INFARTO (dal lat. infarctus)
In seguito all'occlusione d'una arteria i cui rami non s'anastomizzano tra di loro (che hanno cioè la cosiddetta disposizione terminale) si forma un distretto anatomico a contorno netto, ma irregolare, che assume generalmente la forma d'un cuneo con l'apice rivolto verso il punto dell'occlusione vasale e la base verso la superficie dell'organo. Se non si ha un reflusso venoso del sangue, l'aspetto di tale distretto è pallido; in seguito esso diventa bianco giallastro e consistente e prende il nome di infarto anemico e i. bianco. Tali infarti si verificano specialmente nel rene e nella milza. Molte volte, però, alla necrosi anemica si associa un'emorragia nel territorio intercettato. Si ha allora un i. rosso o emorragico. Anche questi infarti hanno la forma d'un cuneo o di cono e una certa consistenza, ma, a differenza degli infarti anemici, presentano una colorazione rosso cupa e al microscopio si rileva che tutte le lacune del tessuto sono infarcite di globuli rossi. L'invasione del sangue nel territorio ischemizzato avviene generalmente per una corrente sanguigna di reflusso che dalle vene s'estende fino ai capillari e all'arteria occlusa. A tale corrente di reflusso segue poi, per diapedesi attraverso la parete vascolare alterata, una migrazione dai vasi di numerosi corpuscoli rossi che invadono il tessuto. Nell'ulteriore decorso il tessuto infiltrato cade in necrosi. Gli esiti dell'infarto possono essere: a) la formazione d'una cicatrice per l'infiammazione reattiva periferica provocata dai prodotti stessi della necrosi e che finisce col determinare una membrana connettivale che tende sempre più a retrarsi in modo da comprimere il materiale dell'infarto che può essere riassorbito; b) la formazione d'una cisti; perché, mentre si forma la membrana limitante dell'infarto, si ha, per processi di autolisi, un rammollimento del tessuto infarcito, sicché ne risultano delle cavità ripiene d'una massa poltacea, fluida; c) la calcificazione di sali calcarei; d) la suppurazione per l'intervento di microrganismi che vengono a trovare nel materiale necrotico un terreno adatto nel quale rigogliosamente si sviluppano. Ciò può verificarsi sia quando l'infarto è stato provocato da un embolo infetto, sia quando sopravviene un'infezione secondaria di esso. Tale esito è il più sfavorevole potendosi arrivare a conseguenze molto gravi sia per l'organo colpito sia per l'intero organismo.