indulgenza
Nella Chiesa cattolica, remissione di tutte o parte delle pene temporali con le quali si deve dar soddisfazione a Dio delle offese recategli con i propri peccati. Secondo la dottrina cattolica, l’i. è la «remissione innanzi a Dio della pena temporale per peccati già cancellati per quanto riguarda la colpa, che il fedele debitamente disposto e a determinate condizioni acquista per intervento della Chiesa la quale, come ministro della redenzione, dispensa e applica autoritativamente il tesoro delle soddisfazioni di Gesù Cristo e dei santi». L’i. non è dunque remissione della colpa, ma solo remissione delle pene temporali con cui si deve soddisfare Dio offeso dal peccato. Essa è un atto di giurisdizione, esercitato dalla Chiesa sui fedeli viventi come modo di assoluzione ed è applicata ai defunti, sui quali la Chiesa non ha più giurisdizione, dai viventi che offrono al Signore i meriti soddisfattori di Gesù Cristo, della Vergine e dei santi, pregandolo di accettarli in remissione delle pene che le anime devono ancora scontare in purgatorio. I meriti straordinari di Gesù Cristo, della Vergine e dei santi costituiscono dunque un tesoro proprio della Chiesa che questa, data l’unità del corpo mistico, può distribuire. Verso la metà dell’11° sec. apparvero remissioni generali, cioè condono di un periodo di pena temporale (di giorni o settimane o anni) che altrimenti avrebbe dovuto essere soddisfatta con la purificazione attiva in questa vita o passiva nel purgatorio. Ciò era applicabile a tutti i fedeli che compissero un pellegrinaggio, dessero particolari elemosine ecc., senza che il ministro dovesse stabilire per ognuno, considerato come peccatore di determinate colpe, le condizioni del riscatto della pena. L’i. plenaria fu offerta per la prima volta in occasione della crociata (1095) da Urbano II e fu estesa via via alle mogli dei crociati, ai finanziatori, agli informatori, ai predicatori e poi non più soltanto ai crociati di Terra Santa, ma anche ai crociati che combattevano per la fede contro gli eretici o contro i nemici «ghibellini» della Chiesa. In generale si può dire però che le concessioni di i. solo dopo il 1300 si estesero come frequenza e misura del condono di pene e, anche se la dottrina teologica sull’i. era stata ormai pienamente elaborata, si diffondevano in proporzione anche gli abusi, per cui taluni esattori osavano addirittura promettere la liberazione di dannati dall’inferno, cioè la remissione dalla pena eterna, o tariffavano le i. preoccupandosi solo di procurare abbondante denaro alla Chiesa. Notissimi sono gli abusi sotto i papi del Rinascimento, contro i quali protestò M. Lutero, e che costituirono quindi l’occasione di innesco di una crisi epocale della comunità cristiana occidentale che si concluse con una divisione che non si è più ricomposta. Il Concilio di Trento mise ordine nella materia; soppresse gli esattori ed emanò il decreto De indulgentiis (1563) che riassumeva la dottrina cattolica e imponeva di usare moderazione ed evitare «ogni turpe lucro». La costituzione apostolica Indulgentiarum doctrina, emanata da Paolo VI il 1° gennaio 1967 in accoglimento di voti del Concilio vaticano II, rivede e semplifica tutta la materia della classificazione delle indulgenze. L’aggiornamento delle i., cominciato con la detta costituzione apostolica, è completato dal nuovo Enchiridion indulgentiarum (29 giugno 1968), il quale riduce moltissimo l’elenco di i., proponendosi di educare «più che alla ripetizione di formule e pratiche, allo spirito di orazione e all’esercizio delle virtù teologali».