INFRASTRUTTURE.
– La scommessa della città contemporanea: lo sviluppo delle infrastrutture. Aeroporti. Porti. Stazioni ferroviarie. Dighe. Ponti. Bibliografia. Webgrafia
La scommessa della città contemporanea: lo sviluppo delle infrastrutture. – L’importanza strategica delle i. per lo sviluppo economico di un Paese si rileva anche per difetto, per es., nel caso del continente africano in rapido sviluppo, nel quale la mancanza di strade, ferrovie, ponti, dighe ecc. è vista come un serio ostacolo al raggiungimento di standard economici e culturali di intere regioni. Non a caso, l’Unione Africana, nel suo insieme, negli ultimi anni è stata particolarmente sensibile al tema e la Cina ha intrapreso, proprio in Africa, un vasto programma di cooperazione in cui tali grandi opere sono al centro di ambiziose politiche di penetrazione commerciale. In molti casi, si comprende quindi come le i. abbiano assunto connotazioni di carattere geopolitico: si pensi, per es., alla Renaissance dam in Etiopia, la grande diga (v. oltre: Dighe) in costruzione sul Nilo Azzurro non senza polemiche nei confronti dei Paesi a valle: il Sudan e l’Egitto. Come tutte le dighe, essa tocca il delicatissimo tema della gestione dell’acqua, risorsa estremamente scarsa in vaste aree della Terra su cui si concentra un’elevata attenzione e a motivo della quale si innescano di frequente tensioni transfrontaliere e guerre.
Vanno inoltre rilevate le connotazioni ideologiche, prima ancora che economiche o tecniche, che il dibattito sulle i. ha talvolta assunto, in particolare in Italia: si pensi alle difficoltà incontrate dalla TAV, la linea ferroviaria ad alta velocità destinata a collegare Torino con Lione, o a quelle esperite dal progetto del ponte sullo stretto di Messina, di cui si parla almeno dalla fine degli anni Sessanta del 20° sec. senza per questo aver mai saputo definire un calendario operativo. Acceso è stato anche il dibattito legato alla realizzazione del progetto MOSE (MOdulo Sperimentale Elettromeccanico) a Venezia, partito nel 2003 e punteggiato da una serie di scandali legati alla gestione degli appalti. Si pensi anche ai risvolti che tali grandi opere inevitabilmente producono in termini di impatto ambientale e alle opposizioni che esse incontrano da parte della cultura ambientalista più radicale, per capire come si tratti di un argomento estremamente sensibile per le società contemporanee. In una rinnovata accezione del termine, le i. non costituiscono risposte più o meno semplici a domande funzionali tecniche legate al trasporto di persone o cose: piuttosto si configurano come una dimensione nuova dello spazio della mobilità (luoghi estesi, polifunzionali e complessi di incontro e di scambio, da integrare in un processo di ricostruzione, riqualificazione e rigenerazione del paesaggio antropizzato).
Sebbene storicamente fossero spesso le i. a formare le matrici spaziali degli insediamenti urbani, a partire dai primi decenni del Novecento tali opere sono state relegate all’interno di ambiti residuali rispetto al paesaggio urbano di qualità, innescando così fenomeni di degrado e isolamento, sia fisico sia sociale. La tendenza attuale nella progettazione delle i. è certamente quella di focalizzare l’attenzione sul paesaggio e sui pedoni. Seppure si tratti di spazi di circolazione, di consumo, di comunicazione tendenzialmente anonimi o, come li ha definiti Marc Augé, non luoghi (v.) – neologismo coniato nel 1992 nel saggio Non-lieux, introduction à une anthropologie de la surmodernité – portati a perdere una propria specificità nel contesto della globalizzazione, essi vanno invece ripensati in termini di funzionalità, sicurezza ed estetica. Alla ricerca di un’impronta identitaria collettiva le i. rappresentano la principale scommessa delle città contemporanee; dighe, ferrovie, ponti, terminal ferroviari, marittimi e aeroportuali, parcheggi, strade e autostrade, gallerie, viadotti e sottopassi, ma anche discariche e impianti di trattamento dei rifiuti, depuratori ecc. hanno un forte impatto economico, ambientale, nonché sociale, che impone lungimiranti strategie di carattere politico-economico (con una crescente collaborazione fra il settore pubblico e quello privato) e, soprattutto, un capillare lavoro di informazione, partecipazione e condivisione sulle e con le comunità coinvolte.
Gli orientamenti critici più recenti puntano pertanto a ricucire le fratture multiple determinatesi fra i. e città, attraverso una ricerca mirata alla riconfigurazione degli spazi, in un’ottica attenta alla sostenibilità ambientale e alla flessibilità. Le tendenze in atto registrano un’esponenziale crescita dell’urbanizzazione, una crescente esigenza di protezione dell’ambiente e un maggiore bisogno di efficienza energetica, dovuti, oltre che a significativi incrementi demografici, anche a un’altrettanto sensibile crescita delle aspettative di qualità della vita. Le politiche di sviluppo della mobilità impongono inoltre soluzioni logistiche e tecnologiche attente ai flussi, agli spostamenti, alle reti di distribuzione e di sosta, in una prospettiva di progressivo alleggerimento del trasporto su gomma in favore di sistemi collettivi alternativi, segnatamente su rotaie. Si noti, infine, che, nonostante gli sforzi per riuscire a ridurre, se non a eliminare, gli spostamenti in virtù della progressiva digitalizzazione delle nostre società, al punto da arrivare a predire la fine delle città intese come organismi fisici in favore di una nuova, aperta e deterritorializzata società dell’informazione, le persone e le cose si muovono nei fatti sempre di più e continuano ad avere, in misura sempre maggiore, bisogno di un’efficiente rete infrastrutturale.
Aeroporti. – Dal 1990, il CAPA - Centre for aviation, costituisce una delle principali fonti di dati nel settore aeroportuale. Enormi investimenti si segnalano in Cina e in Medio Oriente, con compagnie aeree in continua espansione. In altre aree geografiche, pure in grande espansione in termini di urbanizzazione come, per es., l’India e l’Indonesia, l’aumento della domanda di i. aeroportuali è invece caratterizzato da relativa lentezza.
Riportati in ordine cronologico di apertura si segnalano, tra i tanti recenti progetti: il Gibraltar airport building, a Gibilterra, di 3DReid e bblur architecture, inaugurato nel 2012, inserito in un ampio progetto paesaggistico; il Gate A dell’aeroporto di Francoforte in Germania (2006-12), progettato da von Gerkan, Marg and Partners (gmp) – lo stesso scalo è oggetto, dal 2012, di un ridisegno del nuovo piazzale del Terminal 1, sulla base di un masterplan dello studio Grimshaw, ispirato al tema della foresta; il Terminal 3 dello Shenzhen Bao’an international airport (2013), in Cina, dello studio Fuksas; all’insegna della sostenibilità, il Queen Alia international airport (2012), ad Amman in Giordania, di Foster+Partners; il nuovo Terminal 3 dell’Aeroporto internazionale di Dubai (2013), progettato dal francese Paul Andreu, con una struttura curva di vetro che sembra richiamare la fusoliera di un aereo. Inaugurati nel 2014, sono stati: il nuovo Queen’s Terminal (T2) dell’aeroporto di Heathrow a Londra, firmato dallo studio Luis Vidal+Architects (LVA); il nuovo terminal dell’Heydar Aliyev international airport a Baku in Azerbaigian, su progetto dello studio Autoban con sede a İstanbul. Sebbene ancora in stato di sviluppo, ma con conferma ufficiale sul sito, è la progettazione, affidata nel 2014 allo studio Shigeru Ban architects, del terminal passeggeri per il Mount Fuji Shizuoka airport in Giappone. Aggiudicandosi un concorso internazionale nella primavera del 2014, con la fine dei lavori prevista per il 2018, lo studio Foster+Partners con FR-EE (Fernando Romero Enterprise), NACO (Netherlands Airport COnsultants) e ARUP hanno redatto il progetto per il nuovo aeroporto internazionale di Città di Messico, che si appresta a diventare l’aeroporto più sostenibile al mondo, puntando a raggiungere nuovi livelli di efficienza e flessibilità. Per lo stesso anno, in occasione della 2018 FIFA world cup, è prevista anche l’inaugurazione dello Yuzhny greenfield airport, terminal nella Russia meridionale (Rostov), progettato da Twelve Architects sulla base del concorso vinto nel 2013; sempre nel 2018, il nuovo aeroporto di İstanbul, su progetto degli studi Grimshaw, Nordic Office of Architecture e Haptic, il cui masterplan fu affidato ad ARUP, agli inizi del 2013, sarà lo scalo più grande del mondo.
L’impressionante fenomeno a cui si assiste nel trattare il settore aeroportuale è come gli hubs siano sempre meno semplici i. dedicate al volo, diventando piuttosto magneti di business e acceleratori dello sviluppo di intere regioni. Si tratta di centri di logistica e supporto al cargo, ma anche di spazi immobiliari, alberghi, uffici, attività commerciali e cliniche. Su scala globale, si assiste al rapido sviluppo di autentiche airport cities o aerotropoli, usando il neologismo coniato da John Kasarda, direttore del Center for air commerce alla Kenan-Flagler business School della University of North Carolina. Convinto che lo sviluppo urbano del 21° sec. prenderà forma proprio dalle i. aeroportuali, così come fu per le autostrade nel 20° sec., le linee ferroviarie nel 19° sec. e i porti nel 18° sec., John Kasarda localizza 89 airport cities nel mondo (39 nell’America Settentrionale, 22 in Europa, 17 in Asia e Pacifico, 7 in Africa e Medio Oriente, 4 nell’America Centrale e Latina; l’Italia è assente dalla map pa), dove sono le città a essere costruite intorno agli aeroporti e non più questi ultimi a servizio delle città (Kasarda 2013). Seguendo il modello di città aeroportuale – sulla scia dell’Amsterdam Schiphol airport, con un museo, un casinò, un campo da golf, oltre a vari alberghi e strutture per il tempo libero; dell’Aeroville di Parigi, inaugurato nel 2013, dell’architetto Philippe Chiambaretta; del Dublino airport il cui T2, progettato da Pascall+Watson è stato inaugurato nel 2014 – in Europa, si ricordano ancora i progetti: The Circle di Zurigo, su progetto di Riken Yamamoto (inizio lavori 2012; prima fase del progetto da completare per il 2016); il Gateway gardens di Francoforte, in un’ex zona militare in trasformazione dal 2008, sulla base del masterplan del 2005 di Erick van Egeraat, di cui è previsto il completamento nel 2021; il Manchester airport city, su progetto di 5plus Architects approvato nel 2013; in Germania, inoltre, si stanno realizzando altri due quartieri aeroportuali, a Düsseldorf e a Berlino. Tra i progetti di maggiore impatto fuori dall’Europa si ricordano Hong Kong, Singapore, Seoul e Dubai.
Porti. – Insieme agli aeroporti, i porti sono fra le i. che maggiormente contribuiscono al consumo di estese aree geografiche. Privilegiando storicamente assetti naturali favorevoli, solitamente ubicati in continuità con il tessuto urbano, essi sono andati via via trasformando le linee di confine fra la terra e il mare con ridisegni artificiali di tale ampiezza da essere spesso riconoscibili alla scala geografica. Giocando un ruolo al tempo stesso nazionale e internazionale, politico ed economico, turistico e industriale, privato e pubblico, i porti costituiscono, in un’economia altamente interconnessa e globalizzata quale quella contemporanea, l’epicentro di nuove strategie di sviluppo.
Storicamente i porti sono stati un’incredibile risorsa, vettori di ricchezza e scambi commerciali e culturali, per le città sviluppatesi intorno a essi e che da essi traevano spesso la propria identità; nell’evoluzione dell’economia del mare, lo storico rapporto tra città e porti si è andato poi via via deteriorando nel corso del tempo, al punto da favorire l’insorgenza di aree altamente degradate. Alcune città hanno perciò reciso, o almeno ridotto, le relazioni con i propri por ti: è stato il caso di Barcellona, Boston, Buenos Aires, Genova, Hong Kong o Singapore, fino a una vera e propria inversione di tendenza registrabile sin dagli ultimi decenni del Novecento. Le riconversioni di tali strutture, il ridisegno di interi waterfronts e la generale riqualificazione delle aree portuali hanno così spesso costituito, negli ultimi anni, il punto di partenza del rilancio e della rivitalizzazione di intere città. In un mondo sottoposto a mutamenti rapidi e radicali, porti e città portuali hanno così spesso esperito enormi cambiamenti rispetto ai modelli tradizionali.
Sulle prospettive della smart port cities, le città portuali intelligenti, si è tenuta la 14th World conference of cities and ports (Durban 2014) nell’ambito della quale l’Association internationale villes ports (AIVP), ha presentato un report completo dedicato al biennio 2014-15. Sulla competitività delle città portuali globali, un’interessante sintesi è costituita inoltre dal report dello OECD (Organisation for economic co-operation and development) Port-Cities programme (The competitiveness of global port-cities), curato da Olaf Merk per la conferenza tenutasi a Rotterdam nel 2013. Attraverso l’analisi dell’impatto che i porti hanno sulle città, in termini di benefici, in primo luogo economici, ma anche di costi, principalmente sociali, si dimostra come le città dotate di aree portuali significative coincidono non solo con le più grandi del mondo, ma soprattutto con quelle che oggi vengono definite globali. Ciò si verifica nel caso di molte città asiatiche (da Shanghai a Osaka-Kobe) tra le venti maggiori aree metropolitane al mondo, tutte sedi di porti importanti. Altri esempi notevoli in Asia sono costituiti da Guangzhou, Shenzhen, Tianjin e Hong Kong; in America Settentrionale si ricordano New York sull’Atlantico e Los Angeles sul Pacifico; in Europa Londra, Amburgo, Rotterdam e Barcellona.
L’identità marittima di una città portuale si consolida nel rapporto con il suo waterfront: un’indiretta dimostrazione della possibilità di far coesistere le attività portuali con l’ambiente naturale da una parte e con le persone che vi abitano dall’altra. Il modello base di sviluppo urbano ed economico prevede scelte politiche all’insegna della coesistenza e della diversificazione. I differenti settori dell’industria navale (logistica, cantierizzazione e servizi marittimi) vanno gestiti in una prospettiva di elevata attenzione alle energie rinnovabili in particolare e alla sostenibilità in generale, in stretta sinergia con il waterfront, inteso quale luogo privilegiato per restituire alla città una nuova immagine. Sono molte le misure politiche prese negli ultimi anni in tale direzione: dalla commercializzazione della prossimità all’acqua (porti turistici, mercati ittici e acquari), al riorientamento delle funzioni portuali verso quelle turistiche (terminal passeggeri per le crociere, marina da diporto ecc.), fino alla valorizzazione del patrimonio storico. Port Vell a Barcellona, Hafen City ad Amburgo, il Waterfront a San Francisco, il V&A waterfront a Cape Town, Abandoibarra a Bilbao, Puerto Madero a Buenos Aires, Marina bay a Singapore, ma anche il Porto antico a Genova, sono solo alcuni dei molti riusciti esempi dove funzioni diverse hanno innescato consistenti benefici. Pur in assenza di un background storico, la Dongjian bay area a Tianjin è uno dei migliori esempi in Cina di come le città portuali rappresentino una concreta opportunità dal punto di vista sia urbano sia sociale. Tra i molti progetti in corso, si ricordano: West harbour a Helsinki; il nuovo waterfront di Honk Kong con, in particolare, il Kai Tak cruise terminal progettato dallo studio Foster + Partners e inaugurato nel 2013; allo stesso studio si deve il riuscito progetto del Vieux Port a Marsiglia, inaugurato nel 2013. Ancora si segnalano, il New Stapleton waterfront e l’East midtown waterfront a New York, il Kribi industrial-port complex a Dubai Marina, il Tifon tigre sulle rive del Río Luján a Buenos Aires, il Tuas port e il Next generation container port a Singapore.
Stazioni ferroviarie. – Le stazioni, dalla rivoluzione industriale in poi, hanno rappresentato una delle principali tipologie edilizie, caratterizzate come normalmente sono da centralità rispetto al tessuto urbano circostante. Al loro interno, la distinzione fra stazioni di testa, passanti o miste, a seconda della posizione nei confronti della rete, è ancora integrata da quella fra stazioni a raso, con binari alla medesima quota del piano stradale; in viadotto, con binari sopraelevati rispetto al livello stradale; in galleria, con binari interrati. Va detto che la complessità della città contemporanea è tale da determinare un certo grado di difficoltà nella stessa definizione di livello stradale. È ciò che avviene, per es., da molti decenni in corrispondenza dei nodi ferroviari a Tōkyō. I livelli multipli consentono una strategica confluenza di servizi diversi come l’alta velocità (AV), i trasporti regionali o metropolitani con i trasporti urbani di superficie, i parcheggi di scambio e altri mezzi di trasporto. Le ultime realizzazioni sono per ciò spesso fra le più importanti all’interno delle grandi aree metropolita ne. L’uso delle tecnologie avanzate e una gestione digitalizzata dei trasporti han no certamente influito sullo sviluppo di un sistema avanzato di i. consentendo di affrontare in modo innovativo i problemi della mobilità con un agile interscambio tra la dimensione pubblica e quella privata, sviluppando in modo coordinato ed efficiente soluzioni atte a raggiungere sicurezza ed economia.
Non trascurabile, infine, è la questione della sostenibilità, intesa come strategia di politica ambientale e di impegno sociale, puntualmente affrontata in tutte le più recenti realizzazioni: a un livello tale da far spesso parlare di green stations da una parte e di greenways, linee ferroviarie di-smesse e trasformate in piste ciclabili o percorsi pedonali verdi, con tracce di archeologia industriale, dall’altra. Anche le aree di parcheggio, spesso connesse alle reti ferroviarie, grazie a rampe di sollevamento, distributori automatici, sistemi di automazione e videosorveglianza sono andate via via trasformandosi e vecchie strutture, ormai ritenute obsolete, hanno oggi trovato nuove funzioni in una nuova logica progettuale di riconversione. Si pensi, tra i molti progetti, alla trasformazione del parcheggio al 1111 Lincoln road (2010) a Miami Beach (Florida) dove lo studio Herzog & de Meuron ha adattato la vecchia struttura a centro commerciale, o al garage del Rayette building, a Minneapolis, trasformato nel 2014 in appartamenti (Sherman Associates). A conferma della centralità delle aree di parcheggio nel panorama delle i., l’istituto americano IPI (International Parking Institute) ha istituito un premio per le eccellenze del settore; il 2014 award come miglior progetto architettonico è andato a Park place a Missoula (Mont.) degli architetti MacArthur, Means & Wells, inaugurato nel 2013.
Sebbene gli sviluppi tecnologici abbiano notevolmente semplificato, nell’esercizio e nella fruibilità degli spazi, le operazioni legate all’utilizzo del sistema velocizzando i flussi di passeggeri, le stazioni si sono trasformate, come la maggior parte dei luoghi di transito, in spazi dedicati anche, se non prevalentemente, al consumo. Fra gli esempi europei più interessanti si colloca la Centraal station di Rotterdam, un progetto del Team CS (Benthem Crouwel Architects, MVSA Meyer en van Schooten Architecten, West 8) inaugurato nel 2014. La vecchia stazione del 1957 è stata adeguata alle esigenze contemporanee; un’ardita pensilina metallica ingloba lo spazio pubblico esterno, integrandosi in maniera spettacolare al contesto urbano. Il rivestimento delle coperture, costituito da 130.000 celle solari (uno dei più estesi progetti di questo tipo in Europa), assicura luce e ombra alle piattaforme sottostanti da cui partono le connessioni ai diversi sistemi di accesso alla città.
Si segnalano anche la nuova stazione di Reading nel Berkshire, in Inghilterra, completata nel 2014 da Grimshaw Architects; la stazione dell’Olympic park a Soci, nella Russia meridionale, opera dello Studio 44 Architects e inaugurata nel 2013; la ristrutturazione della Gare Saint-Lazare (2012) a Parigi, dello studio francese AREP; la Triangeln train station (2010) a Malmö in Svezia, di Sweco Architects AB + KHR Arkitekter. Tra i più recenti e ambiziosi progetti cinesi si ricorda la stazione di Hangzhou south (2012-14) a Zhejiang, dello studio tedesco von Gerkan, Marg and Partners. Ambiziosi sono ancora i progetti per la nuova Penn station di New York (che la municipalità ha, nel 2013, affidato a un gruppo formato da SHoP Architects, SOM, H3 Hardy Collaboration Architecture e Diller Scofidio + Renfro); per il Qatar integrated railway project, la nuova rete ferroviaria di Doha, per il quale nel 2012 è stato incaricato il gruppo neerlandese UN Studio; per le nuove stazioni della metropolitana di Riyāḍ, fra le quali spicca quella del King Abdullah financial district (2014-17) progettata da Zaha Hadid. Di notevole interesse sono anche alcune esperienze progettuali eseguite nel nostro Paese, per es., le ‘stazioni dell’arte’ della metropolitana di Napoli, dove architetti di talento quali Gae Aulenti (1927-2012), Massimiliano e Doriana Fuksas, Alessandro Mendini, Dominique Perrault, Álvaro Siza, Óscar Tusquets Blanca e artisti come Sandro Chia, Francesco Clemente, Mimmo Paladino, Oliviero Toscani, Ettore Spalletti, Alan Fletcher, William Kentridge, Luigi Ontani, Jannis Kounellis, Michelangelo Pistoletto, Karim Rashid e molti altri, hanno collaborato alla riqualificazione di tali importanti nodi infrastrutturali.
Insieme ai sistemi di trasporto su ferro (metropolita ne e treni), singolari sono infine, per quanto riflettano oggi avveniristiche tecnologie, gli impianti di risalita su fune.
L’evoluzione della tecnica ha infatti segnato una rinascita di tali i. e delle stazioni a esse connesse. Alla base del progetto del North park Cable Way (2004-07) a Innsbruck, di Zaha Hadid – coerente con il suo linguaggio sulla fluidità, attento al contesto (topografia) e ai flussi di circolazione –, vi sono, per es., le tecnologie sviluppate nel settore dell’industria automobilistica. Ancora da ricordare: il Metro cable (2007-10), su progetto dello studio Urban-think tank, per la città di Caracas, Venezuela; l’Emirates cable car a Londra, nuova cabinovia firmata Doppelmayr che attraversa il fiume Tamigi, inaugurata nel 2012; e la nuova linea del Monte Bianco che, iniziata nel 2012, è stata inaugurata nel giugno del 2015.
Dighe. – Spesso investite da controversi dibattiti per il loro impatto sul territorio e gli effetti di carattere geopolitico, molte sono le dighe realizzate di recente o in corso di completamento. In Cina si segnalano la Xiaowan Dam, realizzata tra il 2002 e il 2010, e la Nuozhadu Dam, inaugurata nel 2012. Interessante è anche l’affiancamento della parte strutturale con una parte specificamente architettonica: è il caso di una serie di significativi visitors e operations centres, come si trovano alla Warragamba dam di Haviland Park, nei pressi di Sydney, un progetto di Lahznimmo Architects e Spackman Mossop=Michaels, realizzato nel 2009, o alla Hinze dam (2102) nel Queensland, ancora in Australia, su progetto di AECOM e Malcolm Middleton Architects. Si segnala infine il progetto per la Grand Ethiopian Renaissance dam, la cui realizzazione, affidata a un consorzio guidato dall’impresa italiana Salini Impregilo, è iniziata nel 2010.
Ponti. – La tipologia dei ponti meriterebbe una trattazione autonoma. Sensibilizzate al tema della pedonalizzazione, molte città guardano oggi con attenzione ai nuovi collegamenti pedonali e a nuove piste ciclabili, in parte sospese. Un esempio di queste ultime è costituito dalla proposta per lo SkyCycle di Londra, cui dal 2012 sta lavorando lo studio Foster+Partners. Fra i ponti si segnalano: il Nesciobrug (2006) ad Amsterdam di Wilkinson Eyre Architects; il Feng Hua bridge (2006), carrabile e pedonale, a Tainjin in Cina, su progetto del francese Marc Mimram; lo Scale lane bridge (2013) a Kingston Upon Hull in Inghilterra di McDowell+Benedetti; lo Skyttelbron shuttle bridge (2014) a Lund in Svezia di Sweco Architects. A uno stadio avanzato sono: la nuova proposta di collegamento pedonale fra le sponde del Tamigi a cui Heatherwick Studio, con il landscape designer Dan Pearson e Arup, ha dato risposta progettando il Garden bridge, ponte pedonale più caro della storia la cui inaugurazione è prevista nel 2018; il progetto dello Sharq crossing bridge (2015-21), opera di Santiago Calatrava che prevede, sulle acque della baia di Doha, la realizzazione di un articolato sistema costituito da tre spettacolari ponti interconnessi.
Bibliografia: S.S. Fainstein, S. Campbell, Readings in urban theory, Cambridge (Mass.) 1996, Chicester 20113; A. De Cesaris, Infrastrutture e paesaggio urbano, «L’industria delle costruzioni», 2002, 367, nr. monografico; S. Sassen, Global networks, linked cities, New York-London 2002; B. Hayes: Infrastructure: a field guide to the industrial landscape, New York-London 2005; Rem Koolhaas, Junkspace. Per un ripensamento radicale dello spazio urbano, a cura di G. Mastrigli, Macerata 2006; The endless city, ed. D. Sudjic, R. Burdett, London-New York 2007; «L’industria delle costruzioni», 2008, 399, nr. monografico: Ponti e viadotti; J.D. Kasarda, G. Lindsay, Aerotropolis: the way we’ll live next, New York 2011; «L’industria delle costruzioni», 2013, 434, nr. monografico: Rassegna italiana; H. Brown, Next generation infrastructure: principles for post-industrial public works, Washington (D.C.) 2014.
Webgrafia: J. Kasarda, Airport cities: the evolution, «Airport world», 2013, http://www.aerotropolis.com/files/AirportCities_TheEvolution.pdf (21 giugno 2015); OECD (Organisation for economic co-operation and development), The competitiveness of global port-cities, Paris 2014, http://www.oecd.org/gov/regional-policy/Competitiveness-of-Global-Port-Cities-Synthesis-Report. pdf (21 giugno 2015).