ingemmare [ingemme, in rima, indic. pres. Il singol.]
Il verbo, parasintetico, trova in D. le sue prime attestazioni in volgare, e ricorre tre volte nel Paradiso, sempre in contesti metaforici. Per XV 85 Ben supplico io a te, vivo topazio / che questa gioia prezïosa ingemmi (D. invoca lo spirito di Cacciaguida, che gli appare quasi topazio che si staglia dalla croce luminosa degli altri beati), il Buti annota: " cioè adorni, come fa la gemma la corona, ovvero anello, nel quale è posta ".
Ancora connesso allo splendore di anime illuminate dalla luce divina, in XVIII 117 O dolce stella, quali e quante gemme / mi dimostraro che nostra giustizia / effetto sia del ciel che tu ingemme: " Dice l'autore: ‛ O dolce stella di Giove, quali e quante anime in te situate in quella figura dell'aguglia che di sé fecero... mi dimostrarono che la giustizia, che tra i mortali si fa per li rettori, sia effetto della tua influenza ' " (Ottimo). Il significato di " adornare " pare ulteriormente confermato dalla glossa di Benvenuto a XX 17 (dove le anime dei beati sono cari e lucidi lapilli / ond'io vidi ingemmato il sesto lume): " idest, ex quibus lapillis ego vidi adornatum planetam lovis, qui est sextus planeta pulcer et luminosus ".