MINERARIA, INDUSTRIA
Lo sviluppo della meccanizzazione nell'industria estrattiva (v. miniera, XXIII, p. 376; App. II, 11, p. 325) è stato notevolissimo, specie dopo la seconda guerra mondiale, e numerose risultano le innovazioni introdotte nella tecnica mineraria. Occorre subito rilevare che la meccanizzazione ha trovato un potente ed insostituibile alleato nella energia elettrica il cui impiego è andato sempre più generalizzandosi. Questa infatti consente di ottenere rendimenti 8 ÷ 10 volte superiori a quelli conseguibili con l'impiego di aria compressa ed è idonea sia per trasmettere grandi potenze, sia per azionare comandi a distanza, automatismi, ecc. Inoltre, la maggior semplicità costruttiva del macchinario e delle apparecchiature elettriche e la possibilità di scomporli in blocchi facilmente ricambiabili, rende rapide e facili le sostituzioni delle parti deteriorate o danneggiate e consente di tenere pronte scorte adeguate vicino ai cantieri di lavoro.
L'aria compressa, peraltro, trova ancora utilizzazione nella perforazione di rocce dure e durissime non essendo ancora a punto utensili elettrici adatti allo scopti.
Nelle attrezzature elettriche il pericolo rappresentato dalla presenza di gas esplosivi è evitato ricorrendo ad apparecchiature del tipo antideflagrante. In queste tutti gli elementi sotto tensione sono posti all'interno di un involucro metallico in grado di resistere alle eventuali esplosioni, che si verificassero nell'interno, e di non trasmettere la fiamma all'esterno.
La meccanizzazione in miniera si avvale di molti automatismi, in particolare nei moderni impianti di estrazione con skips (sistema di trasporto su rampe inclinate o in verticale effettuato medìante un recipiente, "skip", a scarico automatico, provvisto di ruote e trainato da una fune su rotaie oppure sollevato lungo apposite guide) e nelle relative attrezzature delle stazioni. Sono già in uso argani automatici che una volta in marcia continuano ad agire sinché non hanno esaurito il materiale di alimentazione. Nelle miniere con giacimenti regolari e non molto duri le macchine escavatrici rovesciano il materiale abbattuto su trasportatori continui, che si prolungano fino ai sili, in vicinanza dei pozzi. Dai sili automaticamente il minerale cade negli skips per essere sollevato a giorno e scaricato automaticamente su nastri trasportatori. In definitiva, il minerale dal giacimento arriva alle officine di arricchimento senza essere toccato dalla mano dell'uomo.
Metodi di coltivazione. - I metodi di coltivazione, con la meccanizzazione spinta e con l'impiego di perforatrici moderne potenti e maneggevoli, dotate di lunghi fioretti con taglienti ricoperti di carburi metallici, hanno subìto una radicale trasformazione negli ultimi trent'anni. Nei giacimenti sedimentarî abbastanza regolari, per l'abbattimento dei minerali teneri o mediamente duri (carboni, sali potassici, alcuni minerali di ferro, ecc.) ha avuto larga applicazione il metodo a lunghe fronti che, insieme a quello per camere e pilastri, si presta bene alla meccanizzazione integrale. Le fronti frazionate si adottano solamente in casi particolari (giacimento irregolare o fagliato, vicinanza dei limiti di concessione o di vecchi lavori, ecc.) ove non è possibile organizzare lunghe fronti.
Metodo a lunghe fronti. - La scelta della lunghezza e dell'orientamento delle lunghe fronti è problema delicato e difficile. Occorre infatti determinare: la lunghezza ottima per il migliore impiego dei mezzi meccanici disponibili; la migliore inclinazione, per facilitare i trasporti (che non sempre corrisponde a quella delle linee di massima pendenza degli strati); il migliore orientamento, rispetto ai clivaggi del minerale utile e delle rocce di tetto; la facílità o meno di superare accidenti tettonici. Le lunghe fronti, che si estendono generalmente da 100 a 250 m, semplificano i tracciamenti e danno la possibilità di concentrare la produzione più e meglio rispetto alle fronti frazionate, permettendo l'adozione di mezzi meccanici più potenti.
I vuoti lasciati dall'asportazione del minerale utile sono riempiti con materiale sterile di ripiena o lasciando franare il tetto del cantiere. I metodi di coltivazione con ripiena sono generalmente più costosi rispetto a quelli con franamento, i quali ultimi consentono avanzamenti più rapidi, cioè maggiori produzioni orarie, ed eliminano in sotterraneo l'ingombrante trasporto della ripiena. Per contro i metodi con franamento del tetto hanno gravi inconvenienti: aumentano i pericoli di improvvise venute (fughe, eruzioni) di gas tossici ed esplosivi; offrono una guida meno efficace alle correnti di ventilazione rispetto ai metodi con ripiena; esaltano i pericoli di incendî spontanei dei combustibili perché la polvere di carbone rimane nelle frane; abbassano la percentuale di ricupero del minerale utile (75 ÷ 90% contro 90 ÷ 95%); provocano maggiori danni alla superficie e, se i terreni soprastanti i giacimenti coltivati sono molto acquiferi, si verificano maggiori venute d'acqua che possono creare gravi inconvenienti oltre che una maggiore spesa per l'eduzione. In particolare, per quest'ultima circostanza, i metodi per scoscendimento, che hanno avuto un notevole sviluppo nel periodo fra le due guerre mondiali, sono attualmente in leggero regresso, in favore dei metodi con ripiena messa in posto con impianti pneumatici. Nella trattazione che segue le figure inserite nel testo sono indicate semplicemente col numero d'ordine, quelle inserite nelle quattro tavole fuori testo sono indicate col numero d'ordine seguito dall'indicazione (tav.).
La fig. 1 mostra uno schema di coltivazione a lunga fronte. In e è indicata la ripiena o la frana di tetto. La galleria di base i avanza verso g secondo una linea sensibilmente di livello e precede di qualche metro la fronte di abbattimento bf. Il sostegno del tetto del cantiere è assicurato con puntelli metallici di altezza regolabile smontati e rimontati mano a mano che l'abbattimento del minerale prosegue. I puntelli sono disposti in linee parallele alla fronte in modo da formare corridoi, generalmente tre (I, II, III). Sui puntelli (1, 2, 3) sono sistemate longarine metalliche (cappelli) l; quelle a sostegno del tetto del corridoio I sono a sbalzo, per non ostacolare il lavoro della macchina m, che abbatte il minerale utile scorrendo lungo la fronte.
La tagliatrice è la macchina più usata per abbattere minerale in sotterraneo. E dotata di uno, due (fig. 2) o più bracci a orientabili, sui quali scorrono robuste catene Gall senza fine (nelle cui maglie sono fissati denti e scalpelli c) tese fra due ruote; la motrice contenuta nell'interno della macchina e l'altra di rinvio sistemata all'estremità dei bracci a. Solidali con le pulegge folli possono esservi rulli b muniti di denti che facilitano l'abbattimento del minerale. Le tagliatrici a più bracci e con rulli consentono l'abbattimento completo del minerale senza uso di esplosivi. Le tagliatrici sono montate sopra trasportatori continui a raschietti, essenzialmente costituiti da due robuste sponde f e da un piano di lamiera i. Due catene da àncora d scorrono sotto i bordi rinforzati h; ad esse sono assicurati i raschietti g che strisciano sul piano i e trascinano nel moto il materiale. Il trasporto realizzato per trascinamento, e non per rotolamento, non è certo l'ideale agli effetti del rendimento, tuttavia questi trasportatori bene si adattano alle rudi condizioni di lavoro lungo le fronti di abbattimento. Ad una estremità della fronte in n (fig.1) sono sistemati i motori elettrici per azionare le catene continue d. All'altra estremità il minerale dal trasportatore cade direttamente nei vagonetti v.
La tagliatrice è munita di argano sul cui tamburo si avvolge la fune c ancorata in a (fig. 1). In tal modo la macchina procede nel lavoro di abbattimento e rimorchia il vomere e (fig. 2) che rovescia il minerale abbattuto sul trasportatore a raschietti. Nella fig. 1 (tav.) si nota una tagliatrice, a due bracci, al lavoro in una miniera di carbone; V è il vomere, rinforzato posteriormente con alette; ad esso può seguirne un secondo che striscia sul terreno, taglia il minerale aderente al muro e lo rovescia, insieme a quello già abbattuto in M, sul trasportatore. Anche questo secondo vomere è trainato dalla tagliatrice. Il minerale utile, abbattuto nel modo descritto, cade sul trasportatore anche in grossi blocchi.
Si ricorre alle fresatrici quando si ha interesse a ridurre il minerale da abbattere in piccoli grani (carboni grassi destinati alla fabbricazione del coke, sali potassici da trattare alla flottazione, o da disciogliere, ecc.). Sono dotate di serie di dischi D e D1 ad asse orizzontale, muniti di punte che interessano tutta la fronte tli abbattimento (fig. 3). Queste macchine non scorrono sopra il trasportatore a raschietti, ma si muovono ad esso aderenti strisciando sul muro. Il minerale sminuzzato dai dischi cade sul corto trasportatore trasversale T, che lo convoglia entro il grande trasportatore parallelo alla fronte.
Le piallatrici sono già entrate in funzione nei cantieri a lunghe fronti. Sono macchine il cui organo tagliente è un vomere V (fig. 2, tav.) munito di denti P; la macchina scorre sul trasportatore a raschietti T ed abbatte il minerale come una pialla. Ad ogni passata si stacca una fetta di 15 ÷ 30 cm di spessore; la velocità varia in conseguenza: le piallatrici lente, che addentano 30 cm, si spostano con velocità di 6 m al minuto; quelle rapide tagliano fette di 15 cm di spessore e si spostano con velocità di 21 m al minuto. Queste macchine abbattono il minerale nei due sensi di marcia; sono quindi simmetriche rispetto alla traversa centrale A. In un solo cantiere lungo 270 m, aperto in uno strato di 1 m di potenza, queste piallatrici possono abbattere oltre 2000 t di carbone in ogni turno di 7 ore. Le tagliatrici e le fresatrici si spostano con velocità di 1 ÷ 2 m al minuto; abbattono ad ogni passata strisce profonde 0,60 ÷ i m, hanno però tempi morti molto più lunghi rispetto alle piallatrici.
Appena passata la macchina di abbattimento, il trasportatore a raschietti è spostato contro la nuova fronte senza essere smontato, facendolo strisciare sul muro per mezzo di stantuffi ad aria compressa, posati al suolo e contrastati contro puntelli calzati fra tetto e muro. Il trasportatore continuo non è in realtà rettilineo, come schematizzato nella fig. 1, ma durante il lavoro ha andamento leggermente sinuoso, che ritorna rettilineo alla fine di ogni passata.
L'avanzamento giornaliero della fronte dipende dalla durezza del minerale, dalla potenza degli strati, dal tipo di macchine adoperate, dalle pressioni di tetto che rallentano lo spostamento delle armature, ecc. Un avanzamento di 3 ÷ 4 m in 24 ore è normale, con massimi anche di 5 m in strati di 1 ÷ 1,50 m di potenza.
I puntelli, metallici, sono costituiti di due parti: l'inferiore A (fig. 4) e la superiore B che scorre entro la prima. Lo spostamento in avanti dei puntelli, per seguire l'avanzamento della fronte, è fatto a mano e la messa in pressione del puntello è ottenuta con dispositivi varî (cricchi, cunei, ecc.). Quello della fig. 4 è costituito da un cuneo C ed un collare D che si tolgono a montaggio effettuato. Messo in pressione il puntello, si chiude la serratura S, con cunei che impediscono alla parte B di scorrere entro la A. Ciò, però, entro il limite di resistenza del puntello (20 ÷ 40 t) raggiunto il quale il puntello non si deforma ma la serratura cede. La fig. 3 (tav.) rappresenta il corridoio I della fig. 1, dopo il passaggio della tagliatrice e dopo aver spostato il trasportatore a raschietti contro la fronte di abbattimento. Il cantiere è pronto per lo spostamento in avanti della fila di puntelli 3 (fig. 1); questi saranno montati in corrispondenza del punto P (fig. 3, tav.) per sostenere i cappelli a sbalzo. I cappelli, che formano una trave continua, costituita da spezzoni facilmente smontabili, sono sostenuti da tre puntelli, salvo durante lo spostamento di una fila. Per rendere meno faticosa e più rapida la regolazione dell'altezza in opera, si impiegano puntelli idraulici costituiti da due cilindri che scorrono a tenuta. La parte superiore funziona da stantuffo tuffante, la parte inferiore ha doppia parete e l'intercapedine serve da serbatoio per l'olio aspirato con una pompetta a mano (sistemata all'interno della parte superiore, con comando esterno) e travasato nel cilindro in cui pesca lo stantuffo tuffante. Questo sollevandosi mette in pressione il puntello per spostare il quale è sufficiente aprire una valvola, in modo che la pressione esercitata dai terreni fa abbassare lo stantuffo tuffante rinviando l'olio nel serbatoio. La fig. 4 (tav.) rappresenta un cantiere a lunga fronte, armato con puntelli idraulici, che sostengono cappelli formati con travi a doppia T. La macchina demolitrice è del tipo a dischi ad asse orizzontale, analoga a quella della fig. 3.
Per accelerare le operazioni ed adibire un minor numero di operai ad un lavoro non scevro da pericoli, quale lo spostamento delle armature, sono già entrate nella pratica mineraria le armature ad avanzamento automatico dotate di puntelli idraulici. La fig. 5 rappresenta un modello di questi dispositivi adoperati nelle miniere di carbone inglesi. I puntelli b ed e funzionano in tandem; il puntello e con relativo cappello f è collocato verso la fronte di abbattimento, mentre il puntello b con il cappello a sostengono il tetto verso la frana. Sotto il cappello f passa il trasportatore a raschietti. La piastra d, e le analoghe piastre di tutti gli altri puntelli affiancati, costituiscono una protezione per impedire che il minerale utile, sospinto dai vomeri della macchina demolitrice-caricatrice, fuoriesca dal trasportatore all'atto del carico.
Effettuato l'abbattimento si manovra, da un posto di comando a distanza, apposita valvola che toglie al cappello f la pressione di tetto, lasciando invece sotto sforzo, cioè a contrasto fra muro e tetto, il puntello b. Per mezzo del martinetto idraulico C, manovrato anch'esso a distanza, si spinge il puntello e, il quale fa avanzare anche il trasportatore. Si ridà quindi la pressione al puntello e e la si toglie a quello b. Con il martinetto idraulico C, fermo restando e, si fa avanzare b, ottenendo in tal modo uno spostamento di circa 25 cm del tandem e del trasportatore. Si ripete la manovra tante volte quante necessarie per spostare tutto il complesso di un tratto uguale alla profondità della passata della macchina demolitrice. Il tempo necessario per ottenere lo spostamento di 25 cm è di 4 minuti. I tandem sono spaziati lungo la fronte di circa 1 m. Lo spostamento avviene a tandem alternati, per ovvie ragioni di sicurezza. I puntelli di un tandem e il martinetto C sono alimentati con 4 tubi di gomma armata che si innestano su 4 flessibili. Questi corrono lungo la fronte di avanzamento e sono collegati con una pompa montata su di un carrello, dove sono anche sistemati il serbatoio dell'olio semifluido, utilizzato nei puntelli e nelle trasmissioni dei movimenti, e tutti i comandi necessarî. Un solo operaio, che trova posto sul carrello sistemato nella galleria di base i (fig. 1), provvede, stando in luogo sicuro, a spostare in avanti tutti i puntelli di una fronte di abbattimento.
Metodo di coltivazione a camere e pilastri. - Questo metodo è particolarmente adatto per strati regolari, pianeggianti, e bene si presta per una meccanizzazione integrale. La fig. 6, nella quale si immagina tolto il tetto del giacimento, ne dà una rappresentazione schematica. Da gallerie G si aprono cantieri C (camere) normali alle prime. Successivamente i diaframmi, che in un primo tempo rimangono fra le varie camere, sono tagliati in E, lasciando in posto pilastri P a sostegno del tetto. Giunti con queste coltivazioni ai limiti della concessione o contro vecchi lavori, si recuperano quasi sempre in ritirata i pilastri P, lasciando crollare il tetto. Dove si applica questo metodo i trasporti sono spesso effettuati con veicoli gommati o con nastri continui; le macchine adoperate per l'abbattimento sono anch'esse gommate.
L'abbattimento del minerale, non molto duro, è ottenuto praticando, negli avanzamenti, tagli verticali, ai lati dei cantieri, completati con tagli al piede e tagli al tetto. Tutti i tagli possono essere eseguiti con una sola macchina, la tagliatrice universale a catena, a comandi idraulici, collegata con cavo a strascico alla rete di distribuzione dell'energia elettrica.
La fig. 5 (tav.) rappresenta una di queste macchine in posizione per eseguire tagli verticali e la fig. 6 (tav.) mentre esegue un taglio al tetto dello strato utile. È quasi sempre necessario praticare qualche mina per ottenere la demolizione del parallelepipedo di minerale delimitato dai tagli. Se il tetto in alcuni tratti minaccia di franare, si può eseguirne la bullonatura, introducendo, in fori predisposti, bulloni di acciaio lunghi 1 ÷ 1,80 m, ad espansione, che rendono solidali le pareti di uno scavo con strati retrostanti più saldi.
Le mine sono preparate con perforatrici rotative montate su bracci B (fig. 7) che sporgono da un carrello con ruote gommate. I bracci sostengono le slitte S, sulle quali scorrono i fioretti delle perforatrici, muniti di taglienti a galletto per mordere la roccia. Tutti i comandi di queste macchine sono idraulici; nel carrello sono sistemati i motori elettrici e la pompa per l'olio impiegato in detti comandi. Nelle miniere grisutose si introducono talvolta, nei fori da mina, anziché esplosivi, tubi di acciaio al molibdeno, lunghi 110 ÷ 160 cm, con diametro di 45 ÷ 63 mm, secondo i modelli, contenenti anidride carbonica liquida. Una cartuccia, formata con cloruro di potassio, ossalato di ammonio e acido salicilico, è immersa nell'anidride carbonica liquida ed è fatta bruciare con accensione elettrica. L'innalzamento di temperatura provoca la gassificazione dell'anidride carbonica con relativo aumento di pressione. Raggiunto un determinato valore (dell'ordine di molte centinaia di atmosfere) si rompe un disco di acciaio ed il gas uscendo violentemente provoca lo stesso effetto di un esplosivo. I dischi sono tarati in modo che si rompano prima dei tubi, i quali sono riutilizzati per molte cariche. Il procedimento è noto con il nome di Cardox. Dispositivi analoghi (Airdox) utilizzano l'aria compressa ad altissima pressione (800 ÷ 850 atm).
Esplose le mine, entrano subito in azione le caricatrici a bracci mobili. La fig. 8 rappresenta una di queste macchine montata su cingoli. Avanzando verso il cumulo di materiale da caricare, la piastra S si introduce sotto quest'ultimo. Entrano in questo momento in azione i due bracci B, imperniati in P ed animati da movimenti pendolari ad essi conferiti da due bottoni di manovella, che scorrono entro scanalature dei bracci B e che sono fissati eccentricamente sui dischi R mossi, con trasmissione conica, da un motore elettrico. A seguito del movimento dei due bracci, il materiale da caricare entra nel raggio d'azione di un trasportatore inclinato T, a raschietti, che lo rovescia sopra un secondo trasportatore di coda orientabile, installato in A, dal quale cade in N entro i veicoli da caricare. Tutti i comandi della macchina sono idraulici, la potenzialità di caricamento è di 10 ÷ 12 t al minuto. Il conduttore prende posto sulla pedana D ed esegue le varie manovre agendo sulle leve L. In C si nota il cavo elettrico di alimentazione dei varî motori: per i bracci mobili, per i cingoli, per i trasportatori a raschietti, per la pompa d'olio dei comandi idraulici ecc.
Il materiale sollevato dalla caricatrice cade in un carro spola montato su pneumatici (fig. 7, tav.), con cassa ribassata per potere circolare in cantieri di altezza anche inferiore ai 2 m. Il fondo della cassa è costituito da un trasportatore a raschietti R, il quale facilita il carico completo della cassa e lo scarico, ottenuto semplicemente mettendo in moto in senso inverso il trasportatore a raschietti. Se lo scarico deve essere effettuato entro vagonetti da miniera, la parte A della cassa si può alzare, essendo imperniata in B, in modo che il trasportatore R risulti alto da terra cm 80 ÷ 100. Secondo il senso di marcia, il conduttore si sposta dal seggiolino S a quello di fronte per guidare con il volante di direzione la marcia del veicolo.
Per eliminare la soggezione del cavo elettrico di alimentazione, che può subire pericolosi schiacciamenti, si costruiscono carri-spola diesel-elettrici con 3 motori: due per la trazione ed uno per il trasportatore R e la pompa d'olio dei comandi idraulici. Ecco alcune caratteristiche: potenza complessiva a bordo 66 Cv, portata 12 t, velocità 4 ÷ 6 km/h. La fig. 8 (tav.) rappresenta una caricatrice che opera su un carro-spola in una miniera di carbone. Queste attrezzature si impiegano anche nelle miniere metallifere o di sali potassici, naturalmente in cantieri dai vuali si ottiene notevole produzione.
Un'idea della organizzazione del lavoro nel metodo a camere e pilastri è data dalla fig. 6 in cui si suppone che nel cantiere 1 la tagliatrice universale T stia eseguendo i tagli per ottenere uno sfondo fino alla punteggiata AB. Nel cantiere 2 la caricatrice R effettua il carico del carro-spola diesel-elettrico C. S. Nel cantiere 3, ultimati i tagli, si stanno eseguendo, con la perforatrice F, i fori da mina. Compiuto quest'ultimo lavoro e caricate le mine, sono ultimati anche i tagli nel cantiere 1 ed il carico nel cantiere 2. A questo momento si fanno brillare le mine in 3, la perforatrice passa nel cantiere 1, la caricatrice in 3 e la tagliatrice in 2, e così di seguito. Uno dei vantaggi del metodo a camere e pilastri è quello di non lasciare mai inoperose le macchine impiegate: infatti sono a disposizione, entro un raggio limitato, numerosi punti di attacco. Nella fig. 6 in L sono indicati due cavi elettrici da cui partono altri cavi V i quali, attraverso cassette di protezione e controllo H e di derivazione Z, alimentano le macchine operatrici.
Le operazioni di sgombero del minerale abbattuto si possono rilevare dalla stessa fig. 6 in cui si suppone che i carri-spola siano scaricati sopra un nastro trasportatore N il quale convoglia il minerale su altri nastri collettori di maggiore portata, installati nelle gallerie che adducono all'esterno o ai pozzi. In questo secondo caso i nastri rovesciano il minerale entro sili dai quali, previa frantumazione, passa in tramogge dosatrici e quindi negli skíps, sollevati a giorno con la macchina d'estrazione. La fig. 9 (tav.) rappresenta un grande nastro collettore che trasporta il minerale ai sili predisposti in vicinanza dei pozzi. Questa galleria è armata con centine metalliche le quali, quasi ovunque, sostituiscono nelle moderne miniere le armature in legname.
Se i carri-spola devono scaricare il minerale entro vagoni da miniera, a risparmio di tempo nelle manovre, si predispongono piani caricatori P come quello schematizzato nella fig. 9. Il conduttore del carro-spola, per mezzo della pulsantiera A, aziona un argano di alaggio che sposta la colonna di vagonetti V, non appena uno di questi è carico.
Metodi di coltivazione nei filoni, negli strati molto inclinati e negli ammassi. - La coltivazione può farsi: lasciando vuoto lo spazio creato dall'asportazione del minerale utile, oppure riempiendolo col franamento del tetto o con materiale di ripiena. Accenniamo anzitutto a questi ultimi metodi. Classico è quello a gradini rovesci; questi cantieri, nelle moderne miniere, sono completamente meccanizzati.
Per preparare i fori da mina si adoperano super-martelli montati sopra carri-jumbo P (fig. 10), analoghi, ma più piccoli, della perforatrice rappresentata nella fig. 7 e con un solo braccio. Lo stesso mezzo assicura il carico ed il trasporto del minerale (autopalli fig. 10, tav.). Nella fig. 10 si nota in B una di queste macchine che carica il minerale M, lo trasporta quindi al fornello G1, ove è rovesciato ed è ripreso in C per caricare i vagonetti del treno trainato dal locomotore L. Il materiale di ripiena arriva da una galleria superiore, è rovesciato entro i fornelli R, ripreso alla base con tramogge a comando pneumatico A, caricato entro autovagoni gommati a cassa ribattibile e trasportato nel punto di scarico E.
Coltivazioni a trance discendenti con franamento del tetto. - Questo metodo, applicato ad un filone di debole potenza, è schematizzato nella fig. 11. Nelle rocce incassanti si aprono due gallerie A e B, di testa e di base dei piani di coltivazione, messe in comunicazione, ogni 30 ÷ 60 m, per mezzo di fornelli C, i quali hanno due o tre scomparti: uno per il passaggio del personale, un altro per il getto del rinfuso ed il terzo eventuale per il getto del minerale ricco. Dai fornelli C si aprono traverse T, sino al filone. Ai due lati di ogni traversa si avanza entro quest'ultimo, armando lo scavo con quadri, fino a raggiungere i cantieri aperti dalle traverse limitrofe. Il materiale abbattuto è evacuato dalle traverse T, rovesciato nei fornelli C e caricato alla base su vagonetti che circolano nella galleria B. Esaurito il minerale utile in un cantiere, si predispone un infascinato al piede, formato con tavole, bastoni, eventualmente tele metalliche e si disarma quindi smontando e ricuperando i quadri, lasciando franare il tetto e ritirandosi verso le traverse T. Riempita di frana F la prima passata (trancia), si stacca dal fornello C, a 3 m di dislivello, la seconda traversa T1 per coltivare la seconda trancia longitudinale e così di seguito fino alla galleria di base.
L'infascinato al piede, sostenuto dai quadri, quando si passa sotto una trancia coltivata, serve ad irnpedire che il materiale di frana possa mescolarsi con il minerale utile durante la coltivazione della trancia sottostante. Questo Imetodo di coltivazione, ove è applicabile (la roccia incassante deve franare naturalmente), è più economico di quello a gradini rovesci e consente un ricupero di minerale utile molto alto (96 ÷ 98%). È in atto a Gennamari (Sardegna).
Metodo dei sotto-livelli, con franamento del tetto, in banchi, strati e filoni molto inclinati. - Questo metodo, applicabile quando il minerale è compreso entro rocce che franano abbastanza facilmente, si presta a molte varianti, in relazione anche alla potenza del giacimento. Ridotto alla più semplice espressione è schematizzato nella fig. 12.
Ogni piano di coltivazione, delimitato in altezza da due gallerie di carreggio, è suddiviso, con gallerie intermedie M1, M2, M3, ecc., in tanti sottolivelli alla distanza, ad esempio, di 6 m l'uno dall'altro. Partendo quindi dalla galleria di base B si aprono ogni 6 m, fino a raggiungere il sottolivello più alto M1, i fornelli F che servono per il getto del minerale abbattuto. Si inizia quindi da M1 la demolizione, in ritirata, del sottolivello più alto, allargando il cantiere, fino ad interessare, con lunghe mine, tutta la sezione del giacimento. Il minerale abbattuto cade direttamente nei fornelli F ed è ripreso, con tramogge, nella galleria di base B, ove circolano treni di vagonetti, e che è abbandonata mano a mano che procede la coltivazione verso i pozzi. Data la vicinanza fra loro dei fornelli F nessun carreggio è necessario effettuare nei sottolivelli, perché tutto il minerale abbattuto cade direttamente nei fornelli. Robusti palchetti T non impediscono la caduta del minerale e consentono il passaggio degli operai sopra i fornelli. Giunta la frana in prossimità di un fornello, questo è sbarrato con i palchi T rinforzati, ed entra in funzione il fornello adiacente per il getto del minerale. Questo metodo è applicato, ad esempio, nella miniera Marchino di marna da cemento nel Casalese.
Metodo dei sottolivelli con vuoti, in banchi, filoni ed ammassi. - Questo metodo può applicarsi quando il giacimento e le rocce incassanti sono molto resistenti.
I massicci di coltivazione sono delimitati da una galleria di base B (fig. 13), da una galleria di testa (non segnata in figura) e da pilastri P di 15 ÷ 20 m di larghezza. Il massiccio è diviso in sottolivelli con gallerie in direzione G. Ad ogni sottolivello si aprono tante gallerie in direzione quante ne richiede la potenza del giacimento, tenendo presente il piano di tiro che si intende adottare, cioè la lunghezza ed il numero di mine da predisporre su piani verticali paralleli, alla distanza di circa 1 m, per ottenere la completa demolizione dei diaframmi di roccia che dividono gallerie contigue, come è schematizzato in E nella Sezione XVWZ della fig. 13.
In relazione alla potenza del giacimento, nella fig. 13, per ogni sottolivello sono previste due gallerie G. I pilastri P sono inoltre attraversati, da tetto a muro, da traverse T, le quali si utilizzano per demolire i pilastri stessi, dopo l'abbattimento dei massicci. La demolizione dei pilastri non si effettua se devono essere evitati gravi danni alla superficie, conseguenti al crollamento del sotterraneo. Sopra la galleria B si aprono tante gallerie S quante sono le serie di gallerie G; con fornelli F e traverse M si mettono in comunicazione le gallerie S con la galleria B. Fra le gallerie S e le gallerie G1, aperte nel primo sottolivello, si predispongono i fornelli di getto F1, svasati verso l'alto, come indicato in C. Nelle gallerie S si installano benne raschianti le cui pulegge di rinvio si fissano in R e gli argani in A. Le gallerie S sono tenute inclinate verso A per facilitare lo sgombro del minerale proveniente dalla demolizione dei sottolivelli. Per iniziare questa operazione si abbatte, con scoronamenti montanti, la prima fetta di minerale a ridosso del pilastro P, in modo che questo rimanga separato dal massiccio, come indicato in D. Nei sottolivelli superiori il distacco dai detti lavori, la demolizione dei sottolivelli può cominciare con piani di tiro, come indicato in E. L'abbattimento dei sottolivelli più bassi si tiene più avanzato rispetto ai superiori, in modo che la sezione longitudinale di un massiccio, a lavoro avviato, assume l'aspetto rappresentato nella fig. 13. Il minerale abbattuto, dai fornelli F è ripreso nella traversa M ed avviato ai pozzi attraverso la galleria di carreggio B.
Il rendimento per operaio presente in cantiere, quando questo metodo è avviato, è molto alto, può ritenersi di 40 ÷ 50 t/giorno. Durante la demolizione dei sottolivelli gli operai accedono ai cantieri attraverso i fornelli F2. Ultimata detta demolizione, si abbatte la soletta 1, quindi la soletta 2, eventualmente si demoliscono anche i pilastri P e P1. Questo metodo di coltivazione è stato adottato, con qualche variante, nella miniera di piombo argentifero di S. Giovanni in Sardegna.
Abbattimento di rocce con getti d'acqua. - Le rocce tenere o facilmente disgregabili possono essere abbattute dirigendovi contro getti d'acqua in pressione. Sono adatte per questo sistema di abbattimento le sabbie più o meno cementate, le argille, i conglomerati poco cementati, le alluvioni in genere, i carboni, la gilsonite (bitume duro), ecc.
L'acqua in pressione è convogliata in tubazioni metalliche che la immettono in lance speciali (monitori) montate su carrelli e facilmente orientabili. I minerali abbattuti con l'acqua, a cielo aperto o in sotterraneo, sono convogliati, con la stessa acqua che ha servito per abbatterli, in bacini di raccolta o decantazione, dai qualì sono ripresi con mezzi normali di carico, se la coltivazione è all'aperto, oppure con speciali gabbie, sollevate con la macchina di estrazione, se provenienti da coltivazioni sotterranee. In Russia ed in Polonia sono in atto coltivazioni di litantrace di media durezza con getti d'acqua alla pressione di 40-60 atm se il carbone è previamente dislocato con esplosivi, ed alla pressione di 100 -120 atm senza impiego di esplosivi; il miscuglio acqua-carbone è pompato in superficie ed avviato in bacini di decantazione.
Abbattimento della lignite. - Nelle moderne miniere di lignite, coltivate a giorno, anziché tagliatrici ed esplosivi, sono impiegate grandi macchine escavatrici che assumono varie forme.
Per materiale di ricoprimento sabbioso, ghiaioso o argilloso sono adatte le macchine escavatrici a catena con tazze (draghe) di cui la fig. 14 dà un modello, montato su cingoli ed avente la potenzialità di scavo di 2500 t/h. Queste macchine possono scavare fino a 30 m sotto il piano di posa, come in A e fino a 28 m sopra detto piano; a questo ultimo scopo la trave porta-tazze è cernierata in C e D, in modo da potere assumere il profilo come in B. Il materiale abbattuto con le tazze è rovesciato in E sul nastro F dal quale cade sopra quello collettore N che corre lungo la fronte di scavo. Dal collettore, attraverso un carrello scaricatore, il materiale di ricoprimento sterile cade in N (fig. 15) sopra uno sponditore. Questo è un'apparecchiatura mobile su cingoli, destinata a trasportare lontano dalla fronte di scavo il materiale sterile, ed a metterlo in discarica in punti tali da non intralciare i lavori in corso e quelli eventuali futuri. Lo spanditore è composto essenzialmente di un carrello B sul quale la piattaforma P può ruotare. La trave T, porta-nastro, contrappesata in C, è imperniata in F e può alzarsi ed abbassarsi, per costituire cumuli di sterile fino ad un'altezza di 30 m e più agendo con il motore M. Il materiale, dal nastro montato sulla trave E, cade sul nastro R e da questo sul nastro montato in T. La trave E può ruotare di circa 90°, fino ad assumere la posizione E′, e la trave T può ruotare di 220° senza muovere il carrello B. La potenzialità di trasporto dello spanditore rappresentato nella fig. 15 è di 8500 t/h.
Ultimata la scopertura del giacimento, per abbattere la lignite, se questa presenta intercalazioni sterili, è preferibile alle draghe, che mescolano il materiale abbattuto su tutta la fronte di scavo, una macchina escavatrice con ruota a tazze (o pale), che effettua l'abbattimento con passate orizzontali successive, dando così la possibilità di tenere distinto il materiale utile dallo sterile intercalato.
La fig. 11 (tav.) rappresenta una di queste macchine in azione; è montata su 6 doppî cingoli e può scavare fino ad un'altezza di 50 m dal piano di trasporto. La ruota ha 12 tazze di 4 m3 l'una e gira con velocità tale che si hanno 35 rovesciamenti in 1 minuto. La potenzialità teorica è dunque di 8400 m3/h. La lignite dalle tazze cade su di un nastro, contenuto nella travatura T, e successivamente ripreso da un altro nastro, che scorre entro la trave P, ed è quindi rovesciato su di un nastro collettore, posato sul terreno, che trasporta la lignite nelle centrali di utilizzazione o nelle officine di arricchimento. Le macchine descritte sono, ad es., impiegate nelle miniere di lignite della val d'Arno.
Trasporti nelle gallerie di carreggio. - Il minerale utile dai cantieri di abbattimento è trasportato alle gallerie di carreggio con: mezzi gommati (carri spola), trasportatori continui, benne raschianti o fornelli, per essere quindi caricato su nastri, oppure su vagoni, la cui portata è aumentata sensibilmente in questi ultimi anni. Dai vagonetti da pochi quintali si è passati a vagoni da 5 ÷ 12 t di portata. Nelle stazioni di carico si formano treni trainati da locomotive e avviati all'esterno, se le gallerie sono aperte a mezza costa, o ai pozzi ove i vagoni sono introdotti nelle gabbie e sollevati a giorno, oppure passano entro rovesciatori per lo scarico in sili. Dai sili il'minerale, previa frantumazione, cade negli skips e con questi è sollevato a giorno.
Le locomotive impiegate in miniere grisutose ed in vicinanza dei cantieri sono quelle ad aria compressa o ad accumulatori; per tragitti brevi e lunghi (qualche km) si adoperano locomotive a ciclo diesel con depuratori dei gas di scappamento. Largo impiego hanno, nelle grandi gallerie di carreggio di entrata d'aria le locomotive elettriche a presa di corrente da linea aerea, interrotta soltanto in vicinanza dei cantieri se il giacimento emana grisù. Nei tratti in cui manca la linea aerea, le locomotive attingono corrente da accumulatori, che si ricaricano automaticamente quando la linea aerea riprende.
Le potenze correntemente impiegate nelle locomotive da miniera sono dell'ordine di 30 ÷ 60 CV; si utilizzano però nei sotterranei anche locomotive di centinaia di cavalli. La fig. 16, ad esempio, rappresenta una locomotiva adottata nella miniera di ferro di St.-Pierremont in Lorena. Ha due carrelli con 4 motori a corrente continua a 500 V, e potenza complessiva di 612 CV, traina treni con 120 t di minerale alla velocità massima di 35 km/h. La fig. 12 (tav.) rappresenta invece una locomotiva a ciclo diesel adoperata nelle miniere inglesi, in gallerie e cantieri molto bassi. La locomotiva è alta 1 m, ha 6 cilindri orizzontali ed una potenza di 170 CV.
Nelle moderne miniere i treni, nelle grandi gallerie di carreggio, viaggiano segnalati e protetti come quelli delle normali reti ferroviarie.
Apertura di gallerie. - Dopo la seconda guerra mondiale sono in uso, per l'apertura di gallerie, macchine escavatrici continue adatte anche per terreni duri.
Molti sono i modelli: in quello riprodotto nella fig. 13 (tav.) un motore elettrico di 100 CV, con interposto riduttore di velocità, fa rotare lentamente due alberi A e B, i quali sono solidali con due bracci diametrali C e D ed al centro con piccole corone dentate E ed F che servono da pilota. I bracci hanno diversi settori circolari con scalpelli a punte di widia, come i denti delle corone centrali. La parte di minerale che non è interessata dai settori circolari è abbattuta dall'azione di catene continue G provviste di denti. Il minerale abbattuto è convogliato al centro della macchin dal movimento di rotazione dei due bracci e cade nel raggio d'azione di un trasportatore a raschietti, inclinato ed installato in T, che lo convoglia ai pozzi. Queste macchine, anche in terreni arenacei, realizzano un avanzamento di una trentina di metri in 16 ore. Esse non sono però adatte per terreni argillosi o comunque in terreni spingenti, perché correrebbero il rischio di rimanere incagliate senza potere più procedere.
La sezione delle gallerie scavate è rappresentata nella fig. 17; altezza 2 m, larghezza 3,50 m. In qualche galleria si possono sistemare due binarî (scartamento 60 ÷ 80 cm) oppure un grande nastro trasportatore come nella fig. 17. Quando i terreni sono poco franosi o staccanti, le pareti delle gallerie possono essere rivestite con uno strato G di 5 ÷ 10 cm di gunite (impasto ottenuto con sabbia, cemento e impermeabilizzante) rinforzato con armatura metallica F, tenuta in posto, durante il lancio della gunite, con caviglie C; completa il rivestimento una suola di calcestruzzo S.
Estrazione. - Le vie inclinate, adottate per profondità non superiori ai 200 ÷ 300 m, possono essere dotate di grandi nastri trasportatori continui, come è schematizzato nella fig. 17. Il tracciato rettilineo di queste discenderie è senz'altro preferibile, ma se l'allontanarsi, sulla orizzontale, del punto di scarico in superficie rispetto al punto di carico in sotterraneo, costituisce un inconveniente, la discenderia può dividersi in varî tratti, come le rampe di una scala; ogni tratto di nastro rovescia il materiale su quello che segue. L'inclinazione massima consentita per i nastri è di 15 ÷ 20° secondo la natura del minerale. Questo sistema di estrazione non è pensabile se i terreni sono acquiferi o molto spingenti. In questi casi, come nelle miniere profonde, s'impone l'estrazione con pozzi verticali.
Negli ultimi 20 anni, gli skips si sono sostituiti alle gabbie in numero sempre crescente, in quanto il rapporto fra carico utile e tara risulta più favorevole con gli skips, le manovre sono semplificate e meglio si prestano, rispetto agli impianti con gabbie, a rendere automatica l'estrazione. Nelle grandi miniere, un pozzo d'estrazione equipaggiato con due o quattro skips, a funzionamento automatico, è spesso affiancato da un pozzo a due gabbie per il personale, per il trasporto di macchinarî e materiali varî necessarî in sotterraneo. Sono stati infine realizzati, nelle miniere di carbone e metallifere, impianti di estrazione idraulica, utilizzandogli impianti di eduzione dell'acqua, presente nei sotterranei, per sollevare a giorno i minerali. Questi impianti non sono ancora punto, ma i progressi sono rapidi.
La maggiore profondità alla quale si è spinto l'uomo per strappare alla terra le materie prime necessarie al progresso industriale è di 3270 m, nella miniera d'oro di Randfountain nel Sud Africa. Tale profondità è raggiunta con due impianti di estrazione in serie. Per aumentare la potenzialità di estrazione alle grandi profondità si può aumentare la velocità degli skips o aumentare la capacità di questi ultimi. Questa seconda soluzione sembra la più economica. Non è conveniente, per ragioni economiche e di sicurezza, superare la velocità di 18 ÷ 20 m/sec. In quanto al peso trasportato, gli impianti attuali dispongono di skips che contengono, come massimo, 15 ÷ 20 t.
Per modeste profondità, quali si riscontrano non di rado in Europa per coltivare giacimenti metalliferi, si va estendendo il concetto di equipaggiare le miniere con macchine potenti e perfezionate, tali da consentire l'esaurimento in un numero limitato di anni; i macchinarî, anche quelli relativi all'estrazione, sono quindi smontati e utilizzati in giacimenti analoghi.
Nei grandi bacini minerarî del mondo, l'aumento continuo della profondità di estrazione e la convenienza economica di aumentare il peso utile ad ogni cordata, hanno da tempo imposto la soluzione di suddividere fra più funi il peso totale da sollevare; ciò per potere mantenere il diametro delle funi stesse entro limiti accettabili. Sono pertanto sorti gli impianti multifuni con puleggia Koepe, montati direttamente sopra la bocca del pozzo. Con la puleggia Koepe ad una sola fune di estrazione, questa non si avvolge sopra tamburi, ma passa semplicemente nella gola della puleggia motrice. Con una fune di equilibrio, che collega i fondi delle due gabbie o dei due skips, si realizza una vera e propria trasmissione teledinamica verticale, che consente di spostare contemporaneamente le due gabbie in senso opposto. Negli impianti multifuni il principio è identico. La fig. 14 (tav.) riproduce una puleggia Koepe di 5 m di diametro, con 4 funi di estrazione, mossa da un motore a corrente continua, con rotore a sbalzo, per estrarre un carico utile, per ogni cordata, di 12 t, da una profondità di 1350 m.
Le moderne macchine d'estrazione con puleggia Koepe non sono montate al piano di terra, con pulegge di rinvio sopra il castelletto di estrazione, ma direttamente sopra il pozzo, su di una torre metallica o di calcestruzzo oppure di cemento armato. La fig. 15 (tav.) rappresenta una di queste torri metalliche, rivestita con muratura leggera, alta 63 m, che sostiene la macchina d'estrazione, con motore di 5400 CV a corrente continua, per un carico utile di 12,5 t ogni cordata, alla velocità di 20 m/sec, da una profondità di 770 m. L'altezza delle torri è in relazione alla velocità delle gabbie o degli skips.
Impianti automatici. - Gli impianti automatici con skips, ad una o più funi, sono regolati per un solo livello di estrazione. Messo in marcia l'impianto, il moto continua automaticamente, essendo gli arresti e gli avviamenti comandati da contatti chiusi o aperti dagli stessi skips quando si avvicinano alle stazioni. L'arresto degli skips, nei punti precisi di carico e scarico, provoca l'apertura di una tramoggia dosatrice per il carico in sotterraneo e l'apertura del fondo dello skip a giorno per lo scarico del minerale entro sili o su nastri trasportatori. Ultimati il riempimento e la vuotatura, automaticamente si richiudono il fondo e la tramoggia, e gli skips ripartono. Se manca minerale nelle tramogge di carico, l'impianto si arresta automaticamente.
Ventilazione. - Negli ultimi cinque lustri, i ventilatori elicoidali hanno avuto larga applicazione, anche perché hanno beneficiato delle ricerche fatte in campo aeronautico. Cambiando le necessità di ventilazione, con lo sviluppo continuo dei cantieri sotterranei, è agevole cambiare le caratteristiche di un ventilatore elicoidale, variando l'inclinazione delle pale dell'elica o delle eliche rispetto ad un piano normale all'asse della macchina.
La fig. 16 (tav.) rappresenta un motore elicoidale aspirante da miniera, mosso da motore elettrico da 600 CV; esso provoca una depressione di 320 mm di colonna d'acqua con una portata che varia da 60 a 100 m3/sec, col variare dell'angolo di incidenza delle pale. Questi ventilatori possono essere montati sia alla bocca del pozzo di riflusso, sia in sotterraneo in vicinanza della base di detto pozzo lungo la galleria principale di riflusso. In questo secondo caso si lascia libero il pozzo per eventuali manovre di estrazione. Il ventilatore V (fig. 18) è annegato in un blocco B di calcestruzzo che interessa tutta la sezione della galleria A, la quale non è quindi più transitabile. Si deve pertanto scavare una galleria di contorno C, montando due o più porte otturatrici P che si aprono e chiudono automaticamente, al passaggio dei treni, con dispositivi elettro-pneumatici. La distanza D è in rapporto alla massima lunghezza prevista dei treni. Nelle miniere profonde (oltre 1000 ÷ 1500 m) l'aria è refrigerata prima di essere avviata ai cantieri.
Eduzione. - La presenza d'acqua in miniera è essenzialmente dovuta ad infiltrazioni superficiali, facilitate dalla presenza di terreni permeabili e di fratture nei terreni interposti. Da notare che, con l'approfondirsi dei lavori, si va sotto il livello permanente delle acque nel sottosuolo. Per diminuire le infiltrazioni di acque superficiali può convenire abbandonare i metodi con scoscendimento del tetto ed adottare quelli con ripiena completa ben costipata. In casi particolari è conveniente organizzare l'eduzione con impianti parte in sotterraneo e parte in superficie. Questi ultimi hanno una funzione protettiva, diminuiscono cioè la portata delle pompe in sotterraneo e possono procurare una sensibile economia nelle spese di eduzione. Gli impianti protettivi sollevano le acque da piccole profondità, impediscono ad esse di penetrare nei lavori minerarî; possono essere installate anche fuori del perimetro della concessione mineraria, in punti riconosciuti di passaggio di acque che si dirigono verso la miniera.
Ben più arduo è il problema di abbassare il livello permanente dell'acqua che interessa interi bacini. È il caso della miniera di Monteponi (Sardegna) in cui si è abbassato e si mantiene abbassato di un centinaio di metri il livello dell'acqua dell'intero bacino di Iglesias, dando la possibilità a varie miniere della zona, di coltivare giacimenti sotto il livello idrostatico. La fig. 19 è una sezione d'una centrale di pompamento a Monteponi; vi sono installate 6 pompe P, con portata di 750 l/sec, mosse da motori elettrici M di 1550 CV. Le saracinesche di entrata S e di mandata F sono telecomandate. Le tubazioni di aspirazione A, fra la camera di raccolta R e la sala delle pompe, sono annegate nel calcestruzzo C. Le 6 tubazioni di mandata B risalgono verso una galleria di scolo che convoglia le acque direttamente al mare. Il pozzo T è stato riempito di calcestruzzo che ingloba le tubazioni. Il tubo di aspirazione A può essere chiuso da un piatto di ghisa E, manovrato con un volantino V, per consentire lo smontaggio della saracinesca G, senza che penetri acqua nella sala delle pompe.
Gli impianti di pompe per edurre l'acqua che interessa una sola miniera, sono resi automatici con segnalatori di livello nel bacino di raccolta. I segnalatori comandano relè i quali, a loro volta, provocano la messa in marcia o l'arresto delle pompe. Nel bacino di raccolta vi sono pompe con aspirazione annegata, in modo che risultino sempre adescate e possano essere messe in marcia automaticamente. Queste pompe con prevalenza di poche diecine di metri, alimentano in serie le pompe principali di eduzione che sollevano l'acqua fino in superficie.
Illuminazione. - I moderni canoni di una buona illuminazione in miniera sono i seguenti: impiegare lampade ad incandescenza come lampade portatili e fluorescenti negli impianti fissi; evitare lampade abbaglianti, a flusso irregolare e che consumano ossigeno; imbiancare quanto più è possibile le pareti delle gallerie, le armature, le macchine, le tubazioni, ecc.; graduare l'intensità luminosa, nei varî punti della miniera, in rapporto all'attività che vi si svolge; ove possibile, montare impianti fissi di illuminazione, in particolare: nelle stazioni dei pozzi, nelle principali vie di carreggio, nelle stazioni di carico e smistamento dei vagonetti, nelle centrali di pompamento, nei punti di carico con tramogge, nelle cabine di trasformazione, nei locali per la manipolazione degli esplosivi, nelle rimesse per locomotive, nelle camere di ricovero, ecc.
Fra le lampade individuali quella Davy ha ormai importanza storica. Si usano attualmente lampade ad incandescenza di 4 watt, con piccolo proiettore fissato al copricapo (fig. 20), alimentate, con interposto cavetto bipolare, da una batteria di accumulatori, assicurata alla cintura, che si ricarica giornalmente nella lampisteria della miniera. Il fascio luminoso di queste lampade è sempre proiettato nella direzione dello sguardo; esse lasciano entrambe le mani libere durante il lavoro; sono di sicurezza contro il grisù, perché se si rompe il vetro del proiettore si interrompe il circuito della corrente elettrica, evitando qualsiasi scintillio. Altri tipi particolari di lampade hanno compiti limitati.
Per misurare il tenore in grisù, eventualmente presente nella miniera, sono stati introdotti nell'uso dei grisumetri elettrici a lettura diretta, di precisione e di facile impiego (fig. 21), alimentati con una pila da lampadina tascabile.
Comunicazioni radio-telefoniche. - La meccanizzazione sempre più spinta delle miniere, i trasporti ferroviarî in sotterraneo intensi e veloci, la necessità di armonizzare e collegare fra loro diverse fasi del ciclo produttivo, hanno posto, fra gli altri, anche il problema di aggiornare e rendere più rapidi e sicuri i mezzi di comunicazione fra le persone dislocate in tutti i punti delle coltivazioni sotterranee.
Il telefono normale ed il genofono (telefono che consente la trasmissione a distanza della voce senza nessuna fonte di energia, salvo quella acustica della voce che si trasmette) si sono dimostrati insufficienti ad assicurare un sistema di rapide comunicazioni in sotterraneo fra punti che si spostano.
Sono stati perciò messi a punto apparecchi radiofonici. Il trolleyfone Lepaute, ad esempio, canalizza lungo linee elettriche la corrente portante a modulazione di frequenza. Consente trasmissioni della voce fra posti fissi o in movimento utilizzando linee aeree di contatto per locomotive. Queste linee costituiscono la sorgente di energia ed il conduttore per canalizzare le onde hertziane, le quali in sotterraneo sono arrestate dalle rocce in cui sono aperte le gallerie. Il trolleyfone assicura comunicazioni fra locomotive in corsa e posti fissi ed anche fra treni in moto.
Dal trolleyfone è derivata analoga soluzione che utilizza correnti portanti che seguono conduttori metallici, senza collegamento diretto fra questi e i posti radio. È sorto così l'apparecchio "Demolon", la cui versione a transistori ha volume e peso molto ridotti, adatto per impiego in sotterraneo. Le onde elettromagnetiche modulate si propagano lungo condutture metalliche, cavi armati, tubazioni per aria compressa, rotaie, infrastrutture di trasportatori continui, ecc. Fra tali conduttori e gli apparecchi radio si realizza un collegamento induttivo, con appositi quadri posti in vicinanza o che si spostano lungo i conduttori senza toccarli. Utilizzando conduttori messi a terra, come quelli sopra menzionati, le correnti portanti si indeboliscono rapidamente e le portate del "Demolon" si limitano a 700 ÷ 900 m. Se invece si utilizza, lungo le gallerie ed i cantieri, un filo di rame o di ferro sospeso con isolamento di fortuna da terra, ad esempio appendendolo alle armature con strisce di gomma, la portata raggiunge parecchi chilometri.
Il "Demolon" consente anche collegamenti radiotelefonici durante le riparazioni dei pozzi, fra le gabbie e le stazioni; in questo caso è la fune d'estrazione che canalizza le onde portanti.
Bibl.: G. J. Young, Elements of mining, New York 1946; R. Peele, Mining engineers' handbook, New York 1950; C. Bihl, Électrification du fond des mines, Parigi 1955; L. Gerbella, Arte mineraria, Milano 1955-60; Manuel de creusement au rocher, Società Atlas Copco, Stoccolma 1958.