INFERIE (Inferiae)
Era così chiamato dai Romani il sacrificio offerto ai Mani (v.); detto anche sollemnia mortis. Il sacrificio si celebrava talvolta ogni due mesi, ma generalmente in quattro giorni determinati dell'anno e valeva in special modo per i mani famigliari (di parentum). I quattro giorni di commemorazione privata dei defunti erano, oltre al giorno natalizio, quelli delle feste Rosalia, della Violatio e dei Parentalia (die natalis et rosationis et violae et parentalibus, dice un'iscrizione romana). Le inferie consistevano, oltre che nello adornamento delle tombe con fiori e con corone e nella celebrazione di banchetti sui sepolcri con cibi particolari (lenticchie, sale, uova, pane o farina nel vino), nell'offerta di speciali libagioni (profusiones o propitiationes) sulla tomba stessa. Erano prescritti per tale rito: acqua, vino, latte caldo, miele, olio, il sangue delle vittime (pecore nere, maiali, manzi) e inoltre profumi e incenso. Tali periodici sacrifici si ritenevano indispensabili alla pace dell'anima del defunto: onde la preoccupazione di assicurarsi, prima della morte, la prestazione del culto postumo, o per mezzo di lasciti o con l'iscrizione a uno di quei collegi funeratizî, di cui troviamo così frequente ricordo nelle epigrafi dei primi secoli dell'impero.
Bibl.: J. Marquardt, Röm. Staatsverwaltung, III, 2ª ed., Lipsia 1885, p. 312 seg.; G. Wissowa, Religion und Kultus der Römer, 2ª ed., Monaco 1912, p. 400; E. De Ruggiero, Dizionario epigrafico di antichità romane, IV, p. 54.