un gruppo di popolari comici, è un divertente e stilizzato remake di film e sequenze di Quentin Tarantino e Guy Ritchie, incrocio di storie criminali violente. Il secondo film al box office è stato The Raid 2 (2014) di Gareth Evans, storia di bande criminali che si dividono territori della capitale Giacarta a colpi di arti marziali.
Dopo l’era autoritaria di Suharto, ma ancora sotto il controllo della censura, il mainstream indonesiano verte sostanzialmente su film di genere, commedie satiriche o romantiche, film d’azione high budget, crime stories e, più di recente, su drammi popolari ispirati alla crescita della presenza dell’islam in Indonesia.
Sul fronte del cinema indipendente (arthouse), lontano dai grandi numeri dei campioni d’incassi, cresce la qualità nella diversità attraverso opere di giovani autori. Cahaya dari timur: Beta Maluku (2014, noto con il titolo Lightsfrom the East: i am Maluku), di Angga Dwi Sasongko, racconta la storia di un allenatore di calcio di ragazzini musulmani e cristiani sullo sfondo delle violenze religiose ed etniche che hanno diviso la popolazione multireligiosa dell’arcipelago delle isole Molucche. Tabula rasa (2014), del debuttante regista Adriyanto Dewo, usa la cucina padang (tipica dell’isola di Sumatra) per raccontare la riconciliazione tra un ex calciatore di Papua e una famiglia di rifugiati. Selamat Pagi Malam (2014, noto con il titolo In the absence of the Sun), di Lucky Kuswandi, si focalizza su tre storie al femminile: tre donne, di diverse classi sociali, seguite dal tramonto alla notte nella metropoli di Giacarta.Sebelum pagi terulang (2014, noto con il titolo Before the morning after), di Lasya F. Susatya, è invece incentrato sulla corruzione attraverso le vicende di una famiglia di salariati e una di imprenditori. Toilet Blues (2012) di Dirmawan Hatta e Vakansi yang Janggal dan Penyakit Lainnya (2012, noto con il titolo Peculiar vacation and other illnesses) di Yosep Anggi Noen seguono entrambi i protagonisti in cerca di un senso da dare alla loro vita, in una sorta di road movie che in realtà non li porta alla fine da nessuna parte. La visione personale dei nuovi registi, come quella di Mouly Surya, al suo secondo lungometraggio con Yang tidak dibicarakan ketica membicarakan cinta (2013, noto con il titolo What they dont’t talk about when they talk about love), e di Teddy Soeriaatmadja in Something in the way (2013), rivela molto della società e dei valori in cui vivono attraverso opere spesso controverse. Tutti e quattro questi film sono stati presentati in Italia in occasione della XV edizione del Festival Asiatica (2014).
Da menzionare infine due registi emergenti: Sidi Saleh, che con il suo Maryam ha vinto nel 2014 al Festival di Venezia nella categoria dei cortometraggi, primo film indonesiano a essere premiato alla prestigiosa Mostra del cinema, e Aditya Ahmad, laureatosi all’Istituto d’arte di Makassar, che ha ottenuto nel 2014 con il suo film Sepatubaru (noto con il titolo On stopping the rain) una menzione speciale al Festival di Berlino.