BERNARDINI, Ingherramo (Inghiramo)
Figlio di Guido, apparteneva alla famiglia de' Bernardini signori di Montemagno, i quali nel 1209 avevano giurato fedeltà al Comune di Lucca insieme con i Suffredinghi e con gli Ubaldi.
La prima notizia che lo riguarda si ricava dalla pergamena del 9 sett. 1183 (Archivio di Stato di Lucca, Diplomatico. S. Romano, ad annum), che è una confessione di debito verso un tal Benedetto fatta in Lucca presso la chiesa di S. Dalmazio dallo stesso B. e dal fratello. Paganello. Seguono (16 ag. 1188) un atto di vendita di beni posti in S. Concordio, fatto dai due predetti fratelli e da Orrabile, moglie di Paganello e figlia del fu Opitino da Calcinaia, a Lombardo del fu Glandolo e Martinello del fu Gioannicchio (Ibid., Archivio dei Notari, ad annum), e una dichiarazione di saldo fatta il 12 novembre di quello stesso anno nel castello di Montemagno dagli stessi personaggi in favore di Ubertello da Cascio del fu Angiorello de Manentia (Ibid., Archivio Guinigi, n. 18, ad annum). Nel I 193, però, Paganello risulta già morto: infatti, nella sentenza di Aldebrandino da Abrusciana, eletto arbitro dei signori di Montemagno nella vertenza che essi avevano con il monastero di S. Ponziano per il giuspatronato della chiesa di S. Simone (sentenza pronunziata nel monastero stesso il 31 maggio di quell'anno), il B. agisce per sé e come tutore dei nipote Opizino, figlio del fu Paganello (Ibid., S. Ponziano, ad annum).
Il B. fu podestà di Lucca per la prima volta nel 1200: il 24 maggio di quell'anno, infatti, in una sentenza emessa da Pagano, giudice delle cause e console dei Treguani, nella causa che verteva tra il monastero dei SS. Quirico e Matteo di Casale e quello di Cantignano, compare Cbertello come avvocato di quest'ultimo monastero e delegato dal B. podestà di Lucca (Ibid., S. Nicolao, ad annum). Fupodestà anche nel 1203, anno nel quale, a dire di Tolomeo Lucense, "fuit in civitate Luce discordia inter milites et pedites ", e nel successivo 1204. Secondo quanto riferisce il Puccini, per rafforzare la pace stipulata in Lucca nel 1203 tra i magnati ed i popolani per la mediazione del vescovo di Volterra, vicario imperiale, egli, appena eletto, giurò nelle mani del medesimo "di essere Potestà comune così delli grandi come del populo e fecesene carta publica ", ed il 17 settembre di quello stesso anno, con il consiglio dei priori della società di concordia dei pedoni della città, donava ad Orlandino del fu Gaetano e ad Avogadro del fu Tancredo, cittadini di Lucca e conti del Sacro Palazzo, i possessi, le ragioni, i benefici, spettanti all'imperatore sul loro castello di Col di Pozzo, sulle pievi di S. Pancrazio e di Marlia, ecc. (Lucca, Archivio Arcivescovile, Diplomatico n. 19).
Ricoprì probabilmente la stessa carica anche nel 1211, sebbene in una licenza concessa a Bonaventura, frate e rettore della chiesa di S. Andrea, e al prete Rolando frate nella stessa chiesa compaia come podestà di Lucca Ranuccio del fu Albertino (Ibid., Fregionaia, 12 dic. 1211).
Questa licenza, infatti, potrebbe essere stata rilasciata negli anni precedenti (1209 o 1210) per i quali non si conoscono i nomi dei podestà lucchesi. Il Dalli (sec. XVI) - e con lui altri cronisti tardi -, accennando alla podesteria del B., riferisce che egli venne eletto tramite la mediazione del vescovo e dei canonici di S. Martino fra le due fazioni combattenti: quella dei nobili e quella dei popolani che avevano, al contrario, prestato obbedienza al podestà legittimo, Guido Uberti da Petralla, ucciso nel conflitto scoppiato nella stessa cattedrale di S. Martino. Certo è, pure, che il B. dovette combattere, durante la carica, con la fazione de' Porcaresi, banditi dall'imperatore Ottone IV nel 1209 per aver ucciso il podestà Guido da Pirovano.
Nel 1222, in qualità di capitano dei Lucchesi, il B. partecipò alla guerra scoppiata contro i Pisani che, rimasti esclusi dalla confederazione stipulata a.San Genesio l'11 nov. 1197 tra i Comuni guelfi di Firenze Siena, Lucca e Volterra e subito posta sotto gli auspici di Innocenzo III, avevano facilmente trovato il pretesto per rompere la pace stipulata con Lucca fin dal 16 giugno 1181, non senza essersi prima assicurati l'appoggio dei magnati della Versilia e della Garfagnana: "sempre pronti" - come annota il Tommasi - "a coadiuvare i nemici di Lucca perché braffiosi ch'essa e Pisa si logorassero vicendevolmente, anziché la prima cogliesse il destro per privarli a mano a mano di lor feudali signorie ".
Il B. partecipò in quest'occasione all'espugnazione di Castel del Bosco, detto dai Lucchesi "Montemoreccio" o "Montemorecci ", nella Val d'Arno inferiore che, una volta espugnato, i vincitori distrussero scacciandone gli abitanti: "iuxta Byentinam in burgo quodam" - come scrive Tolomeo Lucense -, e inviandone in dono le porte alla chiesa di S. Michele in Foro. La stessa sorte subirono le fortezze di Pianettoro, Cerreto, Montecastello, San Gervasio, abbandonate dai difensori pisani non appena vennero a conoscenza della resa di Montemorecci.
Nel 1227, succedendo ad Oddo degli Oddi da Perugia, il B. era nuovamente podestà di Lucca insieme con Bernardino da Bozzano: essi, infatti, sono ricordati come tali nella pergamena del 22 agosto nella quale Mascarino, loro nunzio, impone a Vitale e Lucchese, figli del fu Bonoti da Castel Durante, di dichiarare sotto giuramento quali fossero le terre poste in Renaio ed altrove appartenenti all'ospedale di S. Leonardo in Treponzio (Ibid., Fregionaia, ad annum); insieme con Bernardino è ancora ricordato in un'altra pergamena del 14 dicembre, contenente l'atto con il quale Iacopo de Fontana, giudice e notaro nonchéesecutore degli atti del podestà, assegna a Contessa, moglie di Ardiccione Bailiardi, la parte che le compete, nonavendo il marito osservato un lodo rogato da Bartolomeo notaro, sopra i denari che Uberto del fu Ardiccione Malisartis deve al marito (Ibid., Miscellanee, ad annum). Da quanto riferisce il Dalli, sembra, anzi, che durante questa podesteria, continuando ancora Lucca la guerra contro Pisa, i Lucchesi s'impadronissero della terra di Asciano e di tutto il suo piviere.
Nell'atto di concordia stipulato il 14 genn. 1236 tra il capitolo di S. Martino da una parte ed Ildebrandino da Montemagno per sé e per i consorti dall'altra il B. risulta già morto, essendo nell'atto ricordato il figlio Bernardino con gli altri fratelli (Archivio dei Capitolo di S. Martino, Diplomatico ad annum, R. 160).
Fonti e Bibl.: Lucca, Arch. arcivescovile, Notulari delle Pergamene; Lucca, Arch. capitolare, Schede del Diplomatico; G. Sercambi, Le Croniche, a c. di S. Bongi, in Fonti per la Storia d'Italia, I, Roma 1892, pp. 27, 29; Tholomei Lucensis Annales,a cura di B. Schmeidler, in Mon. Germ. Hist., Scriptores rerum Germanicarum,VIII, Berolini 1930, pp. 93, 98, 110; Arch. di Stato di Lucca, Schede del diplomatico; Ibid., Raccolta Orsucci, n. 42: S. Puccini [sec. XVI], Storia di Lucca, c. 43 v; Ibid., Biblioteca, ms. n. 10: Salvatore Dalli [sec. XVI], Cronica di Lucca rifatta ed accresciuta da Giovanni Lunardo Dalli, ff. 8, 18-21, 55-83; Lucca, Bibl. Governativa, ms. n. 11o5: G. V. Baroni, Notizie genealogiche delle famiglie lucchesi; G. Tommasi, Sommario della storia di Lucca, in Archivio storico italiano, X(1847), pp. 62 ss.; D. Bertini, Osservaz. intorno alla patria e alla famiglia del sommo pontefice Eugenio III, in Atti d. R. Accad. lucchese di scienze, lettere ed arti, II, Lucca 1823, pp. 111-192; S. Bongi, Inventario del R. Arch. di Stato in Lucca, II, Lucca 1876, pp. 307 S.; L. Chiappelli, Studi storici pistoiesi, I, Pistoia 1919, p. 74; A. Mancini, Storia di Lucca, Firenze 1951, pp. 83 ss.