INDONESIA (App. III, 1, p. 863)
Superficie e popolazione. - Secondo il censimento del 1971, nell'I., su una superficie complessiva di 1.904.345 km2 (dal 1963 infatti è stata affidata all'I. dall'ONU in amministrazione fiduciaria l'ex Nuova Guinea olandese, di 412.781 km2) viveva una popolazione di 119.232.440 abitanti. Il valore di densità media - 62 ab. per km2 - poco o nulla ci dice circa l'effettiva distribuzione della popolazione, che, lasciando quasi completamente spopolate estese aree e talune isole, si addensa fino ai limiti del possibile in poche regioni più fertili o comunque più favorevoli dal punto di vista economico, creando scompensi e problemi di non facile soluzione per lo stato. Quasi i due terzi della popolazione vivono a Giava, l'isola che, con una superficie pari a circa un settimo del territorio nazionale, presenta una densità quattro volte superiore a quella dell'Italia. Inoltre, la sua popolazione, anziché diminuire a vantaggio di una più equa distribuzione territoriale, tende ad aumentare, perché le migliori possibilità economiche che l'isola offre rispetto al resto del paese attirano un certo flusso immigratorio e rendono ancora aleatorio il decollo economico delle altre isole. A rendere più grave la situazione socio-economica generale concorre l'alto tasso d'incremento annuo (1963-72: 2,1%) che si stenta a contenere entro limiti più accettabili: nonostante i provvedimenti presi anche in sede governativa, il coefficiente di accrescimento si è abbassato rispetto al decennio precedente solo dello 0,1%, troppo poco per attenuare la forte pressione demografica (in una stima del 1974, ab. 127.586.000, escluso Irian Jaya).
La popolazione prevalentemente rurale, anche quando si addensa in città popolose ma peraltro più simili a immensi villaggi che a funzionali centri urbani, è composta da Indonesiani e Maduresi, mentre nell'Irian Occidentale, corrispondente al territorio più nuovo dello stato ma anche più arretrato, vivono Papua e Melanesiani di origine australoide. A Celebes sono concentrati i Toala, negroidi ritenuti gli aborigeni delle isole.
Gl'Indonesiani si dedicano per lo più all'agricoltura e solo a Giava il quadro delle attività economiche si diversifica alquanto; pertanto, ancora limitato è il fenomeno dell'urbanesimo, che investe per il momento la sola Djakarta (4.576.000 ab.) e Surabaja, principale sbocco commerciale del paese (1.556.255 ab.); a Sumatra però vanno crescendo d'importanza Medan e Palembang, quest'ultima sviluppatasi in seguito al rinvenimento nella regione circostante di cospicui giacimenti petroliferi.
La maggior parte della popolazione (oltre l'80%) continua a preferire la vita del kampong, tipico villaggio malese a economia chiusa che è tuttora diffusissimo.
Attività economiche. - L'agricoltura, come abbiamo già segnalato, ha il primo posto tra le attività degl'Indonesiani. Circa il 70% della popolazione attiva (40.666.000 unità) si dedica al lavoro dei campi, indirizzandosi verso due forme ben diverse di utilizzazione del suolo: agricoltura di piantagione, in leggero ma significativo declino, e agricoltura di sussistenza, in rapido incremento. Il suolo coltivato risulta di circa 1.800.000 ha, pari al 9,5% della superficie territoriale. Molto più estesa è l'area forestale (121.800.000 ha, pari al 63,9% della superficie territoriale), mentre ancora improduttiva rimane una parte considerevole del territorio, soprattutto nell'Irian Occidentale.
Tra le principali colture occorre segnalare innanzitutto il riso, elemento fondamentale dell'alimentazione locale. Esso viene coltivato su 8.560.000 ha e ha attualmente una produzione di circa 200 milioni di q all'anno, valore pressoché doppio rispetto a quello di un ventennio addietro (110 milioni di q nel 1955), che pone l'I. al terzo posto nel mondo dopo Cina e Unione Indiana. Il riso viene per lo più coltivato per inondazione, il che consente molto spesso di effettuare due raccolti all'anno. Oggi la maggiore area risicola è quella giavanese, che è anche l'area più irrigua, grazie all'ottima canalizzazione praticata, dove si ottengono le maggiori rese per ettaro; ma il riso va estendendosi pure nelle isole di sumatra, Borneo e Bali. Altri prodotti alimentari sono il mais (2,5 milioni di ha con produzione di 25 milioni di q annui), la manioca (1.350.000 ha e 101 milioni di q) e la patata dolce (350.000 ha e 21,5 milioni di q). L'ortofrutticultura e la coltivazione di piante oleaginose (soia, arachidi, palma da olio) rientrano tra le pratiche colturali tradizionali della popolazione indonesiana che più risentirono un tempo della diffusione delle piantagioni coloniali: tuttavia oggi esse vengono eseguite soprattutto in piccoli appezzamenti intorno ai villaggi.
L'agricoltura di piantagione, pur avendo subito negli ultimi anni una contrazione nella superficie a essa investita, conserva tuttora un posto di primo piano nell'economia del paese, grazie sia alle alte rese unitarie sia all'ancora rilevante estensione.
La canna da zucchero (170.000 ha, quasi tutti a Giava) dà annualmente circa 10 milioni di q di zucchero raffinato e 2,8 milioni di q di zucchero non centrifugato, destinati quasi tutti al consumo interno.
Più diffuso ancora, specie nella sezione orientale dell'isola di Giava, risulta il caffè che viene coltivato su complessivi 400.000 ha e dà una produzione aggirantesi intorno ai 2 milioni di q annui (quinto posto nel mondo). Il tè è assai diffuso lungo la fascia occidentale dell'isola di Giava, su estese piantagioni (100.000 ha e 670.000 q); il tabacco, di qualità pregiata, viene coltivato a Sumatra e in minor misura a Giava (165.000 ha e 756.000 q). Un ruolo importante nell'economia del paese è ricoperto dalla palma da cocco, presente su quasi tutto il territorio statale: la produzione, superiore annualmente ai 5 milioni di t di noci e agli 8 milioni di q di copra, alimenta anche una discreta corrente di esportazione e proviene, per la sua parte qualitativamente migliore, dalle cooperative di Celebes e dalle coste meridionali di Kalimantan e Giava. Ridotta è invece l'importanza delle spezie (pepe, ecc.) e del chinino, oggi poco richiesti, nonché delle piante tessili (kenaf, cotone, agave sisalana) la cui produzione è modesta.
Le foreste, come abbiamo detto, ricoprono quasi il 70% della superficie territoriale; pertanto il patrimonio forestale rappresenta un'immensa risorsa per il paese, per la produzione sia di legni pregiati (teak di Giava), che di alberi da costruzione (ebano, sandalo), da tinta, da resina e di palme. Non tutte le smisurate foreste sono sfruttate pienamente, anche per le difficoltà nel trasporto del legname, la cui produzione supera oggi i 130 milioni di m3 all'anno.
Tra le risorse forestali un cenno a parte merita soprattutto il caucciù (Giava, Sumatra, Kalimantan), che con 870 milioni di t annue è il principale prodotto industriale e colloca l'I. al secondo posto nel mondo dopo la Malaysia. Ex coltura di piantagione, ora nazionalizzata, essa viene praticata in maggioranza da coltivatori diretti.
L'allevamento del bestiame (6.250.000 bovini, 2.850.000 bufali, 7 milioni di caprini, 3 milioni di ovini e 33 milioni di suini, allevati questi ultimi dalle popolazioni non mussulmane di Bali) non è che un'attività marginale, mentre maggiore importanza per l'economia del paese riveste la pesca, praticata non solo lungo le coste (1,3 milioni di t di pesce sbarcato nel 1974 e poi perle e coralli) ma anche nell'interno (carpicoltura a Giava, effettuata con pratiche moderne).
Dal punto di vista minerario il sottosuolo indonesiano è ancora in grande misura da scoprire: tuttavia, in base alle prospezioni minerarie attuate a tutt'oggi, si può dire che esso è molto ricco di petrolio (i giacimenti di Sumatra, Kalimantan e di Giava hanno dato nel 1974 67.980.000 t di greggio cui si aggiungono i 5.652 milioni di m3 di gas naturale). Non mancano inoltre il carbone (distretti di Bukit Asem e di Sawahlunto in Sumatra e di Mahakam e Prapatin in Kalimantan, con produzione di 156.000 t) e lo stagno (giacimenti dell'isola di Riau, Singkep, Bangka, Belitung, con produzione di 22.800 t di stagno, che pone l'I. al terzo-quarto posto nel mondo, dopo Malaysia e Bolivia, in concorrenza con la Thailandia). Altri minerali sono la bauxite dell'isola di Riau, il manganese di Giava, il nichel di Celebes, l'oro e l'argento estratto dalle miniere di Lebong, Tandai e Meulaboh in Sumatra e di Citondang in Giava, e ancora i diamanti e il sale.
È comunque soprattutto il petrolio ad avere un peso dominante per l'impulso dato allo sviluppo industriale del paese. La legge indonesiana prevede infatti che il petrolio prodotto (dal 1971 è iniziato anche lo sfruttamento di giacimenti off shore nel Mar di Giava) venga raffinato per la massima parte nell'interno dello stato: ciò ha favorito un'intensa attività di lavorazione del greggio, che ha conferito un sensibile impulso al dinamismo produttivo e mercantile dello stato: così nel giro degli ultimi anni sono sorti intorno ai ricchi pozzi di Kalimantan (Tarakan, Bunyu, Sangatta, Sanga-Sanga, Samboja, ecc.) la raffineria di Balikpapan, nei pressi dei pozzi di Sumatra (Djambi, TalangAkar, Limau, Minas, Duri, Perlak, Rantau, ecc.) le raffinerie di Sungaigerung, Palembang e Pangkalanberandan, collegate ai giacimenti con oleodotti che giungono fino al porto fluviale di Plaju, e a poca distanza dai meno ricchi pozzi di Giava si sono sviluppate di recente le raffinerie di Wonokromo e di Madura. Influenzate dalla presenza del petrolio sono anche le industrie chimiche (della soda a Waru e dei fertilizzanti a Palembang e a Cilacap) e i cementifici di Padang e Gresik. Ma l'industria in I. tarda a decollare sia per lo scarso sfruttamento dell'energia elettrica (2932 milioni di kWh nel 1973) che rende debole il settore energetico, nonostante le buone possibilità potenziali, sia per la presenza di cospicuo capitale straniero in taluni rami produttivi di vitale interesse, sia per la scarsa capacità imprenditoriale della popolazione.
I rami industriali più attivi risultano oggi quello tessile, nei cui numerosi stabilimenti viene peraltro lavorato soprattutto cotone importato, e quello alimentare (zuccherifici, birrifici, riserie, ecc.). Ne consegue pertanto che mentre le industrie estrattive si avvantaggiano dell'apertura ai grossi mercati internazionali, quelle manifatturiere sono ancora destinate in netta prevalenza al consumo interno e hanno carattere pressoché artigianale. A tali industrie vanno aggiunti il tabacchificio (fabbriche di sigari e sigarette), le fabbriche di montaggio di autoveicoli e apparecchi radio e infine le produzioni indigene tradizionali (tessuti batik e cappelli di bambù).
Vie di comunicazione. - Solo dopo il 1967 sono stati presi dal governo provvedimenti per la creazione o il potenziamento delle infrastrutture viarie esistenti e l'allestimento di nuovi porti e ferrovie.
La rete stradale e ferroviaria risulta pertanto ancora carente, i porti bene attrezzati sono pochi, nonostante la grande importanza del commercio marittimo nella vita del paese, mentre un più rapido impulso sta conoscendo il traffico aereo.
Il popolo indonesiano, comunque, continua a usare i mezzi tradizionali quali i praho di antica memoria e spesso preferisce i sentieri nella foresta e i corsi d'acqua alle vie più moderne.
Il commercio con l'estero è stato potenziato dai recenti ritrovamenti minerari, com'è il caso del petrolio che, da solo, ricopre circa la metà del valore delle complessive esportazioni e ha reso attiva negli ultimi anni la bilancia commerciale. Tra gl'interlocutori commerciali dell'I. figurano soprattutto Giappone e SUA, mentre sempre più irrilevante si va facendo il ruolo dei Paesi Bassi.
Bibl.: A. Cannizzaro, Aventures en Indonésie. Chez les primitifs des Mentawai, Parigi 1968; G. J. Panker, Political consequences of rural development programs in Indonesia, in Pacific Affairs, 1968, pp. 386-402; P. Soedjatmoko, Indonesia: problems and opportunities, in India Quarterly, 1968, pp. 140-64.
Storia. - L'insediamento, avvenuto il 25 giugno 1960, del Consiglio nazionale del popolo, privo di poteri deliberativi e dal quale restavano esclusi i rappresentanti dei due maggiori partiti di opposizione, cioè il Masjumi e il partito socialista indonesiano, sembrò sanzionare la vittoria di Sukarno e l'adozione della sua "democrazia guidata". In realtà il presidente, pur dotato di un indubbio carisma e di largo seguito personale, non aveva nel suo partito (il partito nazionalista indonesiano) una base politica adeguata. I militari che avevano contribuito a debellare l'opposizione parlamentare e domato la rivolta separatista del 1958 ne limitavano l'autonomia. Per sottrarsi alla loro tutela, Sukarno si riavvicinò al partito comunista indonesiano, che contava 3 milioni di iscritti e che attraverso il controllo della maggiore organizzazione sindacale, il SOBSI, e delle organizzazioni di massa aveva un seguito di 10-12 milioni di persone. Sebbene l'ideologia di Sukarno continuasse a basarsi sul NASAKOM - una confusa sintesi di nazionalismo, tradizionalismo islamico (agama) e comunismo - e il suo governo comprendesse fino all'agosto del 1964 solo rappresentanti dei musulmani tradizionalisti e dei partiti minori, il potere effettivo era diviso tra i militari, che oltre a controllare le forze armate avevano una forte influenza sui vari organi di governo, i comunisti, che dominavano le organizzazioni di massa, e lo stesso Sukarno, che faceva da ago della bilancia. Tutto preso dal giuoco politico il presidente continuò a trascurare i problemi economici, non preoccupandosi del declinare della produzione agricola e del tenore di vita e dell'inflazione galoppante.
Perseguì invece una politica estera dinamica, ispirata a un neutralismo attivo. Al riavvicinamento con il Partito comunista all'interno, si accompagnò un orientamento filocinese e in minor misura filosovietico. Questo, oltre che essere la conseguenza dei mutamenti interni, doveva servire a Sukarno da copertura per le sue accese rivendicazioni nazionaliste e anticolonialiste. La vertenza per l'Irian occidentale si era ulteriormente inasprita dopo la rottura dei rapporti diplomatici con l'Olanda, decisa da Sukarno nell'agosto 1961. Il 19 dicembre 1962 egli annunciò l'intenzione di occupare militarmente il territorio conteso. Seguirono sbarchi di commandos e l'affondamento nelle acque dell'Irian di due siluranti indonesiane. Il 15 agosto 1962, grazie ai buoni uffici del segretario dell'ONU e dell'ex diplomatico americano E. Bunker, fu firmato un accordo che stabiliva il trasferimento dell'amministrazione dell'Irian occidentale all'ONU e il suo graduale trapasso all'I. a partire dal 1° maggio 1963. L'I. s'impegnava a indire un plebiscito tra i 700.000 Papua entro il giugno 1969.
Chiusa la vertenza per l'Irian si apriva quella per la Malaysia. Quando nel settembre del 1963 il governo britannico concesse l'indipendenza alle sue colonie malesi nell'ambito di una federazione, la Malaysia, che univa oltre alla Malesia e a Singapore i possessi del Borneo settentrionale, Sukarno denunciò violentemente il "complotto imperialista", minacciando il ricorso alle armi ed effettuando nei mesi seguenti sbarchi di guerriglieri sulle coste del Borneo e della Malesia. Il 30 settembre 1965, in circostanze poco chiare, un gruppo di militari e di civili definiti di sinistra, sotto la guida dello sconosciuto col. Untung, cercò d'impadronirsi del potere, massacrando una decina di generali. Il gen. Nasution, ministro della Difesa, e il gen. Suharto, l'uomo forte dell'esercito, sfuggirono all'attentato e comandarono la repressione, che si abbatté sanguinosissima sul paese. Circa 700.000 persone, per lo più comunisti o sospettati tali, compreso il segretario del partito D. N. Aidit, furono massacrati. Il potere effettivo passò nelle mani dell'esercito e in particolare di Suharto. Questi in un primo tempo mostrò di voler collaborare con Sukarno; ma nel marzo 1966 lo fece privare dal parlamento dei suoi poteri sotto l'accusa di compiacenze verso i promotori del colpo di stato. Sebbene esautorato, Sukarno conservò il titolo di presidente finché il parlamento lo destituì anche formalmente il 12 marzo 1967. Sukarno visse virtualmente prigioniero nel suo palazzo fino alla morte (21 giugno 1970), mentre Suharto, eletto presidente della repubblica nel marzo 1968, governava l'I. con la collaborazione dei militari e di tecnici, come il ministro degli Esteri, Adam Malik.
Pur riaffermando la linea neutralista, egli ha riorientato la politica estera indonesiana in senso filoccidentale. I rapporti con Pechino si sono fatti tesi, anche a causa delle violenze contro i cinesi residenti in Indonesia. Per contro Suharto ha posto fine alla konfrontasi con la Malaysia, firmando un accordo l'11 agosto 1966 e collaborando con il nuovo stato in seno all'ASEAN, un'organizzazione di cooperazione economica costituita nel 1967 e comprendente oltre all'I. e alla Malaysia, Singapore, le Filippine e la Thailandia. Nel 1969 anche l'annosa questione dell'Irian occidentale era risolta con un referendum tenuto nel luglio-agosto e con una risoluzione dell'ONU del 19 novembre che ne consacrava l'annessione all'Indonesia.
Con l'appoggio dei paesi occidentali, da cui ha ottenuto una dilazione nel pagamento degl'ingentissimi debiti (2700 milioni di dollari nel 1966), aiuti economici e finanziari erogati per mezzo di uno speciale organismo creato per iniziativa olandese nel 1967 (IGGI), nonché consistenti investimenti privati, Suharto è riuscito a migliorare alcuni aspetti della disastrosa situazione economica. L'inflazione che nel 1966 era nell'ordine del 650%, era ridotta nel 1970 al 10%. Due piani quinquennali varati nel 1969 e nel 1974 hanno corretto parte degli squilibri esistenti, abbandonando i progetti troppo ambiziosi d'industrializzazione e dando maggiore spazio all'agricultura. Il reddito pro-capite resta tuttavia sui 100 dollari all'anno, e sotto l'apparenza dell'ordine restaurato covano nuove tensioni. Queste hanno provocato dimostrazioni, soprattutto di studenti, culminate in tumulti in occasione della visita a Djakarta del primo ministro nipponico Tanaka nel gennaio 1974. Gli studenti, che già lottarono contro l'autoritarismo di Sukarno, reclamano la democratizzazione del nuovo regime. Nel luglio 1971 questo ha indetto elezioni generali, che hanno dato la maggioranza assoluta a una formazione creata per l'occasione dal governo, il Sekber Golkar. Il Golkar ha confermato il suo predominio nelle elezioni del maggio 1977, ottenendo il 66% dei voti contro il 62% nelle elezioni precedenti. Ma il PPP (Partito unitario per lo sviluppo), che raggruppa i movimenti islamici di osservanza governativa, ha conseguito un notevole successo, raggiungendo il 23% dei voti e risultando addirittura primo a Djakarta e in alcuni distretti di Sumatra. L'opposizione vera si esercita tuttavia al di fuori dal Parlamento ad opera soprattutto del movimento degli studenti e, localmente, del movimento indipendentista ambonese, che rivendica l'indipendenza delle Molucche meridionali, nonché del movimento di resistenza sorto a Timor orientale dopo che l'ex-colonia fu occupata manu militari dagl'indonesiani nel dicembre 1975 e annessa nel giugno 1976.
Bibl.: F. Wertheim, Indonesian society in transition, L'Aia 1956; J. Mossman, Rebels in paradise: Indonesia's civil war, Londra 1961; H. Feith, The decline of the costitutional democracy in Indonesia, New York 1962; R. McVey, Indonesia, New Haven 1963; J. Van der Kroef, The Communist Party of Indonesia, Vancouver 1965; P. Polomka, Indonesia since Sukarno, Harmondsworth 1971; R. Mortimer, Indonesian communism under Sukarno, Ithaca 1974.
Letteratura (maleo-polinesiache, letterature, XXII, p. 8; giava, letteratura e teatro, XVII, p. 89). - La letteratura indonesiana moderna data a partire dal 1928, anno in cui si tenne a Batavia (Djakarta) il famoso congresso giovanile indonesiano, di cui ancor oggi, il 28 ottobre, si commemora la triplice risoluzione di un solo paese, un solo popolo, una sola lingua. Tale lingua è il malese, denominato da quella data Bahasa Indonesia, e il simbolo della nuova letteratura è una piccola raccolta di poesia di Muhammad Yamin (nato nel 1903), dal titolo Indonesia, Tumpah-darahku ("I., patria mia"). Rustan Effendi e Sanusi Pané sono altri due poeti della prima generazione della nuova I., mentre il primo romanzo, Sitti Nurbaja, pubblicato nel 1922, è opera di Marah Rusli. Altri importanti romanzieri dell'anteguerra sono Abdul Muis, autore di Salah Asuhan ("L'educazione sbagliata"), e Nur St. Iskandar. Il periodo fra il 1933 e il 1942 (anno dell'occupazione giapponese) è dominato dalla rivista letteraria Pudjangga Baru e da letterati e poeti come Takdir e Amir Hamzah. Una battuta d'arresto si ebbe con l'occupazione giapponese del 1942, ma la proclamazione della repubblica indonesiana (17 agosto 1945) coincide con una rinascita in campo letterario, pur con caratteristiche diverse rispetto agli anni dell'anteguerra. Il principale poeta di quella che fu chiamata la Angkatan 45 ("Generazione 1945") è Chairil Anwar, mentre nella prosa eccelle Pramoedya Ananta Toer, autore di molti racconti e di romanzi, tra cui Keluarga Gerilja ("Una famiglia-guerriglia"), che presenta alcune fasi della lotta per l'indipendenza attraverso la storia di una famiglia di Djakarta.