Ingegneria civile
Definire l'i. c. all'inizio del 21° sec. significa interrogarsi sul senso di 'illusione necessaria' che si accompagna al fare dell'uomo, alla sua costante volontà di modificare e controllare l'ambiente che lo circonda. Un ruolo, quindi, quello dell'ingegnere teso a risolvere problemi mediante espedienti tecnici provenienti da pratiche conosciute, ma anche a trovare il nuovo, a inventare. Queste le due anime di tale professione: un insostituibile e incessante lavoro al servizio della comunità, unito alla capacità singolare di vedere o intuire 'l'impossibile per renderlo possibile'.
Nel panorama contemporaneo, questa duplice attitudine bene si esplica da un lato nella Ove Arup & Partners e dall'altro nell'architetto e ingegnere S. Calatrava. La prima, società a struttura interdisciplinare con uffici presenti in oltre quaranta Paesi, rappresenta forse lo studio di progettazione più celebre del mondo. Fondata nel 1946 dall'ingegnere danese O. Arup (1895-1988), con il presupposto essenziale di fornire prestazioni professionali di assoluta eccellenza, ha raccolto in pieno l'eredità dei grandi ingegneri 'infrastrutturatori' ottocenteschi. Attraverso il potente ramo Infrastructures, articolato nei sottosettori di geotecnica, marittima, tunnel e acque, ha effettuato studi e ricerche realizzando progetti in tutto il mondo. La Arup ha proposto per prima un'estensione del concetto di 'servizio', definito in precedenza, inaugurando e consolidando nel corso della seconda metà del 20° sec. una politica di collaborazione con i grandi architetti contemporanei. Fin dal 1957, venne coinvolta dal giovane architetto danese J. Utzon nella realizzazione della Sidney Opera House (completata soltanto nel 1973), per poi collaborare alla costruzione di alcuni tra i più celebri edifici del Novecento: il Centre Georges Pompidou con R. Piano e R. Rogers (1977) a Parigi, la sede londinese dei Lloyds ancora con Rogers (1986), la Hong Kong & Shanghai Bank con N. Foster a Hong Kong (1986), l'aeroporto internazionale Kansai a Osaka in Giappone con Piano (1994), il Millennium Bridge a Londra (2000) ancora con Foster, per citare solo alcune tra le collaborazioni più fruttuose. È inevitabile che in casi come questi la figura dell'ingegnere (all'interno della Arup ricordiamo personaggi della statura di E. Happold, G. Nordensen, P. Rice, C. Balmond, G. Del Mese, J. Brazier), pur svolgendo un ruolo indispensabile per la realizzazione dell'opera, venga in buona parte offuscata dalla presenza creativa dell'architetto titolare del progetto.
Diverso, e chiaramente collocato sul versante del genio inteso come straordinaria capacità inventiva, il caso dell'architetto e ingegnere spagnolo Calatrava (n. 1951), che con la sua formazione ibrida e la sua eccezionale creatività si è imposto all'attenzione internazionale come progettista di strutture in cui la ricerca formale si manifesta con evidenza. Le sue macchine sono sovente ispirate al mondo delle creature viventi (allo studio delle quali ha dedicato, negli anni, leonardeschi taccuini di acquerelli) fino al punto da trasformare, in alcuni casi, il giunto strutturale in articolazione e da consentire quindi a intere parti di fabbrica di muoversi e cambiare configurazione. L'interesse di Calatrava per le strutture in movimento si inscrive nella tradizione delle grandi infrastrutture mobili del Novecento: i ponti, le dighe, le strutture portuali; a questa tradizione egli ha offerto il proprio contributo con alcune realizzazioni notevoli come il ponte girevole Médoc a Bordeaux (1991); ma il suo interesse per il movimento lo ha condotto a importare le parti mobili anche nell'edilizia civile, prima sotto forma di semplici dispositivi per l'apertura e la chiusura di spazi interni e poi sotto forma di elementi sempre più complessi, grandi pensiline o intere coperture. In definitiva Calatrava ha inaugurato un nuovo settore di studi e di ricerche per l'i. c. con-temporanea sostenendo, con il suo esempio, la possibilità di pensare a costruzioni in grado di mutare la loro forma in ragione delle diverse condizioni che si determinano intorno a loro o al loro interno, e che possano così rispondere in modo più moderno alla tradizionale domanda di durata dell'opera costruita.
È questa una richiesta che muta anche in funzione del variare del quadro culturale di riferimento. Agli inizi del 21° sec. ancora per-mangono vive la sfida contro la gravità e la volontà di superare i limiti raggiunti dai predecessori; ancora le grandi città si vantano della torre più alta o del ponte più lungo, e tali manifestazioni di potenza tecnologica continuano a identificarsi con il prestigio della collettività.
In questa gara incessante, i ponti hanno raggiunto dimensioni impressionanti e l'Occidente capitalistico è chiamato a raccogliere la sfida lanciata dai grandi strutturisti orientali: nella speciale classifica dei ponti più audaci il primo posto è saldamente in mano al giapponese Akashi-Kaikyo Bridge progettato dalla Honshu-Shikoku Bridge Authority vicino alla città di Kobe che, con i suoi quasi 2000 m di luce libera, nel 1998, ha surclassato i 1410 m dell'inglese Humber Bridge; ma, dato ancora più rilevante, la classifica presenta tra i primi sei ponti ben tre costruiti in Cina a partire dal 1997 fino al recentissimo Runyang Bridge, progettato dall'ingegnere Wang Jun non lontano da Shangai e finito di costruire nel 2005. Al secondo posto in graduatoria il Great Belt Fixed Link che, realizzato anch'esso nel 1998, unisce le isole danesi di Funen e Zealand e, con i suoi 1624 m di luce, rappresenta di gran lunga la più audace realizzazione europea del settore; il ponte è stato progettato dai danesi Cowi Consulting Engineers and Planners AS che avevano già collaborato nel 1981 con la Freeman Fox & Partners alla realizzazione del citato Humber Bridge costruito a Kingston-upon-Hull. Da queste due società di ingegneria specializzate in ponti sono emersi i progettisti di massima del ponte sullo stretto di Messina che, con i suoi 3300 m di luce libera, costituirebbe, una volta costruito, un record destinato a rimanere a lungo inattaccabile e, al tempo stesso, provocherebbe una brusca impennata nel diagramma lineare che rappresenta l'incremento nel tempo della dimensione massima della travata libera. In Italia M.P. Petrangeli ha raccolto l'eredità dei grandi ingegneri del Novecento come P.L. Nervi e R. Morandi; in particolare, con il suo Wadi Dib Bridge, ponte strallato entrato in funzione in Algeria nel 1998 e costruito in calcestruzzo armato precompresso, si è riferito proprio agli archetipi definiti da Morandi.
Anche nel campo dei grattacieli, nei primi anni del Duemila, la sfida continua e alla ribalta vi sono ancora i costruttori orientali. Uno degli ultimi record è detenuto dalla torre Taipei 101 (o Taipei Financial Center), finita di costruire nel 2004 a Taiwan per opera di C.Y. Lee & Partners con Thornton-Tomasetti Engineers ed Evergreen Consulting Engineering, che con i suoi 508 m di altezza ha strappato il primato alle Petronas Towers dell'architetto statunitense C. Pelli, ancora con la consulenza strutturale di Thornton-Tomasetti Engineers, finite di costruire a Kuala Lumpur in Malaysia nel 1998 e alte 452 m. La reazione statunitense ha avuto inizio dalla ricostruzione del World Trade Center a New York, demolito dall'attacco terroristico dell'11 settembre 2001, in luogo del quale, a partire da un'idea di D. Libeskind, lo studio Skidmore, Owings & Merrill (SOM) sta curando la costruzione della Freedom Tower che nel 2011 dovrebbe raggiungere i 541 m di altezza. Quest'ultimo studio è l'autore del progetto della Burj Tower in costruzione a Dubai, il cui completamento è previsto per il 2009 e che dovrebbe raggiungere la ragguardevole altezza di 705 m.
All'inizio del 21° sec. la tutela degli ecosistemi, messi in grave crisi anche dall'opera di infrastrutturazione del territorio otto-novecentesca, è diventata un imperativo irrinunciabile. La doppia anima dell'ingegnere contemporaneo è riuscita a farsi interprete della tradizione dell'ingegneria alla luce di questa mutata sensibilità collettiva: da un lato, con l'arretramento del raggio d'azione all'ombra dei grandi studi di architettura, alla maniera di Arup, e dall'altro attraverso la ricerca di un nuovo tipo di intervento tecnico finalizzato a realizzare un'architettura variabile, sensibile alla mutevolezza del paesaggio contemporaneo, secondo il modello di Calatrava.
La sostanziale modifica dello scenario di riferimento ha implicato un ulteriore frazionamento dell'azione dell'ingegnere contemporaneo, un suo impiego in ambiti disciplinari diversi. Con la nascita del settore dell'ingegneria ambientale (v.), finalizzato a gestire gli insiemi a prevalente connotazione naturale nonché a riparare i danni compiuti sull'ambiente attraverso la rinaturalizzazione delle cave di pietra, i ripascimenti delle spiagge, la bonifica dei suoli oggetto nel passato di utilizzi inquinanti, gli interventi sui bacini idrogeologici a rischio, la ricomposizione di interi ecosistemi nelle zone danneggiate da incendi o dall'intervento dell'uomo, sono emersi nuovi compiti da svolgere. Oltre all'ingegneria ambientale, sono nate l''ingegneria dell'involucro edilizio' e degli 'impianti tecnologici' in cui l'ingegnere contemporaneo è impegnato sul fronte fisico-tecnico allo scopo di ottimizzare le prestazioni di isolamento termico e acustico, di trasparenza, di riduzione dei consumi energetici e per il miglioramento dei livelli di benessere interno degli edifici (v. sostenibilità).
La Buro Happold di Londra, una delle associazioni professionali nate da una costola della Arup, è strutturata in sottosettori specializzati proprio per rispondere a questa duplice nuova domanda. Fondata nel 1976 da E. Happold (1930-1996), la società di ingegneria inglese ha attivato, oltre agli storici settori Buildings e Infrastructures il dipar-timento chiamato Environment particolarmente attento alle pro-blematiche della sostenibilità ambientale e all'impiego di materiali da costruzione alternativi.
Specializzata in particolar modo nel settore dell'ingegneria dell'involucro edilizio è la società francese RFR, fondata nel 1981 a Parigi dall'ex Arup P. Rice (prematuramente scomparso nel 1992) con I.C. Ritchie e M. Francis. La RFR si è imposta con l'invenzione del cosiddetto vetro strutturale, utilizzato per la prima volta nell'edificio delle serre della Cité des sciences et de l'industrie del Parc de la Villette costruito a Parigi tra il 1981 e il 1986. A questa prima sperimentazione ne sono seguite molte altre, con una successione di brevetti sui sistemi di ancoraggio delle lastre di vetro temperato che hanno reso la società di ingegneria francese leader europea nel settore delle chiusure trasparenti. Tra i suoi involucri più noti si ricordano la Pyramide del Louvre (1987), realizzata a Parigi con l'architetto statunitense I.M. Pei, le chiusure della Gare d'Avignon (2001) con gli ingegneri della SNCF (Société Nationale des Chemins de Fer Français), e la copertura in vetro nel cortile della Banca popolare di Lodi con Piano (2001).
Grandi interpreti dell'architettura della leggerezza sono le società statunitensi Weidlinger Associates e Birdair, fondate da due dei protagonisti della storia dell'ingegneria del 21° sec.: P. Weidlinger (1914-1999) allievo di L. Moholy Nagy e di Le Corbusier e autore di studi e ricerche sulla resistenza delle strutture al sisma e alle esplosioni, e W. Bird (1912-2006), che si può considerare il primo sperimentatore di strutture pneumatiche abitabili dall'uomo. La Weidlinger Associates ha varie sedi negli Stati Uniti e una in Inghilterra e si occupa di green engineering, ossia di contenimento dei costi energetici e di riciclaggio, mentre la Birdair si connota come azienda produttrice di strutture leggere, tensostrutture e strutture pneumatiche, ma affianca a questa attività una società di ingegneria presente oltre che negli Stati Uniti anche in Europa e in Asia. Le due società hanno collaborato per la realizzazione del Georgia Dome, impianto sportivo costruito nel 1992 ad Atlanta, con progetto architettonico degli studi Rosser Fabrap International and Thompson, Ventulett, Stainback & Associates; la grande copertura è la prima applicazione, in una costruzione a pianta ovale, delle teorie dell'architetto statunitense R.B. Fuller sulle strutture autotendenti, dopo le sperimentazioni dell'ingegnere D. Geiger, effettuate su edifici a pianta circolare. Nel 1997 la Weidlinger e la Birdair, nuovamente insieme, hanno progettato lo Shanghai Stadium che, con i suoi 300 m di luce libera, rappresenta la più lunga struttura strallata del mondo. Ancora la Birdair è stata coinvolta, con i citati ingegneri della Buro Happold e con l'architetto Rogers, nella costruzione della Millennium Dome (Greenwich, 1999) che, con i suoi 80.000 m2, è una delle più grandi coperture di tutti i tempi.
Paragonabile alla Arup per varietà e vastità d'interventi, la Takenaka Corporation, già protagonista della costruzione dei primi edifici giapponesi in stile occidentale nella seconda metà del 19° sec., venne fondata ufficialmente nel 1899 da un'antica stirpe di costruttori di Kobe, assumendo la configurazione che ancora oggi conserva. La sua organizzazione (presente a San Francisco, San Paolo, Düsseldorf, Singapore, Hong Kong, Pechino ecc.) spazia dalla tradizionale i. c. ai nuovi rami degli involucri e soprattutto al settore dell'environmental design; nel dipartimento denominato Environmental & Energy, la Takenaka Corporation si occupa di riciclo e riuso, life cycle management, conservazione dell'energia e dell'ambiente, riduzione e mitigazione degli impatti ambientali, e promuove il concetto di sostenibilità anche nei grandi progetti che la vedono coinvolta con alcuni tra i più noti architetti giapponesi contemporanei. Tra questi spiccano T. Ito con il celebre Odate Dome (Akita, 1997) e T. Ando con il Contemporary Art Centre realizzato ad Aomori nel 2001. La Takenaka è stata inoltre coinvolta, con Buro Happold e F. Otto, nella realizzazione del Padiglione giapponese all'Expò di Hannover del 2000, progettato da S. Ban con struttura portante in tubi di cartone; nella costruzione del Manggha (Centre of Japanese Art and Technology) di Cracovia con A. Isozaki (1994) e nell'esecuzione del Sapporo Dome di H. Hara, progettato con la consulenza del celebre strutturista M. Sasaki e finito di costruire nel maggio del 2001. La caratteristica più sorprendente di questa straordinaria realizzazione è il fatto che, grazie ai complessi cinematismi, il campo da calcio può essere spostato dall'arena esterna (che risulta necessaria per la coltivazione dell'erba naturale) all'arena interna, resa indispensabile per le caratteristiche climatiche della zona. Inoltre il Sapporo è stato dotato di un sistema di climatizzazione passiva fondato sulla captazione dei venti dominanti d'estate e sullo sfruttamento dell'inerzia termica del suolo d'inverno.
Agli inizi del 21° sec. sono nate nuove e più complesse forme di impegno professionale che hanno determinato l'evoluzione e il mutamento della storica figura dell'ingegnere ereditata dall'Ottocento. Nuove discipline sono state così chiamate a offrire il loro contributo. Come nel passato l'ingegnere integrava le proprie conoscenze facendo ricorso alla matematica, alla geometria e alla fisica, così nello scorcio iniziale del nuovo millennio l'aspirazione all'integrazione ha coinvolto la chimica, la termodinamica, la biologia e così via.
Questa esplosione di interessi, con la conseguente aumentata complessità del sapere necessario all'esercizio di una professione così articolata e ricca, ha portato quasi all'inversione della forza centrifuga che da sempre animava i progressi dell'ingegneria; si è infatti assistito al sorgere di un moto centripeto che colloca proprio le discipline della costruzione al centro del quadro di riferimento: "fino a qualche anno fa - ha osservato E. Benvenuto - le discipline eredi della resistenza dei materiali si sforzavano di possedere gli strumenti scientifici e gli algoritmi matematici estranei, per tradizione, alla cultura degli ingegneri, per rispondere ai problemi interni alla meccanica delle costruzioni […]. Oggi assistiamo a una sorta di movimento inverso, secondo il quale le ricerche più interessanti e più innovative in questo dominio aspirano piuttosto a presentare la meccanica dei solidi, dei materiali e delle strutture come un repertorio di problemi concreti e vitali proprio per spiegare i progetti scientifici esterni a qualsiasi disciplina e trasversali rispetto alle loro partizioni abituali (processi irreversibili, disordine, caos, rischio, complessità, "nuove geometrie della natura", frattali, etc.). Esodo inesorabile dal cuore della disciplina o, al contrario, presagio di una nuova cultura post-politecnica? Al tempo toccherà stabilirlo" (Resistance des matériaux, in L'art de l'ingénieur, 1997, p. 411).
bibliografia
A. Picon, Architectes et ingénieurs au siècle des Lumières, Marseille 1988.
L'art de l'ingénieur, éd. A. Picon, Paris 1997.
Santiago Calatrava's creative process, ed. A. Tzonis, L. Lefaivre, Basel 2001.
V. Marchis, F. Nieddu, Materiali per una storia delle tecniche, Torino 2004.