CASEARIA, INDUSTRIA (dal lat. casĕus "formaggio"; fr. industrie laitière; sp. industria lechera; ted. Milchwirtschaft; ingl. dairy industry)
Azienda industriale che ha per scopo la raccolta del latte nella zona agraria circostante, per trasformarlo prevalentemente in burro e formaggio e per utilizzare, in generale, i prodotti derivati dal latte.
Il latte. - La materia prima del caseificio è il latte, liquido secreto dalle ghiandole mammarie delle femmine dei Mammiferi dopo la nascita della prole; poiché il colostro (v.), liquido che la mammella secerne prima e subito dopo il parto, è inadatto al caseificio. Per fabbricare il formaggio si adopera il latte di vacca, di pecora, di capra, di bufala. Specialmente quello di vacca ha importanza economica e commerciale.
Per quanto più strettamente riguarda la caseificazione, ricordiamo che il latte è un liquido opaco, viscoso, di colore dal bianco-giallognolo al bianco-azzurrognolo, di odore variabile a seconda della specie che lo produce e delle cure apportate nella sua raccolta; di sapore leggermente dolce; facilmente coagulabile dagli acidi, da molte soluzioni saline, da enzimi tipici, come quello del caglio (v.) o presame, mentre le soluzioni alcaline, anche in piccole dosi, lo fluidificano. Il calore, contrariamente all'azione del freddo, produce nel latte modificazioni nella sua composizione fisica, chimica, batteriologica; modificazioni che s'iniziano sui 50° e sono tanto più profonde quanto più elevata è la temperatura.
Il latte si può considerare come un'emulsione di sostanza grassa in un siero contenente lattosio, sostanze proteiche, sali, piccole quantità di prodotti varî, nonché componenti figurati (fagociti e microbî).
L'acqua, il lattosio, le sostanze proteiche (caseina, albumina, globulina), il grasso, i sali (cloruri di sodio e di potassio; fosfati di potassio e di calcio; citrati di calcio, magnesio, potassio; solfato di potassio, ecc.) sono i componenti principali del latte, ai quali si aggiungono piccole quantità di prodotti diversi (lecitine, vitamine, colesterine, sostanze azotate non proteiche, gas, aromi, pigmenti coloranti, ecc.).
Il lattosio è per i latti adoperati nel caseificio, il componente più abbondante dopo l'acqua ed è anche quello meglio studiato; esso presenta una composizione costante nei latti di tutte le specie lattifere. Fu scoperto nel latte da Fabrizio Bartoletti nel 1619. È uno zucchero riduttore, a sapore lievemente dolce, solubile in acqua; perciò nel latte si trova in soluzione. È fermentescibile e, per l'azione di speciali microrganismi, può subire ordinariamente le fermentazioni lattica, alcoolica e butirrica. Nella fermentazione lattica si ha produzione di acido lattico; l'acidità di fermentazione conferisce al latte sapore acido, e produce la coartazione della sostanza proteica (coagulo) col calore, o anche spontaneamente, quando l'acidità ha raggiunto un certo grado. Nella fermentazione alcoolica si ha produzione di alcool e di anidride carbonica; essa, in condizioni speciali, trasforma il latte in un vero liquido alcoolico, originando i cosiddetti latti fermentati (koumis, kefyr, gioddu, ecc.). Una branca dell'industria lattiera è appunto l'estrazione del lattosio dal latte, partendo dal liquido residuale della fabbricazione del formaggio (siero).
Le sostanze proteiche presenti nel latte sono tre: caseina, albumina, globulina.
La caseina è la proteina caratteristica della secrezione lattea, è la più abbondante e la meglio conosciuta. È una sostanza insolubile, o quasi, in acqua, solubile negli alcali, negli acidi concentrati e in alcuni sali. Quando è pura ed essiccata è giallognola, translucida, igroscopica. È un elettrolito anfotero, capace cioè di produrre sali dissociabili. Nel latte si trova in combinazione col calcio, formando un complesso di caseinato di calcio e fosfato di calcio (Porcher). Può essere precipitata per azione di acidi o di sali o, come avviene generalmente nella caseificazione, per azione del caglio, in presenza di calore moderato, sotto forma di coagulo, più o meno ricco di fosfato di calcio, il quale si differenzia per i suoi caratteri fisico-chimici dalla caseina precipitata dagli acidi. La caseina non coagula invece per azione del solo calore se non oltre i 120°. Il latte privato dal complesso della coartazione prende il nome di siero.
La coagulazione del latte per opera del presame è la base della fabbricazione per il maggior numero di tipi di formaggio.
Per le applicazioni industriali della caseina, v. caseina.
L'albumina si trova sempre nel latte allo stato colloidale in quantità inferiore alla caseina; alla temperatura ordinaria non coagula, né per l'azione degli acidi, né per quella del presame, ma a 70-72° per azione del solo calore in mezzo neutro o leggermente acido. La sua estrazione dal latte (dal siero acido, per azione del calore) origina la ricotta.
Il grasso del latte è formato, come tutti i grassi naturali, da una mescolanza di gliceridi con piccole quantità di sostanze insaponificabili (colesterine), da lecitine, da pigmenti coloranti e da aromi. È il componente del latte più variabile, non solo nella sua composizione intrinseca, ma anche nella sua quantità. È di colore più o meno giallo, a seconda della specie, ma anche a seconda del regime alimentare dell'individuo. La sua densità media è di 0,93 a 15°. È fra i costituenti organici del latte il più resistente; il riscaldamento prolungato a 100° non lo altera sensibilmente, e lo si ritrova, press'a poco nel medesimo valore originario, anche nei latti fortemente alterati. Però, quando è isolato, va soggetto a irrancidimento, alterazione provocata o da un processo idrolitico per l'azione di batterî e dei loro enzimi (lipolisi), o dall'azione della luce e dell'aria (ossidazione). Il grasso nel latte si trova sotto forma di piccolissime goccioline (globuli di grasso) da 1 a 10 micron di diametro, a seconda della specie, della razza, del periodo di lattazione, ecc. Per legge di gravità, questi globuli grassi, che si trovano nel latte allo stato di emulsione, si separano col riposo, raccogliendosi in uno strato superficiale untuoso e denso, bianco-giallognolo, che prende nome di crema o panna, mentre il liquido sottostante assume la denominazione di latte scremato. La separazione si può ottenere in modo più rapido, sottoponendo il latte alla forza centrifuga in macchine apposite, chiamate scrematrici, ottenendosi la crema o panna di centrifuga, e, quale liquido residuale, il latte magro, o latte centrifugato, sempre più povero di materia grassa del latte scremato. Dalla burrificazione della panna l'industria casearia ottiene il burro.
Le femmine dei Mammiferi dànno latti differenti non solo nelle proprietà biologiche, ma anche nella loro composizione chimica. Diversa è pure la quantità di latte prodotto da specie a specie, da razza a razza, da individuo a individuo. I componenti dei latti sono i medesimi, ma essi si trovano presenti in proporzioni diverse e variabili secondo l'individuo, la costituzione, il periodo di lattazione, l'età, la nutrizione, le cure, l'ora di mungitura, lo stato sessuale, il lavoro, le malattie, ecc.
La tabella seguente presenta la composizione tipo dei principali latti adoperati in latteria:
Il latte è sempre più o meno ricco di microrganismi che vi pervengono dall'aria, dalla stalla, dal giaciglio e dal corpo del bestiame, da frammenti dei foraggi, dall'incuria del mungitore. Abitualmente è popolato di batterî lattici che provocano la formazione di acido lattico, attaccando il lattosio; da batterî peptonizzanti che decompongono la caseina; da batterî acido-proteolitici che attaccano tanto il lattosio quanto la caseina; meno frequentemente da batterî butirrici che generano, dal lattosio e dall'acido lattico, acido butirrico e gas; da fermenti propionici che scompongono il lattato di calcio dei formaggi, per produrre acido propionico e gas. Dei fermenti lattici sono utili al caseificio quelli anaerobî perché non sviluppano gas; sono dannosissimi quelli aerogeni e i batterî butirrici. I fermenti lattici tipo streptococchi interessano anche la buona fermentazione della crema, per ottenere il burro di qualità superiore.
Il caseificio. - Risulta d'un certo numero di locali, ciascuno con funzione specifica, e perciò opportunamente collegati fra loro. Il numero e l'ampiezza dipendono dall'indirizzo tecnico del caseificio e dalla quantità del latte lavorato. Nella maggioranza dei casi comprendono il locale dove si riceve il latte, o vestibolo, la camera di riposo del latte, la cucina ove si confeziona il formaggio, il locale di scrematura meccanica e di burrificazione, il salatoio ove il formaggio sosta per assorbire il sale e il magazzino di stagionatura o casero.
Nel vestibolo trovano posto la bilancia di pesatura del latte e gli attrezzi della pulizia dei recipienti da ìatte (secchielli, bidoni, ecc.).
Nella camera del latte sono disposte le bacinelle e le vasche, recipienti di piccola profondità ove il latte lascia affiorare la crema per forza di gravità.
Nella cucina sono le caldaie da formaggio, lo spersole per deporvi il formaggio appena confezionato, la pressa o il torchio per la compressione delle forme quando occorre; gli attrezzi manuali per la lavorazione del coagulo: la spannarola, la rotella, lo spino, la lira.
Nella sala di scrematura e di burrificazione le scrematrici cen trifughe (v. centrifugazione), sottraggono rapidamente e completamente il grasso dal latte; la zangola riceve poi la crema per trasformarla in burro; l'impastatrice spurga e lega la pasta del burro, gli stampi da burro o le panettatrici lo frazionano in forma e peso diversi.
Nel salatoio si trovano vasche piene di salamoia di diversa concentrazione e nella casera impalcature che sostengono tavole parallelamente sovrapposte, per accogliere le forme che escono dal salatoio. Quando il latte passa nella camera di riposo, al mattino seguente viene scremato a mano e, con lo strato untuoso che affiora, panna o crema di affioramento, si produce il burro. Il latte residuale serve a produrre formaggio di latte parzialmente scremato.
Con la crema d'affioramento si ha una resa in burro da 1 a 3 kg. Per 100 kg. di latte, e dalla crema ottenuta per forza centrifuga si ottengono da 4 a 4,3 kg. di burro.
Le scrematrici sono le macchine più complesse e delicate del caseificio. Possono essere con movimento a mano o a motore; nella loro struttura risultano delle seguenti parti: a) sostegno; b) tamburo o apparato separatore; c) sistema d'ingranaggio; d) sistema d'alimentazione; e) sistema di lubrificazione.
Il tamburo è l'organo fondamentale delle scrematrici e costituisce la base per la loro classificazione. Esso è costituito da un basamento, da un coperchio cilindrico o tronco-conico, dal tubo adduttore del latte, dall'anello metallico di chiusura e da una serie di diaframmi, o settori polarizzanti, che possono essere di forma tronco-conica o a fogli incurvati, ed eccezionalmente possono mancare. Il tamburo può essere sospeso o poggiare sull'albero di movimento che, mediante vite senza fine, riceve il movimento da una o più coppie di ruote. La velocità di rotazione del tamburo oscilla, nelle migliori macchine, fra 6 e 7 mila giri al minuto.
Appartengono al gruppo delle scrematrici con tamburo poggiante su albero i più accreditati modelli, che portano i nomi De Laval, Lacta, Baltic, Upsala, Vestfalia. Fra i modelli di scrematrici a tamburo sospeso sono degni di menzione i tipi Mélotte, Polar, ecc.
Quanto al funzionamento, si hanno modelli che immettono il latte nel collo del tamburo e nei quali i prodotti della scrematura escono dall'alto, mediante i raccoglitori del latte magro e della crema, oppure dalla base del tamburo. Si hanno anche modelli di scrematrici che ricevono il latte alla base del tamburo e scaricano i prodotti della scrematura dalla parte superiore.
La crema è un liquido denso, del peso specifico di 0,990-1, ricca di globuli grassi alla temperatura ordinaria. La sua ricchezza in grasso oscilla da 20 a 50% con una media di 35%. Tecnicamente si può considerare un prodotto intermedio fra il latte e il burro. Ha un colore bianco avorio nell'inverno e giallo paglierino nell'estate. Abbandonata a sé stessa, specialmente nei mesi estivi, inacidisce con grande rapidità.
Prodotti. - Dallo sbattimento della crema si origina il burro (v.), ma il prodotto fondamentale del latte è il formaggio (v.), che deriva dalla caseina coartata mediante il presame (v. caglio) a conveniente temperatura. La massa gelatinosa che ne risulta si chiama coagulo e il fenomeno coagulazione. Nel processo prendono parte i sali solubili di calcio che si trovano nel latte, senza i quali il coagulo non si forma, onde esso è definito come un complesso di fosfocaseinato di calcio. Nel coagulo è trattenuta una larga proporzione del grasso e degli altri componenti disciolti nell'acqua del latte che costituiscono il siero latteo, il quale però, in quantità più o meno rilevante, abbandona il coagulo durante la caseificazione. Ma, per arrivare ai caratteri del formaggio, il coagulo deve passare per le diverse fasi della caseificazione, della salatura e della maturazione. Perciò il formaggio si definisce il prodotto della maturazione del coagulo, ottenuto per coagulazione presamica, o acida, dal latte intero, parzialmente o totalmente scremato, senza altra aggiunta all'infuori di fermenti, di sale e di coloranti.
La tecnica casearia. - Comprende tutte le manipolazioni esplicate sul coagulo per arrivare a formaggio maturo e si distingue nelle seguenti fasi: caseificazione, salatura, maturazione o stagionatura, a cui si può aggiungere la conservazione a maturazione avvenuta. La caseificazione ha per base il processo della coagulazione per la quale si richiede prevalentemente il presame o caglio ed eccezionalmente un acido che di preferenza è l'acido lattico.
Nella caseificazione hanno importanza fattori generali e fattori specifici.
I fattori generali riflettono le condizioni con le quali il latte è munto e trasportato al caseificio. Sostanzialmente interessano la bontà della materia prima, intesa non soltanto riguardo alla ricchezza dei componenti, ma altresì alla pulizia e all'igiene. Il latte adatto alla buona caseificazione deve essere non solo di buona composizione chimica, ma anche netto da materiali estranei e, quanto è più possibile, povero di fermenti.
I fattori specifici della caseificazione sono di natura fisica, chimica e fermentativa. I fattori di natura fisica comprendono il grado e il modo del riscaldamento del latte per prepararlo alla coagulazione. Il latte dev'essere tenuto in continua agitazione durante il riscaldamento che ha limiti abbastanza estesi, fra 20° e 42°, secondo i varî tipi di formaggio, e non è costante neppure per lo stesso tipo di formaggio, sebbene varii entro limiti più ristretti di 2-3 gradi, a seconda che si lavora latte grasso oppure latte parzialmente scremato, durante l'inverno o durante l'estate.
La frantumazione del coagulo ha lo scopo di frazionarlo in blocchetti, o granuli caseosi, per l'eliminazione del siero latteo che racchiude. Questa eliminazione è tanto più profonda quanto più la frantumazione del coagulo è minuta. In generale, la grossezza dei granuli caseosi è compresa fra le dimensioni d'un seme di riso e quelle d'una grossa noce. In entrambi i casi bisogna ottenere una rottura ben regolare, perché i granuli siano della stessa dimensione. Ciò si ottiene adoperando con abilità gli spini e le lire.
Dopo la frantumazione del coagulo non sempre si passa alla sua cottura. Essa però è indispensabile per completare l'espulsione dei grani caseosi, per arrivare a tipi di formaggi di pasta consistente, comunemente denominati a pasta dura. I limiti della cottura si estendono dal grado iniziale della coagulazione, che per i formaggi duri, da 30° va a 58°, grado massimo di cottura.
Queste proprietà sono subordinate ai fattori chimici che concernono la qualità e la quantità di presame, il titolo del grasso nel latte, il grado di acidità del latte. Ordinariamente s'usano nella caseificazione quattro tipi di presame, e cioè il presame liquido, il presame in polvere, il presame in pasta e il presame naturale. I primi due tipi possono essere adoperati indifferentemente senza apprezzabile influenza sull'andamento della caseificazione, quando sono di buona qualità. Invece il presame in pasta e il presame naturale sono destinati a speciali tipi di formaggi. Il caglio naturale si differenzia grandemente dai cagli precedenti perché rappresenta l'associazione d'una soluzione coagulante con un mezzo fermentante, derivando dalla digestione dei ventrigli di vitello in seno a siero latteo provvisto di abbondanti fermenti lattici; tipo lattococchi e lattobacilli, favoriti nel loro sviluppo da appropriato grado di temperatura fra 30° e 35°. Il potere coagulante di questo tipo di presame è bassissimo, oscillando fra 500 e 1000.
In relazione al tipo di formaggio e alla qualità del presame, le dosi che se ne usano per un ettolitro di latte variano entro confini larghissimi. Di presame in polvere si adoperano quantità varianti da g. 0,5 a 2 per ettolitro di latte; di presame liquido, da cc. 5 a 20; di presame in pasta, da g. 20 a 50; di presame naturale, da centimetri cubici 100 a 300.
I caratteri del coagulo sono grandemente influenzati dal titolo del grasso nel latte in lavorazione. (Quanto più alto è il titolo del grasso, tanto più morbido e tenero risulta il coagulo. Ma, essendo questo un carattere sfavorevole per la caseificazione, occorre usare quantitativi maggiori di presame per i latti molto grassi. Il contrario per i latti magri, che per la loro costituzione tendono a formare coaguli troppo compatti e facili all'eliminazione del siero latteo. Nella caseificazione dev'essere nettamente distinto il grado di acidità naturale del latte, che ha scarsa influenza, dal grado di acidità fermentativa, che ha un'importanza considerevole.
Il grado di acidità fermentativa, che è dovuto all'acido lattico derivato dalla fermentazione del lattosio, aumenta la quantità dei sali solubili di calcio, disciogliendo il fosfato di calcio e sottraendo la calce alla caseina, e accresce la concentrazione idrogenica del latte. Queste condizioni concorrono ad accelerare il fenomeno della coagulazione, con una produzione maggiore di caseina, d'un coagulo più compatto e più facile all'espulsione del siero latteo e con accentuati caratteri di saldamento e di plasticità dei granuli caseosi. Misurando il grado di acidità nel siero latteo, si desume che mentre per alcuni tipi di formaggio (Emmenthal, Sbrinz, Fontina, ecc.) non si avverte un'apprezzabile acidità fermentativa, per altri tipi essa varia fra termini assai ristretti come, 0,4-0,6% espressa in acidità Soxhlet (Asiago); per altri di 1,5-2% (formaggio tipo grana); per altri ancora fra 10-11% (formaggi di pasta filata).
Il grado d'acidità fermentativa ha naturalmente stretto rapporto con la qualità e la quantità dei fermenti che si trovano nella massa caseosa alla fine della lavorazione. Questi sono legati ai fattori fermentativi della caseificazione che concernono il numero e la varietà dei microrganismi del latte all'inizio della lavorazione, i mezzi fermentanti aggiunti al latte, i microrganismi che si moltiplicano in relazione alle condizioni di temperatura e di durata della caseificazione. Il numero dei fermenti nel latte, all'atto della sua lavorazione, oscilla fra limiti estesissimi e cioè fra poche decine di migliaia per centimetro cubico, durante l'inverno, a diverse centinaia di migliaia e a decine di milioni durante l'estate. La flora batterica del latte, all'inizio svariatissima, a poco a poco si riduce ai maggiori rappresentanti della fermentazione lattica, nei quali figurano non poche specie avverse alla regolare caseificazione. La carica batterica iniziale dev'essere contenuta nelle cifre più ristrette perché, se in queste cifre saranno presenti batterî avversarî, sarà più agevole dominarli per allontanarne o ridurne l'influenza.
I mezzi fermentanti aggiunti al latte in lavorazione hanno il precipuo scopo di popolare il latte di fermenti lattici benefici, in modo che essi imprimano il loro indirizzo fermentativo al coagulo sino dal primo momento della sua formazione.
Tali mezzi fermentanti sono rappresentati:
a) da sieri, fermenti o colture casearie, ottenuti da colture pure di fermenti lattici, in generale streptococchi o lattobacilli, sviluppate in condizioni opportune di temperatura e di grado di acidità in siero latteo pastorizzato, o, meno frequentemente, in latte pastorizzato;
b) da emulsioni di formaggio fresco di buona qualità in siero latteo pastorizzato;
c) da colture pure di fermenti sviluppate in siero latteo, in brodo nutritivo, o in latte, aggiunte direttamente in caldaia.
Per alcuni tipi di formaggio possono essere giovevoli anche colture di muffe, come nel caso del gorgonzola e del castelmagno, la cui maturazione è favorita dalla presenza nella loro pasta di vegetazioni di varietà del Penicillium glaucum.
Il grado di fermentazione e il grado d'acidità delle colture casearie dipendono dal tipo di formaggio a cui sono destinate. In generale occorre che il grado d'acidità non sia inferiore a 30% in gradi Soxhlet e non superiore a 50%. La quantità, per ettolitro di latte, può oscillare da litri 0,3 a litri 4,0.
Il corso della caseificazione ha un'influenza notevole sul processo fermentativo del coagulo. Nella tecnica dei formaggi di pasta tenera che si svolge in circa un'ora, a temperatura intorno a 30°, si favoriscono nella loro moltiplicazione gli streptococchi lattici anaerobî che sono benefici per il caseificio; in quella dei formaggi di pasta semicotta, che pure si svolge in un'ora circa a temperatura fra 35° e 40°, sono particolarmente eccitati i fermenti lattici gassogeni, onde il loro numero, se era limitato in origine, si può accrescere, aggravando le condizioni della loro presenza. Invece nella tecnica dei formaggi di lenta lavorazione e ad alta temperatura di cottura, fra 48° e 56°, come sono i formaggi tipo svizzero, è sollecitato lo sviluppo dei fermenti lattici termostabili, come i lattobacilli fortemente acidificatori i quali possono riuscire a paralizzare l'azione dei fermenti gassogeni, se eventualmente vi si trovano in origine.
Terminata la caseificazione, i granuli caseosi sono estratti in apposite tele e distribuiti in massa nei relativi stampi, o forme, dette fascere. Il siero latteo, che in origine imbeveva il coagulo nella proporzione del 75%, si sprigiona da esso rimanendo nella caldaia in misura più o meno rilevante, a seconda del tipo di formaggio. Così i grani caseosi, alla fine della lavorazione possono ancora contenerne dal 40 al 65%.
La pasta caseosa raccolta nello stampa, o nella fascera, si colloca sullo spersole, tavolo rettangolare scanalato e inclinato, ove la pasta continua a perdere il siero latteo, specialmente se le forme sono assoggettate a pressione. Questa viene praticata normalmente soltanto per i formaggi di pasta semicotta e cotta, e può durare appena un quarto d'ora come ventiquattro ore; può essere limitata all'intensità di mezzo chilogrammo di pressione per ogni chilogrammo di formaggio, oppure può spingersi sino a 20 e più chilogrammi per chilo di formaggio. Essa viene praticata mediante presse a leva semplice o doppia, oppure mediante torchi di tipo inglese, pure a leva semplice o multipla. Le prime sviluppano una pressione continua, i secondi una pressione discontinua a cagione del piatto di pressione che è avvitato sull'asse centrale del telaio.
Le caldaie da formaggio generalmente sono costruite in rame a forma di calotta sferica, o di campana rovesciata; più eccezionalmente rettangolari o cilindriche. Possono essere riscaldate a fuoco diretto o a vapore. Nel primo caso il combustibile può essere la legna, oppure l'olio di nafta. Il focolare può essere aperto o chiuso; nel primo caso la caldaia è mobile, sostenuta da un braccio di ferro girevole a guisa di gru; quando il focolare è chiuso, si può avere la caldaia mobile e il focolare fisso, la caldaia fissa e il focolare fisso. In questo caso il focolare deve essere situato lateralmente alla posizione della caldaia. Quando il riscaldamento è a vapore, la caldaia è a doppio fondo (di rame o di ferro) al quale il vapore giunge da un generatore. Per la piccola industria servono bene i generatori tubolari, sia orizzontali sia verticali, tipo marina. Ove non si disponga di energia elettrica, mette conto di provvedere il caseificio di motore a vapore per azionare la scrematrice, la zangola, l'impastatrice. È raccomandabile che questo lavoro venga eseguito a caseificazione terminata, perché allora si possono utilizzare le atmosfere di pressione che residuano nel generatore, con economia di spesa di combustibile.
Oltre che di calore, il caseificio abbisogna di freddo, sia per la fabbricazione, la conservazione e la spedizione del burro, sia per la stagionatura di qualche tipo di formaggio di pasta molle. La grande industria può fornirsi di frigoriferi ad alto rendimento. Ma la piccola industria del latte deve fare assegnamento solo sui frigoriferi speciali di piccola portata.
Generalmente i formaggi non hanno colorazioni artificiali; ma alcuni tipi, come il belpaese, il grana reggiano, lo stracchino, sono leggermente colorati con colori vegetali innocui, come l'anatto e lo zafferano, il primo dei quali si adopera in soluzione idroalcoolica e il secondo in polvere.
Alla pressione, quando occorre, segue la salatura, che si effettua in generale due giorni dopo la fabbricazione; eccezionalmente subito dopo (formaggi di pasta filata), o dopo qualche ora (belpaese). La salatura conferisce sapidità, completa l'allontanamento del siero latteo, disciplina il corso della maturazione. La proporzione di sale che è assorbita dai formaggi oscilla dal 2 al 5%, secondo che la pasta debba essere dolce (crescenza, belpaese) o sapida (pecorino romano, provolone). Il sale penetra nell'interno dei formaggi, o per processo fisico di diffusione, e in tal caso la salatura si distingue a secco e in salamoia; oppure mescolandosi ai granuli caseosi, e allora la salatura si chiama in pasta. Una volta si praticava la salatura a secco per i formaggi sierosi, di pasta molle, e quella in salamoia per i formaggi di pasta dura. Ma ormai la salatura a secco è sostituita quasi totalmente dalla salamoia. Per effettuare la salatura a secco, bisogna disporre di sale fino e asciutto col quale si fanno leggieri strati sulle facce delle forme alternativamente e a distanza di due a tre giorni. Può durare soltanto quattro o cinque giorni per i formaggi molli, oppure anche tre mesi, come per il pecorino romano. La salatura in salamoia richiede soluzioni più o meno concentrate di sale da cucina; in generale esse oscillano dal 15 al 220%; le soluzioni più deboli servono per i formaggi di piccola mole e molto umidi e quelle più forti per i formaggi di grande mole e assai asciutti. La durata dell'immersione varia pure notevolmente, cioè da cinque minuti a dodici giorni. Siccome le correnti liquide a cui si trova esposto il formaggio, l'una sierosa dall'interno verso l'esterno e l'altra della soluzione salina dall'esterno verso l'interno, sono d'intensità inversa alle concentrazioni, così il liquido che esce dalla pasta del formaggio è assai superiore a quello che entra, e da ciò deriva una forte perdita di peso del prodotto durante questo trattamento. Per tal modo le salamoie, arricchendosi di siero latteo, debbono essere periodicamente purificate con un'efficace pastorizzazione, seguita da schiumatura.
Alla salatura succede spesso un periodo d'incubazione fermentativa delle forme, denominata stufatura, fra 18° e 30°; ma talvolta la precede, come avviene per i formaggi molto sierosi e quindi di rapida maturazione. La stufatura può durare da otto a dieci giorni, ma anche un mese, fino a che non sono comparsi nella pasta speciali caratteri, come p. es. l'occhiatura nel formaggio Emmenthal. Con questo trattamento i batterî disseminati nella pasta del formaggio producono abbondanti e voluminose colonie, tanto più grandi quanto più la pasta è morbida. Esse produrranno enzimi, i quali, associati a quelli preesistenti nel latte e a quelli apportativi col presame, determineranno la maturazione, che consiste in un complesso di trasformazioni chimiche che interessano specialmente la caseina dei formaggi durante il loro soggiorno nelle casere, per effetto delle quali trasformazioni si hanno sostanze sapide e solubili di grado e intensità diverse a seconda del tipo di formaggio.
Se i fermenti organizzati e i fermenti solubili sono i fattori fondamentali di queste trasformazioni, la loro azione è però moderata o favorita da altri agenti, alcuni di carattere interno: il tenore d'acqua, di grasso e di acidità (oltre ai fermenti chimici e organizzati); altri di carattere esterno: il grado termico igroscopico dell'ambiente, le muffe, i saccaromiceti e i micodermi viventi alla superficie dei formaggi. L'opera simultanea di questi agenti determina la scomparsa del lattosio dal lattosiero che imbeve la pasta del formaggio, e la sua trasformazione prima in acido lattico, poi in lattato di calcio e lattato di caseina. Il grasso è poco modificato nel corso della maturazione; soltanto nei formaggi di lunga stagionatura esso sopporta parzialmente una scissione in glicerina e acidi grassi, alcuni dei quali, perché volatili, conferiscono un odore caratteristico, mentre altri concorrono nella formazione dei sapori.
La caseina è il componente del formaggio che subisce le trasformazioni più profonde da cui prendono origine sostanze nuove, in grado tanto più accentuato quanto più lento è il decorso della maturazione e quanto più alto è il grado d'umidità della pasta. In un primo tempo si forma il lattato di caseina, dal quale poi derivano albumosi, propeptoni e peptoni, e successivamente un'ulteriore scomposizione di queste sostanze porta alla produzione di sostanze azotate cristalloidi, fra le quali prevalgono la leucina, la tirosina, la lisina, l'alanina, ecc., la cui molecola può ancora semplificarsi fino ad arrivare all'ammoniaca, che in alcuni tipi di formaggio è sempre presente, talvolta in quantità assai notevole (gorgonzola). L'acqua della pasta caseosa, invece, subisce, nel corso della stagionatura, graduali modificazioni quantitative che pure hanno grande influenza. Essa diminuisce fortemente nelle prime fasi della stagionatura, moderatamente o lentamente nelle ultime. I formaggi di piccola mole perdono più acqua di quelli di grande peso.
Si regola l'evaporazione dell'acqua dei formaggi fissando il grado termico e igroscopico nelle casere. Quanto più basso è il grado termico e più alto il grado igroscopico, tanto minore è la perdita d'acqua e quindi di peso del formaggio. Perciò la più alta temperatura delle casere non deve superare 20° per i formaggi di pasta dura e discende sotto 10° e fino a 5° per i formaggi molto ricchi d'umidità, quindi più proclivi all'evaporazione. Il grado igroscopico dev'essere sempre alto e oscillare fra 80 e 95 e anche oltre, quando il formaggio, raggiunto il voluto grado di maturazione, dev'essere conservato in attesa del consumo.
A eccezione del lattosio, la composizione dei formaggi risulta dai componenti del latte più o meno profondamente ed estesamente modificata, ma di proporzione notevolmente diversa rispetto ai differenti tipi di formaggi in cui agiscono particolarmente il'grado di umidità ed il titolo del grasso. Il seguente prospetto offre un'idea della composizione chimica sommaria.
Difetti e alterazioni del formaggio. - Data la natura costitutiva dei formaggi, la varietà dei germi che possono arrivare al latte, la complessità delle manualità tecniche che si debbono svolgere in breve decorso di tempo, la loro riuscita tecnica e commerciale, non è sempre regolare. Se poi non si accompagnano con le dovute cure durante la maturazione, altre anomalie si associano alle prime, per cui il prodotto può assumere alterazioni anormali e difetti più o meno profondi, tanto da dover essere classificato di scarto e talvolta anche incommestibile.
I difetti più frequenti che vi si manifestano sono i seguenti:
a) Il gonfiore, che può essere localizzato o diffuso, e presentarsi immediatamente dopo la fabbricazione, o dopo pochi giorni, o anche dopo qualche mese, caratterizzato da vacuoli più o meno ampî. La causa del gonfiore del formaggio è sempre d'origine batterica, ma i fermenti che la determinano possono essere diversi, come i batterî coli-aërogenes, fermenti butirrici, lattobacilli gassogeni.
b) La fessurazione, che di solito è dovuta a eccesso di acidità della pasta o a insufficiente sottrazione di siero ai granuli caseosi, e può essere unita o aperta, caratterizzata da distacchi orizzontali della pasta, ora appena visibili, ora mostranti vere e proprie fessure di sezione lenticolare.
c) L'amarore, derivato da prodotti speciali di attività batteriche come quella del micrococcus casei amari o della torula amara. Ma anche formaggi troppo grassi possono assumere questo sapore che, talvolta, può derivare da sostanze passate dal foraggio nel latte.
d) Infine i formaggi possono essere deturpati da alcuni parassiti, come ad esempio le larve della mosca del formaggio (Piophila casei) che prediligono la pasta dei formaggi teneri; oppure gli acari (Acarus siro e A. longior) che vivono nelle anfrattuosità dei tavolati delle casere mal tenute, e aprono sottili gallerie nella crosta dei formaggi, soprattutto di quelli di pasta dura e di stagionatura molto avanzata.
Latticello e siero latteo. - La fabbricazione del burro e del formaggio ha per residui, o cascami, due liquidi, il latticello e il siero latteo, che contengono ancora una somma non trascurabile di materiali nutritivi che può essere utilizzata. La quantità di latticello è però sempre assai ristretta perché è in relazione alla quantità di crema burrificata e perciò spesso viene utilizzata associata al siero latteo. La sua composizione, quando non sia stata soverchiamente diluita con ghiaccio, è pressoché coincidente con quella del latte centrifugato, come risulta dalle cifre seguenti: acqua 90,30; grasso 0,4; lattosio 4,10; sostanze proteiche 3,75; sali 0,75.
Il siero latteo rappresenta in media un volume corrispondente a quattro quinti del latte lavorato e perciò la sua più razionale utilizzazione concorre spesso largamente nelle risultanze economiche dell'industria. La sua composizione è assai varia, specialmente per la dose di grasso che può oscillare da 0,3 fino a 1%, quando deriva dalla lavorazione di latte intero per ottenerne formaggi di pasta dura e cotta. Quando presenta almeno 0,4% di grasso, mette conto di passarlo alla scrematrice, che consente di ottenere un burro di siero di seconda qualità che, se è bene confezionato, è anche ricercato nel commercio per usi secondarî.
Dal siero latteo di pecora che, oltre ad essere sempre molto ricco di grasso è altresì ben provvisto di albumina, conviene estrarre la ricotta mediante la cottura verso 85°-90° con aggiunta di un'opportuna dose di siero acido, con un rendimento da 10 a 12 chili per ettolitro di latte. È assai ricercata nel commercio, specialmente nella stagione fredda.
Il liquido che residua dalla scrematura o dalla preparazione della ricotta contiene ancora quasi tutto il lattosio, una piccola parte di materie proteiche e dei sali. E allora si completa la sua utilizzazione nell'allevamento dei suini, eccezionalmente nella grande industria, nella fabbricazione dello zucchero di latte e dell'acido lattico.
Considerando un allevamento promiscuo di suini da 20 a 160 kg., per capo, in media, si può tenere in allevamento un capo suino per ogni 10 litri di siero latteo. Naturalmente questo alimento liquido, anche se associato al latticello, dev'essere corretto con alimenti solidi.
Bibl.: E. Tosi, Manuale pratico di caseificio, Casale Monferrato 1923; G. Fascetti, Caseificio, Milano 1924; J. T. Bowen, Dairy engineering, New York 1925; A. Monvoisin, Le lait et les produits dérivés, Parig 1925; P. Dornic e A. Chollet, Lait, beurre et dérivés, Parigi 1925; E. Savini, Chimica e analisi del latte e dei latticini, Milano 1927; G. Fascetti, Latte, Milano 1929; W. Fleischmann-Weigmann, Lehrbuch der Milchwirtschaft, 7ª ed., Berlino 1930; E. Savini, Burro, formaggio, Milano 1930. Inoltre: Annuario della R. Stazione sperimentale di caseificio di Lodi (1877-1919); Annuario dell'Istituto sperimentale di caseificio, Lodi (dal 1920 in poi), ecc.