INGHIRAMI
. Famiglia venuta, si disse, dalla Sassonia, appare in Volterra, ed ebbe rami in Roma e in Prato. Al ramo pratese appartenne Gemignano (1370-1460), uditore di Rota, che lasciò nella sua propositura di Prato larga traccia di pietà e di mecenatismo e scrisse notevoli Ricordanze (Arch. stor. ital., s. 5, I, 1888, p. 20 segg.). Da Volterra venne a Roma Tomaso, detto Fedra (1470-1516), canonico lateranense e vaticano, bibliotecario, segretario del Sacro Collegio; autore di discorsi funebri, di lavori filologici, di carmi, fu detto il Cicerone dell'età sua; è più noto, ora, per il suo ritratto raffaellesco. Iacopo (v.), del ramo volterrano (1565-1623), fu cavaliere e (1603) ammiraglio dell'ordine di S. Stefano. Curzio (1614-55), archeologo e storico, pubblicò nel 1637 i famosi Scaripti, supposti frammenti di antichità etrusche, e li difese in un Discorso ricco di erudizione (1645). Francesco (v.) fu pure archeologo, storico e artista; Giovanni (1779-1851, v.) fu direttore dell'Osservatorio Ximeniano di Firenze.
Bibl.: D. Tiribilli-Giuliani, Sommario storico delle famiglie celebri toscane, a cura di L. Passerini, II, Firenze 1865; Elogi degli uomini illustri toscani, II-IV, Lucca 1772-74. Su Tomaso vedi anche Arch. d. R. Soc. rom. di st. patr., XII (1889), p. 238; L. v. Pastor, Storia dei papi, III, passim.