Infiammazione
L'infiammazione, o flogosi, è la risposta dei tessuti vascolarizzati a un insulto endogeno o esogeno e ha la finalità di veicolare nella sede del danno tessutale materiali difensivi (cellule e liquidi del compartimento vascolare). La risposta infiammatoria è caratterizzata da tre funzioni principali: occupare temporaneamente l'area interessata dal danno tessutale con un materiale chiamato 'essudato infiammatorio' costituito da liquido ricco di proteine e cellule provenienti dai vasi sanguigni; eliminare eventuali agenti nocivi (per es., batteri) che hanno causato la flogosi; eliminare il tessuto danneggiato e procedere alla riparazione del danno tessutale. Per indicare l'infiammazione di un determinato organo o tessuto di solito si usa il suffisso -ite (appendic-ite, pleur-ite, ecc.). La durata dell'infiammazione dipende dal tempo necessario per eliminare la causa nociva e per riparare il danno: può essere di ore o giorni e in tal caso viene definita 'flogosi acuta'; viceversa, può durare mesi o anni e pertanto è denominata 'flogosi cronica'.
Le cause che portano a una risposta infiammatoria possono essere varie e tra esse le infezioni microbiche sono tra le più comuni in quanto i batteri rilasciano diverse tossine in grado di innescare il processo infiammatorio. D'altra parte i virus penetrano all'interno delle cellule e portano alla morte cellulare attraverso meccanismi di replicazione intracellulare. Alcuni microrganismi, come i parassiti e il micobatterio della tubercolosi, sono in grado di indurre una risposta infiammatoria immunomediata attraverso reazioni di ipersensibilità. Anche alcuni agenti fisici (traumi, raggi ultravioletti, radiazioni ionizzanti e temperature estreme) e alcune sostanze chimiche irritanti e corrosive (agenti acidi, alcalini e ossidanti) possono provocare infiammazione. Infine, un potente stimolo infiammatorio è rappresentato dalla necrosi tessutale secondaria a riduzione del flusso sanguigno con carenza di ossigeno come avviene, per esempio, nel caso dell'infarto miocardico.
La flogosi è caratterizzata da un processo dinamico tra agenti flogogeni e meccanismi di difesa dell'organismo. I primi possono essere virus, batteri, sostanze chimiche o agenti fisici, mentre i secondi appartengono a diverse famiglie di cellule in grado di comunicare tra di loro attraverso messaggeri chimici definiti 'mediatori della flogosi'. Ogni cellula del sistema immunitario è in qualche modo specializzata e può svolgere una specifica funzione nelle diverse fasi della flogosi.
I granulociti (polimorfonucleati) sono presenti nel sangue periferico e svolgono una funzione preminente in corso di infiammazione acuta causata da batteri in quanto dotati di proprietà battericide. Essi rappresentano circa il 60% dei leucociti normalmente presenti nel torrente circolatorio, hanno una emivita di alcuni giorni e la loro presenza a livello tessutale indica l'esistenza di una flogosi batterica. In tal caso, i neutrofili migrano in risposta a stimoli chimici prodotti dai microrganismi o da cellule dell'ospite definiti fattori chemiotattici. I neutrofili attivati attraversano l'endotelio vasale e penetrano nella sede della flogosi. Il nucleo di queste cellule è multilobato e il citoplasma è ricco di granuli primari (azzurrofili) e secondari (specifici) che contengono enzimi (lisozima, lattoferrina, ecc.) in grado di favorire la necrosi batterica, ma anche il danno tessutale.
I granulociti rappresentano circa l'1% dei leucociti circolanti. Sono cellule riconoscibili al microscopio per la particolare colorazione rossastra dei granuli citoplasmatici e per il nucleo bilobato. Gli eosinofili hanno una spiccata propensione a invadere i tessuti dove possono rilasciare le sostanze contenute nei granuli citoplasmatici come le proteine cationiche (proteina basica maggiore, proteina cationica degli eosinofili, ecc.) ed enzimi con proprietà litica nei confronti di alcuni parassiti. Inoltre, queste cellule intervengono nelle fasi tardive della flogosi allergica. I e i svolgono un ruolo fondamentale nella flogosi. Essi derivano da precursori presenti a livello midollare; i monociti circolano nel sangue e maturano nei tessuti dove si differenziano in macrofagi ('grandi mangiatori') a lunga emivita. I monociti/macrofagi fanno la loro comparsa nelle fasi tardive della flogosi per completare ciò che i neutrofili hanno iniziato, ovvero la fagocitosi dei batteri e dei detriti cellulari. I macrofagi, quindi, svolgono un ruolo importante nelle fasi tardive dell'infiammazione in quanto sono specializzati nella fagocitosi. Il loro citoplasma avvolge il corpo estraneo inglobandolo in una vescicola delimitata dalla membrana citoplasmatica (fagosoma); all'interno della cellula questo fagosoma si fonde con i lisosomi, contenenti enzimi proteolitici, costituendo il fagolisosoma nel quale ha luogo la vera e propria digestione.
I e i cellule derivanti da precursori midollari; i mastociti sono presenti a livello tessutale in prossimità dei vasi, mentre i basofili circolano nel sangue. Questi due elementi cellulari presentano diverse analogie strutturali e funzionali. Il loro citoplasma è ricco di granuli secretori contenenti importanti mediatori della flogosi come l' e diversi enzimi proteolitici (triptasi, chimasi, ecc.). L'attivazione di queste cellule stimola la sintesi di mediatori lipidici sintetizzati de novo come i leucotrieni, le prostaglandine e il Platelet activating factor (PAF). L'attivazione dei mastociti e dei basofili induce la sintesi di molteplici citochine e modulano, tra l'altro, la funzione dei . I mastociti e i basofili sono le cellule protagoniste della flogosi allergica.
Un altro importante aspetto della difesa immunitaria è rappresentato dai meccanismi dell'immunità acquisita. I linfociti sono gli effettori delle difese immunitarie specifiche. I loro precursori sono presenti nel midollo osseo e si distinguono in linfociti B e linfociti T. I linfociti costituiscono circa il 30% dei leucociti circolanti; di questi il 70÷75% sono linfociti T, il 10÷15% linfociti B e il 10% cellule NK (Natural killer). La denominazione di linfociti T deriva dal timo, dove maturano e vengono selezionati in tre principali sottopopolazioni: T helper, T suppressor e T citotossici. In seguito all'attivazione cellulare, i linfociti B possono trasformarsi in plasmacellule responsabili della sintesi degli anticorpi. Alcuni linfociti B e T della 'memoria' si attivano in presenza di una seconda infezione causata dallo stesso agente patogeno; in questo caso la risposta immunitaria si sviluppa in maniera molto più rapida ed efficace rispetto alla risposta primaria. I linfociti NK contengono nel loro citoplasma granuli che liberano proteine (perforine) in grado di determinare la morte di alcune cellule neoplastiche e di alcuni virus. Le cellule NK possono eliminare cellule infettate da virus in assenza di una risposta immunitaria anticorpale e pertanto rappresentano un'importante difesa contro le infezioni virali.
Le sono elementi presenti nel sangue con la funzione di mantenere l'integrità delle cellule endoteliali che rivestono internamente i vasi sanguigni e sono indispensabili per controllare le emorragie. Tali cellule possono partecipare attivamente ad alcuni processi infiammatori attraverso la liberazione di importanti mediatori chimici. Altre cellule fondamentali per l'infiammazione sono le cellule endoteliali che regolano gli scambi tra elementi del plasma e i tessuti. Esse rappresentano la barriera che deve essere attraversata dalle due componenti dell'essudato infiammatorio: il plasma e i leucociti. Queste cellule sono in grado di sintetizzare un ampio spettro di mediatori proinfiammatori. Le cellule endoteliali possono essere attivate, nel corso della flogosi, da citochine e chemiochine prodotte da cellule del sistema immunitario. I , infine, sono cellule produttrici di collagene e intervengono nelle fasi finali del processo infiammatorio e nella guarigione delle ferite.
Tutte le cellule che partecipano alla flogosi comunicano tra loro attraverso la sintesi e la liberazione di molteplici mediatori chimici prodotti da loro stesse. L'istamina, una ammina vasoattiva presente nei granuli secretori dei mastociti e dei basofili, è uno dei primi mediatori rilasciati in corso di infiammazione acuta. Essa determina un'immediata dilatazione arteriolare e un aumento transitorio della permeabilità capillare e venulare attivando i recettori di tipo H1 e H2. Il ruolo dei recettori istaminergici denominati H3 e H4 in corso di flogosi è in via di definizione. La serotonina è presente nei granuli delle piastrine, nella mucosa del sistema gastrointestinale e nel sistema nervoso. I suoi effetti sui vasi sono simili a quelli dell'istamina.
Gli sono molecole lipidiche sintetizzate dal metabolismo dell'acido arachidonico. Queste molecole derivano da un acido grasso a 20 atomi di carbonio, l'acido arachidonico, che può essere metabolizzato attraverso due vie: la ciclossigenasi, che genera le prostaglandine e i trombossani, e la lipossigenasi, che produce i leucotrieni. Le prostaglandine partecipano attivamente a molti dei sintomi fondamentali dell'infiammazione. Esse si differenziano in prostaglandine della serie E, della serie I, della serie D e della serie F. Queste molecole possiedono molteplici e complessi effetti proinfiammatori. Infatti, parte dell'attività terapeutica dei farmaci antinfiammatori non steroidei (per es., l'aspirina) è attribuita all'inibizione della sintesi delle prostaglandine. I leucotrieni sono sintetizzati attraverso la via metabolica della 5-lipossigenasi (5-LO).
I cisteinil-leucotrieni (LTC4, LTD4, LTE4) contraggono le cellule muscolari lisce e inducono broncospasmo a livello respiratorio, mentre il leucotriene LTB4 è una delle più potenti sostanze chemiotattiche. Le lipossine LXA4 e LXB4 sono sintetizzate attraverso le lipossigenasi: da una parte la 5-LO dei neutrofili e dei macrofagi può indurre la sintesi di lipossine a partire dall'acido 15(S)-idrossieicosatetranoico rilasciato dalle cellule epiteliali, dall'altra la 12-LO piastrinica o la 15-LO macrofagica possono trasformare l'LTA4 rilasciato dai neutrofili in lipossine. Queste molecole possiedono proprietà antinfiammatorie: per esempio, LXA4 inibisce la migrazione dei neutrofili e la sintesi di IL-1β.
Le citochine sono messaggeri polipeptidici sintetizzati da molteplici cellule immunitarie attivate (monociti, macrofagi, cellule dendritiche, linfociti B e T, mastociti e basofili) e secrete durante l'attivazione cellulare. Queste molecole si legano a specifici recettori presenti sulla superficie delle cellule del sistema immunitario. Le citochine svolgono importanti funzioni biologiche nell'ambito delle risposte immunitarie umorali e cellulo-mediate; in passato esse erano denominate 'interleuchine' per indicare la loro capacità di interagire con i leucociti. Le citochine esercitano una miriade di attività biologiche in grado di coordinare molteplici aspetti dell'immunità innata e acquisita attraverso l'attivazione di specifici recettori. Per esempio, l'interleuchina-1 (IL-1) attiva i linfociti T ed è implicata insieme al Tumor necrosis factor α (TNF-α) nel rialzo della temperatura corporea in corso di flogosi. L'interferone γ (IFN-γ), prodotto dai linfociti T attivati e dalle cellule NK, ha proprietà antivirali e attiva i fagociti mononucleati, permettendo a queste cellule di svolgere alcune funzioni necessarie per l'uccisione dei microrganismi fagocitati.
Le chemiochine (abbreviazione per citochine chemiotattiche) sono mediatori solubili della flogosi e della comunicazione cellulare, sintetizzati da numerosi elementi cellulari (linfociti, monociti, macrofagi, granulociti e piastrine). La complessità del sistema delle chemiochine è testimoniata dalla identificazione di oltre 35 molecole appartenenti a 4 famiglie (CC, CXC, C e CX3C) sulla base della posizione della cisteina nella sequenza amminoacidica. Una delle funzioni più importanti delle chemiochine è quella di indurre e modulare la migrazione dei leucociti nelle varie fasi della flogosi e di dirigere il normale traffico di queste cellule nell'ambito dei tessuti. Questa proprietà viene chiamata 'chemiotassi' e si distingue dalla chemiocinesi che è caratterizzata da un movimento direzionale non coordinato in risposta a stimoli chemiotattici. Le chemiochine influenzano il movimento cellulare attraverso gradienti chemiotattici e l'attivazione di alcune funzioni cellulari attivando specifici recettori di membrana. Gli enzimi lisosomiali sono presenti nei granuli citoplasmatici dei granulociti e dei macrofagi. L'attivazione di tali cellule induce il rilascio di enzimi che sono in grado di idrolizzare materiale cellulare e tessutale.
L'ossido nitrico (NO) è un altro mediatore dell'infiammazione. Esso agisce come un importante messaggero intra- e intercellulare ed è derivato dall'amminoacido L-arginina. Tale mediatore è un potente vasodilatatore e modula numerose funzioni dell'endotelio vasale. In seguito a stimolazione meccanica o chimica, le cellule endoteliali producono NO che, in parte, diffonde nel compartimento ematico, riducendo l'aggregabilità delle piastrine e l'adesività dei leucociti alle pareti dei vasi sanguigni. Inoltre, l'NO induce il rilascio della sottostante muscolatura liscia vascolare e svolge un'importante funzione di difesa nei confronti delle infezioni batteriche, come agente battericida.
Il plasma contiene diversi sistemi di cascate enzimatiche: il complemento, le , i fattori della coagulazione e il sistema fibrinolitico. Questi sistemi interagiscono tra loro e generano diversi mediatori della flogosi. Il complemento è un complesso sistema di almeno 20 proteine plasmatiche ad attività enzimatica la cui attivazione genera potenti mediatori proinfiammatori in grado, tra l'altro, di perforare le membrane cellulari di diversi microrganismi. L'attivazione in corso di un processo infiammatorio avviene attraverso due vie: quella classica, attivata in seguito alla formazione di complessi antigene-anticorpo, e quella alternativa, attivata, in assenza di anticorpi, da componenti batteriche. Le componenti complementari più importanti per la flogosi acuta sono il C5a e il C3a (chemiotassi dei neutrofili, aumento della permeabilità vasale e rilascio di istamina), il C5, il C6, e il C7 (chemiotassi dei neutrofili), il C5, il C6, il C7, il C8 e il C9 (attività citolitica).
Il sistema delle chinine è costituito da potenti peptidi vasoattivi presenti nel plasma in forma inattiva (chininogeni). Le chinine si formano dai chininogeni per effetto di enzimi proteolitici, come le callicreine plasmatica e tessutale. La bradichinina è il prototipo di questi mediatori chimici e possiede alcune proprietà simili a quelle dell'istamina. Questo mediatore è più potente dell'istamina nell'indurre il dolore, che è uno degli elementi fondamentali dell'infiammazione. Il sistema della coagulazione è responsabile della conversione del fibrinogeno solubile in fibrina, una delle componenti più importanti dell'essudato infiammatorio. Durante l'aggregazione del fibrinogeno in fibrina si attiva anche il sistema fibrinolitico che opera la lisi di fibrina in prodotti di degradazione mediata dalla plasmina, un enzima proteolitico, con effetti locali sulla permeabilità vasale. Le (IgG, IgM, IgA, IgE e IgD) sono proteine presenti nel plasma e nell'essudato flogistico. Le immunoglobuline sono sintetizzate e secrete dalle plasmacellule in seguito alla stimolazione antigenica da parte di specifiche sequenze amminoacidiche (epitopi) di batteri e di virus.
I quattro segni cardinali di una reazione infiammatoria acuta furono descritti da Celso nel I sec. d.C. e sono: eritema (rubor), calore (calor), edema (tumor) e dolore (dolor). Questi aspetti sono presenti a prescindere dalla causa che ha determinato la flogosi. Gran parte di questi sintomi è riconducibile alla vasodilatazione e all'aumento della permeabilità capillare. La vasodilatazione è dovuta all'effetto di mediatori chimici vasoattivi (istamina, leucotrieni, ecc.) e può durare da 15 minuti a diverse ore a seconda della gravità del danno, inducendo un aumento (fino a 10 volte) del flusso ematico locale. La sede della flogosi diventa rossa ‒ eritema ‒ e calda e pertanto è appropriato il termine di infiammazione che evoca il concetto di fiamma. L'aumento della temperatura corporea locale ‒ calore ‒ è secondario alla vasodilatazione e alla conseguente iperemia nel sito infiammatorio. L'iperpiressia, ossia l'aumento della temperatura corporea, è dovuta al rilascio da parte dei macrofagi e dei granulociti neutrofili, di sostanze conosciute come pirogeni endogeni (TNF-α, IL-1, ecc.) in grado di agire a livello ipotalamico e stimolare i meccanismi termoregolatori. Il rilascio dei pirogeni dai macrofagi si verifica durante la fagocitosi ed è stimolato dalle endotossine batteriche e dai complessi immuni (batteri-anticorpi).
Nel corso della flogosi vi è un aumento della permeabilità endoteliale che consente il passaggio di plasma, ma non delle cellule ematiche che, di norma, non superano la barriera endoteliale. D'altra parte, l'elevata pressione osmotica all'interno del vaso, dovuta alle proteine plasmatiche, tende a limitare il passaggio dei liquidi nel compartimento tessutale. In corso di infiammazione acuta, si verifica un aumento della pressione idrostatica e un passaggio di proteine plasmatiche nello spazio extravascolare con formazione di essudato flogistico. Alcuni mediatori chimici dell'infiammazione acuta possono causare un aumento degli spazi tra le cellule endoteliali creando dei punti di soluzione di continuità tra tali cellule. In tal modo, i vasi diventano permeabili permettendo il passaggio non solo di liquidi e proteine plasmatiche, ma anche di cellule dal plasma all'area danneggiata. L'afflusso di liquidi e cellule nei tessuti contribuisce alla formazione dell'edema infiammatorio.
In seguito all'iperemia, il flusso comincia a rallentare e le cellule presenti nel sangue si spostano in prossimità della parete endoteliale; i neutrofili aderiscono a livello dell'endotelio e successivamente migrano nella sede della flogosi. Quest'ultimo processo, chiamato 'diapedesi', consiste in un movimento attivo ameboidale attraverso la parete delle venule e dei vasi di piccolo calibro ed è dipendente dalla presenza di molecole di adesione sulle cellule endoteliali e di fattori chemiotattici (LTB4 e chemiochine). I granulociti neutrofili migrano quindi nella sede della flogosi. Per ultimi, i monociti e i linfociti si spostano dall'interno dei vasi nei tessuti in maniera analoga. Anche gli eritrociti possono fuoriuscire dai vasi con un meccanismo di diapedesi; la loro presenza nello spazio extravascolare implica l'esistenza di un danno endoteliale severo. Il dolore costituisce uno degli aspetti più caratteristici dell'infiammazione; insorge quando le terminazioni delle fibre nervose vengono stimolate da mediatori algogeni come la bradichinina, l'istamina, la serotonina, le prostaglandine e i neuropeptidi. Anche l'aumento della pressione tessutale, dovuto alla presenza dell'essudato, può contribuire alla sua insorgenza. Ai quattro segni cardinali descritti da Celso fu aggiunta da Rudolph Virchow (1821-1902) la perdita di funzione (functio lesa). La presenza di un edema importante a livello tessutale, infatti, può immobilizzare l'area interessata come avviene, per esempio, a livello di un'articolazione dove la flogosi impedisce il movimento dell'area infiammata.
È opportuno segnalare che la flogosi rappresenta per molteplici aspetti un meccanismo protettivo per la sopravvivenza di un organo o dell'organismo. Infatti, sia la componente liquida che quella cellulare dell'essudato possono esercitare effetti benefici. Per esempio, la presenza di essudato può diluire le tossine batteriche e favorire il loro allontanamento attraverso i vasi linfatici, mentre la vasodilatazione aumenta le concentrazioni di anticorpi e di frazioni del complemento nello spazio extravascolare, favorendo la fagocitosi e la lisi dei microrganismi; inoltre, la formazione di fibrina può limitare il movimento dei microrganismi facilitandone la fagocitosi. L'essudato apporta sostanze nutritive e ossigeno, essenziali per alcune cellule infiammatorie (per es., neutrofili) caratterizzate da elevata attività metabolica. Tuttavia, in alcune particolari condizioni l'edema flogistico ha un ruolo pressoché esclusivamente negativo: per esempio, quando la flogosi si verifica in uno spazio chiuso, come la cavità cranica in corso di un ascesso cerebrale, essa può indurre un aumento della pressione intracranica e determinare un aggravamento del danno ischemico. Un'altra circostanza nella quale la risposta infiammatoria è prevalentemente dannosa è costituita dalle reazioni di ipersensibilità di tipo I (shock anafilattico e asma bronchiale). In questi casi l'esposizione a un antigene ambientale determina un danno tessutale mediato da una esaltata reattività del sistema immunitario.
I segni clinici di un processo infiammatorio acuto includono anche sintomi aspecifici come malessere generale, anoressia, nausea, cui si può associare l'iperplasia reattiva del sistema reticolo-endoteliale con ipertrofia dei linfonodi locali o sistemici. In corso di infiammazione cronica è di frequente riscontro la perdita di peso. Le indagini di laboratorio solitamente rilevano un aumento dei neutrofili nel sangue periferico associato alle infezioni da batteri gram-positivi; in corso di reazioni allergiche e di alcune infezioni parassitarie si osserva ipereosinofilia; la linfocitosi si associa alle infezioni croniche (per es., tubercolosi) e ad alcune infezioni virali. L'anemia può essere causata dalla perdita di sangue nell'essudato infiammatorio (per es., colite ulcerosa) o dall'emolisi (per es., tossine batteriche), mentre in corso di flogosi cronica può dipendere dalla depressione del midollo osseo. Altre alterazioni ematochimiche consistono nell'aumento della velocità di sedimentazione degli eritrociti (VES) e di alcune proteine sieriche della fase acuta (PCR, Proteina C reattiva). Queste ultime sono normalmente presenti in piccole quantità nel plasma e la loro concentrazione aumenta considerevolmente in risposta all'infiammazione acuta. In corso di infiammazione cronica di lunga durata (per es., artrite reumatoide) si può avere aumento della proteina amiloide A sierica e il conseguente deposito di quest'ultima in diversi tessuti con risultante amiloidosi secondaria.
I principali aspetti macroscopici dell'infiammazione acuta variano a seconda del tessuto interessato e dell'agente che provoca la flogosi. L'infiammazione sierosa è caratterizzata dalla presenza di un essudato ricco di proteine e povero di cellule (per es., il contenuto di una bolla provocata da una blanda ustione). L'infiammazione suppurativa è caratterizzata da un essudato purulento. Il pus è un essudato costituito da granulociti neutrofili ed è provocato da infezioni di batteri come gli stafilococchi, che stimolano la chemiotassi. L'infiammazione catarrale è caratterizzata da ipersecrezione di muco, come nel caso di raffreddore virale. Nell'infiammazione fibrinosa l'essudato è ricco di fibrinogeno che polimerizza in fibrina, che è essenzialmente un coagulo ematico senza globuli rossi, come si osserva, per esempio, nella pericardite acuta. L'infiammazione emorragica indica un severo danno vascolare oppure una deplezione dei fattori della coagulazione; questa eventualità è comune nella pancreatite acuta, dove l'aspetto emorragico è dovuto alla distruzione proteolitica delle pareti vascolari, e nella setticemia meningococcica. L'infiammazione membranosa si riferisce alla condizione in cui l'epitelio interessato viene ricoperto di fibrina, cellule epiteliali desquamate e infiammatorie. Un esempio è rappresentato dalla membrana grigiastra che si riscontra nella faringite o laringite da Corynebacterium diphtheriae. Nell'infiammazione pseudomembranosa si ha una ulcerazione superficiale della mucosa con presenza di lesione di continuità, fibrina, muco e cellule infiammatorie. Questo aspetto viene riscontrato nella colite pseudomembranosa ed è dovuto alla colonizzazione dell'intestino da parte di Clostridium difficile. Infine, l'infiammazione necrotizzante (gangrenosa) è caratterizzata da necrosi settica dei tessuti per la presenza di edema con occlusione vascolare e trombosi.
Il processo infiammatorio può essere interpretato come un sofisticato meccanismo in grado di limitare il danno e di favorire la restitutio ad integrum. Tuttavia, le cellule parenchimali tollerano poco l'essudato acido, ipertonico e carico di enzimi litici. L'esito di un'infiammazione acuta dipende dalla sua durata, dal tipo di tessuto interessato, dalla quantità di tessuto danneggiato e dalla natura dell'agente flogogeno. L'esito della flogosi acuta può essere: la risoluzione, la suppurazione, l'organizzazione e l'infiammazione cronica. La risoluzione dell'infiammazione acuta comporta la completa restitutio ad integrum dei tessuti ed è favorita dal danno tessutale limitato, dall'interessamento di un organo o tessuto con importanti capacità rigenerative (per es., fegato), dalla rapida eliminazione dell'agente eziologico e dalla rimozione di liquidi e detriti attraverso un valido drenaggio vascolare. Un esempio di episodio infiammatorio acuto caratterizzato da completa risoluzione è la polmonite acuta lobare.
La suppurazione consiste nella formazione di pus. In questo caso l'eziologia è solitamente dovuta a un agente infettivo batterico fortemente chemiotattico (Staphylococcus aureus, Streptococcus pyogenes, ecc.). L'accumulo di pus in un tessuto viene circondato da una membrana costituita da capillari, neutrofili e occasionalmente fibroblasti e prende il nome di 'ascesso'. All'interno dell'ascesso i batteri sono poco accessibili agli anticorpi e ai farmaci antibiotici (per es., osteomielite acuta). Quando la raccolta di pus si verifica all'interno di una cavità preformata viene definita 'empiema' (per es., empiema della colecisti).
L'organizzazione consiste nella sostituzione del tessuto flogistico da parte di tessuto di granulazione. Alcune circostanze favoriscono tale evoluzione come la formazione di grandi quantità di fibrina non completamente rimossa dagli enzimi fibrinolitici del plasma o dai neutrofili, la necrosi di considerevoli quantità di tessuto e il difficile allontanamento dei detriti o dell'essudato. La formazione di nuovi vasi sanguigni (angiogenesi) rappresenta un elemento fondamentale dell'organizzazione tessutale. Un altro elemento caratteristico è la proliferazione di macrofagi e fibroblasti con risultante fibrosi. Un esempio è rappresentato dalla pleurite che segue la polmonite lobare acuta. In tali circostanze si osserva a carico della pleura un deposito di fibrina con migrazione di fibroblasti e macrofagi.
Se l'agente responsabile dell'infiammazione acuta non viene rimosso, si può verificare la progressione verso l'infiammazione cronica. La flogosi cronica può persistere per mesi, per anni e anche per tutta la vita, nel qual caso si hanno delle caratteristiche alterazioni dell'essudato con prevalenza di cellule mononucleate (linfociti e macrofagi). In alcune forme di flogosi cronica si ha la formazione di un cercine fibroso costituito da macrofagi, cellule giganti di derivazione macrofagica e fibroblasti come, per esempio, si verifica nei granulomi da corpo estraneo e nei granulomi tubercolari. La flogosi cronica può evolvere verso la fibrosi tessutale. Per esempio, la fibrosi epatica (definita 'cirrosi epatica') può rappresentare l'evento finale di un processo flogistico cronico a carico del fegato (epatite cronica).
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