INDONESIA
(App. III, I, p. 862; IV, II, p. 173)
Arcipelago di circa 13.700 isole, si estende per quasi 5000 km da ovest a est e per 2000 km da nord a sud con una superficie di 1.919.443 km2 (compresa Timor, annessa nel 1976). La posizione tra Asia e Australia ne fa un ponte naturale di grande importanza geologica e biologica e, nonostante le condizioni socio-politiche interne, un paese chiave per l'equilibrio dello scacchiere sud-orientale dell'Asia. Dominano per estensione le grandi isole di Borneo (la cui parte indonesiana, Kalimantan, è di 539.460 km2), Sumatra (473.606 km2), Nuova Guinea (di cui la metà occidentale è indonesiana: Irian Jaya, 421.981 km2), Celebes (Sulawesi: 189.216 km2) e Giava (132.187 km2); inoltre ne fanno parte interi arcipelaghi, come le Molucche (Maluku) e le isole della Sonda, e migliaia di isole minori, per lo più disabitate, moltissime con tipiche caratteristiche atollari, come le Pulau Seribu, il cui nome significa Mille Isole.
Posta a cavallo dell'equatore, l'I. ha un clima piuttosto diversificato per influenza del monsone, soprattutto a est, ma anche dei particolari fattori locali (altitudine, marittimità, macroesposizione, ecc.). Infatti, sebbene la temperatura media annua si aggiri sui 26°C, le precipitazioni diminuiscono verso est dai 4400 mm di Sumatra ai 1400 mm di Timor (ma nella parte orientale di Giava si scende sotto i 1000 mm), sicché si passa spesso dalla foresta pluviale alla foresta tropicale o al paesaggio della risaia dove, come a Giava, il carico umano è assai elevato e la vegetazione spontanea ha subito un'imponente riduzione.
Tra la fine degli anni Settanta e i primi anni Ottanta, l'I. ha conosciuto il più vasto ripopolamento volontario del mondo, che ha portato oltre 500.000 famiglie a lasciare Giava e Bali per nuovi insediamenti a Sumatra o nel Kalimantan. Il progetto, sostenuto dalla Banca Mondiale, sottolinea la gravità del problema demografico distinto da incrementi superiori al 2% annuo (nel periodo 1984-89, 2,1%) e dalla inuguale distribuzione (la densità passa dagli 813 ab./km2 di Giava ai 78 di Sumatra, 16 di Kalimantan e 4 di Irian Jaya). La natalità si mantiene sul 28‰ mentre la mortalità è scesa al 7,9‰, e la popolazione, al censimento del 1980, era di 146.935.000 ab., mentre al censimento del 1990 era salita a 179.321.640 ab., in prevalenza indonesiani e in gran parte musulmani (87%). Altre religioni sono quella cristiana (9%), induista (a Bali), buddista e animista. L'indonesiano è la lingua ufficiale, parlata da più dell'80% della popolazione. Gli attivi sono poco meno di 76.000.000, impiegati per il 55% in agricoltura, il 13% nell'industria, il 30% nei servizi; il restante 2% è in attesa di occupazione.
Jakarta, con i suoi kampung periferici, ha superato i 9 milioni di ab. e continua ad accogliere genti provenienti dall'interno e da altre isole. Posta a nordovest di Giava, occupa una depressione presso la costa, che all'arrivo degli Olandesi era paludosa e malarica. Oggi, moderna nel centro, è cinta da una sconfinata fascia di casupole, prive di servizi sociali e sottoposte a frequenti alluvionamenti. Altre città con oltre un milione di ab. sono Surabaya, sempre sull'isola di Giava, con il suo attivissimo porto, Medan sull'isola di Sumatra, Bandung sull'isola di Giava, sede di un'importante università, e Semerang, capoluogo di Giava Centrale. Toccano quasi gli 800.000 ab. anche Palembang a Sumatra e Ujungpandang a Sulawesi.
Condizioni economiche. - Repubblica presidenziale, con I. Suharto, l'I. ha sviluppato una politica estera filoccidentale e un'economia pianificata su base quinquennale. Già il piano di sviluppo per il quinquennio 1979-83 (Repelita iii) si proponeva il riequilibrio della ricchezza, la riduzione della crescita della popolazione, il decongestionamento demografico dell'isola sovraffollata di Giava, l'incremento della produzione agricola e dell'esportazione dei prodotti non petroliferi e, infine, la promozione della piccola industria. Tali obiettivi, accolti anche nel Repelita iv (1984-88), dove si sottolinea la necessità di nuovi progetti industriali e agricoli, nonché il miglioramento delle infrastrutture e dei servizi sociali, confermano le difficoltà immense per vincere l'endemica arretratezza che pone l'I. tra gli ultimi paesi non solo dell'ASEAN (Association of South-East Asian Nations), ma del mondo.
Con un reddito pro capite di 570 dollari l'anno (dato del 1990, secondo le stime effettuate dalla Banca mondiale) l'I. appartiene tuttora al gruppo dei paesi a ''basso reddito'' (low-income economies). Nonostante i grandi progressi del settore primario il contributo dell'agricoltura al reddito complessivo si è sensibilmente ridotto (nel 1990 era attestato poco sopra il 20%): è questa una tipica conseguenza del potenziamento degli altri comparti produttivi. Il settore industriale, di converso, è balzato al 40% (era il 13% nel 1965), anche se l'industria manifatturiera conta soltanto per il 17%; il residuo 38% è fornito dai servizi. Altissimo è l'indebitamento del paese con l'estero: era di oltre 67.000 milioni di dollari nel 1990.
Forte impulso è stato fornito all'agricoltura e in particolare alle colture di prodotti alimentari, sicché oggi è coltivato l'11% della superficie del paese. La possibilità di risalire i fertili fianchi dei vulcani consente di differenziare la produzione, dalle colture tropicali a quelle temperate. Domina la risicoltura terrazzata, estesa su 10.304.000 ha, seguita dalla coltura del mais, della manioca e della patata dolce. Tra le piante oleifere, oltre alla palma da olio, sono diffuse sia le arachidi che la soia. Da Giava proviene quasi tutto lo zucchero di canna (18.170.000 q), ma anche il tè e il caffè sono prevalentemente coltivati in quest'isola. Dalle piantagioni provengono le spezie e il caucciù, di cui gli Indonesiani sono il secondo paese produttore (dopo la Malaysia). La foresta ricopre il 60% della superficie del paese e fornisce legnami pregiati come il tek, l'ebano, il sandalo e il bambù. L'I. è uno dei principali produttori ed esportatori di legno lavorato, e il taglio della foresta continua a ritmi elevati suscitando non poche preoccupazioni ambientali. Anche l'allevamento e la pesca hanno ricevuto impulso portando il patrimonio bovino a superare i 10 milioni di capi, cui si aggiungono 3,4 milioni di bufali e inoltre 10,8 milioni di caprini, 5,7 milioni di ovini e 6,6 milioni di suini. La pesca costiera e interna è stata potenziata con l'estendersi delle tecniche di piscicoltura.
Petrolio, stagno e bauxite sono le principali risorse del suolo. Il primo, estratto a Giava, Sumatra e Kalimantan, rappresenta da solo il 70% del valore delle esportazioni e assicura i 2/3 del bilancio statale. A questi si aggiunge il carbone di Sumatra e Kalimantan, il manganese di Giava e il nichel di Sulawesi. Al settore minerario si lega l'industria (raffinerie, cementifici, industrie di fertilizzanti, metallurgia dello stagno e dell'alluminio), mentre è ancora carente il quadro manifatturiero (tessili, pneumatici, cartiere, manifattura tabacchi, assemblaggio auto).
Il problema delle comunicazioni resta tale nonostante lo sviluppo dei trasporti marittimi e aerei (questi hanno consentito una forte corrente turistica dall'Europa e dall'Australia). Praticamente solo Giava possiede una linea ferroviaria che attraversa l'isola da Jakarta a Surabaya e solamente qui si ha una rete stradale sufficientemente ammodernata e articolata. Nonostante ciò le ferrovie si sviluppano per 6900 km e le strade per circa 200.000.
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Storia. - Negli anni Ottanta in I. si notano i segni di una stabilità politica ed economica che contrasta con le alterne vicende di altri paesi dell'Asia Orientale. Una stabilità dovuta in gran parte al fermo controllo della vita politica e dell'ordine pubblico proprio di un sistema autoritario, che consente libertà democratiche entro limiti non sempre precisi e ufficiali, ciò nonostante invalicabili; lo dimostrano una serie di eventi che, pur nella loro sporadicità e marginalità, sono sintomi di potenziale pericolosità.
La congiuntura economica fu caratterizzata in quegli anni dal calo del prezzo del petrolio, che impegnò il governo − l'I. è membro dell'OPEC − a un mutamento radicale dell'intera politica economica: occorreva infatti puntare sempre più sull'esportazione di prodotti non petroliferi. Un evento altamente positivo fu il raggiungimento nel 1984 dell'autosufficienza nella produzione del riso, evento che voleva dire per il popolo indonesiano la raggiunta indipendenza dall'estero per la propria alimentazione. Lo storico annuncio venne dato dal presidente I. Suharto a Roma, in occasione del 40° anniversario della FAO, il 14 novembre 1985. Al contrario, il programma di trasmigrazione dalle aree sovrappopolate di Giava e Bali a isole scarsamente abitate non riuscì a decollare.
All'inizio del 1988, in occasione della visita in I. di G. Goria (la prima di un capo di governo italiano), accompagnato dal ministro degli Esteri G. Andreotti e da esponenti della Confindustria, osservatori economici italiani rilevarono le obiettive difficoltà che ostacolavano una più consistente presenza italiana nel Sud-Est asiatico, area dominata dalla produzione giapponese (per l'I., più del 25% delle importazioni). Nello stesso anno, la FIAT aprì uno stabilimento a Giava.
Le elezioni politiche del 1982 e del 1987 confermarono il crescente predominio del Golkar, il raggruppamento delle categorie professionali sostenuto dal governo (73% dei voti). I due partiti autorizzati costituivano modeste minoranze: il PPP (Partito unitario per lo sviluppo) islamico, con il 16%, il PDI (nazionalisti, cristiani) con l'11%. Il massiccio impegno di uomini e mezzi da parte delle autorità governative e provinciali nelle campagne elettorali per il Golkar non poteva non dare i suoi frutti. Voci di stampa su presunte infiltrazioni di elementi ex comunisti nel PDI (i comunisti erano considerati sovversivi) non danneggiarono tuttavia le sorti del partito, che anzi registrò un leggero aumento.
Ripetutamente, le autorità avvertirono l'opinione pubblica del perdurante pericolo di azioni di sabotaggio e di propaganda da parte dei comunisti. È significativo che a venti anni dalla messa al bando del PKI (Partito comunista indonesiano), vi fu nella pubblica amministrazione una vasta operazione di ''pulizia'', con l'allontanamento dai servizi d'interesse vitale di elementi coinvolti nel tentato golpe del 1965 o di simpatizzanti comunisti. Il 26 settembre 1986 venne eseguita la condanna a morte di quattro esponenti di spicco del disciolto PKI.
Anche su un altro fronte, quello dell'estremismo islamico, vi furono motivi di continue preoccupazioni. Il progetto di legge, inviso ai musulmani, che imponeva l'accettazione della filosofia politica ufficiale, Pancasila, a tutte le organizzazioni sociali e religiose, causò vivaci proteste. Nel settembre 1984 scoppiarono tumulti, sedati dall'esercito con carri armati, a Tanjung Priok, la zona portuale della capitale. Numerosi furono i morti, i feriti, gli arresti. Nei due mesi seguenti si verificarono a Jakarta e altrove attentati dinamitardi e incendi dolosi. Furono presi di mira una banca cinese, grandi magazzini e centri commerciali cinesi. A novembre, fra gli arrestati vi furono personaggi di rilievo, come l'ex generale Dharsono, già primo segretario generale dell'ASEAN (Association of South-East Asian Nations), condannato in seguito a sette anni di reclusione per attività sovversive. La legge contestata entrò comunque in vigore nel giugno 1985.
Nel 1983 e nel 1988, le rinnovate assemblee nazionali confermarono per la quarta e la quinta volta Suharto, unico candidato, alla presidenza della Repubblica. Presentò grande interesse nel 1988 − avendo Suharto dichiarato di non volere una presidenza a vita − la scelta del vice-presidente, quale prevedibile suo successore nel 1993. Tuttavia, all'eletto, l'ex gen. Sudharmono, segretario generale della Repubblica, uomo del Golkar, molto vicino a Suharto, ma inviso a gran parte degli alti gradi, molti negano le doti di possibile capo dello Stato.
Sul piano internazionale, alla fine degli anni Ottanta si registrò un riavvicinamento dell'I. alla Cina, che preludeva alla ripresa delle relazioni diplomatiche, voluta da ambo le parti e avvenuta nell'agosto del 1990. Nel novembre dello stesso anno Suharto si recò in visita ufficiale in Cina e in Vietnam. Appare invece lontana la soluzione della vertenza per Timor ex portoghese, annesso manu militari dall'Indonesia. Permangono l'atteggiamento negativo dell'ONU e la rottura con il Portogallo. La sanguinosa repressione di una dimostrazione ostile all'I. nel capoluogo di Timor Orientale, Dili, il 12 novembre 1991, che causava la morte di un centinaio di timoresi, comportò severe prese di posizione contro il governo indonesiano in vari paesi del mondo, soprattutto in Portogallo e Olanda.
Le elezioni generali del giugno 1992 videro ancora una volta la vittoria del Golkar (che si era presentato come garante della stabilità e dello sviluppo) con il 68% dei voti, ma segnarono anche un successo dei due partiti di opposizione: il PPP ebbe il 17,5% e il PDI il 15%.
Bibl.: M. Leifer, Indonesia's foreign policy, Londra 1983; R. Robinson, Indonesia. The rise of capital, Sydney 1986; J. Ramos-Horta, Funu-The unfinished saga of East Timor, Trenton (New Jersey) 1987; S. Soemardjan, Indonesia. A socio-economic profile, Nuova Delhi 1988; Il Sud-est asiatico nell'anno della Tigre. Rapporto 1987 sulla situazione sociale, politica ed economica dell'area, Fondazione Giovanni Agnelli, Torino 1988; Western Europe and South-East Asia. Co-operation or competition?, a cura di G. Schiavone, Houndmills-Londra 1989.
Letteratura. - Negli anni Ottanta la vita letteraria indonesiana è contraddistinta da una feconda attività e da alcuni eventi di primaria importanza. Il maggior poeta contemporaneo, Rendra (n. 1935), accentua il carattere tagliente della sua critica sociale nel volume di versi Potret Pembangunan Dalam Puisi ("Ritratto dell'evoluzione nella poesia", 1980), come pure nei recitals della sua scuola teatrale, vera fucina d'arte drammatica di alto livello, impegnata al punto che nel 1980 gli viene proibita ogni esibizione in pubblico. Solo nel 1986 il divieto sarà tolto e le sue rappresentazioni richiameranno grandi folle.
Un altro insigne poeta, Sitor Situmorang (n. 1923), emigrato in Olanda dopo la liberazione (1973) dal campo di concentramento, ove era stato rinchiuso per la sua adesione alla lega degli scrittori comunisti in epoca sukarniana, torna nelle librerie con Danau Toba ("Il lago Toba", 1981), una raccolta di racconti, e Angin Danau ("Il vento del lago", 1982), in versi, entrambi − come dicono i titoli − ispirati alla terra natale. Notevole interesse suscita Pengakuan Pariyem - Dunia Batin Seorang Wanita Jawa ("Le confessioni di Pariyem - Il mondo spirituale di una giavanese", 1981) del giovane poeta Linus Suryadi (n. 1951), che riesce a compendiare nella singolarissima forma di un romanzo in prosa ritmata i tratti essenziali della complessa cultura giavanese in epoca attuale, recuperando linee e sistemi narrativi dei grandi romanzi didattici in versi della letteratura giavanese nei secoli 18° e 19°.
Ma l'avvenimento più rilevante degli anni Ottanta − novità che travalica l'ambito letterario in quanto assurge a caso politico imbarazzante per le autorità dello stato − è il ritorno del narratore Pramoedya Ananta Toer (n. 1925): lungamente detenuto in campo di concentramento per aver aderito alla lega degli scrittori comunisti, Toer ha scritto durante la prigionia alcuni romanzi storici straordinariamente felici, che vengono accolti inizialmente con vivo compiacimento, ma poi sono messi al bando in quanto l'enorme successo viene interpretato come un'indiretta manifestazione antigovernativa. I primi di questi romanzi, Bumi Manusia ("La terra degli uomini", 1980) e Anak Semua Bangsa ("Figlio di tutte le nazioni", 1980), vengono prontamente tradotti in inglese e olandese. A questi due fanno seguito Jejak Langkah ("Le orme", 1985) e Rumak Kaca ("La casa di vetro", 1985), costituendo così una grandiosa tetralogia portatrice di un grande messaggio: l'avvilimento della dignità umana sotto la tirannide colonialista. Nel 1985, Pramoedya riesce anche a pubblicare Sang Pemula ("L'iniziatore"), dedicato al nobile giavanese R. M. Tirto Adhi Soerjo (1875-1918), antesignano dei giornalisti e scrittori progressisti del suo paese.
Bibl.: H. Maier, De grote verbittering van Pramoedya Ananta Toer, in De Tijd, 14 agosto 1981; H. B. Jassin, Sastra Indonesia sebagai Warga Sastra Dunia, Djakarta 1983; Id., Pengarang Indonesia dan Dunianya, ivi 1983; L. Santa Maria, Confessioni di Pariyem - Il mondo spirituale di una giavanese, Le, in Dizionario dei Capolavori, i, Torino 1987; A. Teeuw, Sastra Indonesia Modern, L'Aia 1989.
Archeologia. - Nei primi tempi del dominio coloniale olandese (17° secolo) il patrimonio archeologico dell'arcipelago indonesiano non aveva ricevuto quella cura che, sia pur in modo discontinuo, era stata riservata agli antichi monumenti dell'India grazie all'intervento delle autorità inglesi. L'esempio del governatore coloniale inglese sir Th. Stamford Raffles, che resse l'isola di Giava durante il breve interregno britannico (1811-16), non fu seguito dai governatori coloniali olandesi. Gli antichi templi venivano regolarmente smantellati per la costruzione di fabbriche, secondo una politica, accolta anche in altri campi dell'amministrazione, mirante al massimo sfruttamento dell'isola con il minimo impiego di capitale.
Alla metà dell'Ottocento l'affinamento della politica coloniale olandese portò a una ripresa economica e culturale nell'Arcipelago, ma per quanto riguarda la conservazione del patrimonio archeologico bisogna aspettare il nostro secolo. Gli scavi e le ricerche da parte di studiosi occidentali cominciarono in I. agli inizi del 19° secolo (H. Kern e J.L.A. Brandes), ma furono organizzati solo all'inizio del 20° secolo a opera del Servizio archeologico (Oudheidkunding Dienst) delle Indie Olandesi. Prima dell'istituzione di tale organismo nel 1901 era stato insediato un Comitato per la ricerca sulle antichità di Giava e Madura (Commissie voor Oudheidkundig Onderzoek op Java en Madoera), incaricato di raccogliere descrizioni archeologiche e architettoniche delle antichità esistenti nelle due isole, fare disegni e fotografie dei monumenti non ancora catalogati, preparare calchi in gesso e adottare le misure necessarie per salvaguardare i beni culturali.
Il Comitato, composto di tre membri fra cui N.J. Krom, era presieduto da Brandes, che alla sua morte, nel 1905, lasciò numerosi eccellenti lavori. A Krom si deve, nel 1913 (anno della sua morte), la nascita del già citato Servizio archeologico, organo cui fu affidato l'inventario e, in collaborazione con i capi delle amministrazioni locali, la supervisione delle antichità archeologiche site nelle Indie Olandesi, la valutazione e la predisposizione di norme per la conservazione dei monumenti e in generale la ricerca archeologica, anche in campo epigrafico. Compito del Servizio archeologico fu inoltre la pubblicazione di un bollettino trimestrale contenente informazioni sulle attività in corso e sui risultati realizzati. I lavori di restauro furono per lo più diretti da T. van Erp. Il successore di Krom, F.D.K. Bosch, continuò il lavoro di ricerca e di ricostruzione.
Il metodo più seguito nell'opera di restauro fu quello detto di anastilosi. Pazientemente e abilmente praticato, esso ha permesso, in condizioni spesso difficili, di rimontare pietra su pietra numerosi edifici. I risultati sono stati così felici che l'Ecole Française d'Extrème-Orient ha seguito l'esempio del Servizio olandese e la sua tecnica. Grazie a questo faticoso lavoro dalle rovine e dai cumuli di pietra sono rinati i monumenti indonesiani in tutta la loro bellezza e armonia.
Un certo numero di monumenti, in particolare quelli risalenti a epoche più antiche, furono ritrovati danneggiati e qualche volta completamente distrutti. In effetti, essi avevano subito molteplici depredamenti in conseguenza dell'abbandono dovuto allo spostamento delle capitali e dei centri di cultura oppure, soprattutto, ai cambiamenti sopraggiunti nelle credenze religiose. Ai terremoti e all'invasione della vegetazione si aggiunse spesso il vandalismo degli abitanti che utilizzarono le pietre e i mattoni per le loro costruzioni. È stato necessario un lungo sforzo da parte di numerosi studiosi e archeologi olandesi per ricostruire le vestigia dell'architettura e della scultura indonesiane. Non sono stati ancora sufficientemente studiati i più antichi monumenti megalitici dell'Arcipelago, risalenti al 2° millennio a.C., tranne le tombe a lastre litiche di Giava e di Sumatra (in particolare sull'altopiano di Pasemah, nella parte sud-occidentale dell'isola: v. sumatra: Periodo precoloniale, XXXII, p. 987) e le tombe megalitiche di Giava orientale, tutte dell'età del Bronzo e del Ferro. Maggiore attenzione hanno ricevuto gli antichi templi hinduisti dell'isola di Giava, dove due regioni sono state successivamente importanti centri di sviluppo artistico: la regione centrale dalla fine dell'8° alla metà del 10° secolo, la regione orientale a partire da questo periodo fino al 16° secolo (v. giava: Arte, XVII, p. 90). Nell'area centro-settentrionale dell'isola quasi tutti i templi sono scivaiti, come il gruppo situato sul Dieng, un altopiano montuoso formato da un grande cratere vulcanico spento (v. giava, XVII, tav. xlvi).
Poco più a sud del Dieng, nella pianura del Kedu, s'incontrano diversi santuari buddhisti e qualcuno scivaita, come il Candi Pringapus, restaurato dal Servizio archeologico nel 1930. Ancora più a sud, nei pressi di Gebang, nel 1936 fu scoperto un antico tempio scivaita. Il rinvenimento di un'immagine di Ganeśa, la cui base indicava che una volta la scultura doveva essere situata nella nicchia di un santuario, indusse il Servizio archeologico a condurre lo scavo di alcune trincee. Presto fu ritrovato il basamento del tempio e con il materiale riesumato dallo scavo il piccolo santuario poté essere quasi completamente riedificato. Negli anni 1937-39 il Servizio archeologico si interessò agli scavi e al restauro di un tempio scivaita ancora più antico sulla cima del Gunung Wukir, nei pressi di Muntilan.
Come molti altri santuari della zona, anche il Borobudur (v. VII, p. 505 e tavv. ci-cii) un tempo era completamente ricoperto di terra e boscaglia. I primi scavi risalgono al 19° secolo; nel 1885 si scoprì che durante la costruzione era stato modificato il progetto architettonico: il basamento originario era stato ricoperto da un largo ambulacro che lo circondava con una compatta terrazza supplementare. La causa di questa modifica rimane ancora un problema insoluto. Nonostante la grande opera di ricostruzione fatta da van Erp negli anni 1907-11, mezzo secolo più tardi ci si rese conto della necessità di ulteriori lavori. Questi iniziarono infine nel 1973, grazie agli aiuti internazionali, sotto la direzione dell'UNESCO. La monumentale opera di restauro del tempio terminò nel 1983; ma all'inizio del 1985 nove stūpa del tempio furono gravemente danneggiati da bombe terroristiche e prontamente restaurati. Due antiche sculture, le teste di due statue di Buddha, un tempo sottratte al tempio di Borobudur e conservate in un museo belga, furono restituite nel 1980 in seguito a un accordo culturale tra Belgio e Indonesia.
Nel secondo dopoguerra, l'attenzione delle autorità indonesiane si è rivolta in particolare alla manutenzione di un altro monumento del patrimonio artistico indonesiano: la moschea. Nel periodo tra le due guerre governatori locali, sotto il controllo del governo coloniale olandese, erano intervenuti per un'opera di restauro o di ampliamento delle moschee più antiche, come nel caso della moschea di Sunan Ampel (15° secolo) a Surabaya (Giava nord-orientale) o della moschea di Sunan Sendang Duwur a Sendang Duwur (a ovest di Surabaya). A partire dagli anni Cinquanta si sono costituiti su tutto il territorio nazionale numerosi istituti locali con il compito di dirigere i continui lavori, per lo più di modifiche, nelle moschee.
Di recente, sotto la direzione di U. Tjandrasasmita, sono stati condotti numerosi scavi a Giava, come quelli nei siti delle antiche capitali del regno di Mataram (17° secolo) a Kuta Gede, Karta e Plered, nei pressi di Yogyakarta, e nel sito del kraton (palazzo reale) di Pajang (17° secolo), vicino a Surakarta, dove nel 1980 sono stati rinvenuti oggetti di grande valore. Nello stesso anno anche nella periferia di Giakarta, nel quartiere di Pasar Ikan (il cosiddetto ''Mercato del Pesce''), durante la costruzione di un canale sono stati fatti dei ritrovamenti archeologici di straordinaria importanza quale testimonianza della vita quotidiana dell'antica comunità indonesiana. Sono stati riportati alla luce 4959 frammenti di oggetti di ceramica di varie epoche, forma e provenienza, insieme a numerosi oggetti in metallo (coltelli, anelli, ecc.), la maggior parte di produzione locale. Presenti anche vetrerie europee e persiane. Il più interessante è stato il ritrovamento di otto monete, assai preziose per lo studio della numismatica in I.: una spagnola recante la data del 1636, un'altra della Compagnia delle Indie Olandesi datata 1790, le altre sei cinesi risalenti alle dinastie Ming e Ching dei secoli 15°-18°. Gli scavi effettuati nel quartiere di Pasar Ikan, il più antico nucleo della città, potranno essere l'inizio di una metodica ricerca archeologica urbana per far luce sugli aspetti della vecchia Batavia. Sempre nel 1980 a Sumatra meridionale, nella regione del Lampung centrale, 35 km a nord del porto di Tanjungkarang, casualmente si è avuto il ritrovamento di oggetti in bronzo che gli archeologi fanno risalire ai secoli 13°-14°. Si tratta di una statuina di Śiva, alcuni campanelli e un'ascia, un tempo probabilmente racchiusi in un recipiente di terracotta i cui frammenti sono stati trovati sparsi nei dintorni.
I congressi archeologici nazionali di Cibulan (febbraio 1977), di Jakarta (febbraio 1980) e di Ciloto (maggio 1983) hanno dimostrato il costante sviluppo in I. della ricerca archeologica. In particolare il congresso di Ciloto ha evidenziato l'alto livello raggiunto dagli studi archeologici indonesiani che si valgono delle più moderne tecniche di ricerca: la fotogrammetria, l'archeometallurgia, l'archeologia sottomarina. Negli ultimi anni l'interesse degli archeologi in I. si è rivolto soprattutto ai periodi più antichi, e anche in questo campo, data l'estensione dell'Arcipelago, è naturale che vi siano aree di ricerca privilegiate come Bali e Giava; ma non va dimenticata Lombok meridionale, dove da tempo vengono condotti scavi fortunati che riportano alla luce numerosi reperti di vasellame risalente al neolitico.
Il iv congresso archeologico nazionale, tenuto a Jakarta dal 3 al 9 marzo 1986, ha confermato il crescente interesse degli studiosi per la ricostruzione della vita quotidiana, per le costumanze e credenze religiose, per lo studio degli insediamenti dal punto di vista geografico ed economico, dal neolitico all'epoca islamica, in una parola per ''l'archeologia sociale''. È stato anche notato che la ricerca archeologica in epoca coloniale sembrava partire dal presupposto che i mutamenti e gli sviluppi della vita sociale avvenissero soprattutto grazie alla diffusione e alle migrazioni delle popolazioni, ossia secondo un modello non-evoluzionistico. Oggi la ricerca archeologica, nell'I. indipendente, vede le società come organismi dinamici con la capacità di manipolare e trasformare l'ambiente circostante, sviluppando la propria cultura tramite le proprie risorse interne.
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Cinema. - Le prime attività cinematografiche cominciarono negli anni Dieci, patrocinate dagli Olandesi, che detenevano il potere coloniale. Si deve ai pionieri G. Kruger e F. Carli, attivi nel settore documentaristico, il primo lungometraggio a soggetto indonesiano: Lutung Kasarung ("La scimmia leale", 1926), ispirato a una leggenda locale. Sul finire degli anni Venti agli imprenditori olandesi si affiancarono quelli cinesi: i fratelli Wong, Tan Khoen Hian e Teng Chun che, oltre a essere regista e produttore del primo film sonoro (Cikenbang Rose, "La rosa di Cikenbang", 1931), si affermò negli anni Trenta come il principale promotore della produzione su basi industriali.
Il cinema di questo periodo è dominato dalla riproposizione dei filoni commerciali indiani e cinesi, e dall'imitazione dei generi americani. Del tutto controcorrente appaiono così gli sforzi in direzione realistica compiuti da A. Balink che, con la collaborazione del documentarista olandese M. Franken, realizza nel 1934 Pareh ("Riso") e nel 1937 Terang Boelan ("Chiaro di luna"), un film singolare sceneggiato da un indigeno (Saeroen), in cui ci si avvale dei moduli e degli attori del teatro popolare indonesiano (toneel).
Dopo un periodo di stagnazione durante l'occupazione giapponese (1942-45) e la guerra d'indipendenza (1945-49), la produzione riprende nei primi anni Cinquanta con due registi significativi come Djamaluddin Malik, titolare della compagnia Persari, e soprattutto Ismail Usmar, che esordisce prima della liberazione con una società olandese e fonda nel 1950 la compagnia Perfiri.
Accanto a questi autori protagonisti della ''rinascita'' di un cinema autenticamente nazionale, lavorano anche Kotot Sukardi, Huyung e Basuki Effendi. Dalla metà degli anni Cinquanta una nuova crisi produttiva, che raggiunge il culmine nel 1957, si trascina fino all'uscita dei comunisti dal governo (1965) in un clima di ''guerra ideologica'' e di boicottaggio dei registi non allineati a sinistra come Djamaluddin Malik, Ismail Usmar e Asrul Sani (autore, nel 1961, di Pagar Kawat Berduri, "Dietro il filo spinato", di cui viene vietata la circolazione). Fra gli autori di cultura comunista si segnala invece Bachtiar Siagian, capace di servirsi della cinepresa non a fini di mera propaganda.
Dal 1967 il governo comincia a interessarsi organicamente della produzione nazionale varando misure protezionistiche e creando organismi per la riorganizzazione e lo sviluppo (il DPFN, Consiglio nazionale di produzione cinematografica, nel 1968; il DFN, Consiglio nazionale per la cinematografia, nel 1979). Si spiana così la strada al cinema di qualità rappresentato negli anni Settanta e Ottanta da tre registi che si sono formati a Mosca: Ami Prijono (Jakarta Jakarta, 1977; Roro Mendut, 1983), Wim Umboh (Pengantin Remaja, "Matrimonio tra adolescenti", 1971) e Sjuman Djaja (Si Mamad, "Madre", 1973; Opera Jakarta, 1985). Arifin C. Noer (Yuyun, Pasien Rumak Sakit Jiwa, "Yuyun, ricoverato in manicomio", 1980; Serangan Fajar, 1983) e Teguh Karya (November 1828, 1979; Ibunda, 1986) provengono invece dal teatro indonesiano. Mentre è ancora attivo Asrul Sami, emergono nuovi talenti, anch'essi in gran parte legati a formative esperienze teatrali: Franky Rorimpandey (Perawan Desa, "La ragazza del villaggio", 1980), Ismail Subarjo (Perempuan Dalam Pasungan, "Una donna in catene", 1981), Edwat Pesta Siriat (Gadis Penakluk, "Una ragazza che intimorisce", 1980) e infine Slamet Rahardjo, noto attore dei film di Karya (Rembulan Dan Matahari, "Il sole e la luna", 1981, e Kembang Kertas, "Fiori di carta", 1985).
Bibl.: AA. VV., Cinemasia 2, Venezia 1983.